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Layla Zikhoque vuole potere

La Fioraia di Kingsport

Alla ricerca dell'oscuro Kadath

Ad alto rischio di estinzione

La Bestia di Bering

Conan: Il Palazzo dei Morti

LAYLA ZIKHOQUE VUOLE POTERE

di Salvatore Conte (2024)

«Mi sento in pericolo, Fred.

Ho bisogno di una guardia del corpo, ma non ho soldi per pagarti.

Però so che ti piaccio... perciò non penso che vorresti vedermi morta».

«C'è qualcuno a cui non piaci?».

«Non credere... gli altri mi considerano una puttana, tu qualcosa in più».

«Chi è che ti minaccia?».

«Ancora non lo so di preciso».

«Ho i miei turni al lavoro, lo sai.

Come faccio a starti appresso?».

«Ascolta, Fred... da questa storia ho intenzione di uscire con un bel mucchio di quattrini: quanto basta per sistemarci... prenditi una settimana di ferie... fai il carino...».

La camicia sbottonata e le zinne da mignotta di Layla sono argomenti più che convincenti.

«Domani mi accompagnerai all'ospedale di Danvers.

Voglio parlare con un tale».

«Va bene, passo a prenderti io, poi mi sistemo da te».

Si avvicina.

«Strizza, strizza pure...».

È così che lo paga.

«Stai attento, Fred: Layla pensa solo ai cazzi suoi; ne ha già bruciati parecchi… si pensa la più grande fica del Massachusetts e fa la stronza.

Stai dunque attento che i suoi rotoli di ciccia in panza, e il grasso da stronza, non ti si squaglino in faccia...

Un ultimo avviso, Fred: nota il reggiseno contenitivo; se la vedi nuda, le zinne le vanno a finire sotto l'ascella...».

«Niente, ha perso completamente la ragione...

Non sono riuscita a cavargli niente».

«Cosa speravi ti dicesse?».

«Non lo so, ma è un tizio che aveva scoperto qualcosa».

«A differenza delle tue zinne, ti mantieni abbottonata, Layla».

«Non credevo che un gangster potesse avere dello spirito...».

«Dove si va, adesso, boss?».

«Voglio mostrarti una cosa, andiamo a casa...».

«Ho acquistato questo libro in una battuta all’asta.
Quella sera non avevo un cazzo da fare, e per ammazzare il tempo ho curiosato là dentro; nessuno si faceva avanti e così ho preso questo libro per pochi dollari.
Dal giorno dopo, però, sono cominciate strane cose».
«Per esempio?».
«Telefonate mute, strani rumori dalle finestre, la sensazione di essere pedinata».
«Layla… tu colleghi tutto questo al libro, ma a me sembra più verosimile collegarlo a te stessa…
Voglio dire che qualcuno deve averti notato, e dato che sei una grossa fica, ne è rimasto impressionato. Hai scatenato in lui un’ossessione, perciò ti segue, senza avere il coraggio di manifestarsi.
È un fenomeno abbastanza comune di questi tempi…».
«Sei un gangster o un sociologo, Fred?
Non si tratta di un ammiratore timido, c’è molto di più nell’aria.
Sono una fica, ma ho anche il cervello.
A qualcuno interessa questo libro, perciò lo tengo nascosto».
«Avrebbe potuto acquistarlo…».
«Forse non voleva esporsi».
«Come pensi di muoverti?».
«L’hai detto. Vorrei muovermi, per costringerlo a fare qualche passo falso.
Questi circoli esoterici credono che esistano luoghi frequentati da entità demoniache.

Senti cosa scrive un poeta pazzo che loro venerano come un profeta, un certo Lovecraft, in merito alle aree interne del Massachusetts:

I vecchi abitanti sono andati via e agli stranieri non piace abitare in questa regione. Ci hanno provato i franco-canadesi, come pure gli italiani, ed anche i polacchi sono arrivati e ripartiti. Non sono andati via a causa di qualcosa che si può vedere, udire o toccare, ma per qualcosa che si può immaginare. Non è un posto buono per fantasticare, e la notte non porta sonni tranquilli.

Se andiamo da quelle parti, sicuramente qualcuno si farà avanti».
«E tu che ci guadagni?».
«Potere… Fred… potere… e con il potere si fanno i dollari… sono stanca di vendere fiori agli idioti».
«Hai le idee chiare, bellezza».
«Tu mi coprirai le spalle, sono convinta che il tuo tommy-gun faccia male pure ai demoni…».
«Ti seguirei pure all’inferno, perciò siamo dentro il recinto».

«Spero che la tua vena umoristica non annacqui il piombo, perché è quello che mi aspetto da te…».

«Da dove si comincia?».

«Da un mio fornitore, un tipo strano; si dice che dalle sue parti avvengano cose misteriose...».

«E chi è che lo dice?».

«Le voci...».

«Layla, a me i misteri non piacciono. I miei obiettivi sono tangibili.

Tuttavia, poiché le tue zinne sono altrettanto tangibili... per me nessun problema.

Dammi l'indirizzo e ti scarrozzo da questo tale... bambola...».

     

     

«Sta facendo un mucchio di soldi, da quando questa scheggia di asteroide è piombata sulla sua proprietà...».

«Ma propro nel pozzo si è infilata? Mi puzza...».

«Certo, è tutto molto strano, Sal...

Pare che questo vapore abbia una forma di intelligenza, probabilmente ha scelto di abitare nel pozzo».

«È pazzesco».

«Te l'ho detto... sono le cose pazzesche ha dare potere.

Tu sei abituato a risolvere tutto con una scarica di Tommy, ma scommetto che servirebbe a poco contro questa cosa...».

«Però servirebbe, eccome, contro qualcuno che volesse fregarci l'idea...».

«È per questo che sei qui, Sal...

Sai... finita questa storia, con i soldi fatti, mi piacerebbe andarmene a Venezia, in gondola...

Lì comandava il Doge, una volta.

Lo sai come si chiama un Doge femmina?

Lo so, è una domanda difficile, a cui di certo non puoi rispondere.

E allora rispondo io a me stessa: si chiama Dogaressa.

