Layla Zikhoque vuole potere

La Fioraia di Kingsport

Alla ricerca dell'oscuro Kadath

con una stronza a rimorchio

Ad alto rischio di estinzione

La Bestia di Bering

Conan: Il Palazzo dei Morti

LAYLA ZIKHOQUE VUOLE POTERE

di Salvatore Conte (2024)

«Mi sento in pericolo, Fred.

Ho bisogno di una guardia del corpo, ma non ho soldi per pagarti.

Però so che ti piaccio... perciò non penso che vorrai vedermi morta».

«C'è qualcuno a cui non piaci?».

«Non credere... gli altri mi considerano una puttana, tu qualcosa in più».

«Chi è che ti minaccia?».

«Ancora non lo so di preciso».

«Ho i miei turni al lavoro, lo sai.

Come faccio a starti appresso?».

«Ascolta, Fred... da questa storia ho intenzione di uscire con un bel mucchio di quattrini: quanto basta per sistemarci... prenditi una settimana di ferie... fai il carino...».

La camicia sbottonata e le zinne da mignotta di Layla sono argomenti più che convincenti.

«Domani mi accompagnerai all'ospedale.

Voglio parlare con un tale».

«Va bene, passo a prenderti io, poi mi sistemo da te».

Si avvicina.

«Strizza, strizza pure...».

È così che lo paga.

«Stai attento, Fred: Layla pensa solo ai cazzi suoi; ne ha già bruciati parecchi… si pensa la più grande fica del Massachusetts e fa la stronza.

Stai dunque attento che i suoi rotoli di ciccia in panza e il grasso intorno non ti si squaglino in faccia...

Un ultimo avviso, Fred: nota il reggiseno contenitivo; se la vedi nuda, le zinne le vanno a finire sotto l'ascella...».

«Niente, ha perso completamente la ragione...

Non sono riuscita a cavargli niente».

«Cosa speravi ti dicesse?».

«Non lo so, ma è un tizio che aveva scoperto qualcosa».

«A differenza delle tue zinne, ti mantieni abbottonata, Layla».

«Non credevo che un gangster potesse avere dello spirito...».

«Dove si va, adesso, boss?».

«Voglio mostrarti una cosa, andiamo a casa...».

«Ho acquistato questo libro in una battuta all’asta.
Quella sera non avevo un cazzo da fare, e per ammazzare il tempo ho curiosato là dentro; nessuno si faceva avanti e così ho preso questo libro per pochi dollari.
Dal giorno dopo, però, sono cominciate strane cose».
«Per esempio?».
«Telefonate mute, strani rumori dalle finestre, la sensazione di essere pedinata».
«Layla… tu colleghi tutto questo al libro, ma a me sembra più verosimile collegarlo a te stessa…
Voglio dire che qualcuno deve averti notato, e dato che sei una grossa fica, ne è rimasto impressionato. Hai scatenato in lui un’ossessione, perciò ti segue, senza avere il coraggio di manifestarsi.
È un fenomeno abbastanza comune di questi tempi…».
«Sei un gangster o un sociologo, Fred?
Non si tratta di un ammiratore timido, c’è molto di più nell’aria.
Sono una fica, ma ho anche il cervello.
A qualcuno interessa questo libro, perciò lo tengo nascosto».
«Avrebbe potuto acquistarlo…».
«Forse non voleva esporsi».
«Come pensi di muoverti?».
«L’hai detto. Vorrei muovermi, per costringerlo a fare qualche passo falso.
Questi circoli esoterici credono che esistano luoghi frequentati da entità demoniache.

Senti cosa scrive un poeta pazzo che loro venerano come un profeta, un certo Lovecraft, in merito alle aree interne del Massachusetts:

I vecchi abitanti sono andati via e agli stranieri non piace abitare in questa regione. Ci hanno provato i franco-canadesi, come pure gli italiani, ed anche i polacchi sono arrivati e ripartiti. Non sono andati via a causa di qualcosa che si può vedere, udire o toccare, ma per qualcosa che si può immaginare. Non è un posto buono per fantasticare, e la notte non porta sonni tranquilli.