Ebbene, sarò io la nuova Dogaressa di Venezia!».

«Come vuoi procedere?».

«Entreremo in società con Nahum.

Gli faremo un'offerta che non può rifiutare».

«Pare ci voglia ficcare il naso la Miskatonic University... potrebbero ottenere l'esproprio a danno di Nahum».

«Già... parlerai con il Rettore e gli garantirai una percentuale, se terrà buoni i suoi parrucconi.

Potranno venire qui come tutti gli altri curiosi, ma solo pagando il biglietto».

DUE MESI DOPO

«Nahum è morto e io ho un tumore all'utero!

Quel vapore uccide!».

«Lasciamo perdere questa storia, Layla. È andata male.

Domani ti fai ricoverare al St. Mary».

«Il tuo piombo è rimasto in canna, Fred.

Ho sbagliato i miei calcoli, ma non mollo facilmente.

Non sono finita. Non farò la fine di Nahum».

«Certo che no, cara. Il St. Mary ti rimetterà a posto, vedrai».

SEI MESI DOPO

«Non voglio crepare, Fred...».

Il tumore ha galoppato, non le ha dato tregua.

Le hanno asportato l'utero, ma Layla presenta metastasi allo stomaco, al fegato, all'intestino e al pancreas.

La situazione si è fatta disperata.

Layla Zikhoque fa la biscia nel suo letto ormai da mesi.

Fred spinge per un suo ricovero fisso al St. Mary, ma alla donna l'ospedale fa paura. Lo vede come un viaggio solo andata. 

«Quel vapore malato mi ha distrutto...».

«Calma, non correre.

Sei forte, massiccia, e sei seguita dalla Miskatonic.

Tu non rimarrai uccisa».

«Io invece ho paura, Fred. Il tumore mi sta mangiando.

Potrei andare in crisi e non riprendermi più».

«No, non è possibile, cara. Al St. Mary hanno la Terapia Intensiva e la Rianimazione.

Tu non rimarrai uccisa».

«Il tumore va avanti, Fred. Non può tornare indietro. È solo questione di tempo. E ne è rimasto poco.

Il tumore al pancreas è micidiale. Sono arrivata alla fine, Fred».

«No, non ci credo. Non sei così grave.

Il boss mi chiede spesso di te. Sei una donna famosa e prestigiosa».

«Chiede perché ha capito che mi manca poco. La mia morte farà rumore.

Ci saranno centinaia di persone al St. Mary, quando sarò in fin di vita».

«Ti va di fare un giro in carrozzella?».

«Va bene, facciamogli vedere che mi sbatto ancora in giro.

Non mi annoio mica a campare...».

«Così mi piaci, cara...».

LA FIORAIA DI KINGSPORT

di Salvatore Conte (2024)

Kingsport, 1936

«Mi offri da bere, bell'uomo?».

Alza gli occhi e non ha dubbi.

«Certo... siedi...

Cosa ti faccio portare?».

«Un whisky, doppio...».

«Un doppio whisky e una birra, grazie».

«Io faccio la fioraia, e tu?».

«Io, l'impiegato del catasto, ad Arkham».

«Quindi sei di passaggio...».

«Il tempo di cercare notizie su mio fratello; è venuto da queste parti, ed è scomparso».

«Hai già preso alloggio?».

«Ancora no, la locanda è al completo».

«Perché non vieni da me?

Abito in centro, ti troverai bene, sono una donna sola...

Un po' spompata, ma non finita...».

       

«Lo vedo, lo vedo...».

«E allora...?», con voce morbida.

«Allora va bene... mi fa piacere, ti ringrazio...».

«Domani ti farò visitare la città, con me non rimarrai deluso...».

«Lo penso anch'io...».

«Ecco, questo è l'argine principale del Miskatonic.

Ma ci sono altri bracci che si addentrano nella città, creando un effetto romantico».

«Quanti anni hai?».

«63, ma portati bene».

«Io ne ho 25 di meno».

«E allora?».

«Mi spieghi come fai a essere ancora così bona? Non sembri una donna che sta per diventare anziana...».

«Non mi sono mai accorta di essere diventata vecchia.

Piaccio sempre di più».

«Ci credo...

In questa piccola città ti conosceranno tutti...».

«Infatti...

Ma mi piace conoscere persone nuove e interessanti».

«Insomma su mio fratello non sai proprio dirmi niente?».

«No, te l'ho detto.

So che tuo fratello dev'essere importante per te, ma sei sicuro che non sia un po' stronzo?».

«Perché dici questo?».

«Beh... è quello che ho sentito in giro. Kingsport è un piccolo centro.

Però non so dirti altro».

«Andiamo a bere qualcosa?».

«Verrai a trovarmi ad Arkham?».

«Raramente mi muovo da Kingsport. Questo è il mio mondo...

Rimani tu, qui. O torna a trovarmi».

«Una donna come te mi interessa molto...».

«Fermati da me, allora. Divideremo le spese. E andrai ad Arkham con il treno».

«Sono contento di averti incontrato, Layla.

Sono venuto qui per una ricerca dolorosa, ma ho scoperto il più bel fiore della Costa...».

«Il più grosso, vorrai dire...

Mi sono gonfiata parecchio in questi ultimi anni».

«Hai la carne giusta, Layla, sei possente...».

«Se intendi grassa, hai ragione».

«Scherzi?».

«Modestamente sono ancora una top, lo so...

E non accenno a invecchiare...».

«Domani facciamo un giro?».

«In mattinata ho un impegno, nel pomeriggio vediamo...».

«Ehi, Fred...

Non sei curioso di sapere che fine abbia fatto la tua amica?».

«Ma chi è lei?».

«Il problema non è chi sia io, ma chi è lei, appunto...

Vuoi sapere qualche parte di verità, o ti vanno bene le fregnacce che ti ha raccontato la pupa?».

«Ma insomma... che fregnacce? Non capisco...».

«È slang... mio caro impiegato del catasto.

Su andiamo... basta chiacchiere...

Una macchina ci aspetta fuori dal villaggio».

Il misterioso passante gli mostra la canna di una pistola; di una Luger 1908, per la precisione.

«Si rivesta, avvocato.

Meglio per lei se sparisce, dimenticando tutto».

A lui piace farlo sulla spiaggia.

La zona è tranquilla, il tempo è grigio, l'acqua sporca; la teleferica della vecchia torbiera scarica in mare le scorie.

Oggi, però, la zona è meno tranquilla del solito.

Era meglio se andava in tribunale.

L'avvocato capisce subito l'antifona e non si mette a discutere.

Layla è una grossa mignotta, non c'era da fidarsi, ma non ha saputo resistere.

Prima di andare via, tira fuori qualche dollaro, ma lei protesta.

«Ehi! Voglio più soldi, hai capito? Io valgo tanto... sono ancora una top...».

«Non agitarti, Papessa, non serve...

Stavolta sarai pagata in un altro modo...».

«Ehi... che volete farmi...».

«Ammazzarti».

Il killer le mostra una Luger calibro 9.

Dalla parte della canna.

«No! Non potete farlo... sono la Papessa di Dagon!».

«Appunto...».

POW

«Come vedi, l'abbiamo fatto.

Ma è solo un anticipo...

E adesso corri, puttana... corri... cerca di salvarti!».

«La vedi quanto corre? Vuole salvarsi.

È quel punto bianco sulla spiaggia. Si porta addosso la camiciona che ti piace tanto...

Vieni... andiamo a vedere da vicino».

L'ultrasessantenne incassa, si piega in due, ma rimane in piedi, e comincia a correre... scosciata e sbottonata...

Ha capito che si mette male, però vuole salvarsi.

Ha indosso soltanto il suo camicione bianco a collo alto, da puttana prestigiosa, allacciato al massiccio corpo da due bottoni all'altezza dello stomaco.

Pur barcollando, e quasi cadendo, si dirige verso la teleferica.

È una grossa struttura che movimenta carrelli stracolmi di scarti, provenienti dalla vicina cava. Il giro di boa avviene intorno a un imponente pilone, affondato in acqua a 100 metri dalla riva. In quel punto il carrello di turno si scarica a mare, rendendolo grigio anche quando il cielo è blu; quindi ritorna vuoto alla cava, pronto a farsi un altro giro.

Oggi - però - il mare sarebbe comunque grigio.

I tre sicari la seguono tranquilli da una trentina di metri.

C'è anche Fred tra loro. Ha avuto tutto il tempo di raggiungerla.

Layla arranca.

Non può fuggire, non può chiedere aiuto.

La zona è deserta, specie in una giornata grigia come quella di oggi.

La donna ha fatto qualche metro in salita, cercando un'improbabile via di scampo, ma non ce la fa più; si abbandona stremata contro un pilone della teleferica, lo abbraccia come giunta a una sorta di traguardo, senza una coppa da alzare; i carrelli le passano vicino, pochi centimetri sopra la testa.

«Ma perché le fate questo?

Lasciatela stare!».

«Ma sentilo...

Adesso te lo spieghiamo perché, poi sarà il tuo turno...

Ma prima la pupa deve finire nel carrello di scarico... in bocca a Dagon...».

«NO!», urla disperata.

POW

POW

POW

POW

POW

POW

Altri sei colpi in rapida successione, al bersaglio grosso, per non lasciarle scampo. Un plotone di esecuzione formato da un solo uomo.

Sette colpi in totale.

«L'ultimo, in testa, è per te, ragazzo».

La Luger 1908, infatti, porta nel serbatoio otto colpi calibro 9.

Layla incassa, tarantolata, come in un accesso di isterismo, e dopo qualche attimo scivola di schiena lungo il pilone.

Finisce con il culo a terra, lo sguardo sbarrato, la camicia ridotta a una groviera sanguinolenta.

«Ora saprai tutto.

Aveva molti difetti, ma uno li superava tutti e le è stato fatale: non aveva giurato fedeltà al Fuhrer... e al Reich...!

Ha sventrato tuo fratello come un pesce marcio, lo ha sacrificato a Dagon, ignorando completamente il Fuhrer!

Adesso, però, che la Papessa è morta, avremo un nuovo Arcivescovo di Dagon che terrà sacrifici in onore del Reich.

E tu, stronzo... ti sei bevuto le fregnacce di questa mignotta...

Guardala...

Guarda la fine che ha fatto...».

Layla ha ancora qualche sussulto, la bocca impastata di sangue.

«Andrete su vagoni separati.

Avanti... caricala tu stesso!

E poi... sdraiati su quello successivo.

Non sentirai niente.

Sarà un attimo.

Tuo fratello, invece, ha sofferto, e molto, a causa di questo mignottone...».

Fred esegue. Non ha scelta.

Carica Layla sul primo carrello in arrivo.

E poi si rassegna a seguirla, montando su quello successivo.

POW

Lo sparo giunge puntuale.

Però vede ancora Layla davanti a sé.

Se è morto, era già all'inferno, allora.

Tuttavia non è morto, perché lo sparo non è quello di una Luger calibro 9.

Il colpo viene da un fucile e ha ammazzato il sicario; la vittima sacrificale è al momento salva.

Il custode della cava ha sentito i colpi ed è venuto a vedere.

Un eccesso di sicurezza da parte dei sicari nazisti, cultisti di Dagon.

Gli altri due si danno alla fuga, non possono competere contro un fucile, per i noti e ben ovvi motivi.

Ma non c'è tempo per il custode di tornare indietro e fermare la teleferica.

SPLASH

Prima Layla.

SPLASH

E poi Fred.

Un bel tuffo a mare, insieme a tanta torba di scarto.

L'uomo si guarda intorno e avvista la donna.

Galleggia a pancia in su.

Si domanda cosa fare.

Ma sta già nuotando nella sua direzione.

La trascina a riva, con l'aiuto delle onde, non capisce se sia cadavere o meno.

«Ma questa è Layla!», esclama il custode, giunto a riva.

La donna ha la bocca spalancata come quella di un pesce marcio, gli occhi ghiacciati, l'espressione intorbidita.

«Come l'hanno ridotta?!»

«Le hanno sparato addosso per ucciderla», spiega Fred, semmai ce ne fosse bisogno. «Ma forse... è ancora viva?».