Se andiamo da quelle parti, sicuramente qualcuno si farà avanti».
«E tu che ci guadagni?».
«Potere… Fred… potere… e con il potere si fanno i dollari… sono stanca di vendere fiori agli idioti».
«Hai le idee chiare, bellezza».
«Tu mi coprirai le spalle, sono convinta che il tuo tommy-gun faccia male pure ai demoni…».
«Ti seguirei pure all’inferno, perciò siamo dentro il recinto».

«Spero che la tua vena umoristica non annacqui il piombo, perché è quello che mi aspetto da te…».

«Da dove si comincia?».

«Da un mio fornitore, un tipo strano; si dice che dalle sue parti avvengano cose strane...».

«E chi è che lo dice?».

«Le voci...».

«Layla, a me i misteri non piacciono. I miei obiettivi sono tangibili.

Tuttavia, poiché le tue zinne sono altrettanto tangibili... per me nessun problema.

Dammi l'indirizzo e ti scarrozzo da questo tale... bambola...».

     

     

LA FIORAIA DI KINGSPORT

di Salvatore Conte (2024)

«Mi offri da bere, bell'uomo?».

Alza gli occhi e non ha dubbi.

«Certo... siedi...

Cosa ti faccio portare?».

«Un whisky, doppio...».

«Un doppio whisky e una birra, grazie».

«Io faccio la fioraia, e tu?».

«Io, l'impiegato del catasto, ad Arkham».

«Quindi sei di passaggio...».

«Il tempo di cercare notizie su mio fratello; è venuto da queste parti, ed è scomparso».

«Hai già preso alloggio?».

«Ancora no».

«Perché non vieni da me?

Abito in centro, ti troverai bene, sono una donna sola...

Vecchia e ingrassata...

Ma non finita...».

     

«Lo vedo, lo vedo, signora bella...

Va bene, mi fa piacere... ti ringrazio...».

«Domani ti farò visitare la città, adesso bevo alla tua salute...!».

«E io alla tua!».

ALLA RICERCA DELL’OSCURO KADATH

CON UNA STRONZA A RIMORCHIO

di Salvatore Conte (2024)

Quando la vedeva, veniva sopraffatto dalla pienezza e dall’ansia di un ricordo quasi svanito, dal dolore di cose perdute, e dal bisogno ossessionante di ricordare di nuovo quello che una volta doveva essere stato estremamente importante per lui, anche se non sapeva dire in quale remota epoca o incarnazione.

Di problemi ne aveva già abbastanza, ma da quando ha scoperto che un tumore le sta bucando le budella, è rimasta sconvolta al punto di non riuscire a fare niente.
Anna Frezzante è una stronza di 50 anni; col suo fare da Rita Hayworth di periferia, attira su di sé l'attenzione di un vasto pubblico, ma i bottoni del camicione rimangono chiusi quasi per tutti, provocando la frustrazione di chi rimane spettatore.
D'altronde, nel 1948 nessuno si aspettava di trovare Rita Hayworth nel camerino del cinema; ma quando si vede la carne - e non un'immagine proiettata sullo schermo - le aspettative cambiano; anche se poi, in fondo, si tratta della stessa esperienza; ma questo lo sanno in pochi.
Adesso, però, la signora è costretta a uscire allo scoperto: ha bisogno di alleati per affrontare la malattia, di sicuro non vuole crepare come una stronza, né per un proiettile di rimbalzo, né per un tumoraccio.
I bottoni potrebbero allentarsi più del solito; ma in ogni caso non potrà mai accontentare tutti: ecco perché hanno inventato il cinema; per accontentare, lusingare o illudere - come preferite - non una, non due, non dieci, non centomila, ma miliardi di persone.
Chi non ha mai visto la Signora di Shangai? Nessuno.
Chi l'ha vista? Al traguardo del centenario, nel 2048, l'avranno vista almeno quindici miliardi di persone.
In più, rispetto alla Frezzante, né l'età, né un tumore potranno scalfire quell'immagine.