Un rantolo.

«Sì, è ancora viva, ma non credo per molto.

Sta arrivando una barca, dobbiamo raggiungere in fretta l'ospedale».

«Fred... ohh... ora sai tutto... uhh... perdonami...».

«Hai pagato abbastanza, Layla... cerca di salvarti...».

«Voglio... ohh... voglio vivere con te... fate presto... uhh...».

Layla guarda fisso il cielo grigio, la mano in quella di Fred.

L'hanno imbottita di whisky, ma c'è preoccupazione a bordo.

Faranno salire il medico sulla barca, non rischieranno di portarla a terra.

Una folla si raccoglie sul molo di Kingsport.

La voce corre in un attimo.

Layla, la fioraia, è in fin di vita, forse è già morta mentre tutti ne parlano.

«È ancora viva, calma!», esclama il capitano della piccola imbarcazione.

«Largo! Fate largo al medico!».

Dal vicino ospedale arrivano una bombola d'ossigeno, del plasma, e vari medicinali.

L'ambulanza aspetta la donna all'ingresso del porticciolo.

«Finalmente la portano via!».

«Fate largo! Layla ha fretta!».

«Layla parte per l'ospedale!».

Ci vuole tempo prima che una barella, circondata da ali di folla, la trasporti sul veicolo.

Sono stati minuti di panico e di notizie contrastanti.

Si è temuto il peggio, che Layla morisse sulla barca.

Si dice che la tragedia sia rinviata di poco, c'è tanta preoccupazione in città.

Ma almeno in ospedale ci sono la terapia intensiva e la sala rianimazione.

C'è tanta preoccupazione.

Per la fioraia, ma soprattutto per la Papessa.

ALLA RICERCA DELL’OSCURO KADATH

di Salvatore Conte (2024)

Quando la vedeva, veniva sopraffatto dalla pienezza e dall’ansia di un ricordo quasi svanito, dal dolore di cose perdute, e dal bisogno ossessionante di ricordare di nuovo quello che una volta doveva essere stato estremamente importante per lui, anche se non sapeva dire in quale remota epoca o incarnazione.

Di problemi ne aveva già abbastanza, ma da quando ha scoperto che un tumore aggressivo le sta bucando le budella, è rimasta sconvolta al punto da non riuscire più a fare niente.
Anna Frezzante è una grossa stronza con 50 anni addosso e modi e faccia da Rita Hayworth di periferia; attira su di sé l'attenzione di un vasto pubblico, ma i bottoni del camicione rimangono chiusi quasi per tutti, provocando la frustrazione di chi rimane spettatore.
D'altronde, nel 1948 nessuno si aspettava di incontrare Rita Hayworth nei corridoi del cinema; però quando si vede la carne - e non un'immagine proiettata sullo schermo - le aspettative cambiano; anche se poi, in fondo, si tratta della stessa esperienza; ma questo lo sanno in pochi.
Adesso, però, la signora è costretta a uscire allo scoperto: ha bisogno di alleati per affrontare la malattia, di sicuro non vuole crepare come una stronza, né per un proiettile di rimbalzo, né per un tumoraccio.
I bottoni potrebbero allentarsi più del solito; ma in ogni caso non potrà mai accontentare tutti: ecco perché hanno inventato il cinema; per accontentare, lusingare o illudere - come preferite - non una, non due, non dieci, non centomila, ma miliardi di persone.
Chi non ha mai visto la Signora di Shangai? Nessuno.
Chi l'ha vista? Al traguardo del centenario, nel 2048, l'avranno vista almeno quindici miliardi di persone.
In più, rispetto alla Frezzante, né l'età, né un tumore potranno scalfire quell'immagine.

Quando si svegliò per la terza volta su quella scalinata che non aveva ancora disceso con Anna e su quelle strade immerse nel tramonto non ancora attraversate con Anna, pregò a lungo e con fervore gli dei del Sogno che meditano nascosti dalle nuvole sullo sconosciuto monte Kadath, nel gelido deserto in cui nessun uomo osa avventurarsi.
Ma gli dei non risposero, non mostrarono alcuna pietà, né espressero alcun segno favorevole quando li pregò in sogno e li invocò con suppliche attraverso i barbuti sacerdoti Nasht e Kaman-Thah, il cui tempio oscuro come una caverna sorge non lontano dai Portali del mondo diurno, con al centro una colonna di fiamme.

Al contrario, parve che le sue preghiere ottenessero tuttaltro effetto perché, dopo aver formulato la prima, non gli fu più concesso di contemplare quella meravigliosa donna e la città degna di lei, come se le tre occhiate che le aveva lanciato fossero state solo degli incidenti o delle sviste che non rientravano nei piani o nei desideri degli dei.
Alla fine, stanco di sognare quelle zinne sbottonate che risplendevano nel tramonto, non riuscendo a dormire né a risvegliarsi per liberare la mente da loro, Carter decise di entrare coraggiosamente dove nessun uomo era mai stato prima, e sfidò le tenebre del Gelido Deserto, dove lo Sconosciuto Kadath, coperto dalle nuvole e incoronato di stelle ignote, custodisce in segreto, avvolgendolo nella notte, il Castello d’Onice dei Grandi Antichi.

La Frezzante è disposta a ricontattare un certo Sal Barone, a suo tempo scartato, perché per lei si farebbe in quattro, ma è lui stesso ad anticiparla…
«Ho saputo che non te la passi tanto bene, Anna…», con un certo rancore.
«Non sei carino, Sal… la vecchia Anna ha bisogno di cure…».
«Che posso fare per te?», tornando galante.
«Ho bisogno di qualcuno che mi stia appresso.
Ho fatto un po’ la stronza, Sal, però…».
«Va bene, va bene, acqua passata».
Riagganciato.

«Perché hai voluto incontrarmi qui?», gli chiede. «Non ho ancora intenzione di buttarmi».
«Te lo spiego dentro.

Non fare sempre la difficile...».
Dal Ponte di Ariccia si spostano all’interno di Parco Chigi.
C’è tanta gente a passeggio.
«Allora? Che ha di speciale questo posto?
Io sto crepando, e tu mi porti per fratte?».
«Hai chiesto il mio aiuto, o no? Fidati…
Ci vediamo con un tale».
Anna e Sal attraversano l’antico portale del parco.
«Siamo arrivati.

Ci aspetta lì dentro…».

«Dentro quel buco?».
Anna è indecisa, quell’antro incute soggezione.
«Avanti, non fare la stronza…».
«Cos’è questo ronzio?
E quella luce…?
Che succede là dentro?».
«Lo scopriremo presto».

Dall’antro esce una coppia, lui è un tipo ambiguo, barbuto, lei una con la carne giusta e la faccia da zoccolona.

Le presentazioni e qualche sguardo d’intesa.

«Non è che facevi la vigilessa, Layla?».

«No, perché?».

Si cammina.
«Se sei stanca, torniamo indietro, Anna».

«Non sono stanca».
«Scusi… sa indicarmi l’uscita?», un tizio chiede informazioni a Sal.
«Di là, deve passare sotto l’arco quadrato».
«Anch’io ricordavo questo, ma l’arco non riesco a trovarlo, e ci sono altre persone che non trovano l’uscita».
«Strano… quante persone saranno?».
«Quattro o cinque…».
«Siamo un bel gruppo, allora».
«Mi scusi… non ho capito…».
«Niente, niente… se ci fossimo persi da soli, sarebbe stato peggio, no?».
«Ma come si fa a perdersi a due passi dal centro di Ariccia?
Il palazzo è talmente grande che basterà vederlo per orientarsi…».
«Certo, certo, ma lei riesce a vederlo Palazzo Chigi?», Sal non si sforza nemmeno di provarci.
«Da qui non si vede, ma se ci spostiamo un po’, lo vedremo sicuramente».
«Mia moglie è stanca, lei faccia un tentativo, io l’aspetterò qui.
Però… attenzione… non si allontani troppo, e se possibile raduni anche gli altri…».
Tempo dieci minuti e il tizio ritorna con cinque persone.
«Niente… il palazzo non si vede da nessuna parte…».
«A questo punto chiamiamo il 112: ci prenderanno in giro, ma almeno usciremo da qui».
«Ha ragione… però sul mio cellulare non c’è segnale».
«Volete farmi credere che nessuno ha il segnale?», domanda Sal, giocando sul velluto.
«Scommetto che tu sai quello che sta accadendo…», gli sussurra Anna.

«Ascoltate, signori: tra non molto sarà buio, qualcuno verrà a cercarci; ma nel frattempo dobbiamo rimanere calmi e uniti.
Il bosco intorno a noi potrebbe diventare pericoloso, se non rimaniamo in gruppo.
Il mio amico Frank ha esperienza di escursioni: propongo di affidarci a lui».
Frank è il compagno della zoccolona.

«Finalmente!

È mai possibile che due persone adulte si perdano in un Parco così piccolo?

Le uscite sono contabilizzate e ne mancavano appunto due».

Sal Barone rimane basito.

La donna in uniforme che sta parlando è la copia esatta di Anna.

Dai gradi sulla spallina, corrispondenti a quelli di Maggiore, dev'essere il Comandante dei Vigili di Ariccia.

«Sono il Maggiore Anna Frezzante, Comandante della Polizia Municipale di Ariccia», è lei stessa che conferma tutto, rivolgendosi a Frank.

«Come due? Noi siamo dieci...», replica Barone.

«E tu che ci fai qui?

Non avevi detto che eri al lavoro?».

«Ma io...».

«Dai, dopo mi spieghi. Il custode sta aspettando noi per chiudere e inserire gli allarmi.

«Ti senti bene, Anna?».

«Certo, perché me lo chiedi?».

«Nessun fastidio, nessun problema?».

«Sei scemo, o cosa?».

«Oh! Il Ponte! È cascato! Ferma le macchine!».

«Il Ponte...? Sono dieci anni che è stato demolito, era orrendo.

«Ah... un lapsus, scusa.

Senti, Anna... ma io e te... non è che...».

«Cosa?».

E intanto la Frezzante lo fa salire in macchina.

«Mi dai uno strappo?».

«Stasera sei scemo».

«Tanto penso che Frank abbia la sua macchina...

Vedo che la prendi larga... forse il traffico... d'altronde se non lo sai tu...».

«Poi mi dici se ti è cascato un ramo in testa, nel Parco».

La Frezzante guida la macchina.

Sale per Monte Cavo. È una strada buia, completamente oscura.

«Questa è una bella zona, peccato per quelle mostruose antenne».

«È vero, sembra ancora impossibile che siamo riusciti ad abbatterle».

«Bella questa villetta in legno.

Immagino che da qui si veda bene Rocca di Papa e tutta Roma».

«È il posto che fa per noi, Sal.

Sopra a tutto.

Vicino a niente».

AD ALTO RISCHIO

DI ESTINZIONE

di Salvatore Conte (2024)

Da quando il tumore le ha scavato l’intestino, la specie di Anna Fezzante è ad alto rischio di estinzione, essendo lei uno degli ultimi esemplari rimasti.

È arrivata allo Stadio 4 con pochi sintomi, ma tante crisi di panico.

«Non sono finita», ripete all'infinito la gran signora, in questi brutti momenti, specchiandosi a figura intera con il camicione sbottonato fino allo stomaco, godendo di sé stessa e sperando che quella possanza sia in grado di salvarla.

Tecnicamente risulta ancora in cura, ma con le sue metastasi - al fegato, allo stomaco e ai polmoni - si può fare davvero poco.

Lei ringrazia Dio che non sia ancora arrivato al pancreas e tira avanti, senza perdersi nessuna terapia, con la paura addosso di crollare da un giorno all'altro.

Passa il tempo sui propri referti, senza capirci molto, e guardandosi le statistiche di sopravvivenza, senza crederci.

Bona com'è, i medici fanno di tutto per accontentarla, ma non possono nasconderle la realtà.

Anna tiene tutti con il fiato sospeso.

Il suo caso somiglia un po' a quello dell'attrice americana Shannen Doherty, che da tempo è arrivata allo Stadio 4,  e che - nello scetticismo generale - riesce ancora a mantenersi in bilico sulla fossa, pur se nell'ultima intervista sembra giunta alla fine.