Quando si svegliò per la terza volta su quella scalinata che non aveva ancora disceso con Anna e su quelle strade immerse nel tramonto non ancora attraversate con Anna, pregò a lungo e con fervore gli dèi del Sogno che meditano nascosti dalle nuvole sullo sconosciuto monte Kadath, nel gelido deserto in cui nessun uomo osa avventurarsi.
Ma gli dèi non risposero, non mostrarono alcuna pietà, né espressero alcun segno favorevole quando li pregò in sogno e li invocò con suppliche attraverso i barbuti sacerdoti Nasht e Kaman-Thah, il cui tempio oscuro come una caverna sorge non lontano dai Portali del mondo diurno, con al centro una colonna di fiamme.

Al contrario, parve che le sue preghiere ottenessero tutt’altro effetto perché, dopo aver formulato la prima, non gli fu più concesso di contemplare quella meravigliosa donna e la città degna di lei, come se le tre occhiate che le aveva lanciato fossero state solo degli incidenti o delle sviste che non rientravano nei piani o nei desideri degli dèi.
Alla fine, stanco di sognare quelle zinne sbottonate che risplendevano nel tramonto, non riuscendo a dormire né a risvegliarsi per liberare la mente da loro, Carter decise di entrare coraggiosamente dove nessun uomo era mai stato prima, e sfidò le tenebre del Gelido Deserto, dove lo Sconosciuto Kadath, coperto dalle nuvole ed incoronato di stelle ignote, custodisce in segreto, avvolgendolo nella notte, il Castello d’Onice dei Grandi Antichi.

La Frezzante è disposta a ricontattare un certo Sal Barone, a suo tempo scartato, perché per lei si farebbe in quattro, ma è lui stesso ad anticiparla…
«Ho saputo che non te la passi tanto bene, Anna…», con un certo rancore.
«Non sei carino, Sal… la vecchia Anna ha bisogno di cure…».
«Che posso fare per te?», tornando galante.
«Ho bisogno di qualcuno che mi stia appresso.
Ho fatto un po’ la stronza, Sal, però…».
«Va bene, va bene, acqua passata».
Riagganciato.

«Perché hai voluto incontrarmi qui?», gli chiede. «Non ho ancora intenzione di buttarmi».
«Te lo spiego dentro.

Non fare sempre la difficile...».
Dal Ponte di Ariccia si spostano all’interno di Parco Chigi.
C’è tanta gente a passeggio.
«Allora? Che ha di speciale questo posto?
Io sto crepando, e tu mi porti per fratte?».
«Hai chiesto il mio aiuto, o no? Fidati…
Ci vediamo con un tale».
Anna e Sal attraversano l’antico portale del parco.
«Siamo arrivati.

Ci aspetta lì dentro…».

«Dentro quel buco?».
Anna è indecisa, quell’antro incute soggezione.
«Avanti, non fare la stronza…».
«Cos’è questo ronzio?
E quella luce…?
Che succede là dentro?».
«Lo scopriremo presto».

Dall’antro esce una coppia, lui è un tipo ambiguo, barbuto, lei una slava molto scollacciata.

Qualche sguardo d’intesa.
«Se sei stanca, torniamo indietro, Anna».
«Scusi… sa indicarmi l’uscita?», un tizio chiede informazioni a Sal.
«Di là, deve passare sotto l’arco quadrato».
«Anch’io ricordavo questo, ma l’arco non riesco a trovarlo, e ci sono altre persone che non trovano l’uscita».
«Strano… quante persone saranno?».
«Quattro o cinque…».
«Siamo un bel gruppo, allora».
«Mi scusi… non ho capito…».
«Niente, niente… se ci fossimo persi da soli, sarebbe stato peggio, no?».
«Ma come si fa a perdersi a due passi dal centro di Ariccia?
Il palazzo è talmente grande che basterà vederlo per orientarsi…».
«Certo, certo, ma lei riesce a vederlo Palazzo Chigi?», Sal non si sforza nemmeno di provarci.
«Da qui non si vede, ma se ci spostiamo un po’, lo vedremo sicuramente».
«Mia moglie è stanca, lei faccia un tentativo, io l’aspetterò qui.
Però… attenzione… non si allontani troppo, e se possibile raduni anche gli altri…».
Tempo dieci minuti e il tizio ritorna con cinque persone.
«Niente… il palazzo non si vede da nessuna parte…».
«A questo punto chiamiamo il 112: ci prenderanno in giro, ma almeno usciremo da qui».
«Ha ragione… però sul mio cellulare non c’è segnale».
«Volete farmi credere che nessuno ha il segnale?», domanda Sal, giocando sul velluto.
«Scommetto che tu sai quello che sta accadendo…», gli sussurra Anna.

«Ascoltate, signori: tra non molto sarà buio, qualcuno verrà a cercarci; ma nel frattempo dobbiamo rimanere calmi e uniti.
Il bosco intorno a noi potrebbe diventare pericoloso, se non rimaniamo in gruppo.
Il mio amico Frank ha esperienza di escursioni: propongo di affidarci a lui».
Frank è il compagno della slava.

AD ALTO RISCHIO

DI ESTINZIONE

di Salvatore Conte (2024)

Da quando il tumore le ha scavato l’intestino, la specie di Anna Fezzante è ad alto rischio di estinzione, essendo lei uno degli ultimi esemplari rimasti.

È arrivata allo Stadio 4 con pochi sintomi, ma tante crisi di panico.

«Non sono finita», ripete all'infinito la gran signora, in questi brutti momenti, specchiandosi a figura intera con il camicione sbottonato fino allo stomaco, godendo di sé stessa e sperando che quella possanza sia in grado di salvarla.

Tecnicamente risulta ancora in cura, ma con le sue metastasi - al fegato, allo stomaco e ai polmoni - si può fare davvero poco.

Lei ringrazia Dio che non sia ancora arrivato al pancreas e tira avanti, senza perdersi nessuna terapia, con la paura addosso di crollare da un giorno all'altro.

Passa il tempo sui propri referti, senza capirci molto, e guardandosi le statistiche di sopravvivenza, senza crederci.

Bona com'è, i medici fanno di tutto per accontentarla, ma non possono nasconderle la realtà.

Anna tiene tutti con il fiato sospeso.

Il suo caso somiglia un po' a quello dell'attrice americana Shannen Doherty, che da tempo è arrivata allo Stadio 4,  e che - nello scetticismo generale - riesce ancora a mantenersi in bilico sulla fossa, pur se nell'ultima intervista sembra giunta alla fine.

Sono decine le persone che vanno a trovarla, diverse delle quali molto interessate.

Lei non si aspettava di avere tanto seguito.

Di tanto in tanto esce per distrarsi un po', ma il suo pensiero fisso è il tempo che le rimane. Malgrado tutto, i sintomi non sono gravi, il suo fisico solido e possente riesce ancora ad adattarsi; Anna è incredula di essere viva, se ripensa al contenuto dei suoi referti.

«A me non è sembrata al Quarto Stadio».

«Che t'aspettavi? Che le uscissero i vermi dalle orecchie?».

«Voglio dire che è ancora in gran forma...».

«Se intendi "bona", non c'è dubbio.

Ma è depressa, quasi intontita, non hai visto?».

«Devono essere i sedativi che prende.

Ma nel complesso pensavo stesse peggio».

«Il tumore è una malattia nascosta, non un morbillo con macchie rosse sul volto; neanche i medici sanno con esattezza cosa succeda nelle budella di Anna...».

I due amici si scambiano le loro opinioni, dopo una visita di cortesia alla malata.

«Ma in sostanza quanto tempo le rimane?».

«Non si sa».

«Lei ci crede, ancora?».

«Non penso.

Lei dice una cosa giusta: se si fanno calcoli, si rischia di finire male.

Anna vuole vivere alla giornata».

«Non salta una terapia, però».

«Quello è un altro discorso: Anna ha una paura fottuta di morire, cerca di guadagnare tempo e di non crepare per una stupida complicazione».

«Martedì si fa accompagnare da noi in ospedale: è la svolta che aspettavamo?».

«Penso proprio di sì: la nostra strategia sta funzionando.