Sono decine le persone che vanno a trovarla, diverse delle quali molto interessate.

Lei non si aspettava di avere tanto seguito.

Di tanto in tanto esce per distrarsi un po', ma il suo pensiero fisso è il tempo che le rimane. Malgrado tutto, i sintomi non sono gravi, il suo fisico solido e possente riesce ancora ad adattarsi; Anna è incredula di essere viva, se ripensa al contenuto dei suoi referti.

«A me non è sembrata al Quarto Stadio».

«Che t'aspettavi? Che le uscissero i vermi dalle orecchie?».

«Voglio dire che è ancora in gran forma...».

«Se intendi "bona", non c'è dubbio.

Ma è depressa, quasi intontita, non hai visto?».

«Devono essere i sedativi che prende.

Ma nel complesso pensavo stesse peggio».

«Il tumore è una malattia nascosta, non un morbillo con macchie rosse sul volto; neanche i medici sanno con esattezza cosa succeda nelle budella di Anna...».

I due amici si scambiano le loro opinioni, dopo una visita di cortesia alla malata.

«Ma in sostanza quanto tempo le rimane?».

«Non si sa».

«Lei ci crede, ancora?».

«Non penso.

Lei dice una cosa giusta: se si fanno calcoli, si rischia di finire male.

Anna vuole vivere alla giornata».

«Non salta una terapia, però».

«Quello è un altro discorso: Anna ha una paura fottuta di morire, cerca di guadagnare tempo e di non crepare per una stupida complicazione».

«Martedì si fa accompagnare da noi in ospedale: è la svolta che aspettavamo?».

«Penso proprio di sì: la nostra strategia sta funzionando.

Gli altri attaccano singolarmente, noi due invece non la mettiamo in imbarazzo; però dobbiamo stare attenti a non esagerare, okay?».

«Okay...

E chi la molla a quella...».

«Anche se è provata... quasi irriconoscibile...?».

«Le zinne sono sempre quelle...

Hai visto come se lo guarda il medico, alle visite?

       

Sembra voglia mangiarselo con tutto il camice.

Perché non mi dai una buona notizia, una volta tanto?

A me pare che pensi questo...».

«È incredibile l'impegno che ci mette: vorrebbe stupire tutti e salvarsi, ma non ci riesce, anzi va sempre peggio».

«È già molto che non sia ricoverata in terapia intensiva... la povera Anna...».

«Infatti... ma sta per cascarci dentro.

Non sarà un'esperienza piacevole, né per lei, né per i tanti che aspetteranno notizie...».

«Al momento, però, non ci sono sintomi preoccupanti. La vecchia sa gestirsi molto bene».

«È solida e vuole vivere, le proverà tutte fino alla fine.

Si fa controlli in continuazione, il quadro attuale è sotto controllo.

La Frezzante ce la giochiamo se arriva al pancreas o alle ovaie».

«La signora andrebbe su tutte le furie...

Parliamoci chiaro: è convinta di salvarsi, le hanno promesso una radioterapia mirata sulle metastasi più pericolose; per fortuna ci dice tutto».

«È seguita molto bene, a nessuno piacerebbe vederla in coma, o peggio...

Lei è convinta di poter trovare il bandolo della matassa. Rimarrà delusa quando la situazione le sfuggirà di mano. E avrà molto paura.

Non credo a questa storia della radioterapia mirata: l'hanno solo lusingata.

Il cancro se la sta mangiando, e presto dovrà ricoverarsi, se vuole tirare avanti».

«Comunque ne sappiamo più noi che i figli: quelli credono che il tumore sia ancora alla fase iniziale...».

«Per la madre non c'è più niente da fare e quelli pensano alle vacanze...».

DRIN... DRIN...

«Zitto, è Anna...».

«Allora?».

«Ci vuole da lei. Subito».

«Non si sente bene?».

«Ha paura. Non riesce a dormire.

Pensa al futuro...

Dentro di sé ha capito la fine che le tocca...

Ma non vuole accettarlo, e non vuole parlarne con i figli».

«E secondo te quelli non hanno capito che la madre è grave?».

«Capito, o no, se ne accorgeranno presto».

«Andiamo a consolare la signora...».

«Ovviamente le diciamo che è tutto sotto controllo...

I malati terminali devono capire un po' alla volta che non c'è più niente da fare».

«Per lei sarà dura...».

«Per lei e tutti i suoi spasimanti: vedendola ancora reattiva e impegnata, nessuno ha capito come non solo Anna, ma l'intera specie si trovi ad alto rischio di estinzione».

«Mi ricorda un gioco...

Se lo ritrovo, ci giochiamo con la signora in via di estinzione...

A me, però, sembra ancora impossibile che la Frezzante rimanga uccisa...

Anche in coma continuerà a provarci!».

«E sul passato oscuro della Frezzante, che mi dici?».

«Di quei viaggetti in America, per combinare grosse zozzate...?

Ieri sera, in effetti, ha ammesso più di qualcosa...

Del resto, l'aria da fatalona ce l'ha...».

«E se qualcuno gliel'avesse promessa?».

«Beh, allora le farebbe solo un piacere... viste le sue condizioni».

«Il killer ha infierito con numerose pallottole, forse perché la vittima non sembrava ancora stroncata.

A un certo punto la donna non è più riuscita ad assorbire i colpi, e allora il killer si è fermato. Non c'era più gusto. Il lavoro sembrava finito.

Penso sia andata così: se riprende conoscenza, ce lo dirà lei.

A voi ha raccontato qualcosa dei suoi trascorsi a New York?».

«No, Ispettore. Assolutamente niente».

«Va bene, per il momento potete andare.

Ma... rimanete a disposizione...».

«Sempre a sua... disposizione, certo».

«È lo stesso Ispettore che veniva a trovarla: devono conoscersi, forse a causa di precedenti inchieste».

«Sì, la incoraggiava a fare tutte le visite e le terapie».

«Ma nel frattempo qualcuno l'ha imbottita di piombo sotto il suo naso: mica tanto sveglio questo Ispettore Callaghan...».