Gli altri attaccano singolarmente, noi due invece non la mettiamo in imbarazzo; però dobbiamo stare attenti a non esagerare, okay?».

«Okay...

E chi la molla a quella...».

«Anche se è provata... quasi irriconoscibile...?».

«Le zinne sono sempre quelle...

Hai visto come se lo guarda il medico, alle visite?

       

Sembra voglia mangiarselo con tutto il camice.

Perché non mi dai una buona notizia, una volta tanto?

A me pare che pensi questo...».

«È incredibile l'impegno che ci mette: vorrebbe stupire tutti e salvarsi, ma non ci riesce, anzi va sempre peggio».

«È già molto che non sia ricoverata in terapia intensiva... la povera Anna...».

«Infatti... ma sta per cascarci dentro.

Non sarà un'esperienza piacevole, né per lei, né per i tanti che aspetteranno notizie...».

«Al momento, però, non ci sono sintomi preoccupanti. La vecchia sa gestirsi molto bene».

«È solida e vuole vivere, le proverà tutte fino alla fine.

Si fa controlli in continuazione, il quadro attuale è sotto controllo.

La Frezzante ce la giochiamo se arriva al pancreas o alle ovaie».

«La signora andrebbe su tutte le furie...

Parliamoci chiaro: è convinta di salvarsi, le hanno promesso una radioterapia mirata sulle metastasi più pericolose; per fortuna ci dice tutto».

«È seguita molto bene, a nessuno piacerebbe vederla in coma, o peggio...

Lei è convinta di poter trovare il bandolo della matassa. Rimarrà delusa quando la situazione le sfuggirà di mano. E avrà molto paura.

Non credo a questa storia della radioterapia mirata: l'hanno solo lusingata.

Il cancro se la sta mangiando, e presto dovrà ricoverarsi, se vuole tirare avanti».

«Comunque ne sappiamo più noi che i figli: quelli credono che il tumore sia ancora alla fase iniziale...».

«Per la madre non c'è più niente da fare e quelli pensano alle vacanze...».

DRIN... DRIN...

«Zitto, è Anna...».

«Allora?».

«Ci vuole da lei. Subito».

«Non si sente bene?».

«Ha paura. Non riesce a dormire.

Pensa al futuro...

Dentro di sé ha capito la fine che le tocca...

Ma non vuole accettarlo, e non vuole parlarne con i figli».

«E secondo te quelli non hanno capito che la madre è grave?».

«Capito, o no, se ne accorgeranno presto».

«Andiamo a consolare la signora...».

«Ovviamente le diciamo che è tutto sotto controllo...

I malati terminali devono capire un po' alla volta che non c'è più niente da fare».

«Per lei sarà dura...».

«Per lei e tutti i suoi spasimanti: vedendola ancora reattiva e impegnata, nessuno ha capito come non solo Anna, ma l'intera specie si trovi ad alto rischio di estinzione».

«Mi ricorda un gioco...

Se lo ritrovo, ci giochiamo con la signora in via di estinzione...

A me, però, sembra ancora impossibile che la Frezzante rimanga uccisa...

Anche in coma continuerà a provarci!».

«E sul passato oscuro della Frezzante, che mi dici?».

«Di quei viaggetti in America, per combinare grosse zozzate...?

Ieri sera, in effetti, ha ammesso più di qualcosa...

Del resto, l'aria da fatalona ce l'ha...».

«E se qualcuno gliel'avesse promessa?».

«Beh, allora le farebbe solo un piacere... viste le sue condizioni».

«Il killer ha infierito con numerose pallottole, forse perché la vittima non sembrava ancora stroncata.

A un certo punto la donna non è più riuscita ad assorbire i colpi, e il killer si è fermato.

Penso sia andata così: se riprende conoscenza, ce lo dirà lei.

A voi ha raccontato qualcosa dei suoi trascorsi a New York?».

«No, Ispettore. Assolutamente niente».

«Va bene, per il momento potete andare.

Ma... rimanete a disposizione...».

«Sempre a sua... disposizione, certo».

«È lo stesso Ispettore che veniva a trovarla: devono conoscersi, forse a causa di precedenti inchieste».

«Sì, la incoraggiava a fare tutte le visite e le terapie».

«Ma nel frattempo qualcuno l'ha imbottita di piombo sotto il suo naso: mica tanto sveglio questo Ispettore Callaghan...».

«Già... e le ultime possibilità di Anna se ne sono andate...».

«Se esce dalla Rianimazione la trasferiranno in Oncologia, ma nel frattempo il tumore se la mangia...».

«Ragazzi... sto perdendo la speranza...

Ho visto come mi guardano tutti.

Faccio la fine della puttana... l'ho capito...».

«Le cure proseguono, Donna Frezzante.

I malati terminali, con le sole cure palliative, stanno in un altro reparto: si chiama Degenza Indefinita.

Voi ricevete le terapie d'urgenza del reparto di Oncologia, siete in partita; anche perché questi medici non fanno sconti: devono far quadrare i conti e se un malato non risponde, lo spostano in quattro e quattr'otto».

«Non lo so... ho paura.

Se  avanti ancora, sono finita.

La metastasi alle ovaie è micidiale. Mi condanna...

Ho tanta paura...

Aspetti-aspetti... qualche miglioramento... ma il tempo passa... e poi ti dicono che è finita...».

«Donna Frezzante, se avete superato le pallottole, supererete anche le metastasi».

La possente, quasi indistruttibile cinquantenne gli mostra il cellulare con la notizia: la Doherty non ce l'ha fatta.

Per Anna è stato un termine di paragone importante, in questi mesi.

E ora le suona nel cervello come un campanello d'allarme; la notizia è un macabro presagio lungo la sua strada, tutta in salita.

«Dunque un grosso collezionista, che lei chiama sponsor, l'ha presa in carico».

«Era impossibile che qualcuno non la notasse.

Però non ci ha fatto fuori».

«No, non si fida.

A noi, invece, ci conosce.

Soprattutto conosce la nostra bava. E si fida di quella».

«La vuole portare in Egitto per tentare un rito di guarigione e salvezza.

Eterne...».

«È un famoso occultista, ha classe, non sfigura accanto ad Anna».

«Naturalmente un'esperta infermiera, con tutte le attrezzature necessarie, farà parte della spedizione».

«Logico, Anna può avere problemi in qualunque momento.

E questo Biederbeck non ha certo problemi di soldi».

LA BESTIA DI BERING

di Salvatore Conte (2024)

«Penso di avere un'idea migliore: ci penso io ad ammorbidire la puttanella...», Anna Frezzante esce allo scoperto e fa la sua proposta a mister Thorne.

«E perché dovrei andarmene in pensione?».

«Capitano Hunter, per me può anche restare su questa bagnarola, purché tenga a bada i suoi figlioletti...».

La Frezzante si è presentata sulla Black Drum come la lurida bagascia che è: camicione sbottonato fino allo stomaco e faccia da stronza.

«Mister Thorne vuole cominciare subito, le chiacchiere sui Vampiri del Mare non ci interessano.

Ci spaventano molto di più i cercatori d'oro abusivi, ed è per questo che non possiamo perdere tempo...».

Glenn Hunter, il capitano del dragatore Black Drum, nonché padre di Donna e Joe, c'ha rimesso la pelle a causa di uno squalo molto aggressivo; il corpo non è stato ancora ripescato.

Malgrado il grave lutto, la Frezzante, zoccola e ruffiana come sempre, si preoccupa solo di mandare avanti il gioco di Travis Thorne, uno squallido trafficante che tiene per le palle il figlio di Hunter.

Il dragatore dei fratelli Hunter è pronto a prendere il mare.

Il resto dell'equipaggio è composto dal veterano Jonas Papajohn, dalla recluta Owen Powers e da Anna Frezzante, in qualità di osservatrice.

In realtà il vero osservatore è Jonas, che non riesce proprio a staccarsi da quelle zinne sbottonate.

Dopo i primi tre giorni di lavoro, mister Thorne verrà a controllare di persona i risultati.