«Già... e le ultime possibilità di Anna se ne sono andate...».

«Se esce dalla Rianimazione la trasferiranno in Oncologia, ma nel frattempo il tumore se la mangia...».

«Ragazzi... sto perdendo la speranza...

Ho visto come mi guardano tutti.

Faccio la fine della puttana... l'ho capito...».

«Le cure proseguono, Donna Frezzante.

I malati terminali, con le sole cure palliative, stanno in un altro reparto: si chiama Degenza Indefinita.

Voi ricevete le terapie d'urgenza del reparto di Oncologia, siete in partita; anche perché questi medici non fanno sconti: devono far quadrare i conti e se un malato non risponde, lo spostano in quattro e quattr'otto».

«Non lo so... ho paura.

Se  avanti ancora, sono finita.

La metastasi alle ovaie è micidiale. Mi condanna...

Ho tanta paura...

Aspetti-aspetti... qualche miglioramento... ma il tempo passa... e poi ti dicono che è finita...».

«Donna Frezzante, se avete superato le pallottole, supererete anche le metastasi».

La possente, quasi indistruttibile cinquantenne gli mostra il cellulare con la notizia: la Doherty non ce l'ha fatta.

Per Anna è stato un termine di paragone importante, in questi mesi.

E ora le suona nel cervello come un campanello d'allarme; la notizia è un macabro presagio lungo la sua strada, tutta in salita.

«Dunque un grosso collezionista, che lei chiama sponsor, l'ha presa in carico».

«Era impossibile che qualcuno non la notasse.

Però non ci ha fatto fuori».

«No, non si fida.

A noi, invece, ci conosce.

Soprattutto conosce la nostra bava. E si fida di quella».

«La vuole portare in Egitto per tentare un rito di guarigione e salvezza.

Eterne...».

«È un famoso occultista, ha classe, non sfigura accanto ad Anna».

«Naturalmente un'esperta infermiera, con tutte le attrezzature necessarie, farà parte della spedizione».

«Logico, Anna può avere problemi in qualunque momento.

E questo Biederbeck non ha certo problemi di soldi».

LA BESTIA DI BERING

di Salvatore Conte (2024)

«Penso di avere un'idea migliore: ci penso io ad ammorbidire la puttanella...», Anna Frezzante esce allo scoperto e fa la sua proposta a mister Thorne.

«E perché dovrei andarmene in pensione?».

«Capitano Hunter, per me può anche restare su questa bagnarola, purché tenga a bada i suoi figlioletti...».

La Frezzante si è presentata sulla Black Drum come la lurida bagascia che è: camicione sbottonato fino allo stomaco e faccia da stronza.

«Mister Thorne vuole cominciare subito, le chiacchiere sui Vampiri del Mare non ci interessano.

Ci spaventano molto di più i cercatori d'oro abusivi, ed è per questo che non possiamo perdere tempo...».

Glenn Hunter, il capitano del dragatore Black Drum, nonché padre di Donna e Joe, non cede ai ricatti e tenta il colpo con un'immersione notturna.

Però gli va storta, uno squalo molto aggressivo lo attacca e gli leva la pelle.

Malgrado il grave lutto che colpisce i due ragazzi, la Frezzante, sbottonata e aggressiva come sempre,  si preoccupa solo di mandare avanti il gioco di Travis Thorne, uno squallido trafficante che tiene per le palle il figlio di Hunter.

L'accordo è fatto: il dragatore dei fratelli Hunter è pronto a prendere il mare; Joe è il capitano.

Il resto dell'equipaggio è composto dal veterano Jonas Papajohn, dalla recluta Owen Powers, e dalla potente e famosa Anna Frezzante, in qualità di osservatrice.

La sua presenza a bordo viene segnalata alla Capitaneria di Porto, come si fa con le personalità e le autorità di un certo rango.

Tuttavia, il vero osservatore sembra Jonas, che non riesce proprio a staccarsi da quelle zinne sbottonate.

Mister Thorne sarà aggiornato via radio dalla donna, e se del caso, verrà a controllare di persona i risultati del lavoro.

La Black Drum ha un'autonomia pressoché illimitata: a parte le abbondanti scorte di viveri e carburante, produce energia dai pannelli solari montati sul tetto del cabinato, dispone di un impianto di desalinizzazione dell'acqua e di valide attrezzature per operare qualunque riparazione si renda necessaria.

Il lavoro procede bene, l'oro c'è, il suo luccichio si riflette negli occhi avidi di Anna. La donna mente al suo principale sulle quantità estratte, non ha intenzione di dividere con nessuno.

Nella zona, però, continuano i misteriosi avvistamenti di grossi volatili scuri come la notte e gli inconsueti attacchi da parte di squali assassini.

La Capitaneria di Porto aggiorna i natanti sulla situazione e invita alla prudenza.

«Ascolta, Anna... anch'io li ho visti... ho visto la Bestia di Bering.

Su di loro si racconta una leggenda. Li chiamano i Vampiri del Mare. Abitano in fondo all'oceano, negli abissi; e non si fanno vedere per lunghi periodi di tempo; ma quando qualcosa li disturba, allora vengono allo scoperto e attaccano; forse sono state proprio le nostre ricerche, gli esplosivi di profondità che abbiamo usato a disturbarli...

Sono dei grossi pipistrelli, o dei pinguini assassini, e si dice che abbiano una lunga coda che termina con un rostro, come quello di un arpione... ti sfondano la pancia e ci depositano un uovo; poco importa se muori subito o no, tempo poche ore e l'uovo si dischiude, liberando un piccolo mostro che ti divora le budella... uccidono e si riproducono nello stesso momento... forse è per questo che di tanto in tanto escono allo scoperto... per riprodursi; in questo caso, non saremmo noi i responsabili».

«Joe... non dirmi che credi davvero a queste sciocchezze...!

Sei grande, ormai. Dimostramelo...».

La Frezzante si sta lavorando Joe Hunter, in modo da dividere i due fratelli.

D'altra parte, Donna se la intende con Owen.

Al momento rimane fuori Jonas, ma Anna lancia qualche bocconcino pure a lui, tanto per avere la maggioranza sulla barca.