Il Black Drum ha un'autonomia illimitata: a parte le abbondanti scorte, produce energia dai pannelli solari montati sul tetto del cabinato, ha un impianto di desalinizzazione dell'acqua e attrezzature di bordo per operare qualunque riparazione si renda necessaria.

CONAN: IL PALAZZO DEI MORTI

di Salvatore Conte (2024)

1

Per Crom! Le cose nella Città dei Ladri non potevano andare meglio, hai ancora la testa attaccata al collo e Chana al pisello!

La tua donna è ormai considerata immortale, indistruttibile, a causa dell'impressionante potenza fisica e della figura da imperatrice.

Ambiziosa come te, l'hai liberata dalla prigionia e la spremi fino in fondo, senza fare calcoli.

La potentissima donna non è più di primo pelo, tutt'altro; è più il tipo della consumata matrona, una decina d'anni più vecchia di te. Ma nel suo voluttuoso abbraccio, in questi giorni hai trovato un'ansa che sa calmare la tempesta dei tuoi barbari sensi sempre in tumulto.

Crisias, l'oste della taverna che hai temporaneamente eletto a tua dimora in città, ti considera ormai uno dei suoi migliori clienti, per tutto il vino che ti sei scolato e per le colossali bevute che hai offerto alla varia umanità di tagliagole, ladri, baldracche e pezzenti che frequentano il Maglio.

Ma ormai è tempo di muoversi, Conan.

Ti sei fatto lusingare dalle voci della taverna, dal miraggio della Città Maledetta; è il tuo destino di razziatore; ti porterai appresso la potentissima Chana, alla quale in questo momento non sai rinunciare.
Hai lasciato la città diretto verso le rovine di un'antica città il cui nome è andato perduto nel tempo, quei pochi che osano parlarne la chiamano "la Maledetta"; si dice fosse abitata da uomini ancora più corrotti e perversi degli zamorani, ammesso che ciò sia possibile.

Nonostante tutte le voci e i tetri racconti che circolano sui pericoli delle rovine, le leggende sui favolosi tesori che ancora attendono chiunque sia abbastanza intrepido - o pazzo - da tentare di impossessarsene, ti hanno convinto a sfidare la sorte. Crom ammira il coraggio, forse potrebbe volgere uno sguardo distratto ma benevolo sulla tua impresa. O magari potrebbe ridersela di tanto ardire e restare a guardarti mentre ti scavi la fossa. E se così fosse, che andasse alla malora!
Hai avuto i primi sentori di essere inseguito ieri mattina, quando hai lasciato la strada principale per incamminarti attraverso uno stretto passo montano oltre il quale si trovano le rovine. Ormai ti sono quasi addosso: puoi sentire il puzzo rancido del loro sudore portato dal vento, ora che il sole sta tramontando e proprio mentre attraversi l'ultima stretta gola che ti separa dalla Maledetta. La massiccia Chana ti ha sicuramente rallentato, ma è un fardello da cui non intendi separarti.

Rannicchiato in cima a un aguzzo sperone di roccia li hai infine scorti: sono in sei. I cinque soldati zamorani non ti impensieriscono; a giudicare dal loro incedere sin troppo circospetto, se la stanno già facendo sotto. Potrebbe essere la fama che t'accompagna a spaventarli, ma è più probabile che, come te, conoscano le cupe storie che aleggiano attorno alle rovine. L'ufficiale che li guida, invece, è un'altra storia. È un gunderiano non particolarmente alto, ma dalle spalle larghe e il passo sicuro, fasciato in una corazza di bronzo ben lucidato e con in testa un elmo ornato da crini di cavallo che gli conferisce una certa dignità marziale.
I cani zamorani non fanno altro che lagnarsi o sbottare in battute oscene per darsi coraggio, mentre il capitano cerca di zittirli, anche se ormai ha di certo intuito che sei al corrente della loro presenza.

Devi liberartene ora, prima di arrivare a destinazione, o la situazione per te e Chana potrebbe farsi insostenibile.
Se vuoi affrontare a viso aperto i tuoi inseguitori, vai al 43.
Se invece preferisci giocare d'astuzia, vai al 78.

 

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