«Avremmo bisogno di una scorta, e tu in particolare. La tua pancia è particolarmente invitante. Non voglio che tu rimanga uccisa. Sei molto bella...».

«Non succederà. So badare a me stessa.

Per precauzione faremo distribuire degli arpioni a tutto l'equipaggio; tu avrai in dotazione anche la pistola lanciarazzi: se occorre, mi proteggerai.

Però ascoltami, Joe... questo tratto di mare è una vera miniera d'oro...

Domani metteremo in acqua la lancia e andremo a depositarlo in banca; lungo il percorso nasconderemo la metà dell'oro su un isolotto qua vicino... conosco la zona; quella sarà la nostra riserva personale, non dovrai parlarne con nessuno, nemmeno con tua sorella...

Allora? Giuralo...».

«Te lo giuro, Anna. Sarà il nostro segreto».

«Bene, adesso infilami il tuo arpione nelle budella...».

E gli ride in faccia, come la grossa mignottona che è.

«Anna è rimasta ferita, è grave!», strilla a squarciagola Joe Hunter, dalla lancia.

La donna è stata arpionata da una Bestia di Bering, dopo che i due avevano nascosto l'oro sottratto all'azienda.

È spuntata fuori all'improvviso e l'ha colpita.

Dopo qualche attimo di panico, Joe ha risposto con il lanciarazzi e ha messo in fuga la bestia.

La Frezzante sta perdendo molto sangue, ma il peggio deve ancora venire, ormai ha capito cosa l'aspetti.

«Non possiamo provare a estrarre l'uovo?», suggerisce Owen.

«No, così la uccidiamo...», risponde Jonas.

«Facciamo venire un elicottero! Subito!», strilla ansioso Joe.

«La Capitaneria non risponde!», replica poco dopo la sorella.

«Uccidetelo... presto...!», urla impazzita Anna, che vede un feto mostruoso rosicchiarle avidamente le budella.

SZOCK

Con una secca coltellata, Jonas affonda il colpo sul nascituro, come su una mela nel cesto della frutta.

L'orrenda prole è eliminata, ma Anna è dilaniata...

«Ho paura... ho paura...», sussurra disperata.

Joe le tiene la mano, ma c'è poco da fare.

«Aiutami... Jonas... uccidilo...».

Lentamente gli occhi di Anna si fissano sul tetto della cabina.

«Penso sia morta...», l'epitaffio di Owen.

«No... il cuore batte... molto debolmente...», lo smentisce Donna, molto lucida, che le ha sentito il polso. «Andate a prendere la bombola da sub.

Presto!».

Anna è praticamente in terapia intensiva.

Impacchi di ghiaccio sulle budella dilaniate per rallentare l'emorragia, l'ossigeno in faccia, le gambe alzate per mandarle sangue al cuore.

Anche se è una stronza, e lo sanno tutti, è comunque una bella donna, una donna di classe.

Nel cofano d'emergenza della Black Drum, ci sono anche delle sacche di plasma e delle flebo.

La Frezzante riprende conoscenza, ma è stordita, gli occhi vagano sul soffitto della nave.

«State attenti... sono qui intorno...».

Anna non si sbaglia, l'attacco è massiccio ed improvviso.

Sono almeno una dozzina.

Sbattono contro la porta e le vetrate.

Cercano di entrare.

L'equipaggio imbraccia gli arpioni.

SBAM

La porta ha ceduto!

«Fermi...», sussurra Anna, con voce flebile. «È qui per me...».

Il Vampiro del Mare avanza verso la donna.

La coda vibra minacciosa nell'aria, pronta a colpire.

SZOCK

Con uno sforzo quasi sovrumano, Anna gli ha piantato l'arpione in corpo, prima che il Vampiro facesse altrettanto, troppo sicuro di avere davanti a sé una preda abbattuta e rassegnata.

La Bestia di Bering non gli ha lasciato scampo.

E gli altri si involano.

CONAN: IL PALAZZO DEI MORTI

di Salvatore Conte (2024)

1

Per Crom! Le cose nella Città dei Ladri non potevano andare meglio, hai ancora la testa attaccata al collo e Chana al pisello!

La tua donna è ormai considerata immortale, indistruttibile, a causa dell'impressionante potenza fisica e della figura da imperatrice.

Ambiziosa come te, l'hai liberata dalla prigionia e la spremi fino in fondo, senza fare calcoli.

La potentissima donna non è più di primo pelo, tutt'altro; è più il tipo della consumata matrona, una decina d'anni più vecchia di te. Ma nel suo voluttuoso abbraccio, in questi giorni hai trovato un'ansa che sa calmare la tempesta dei tuoi barbari sensi sempre in tumulto.

Crisias, l'oste della taverna che hai temporaneamente eletto a tua dimora in città, ti considera ormai uno dei suoi migliori clienti, per tutto il vino che ti sei scolato e per le colossali bevute che hai offerto alla varia umanità di tagliagole, ladri, baldracche e pezzenti che frequentano il Maglio.

Ma ormai è tempo di muoversi, Conan.

Ti sei fatto lusingare dalle voci della taverna, dal miraggio della Città Maledetta; è il tuo destino di razziatore; ti porterai appresso la potentissima Chana, alla quale in questo momento non sai rinunciare.
Hai lasciato la città diretto verso le rovine di un'antica città il cui nome è andato perduto nel tempo, quei pochi che osano parlarne la chiamano "la Maledetta"; si dice fosse abitata da uomini ancora più corrotti e perversi degli zamorani, ammesso che ciò sia possibile.

Nonostante tutte le voci e i tetri racconti che circolano sui pericoli delle rovine, le leggende sui favolosi tesori che ancora attendono chiunque sia abbastanza intrepido - o pazzo - da tentare di impossessarsene, ti hanno convinto a sfidare la sorte. Crom ammira il coraggio, forse potrebbe volgere uno sguardo distratto ma benevolo sulla tua impresa. O magari potrebbe ridersela di tanto ardire e restare a guardarti mentre ti scavi la fossa. E se così fosse, che andasse alla malora!
Hai avuto i primi sentori di essere inseguito ieri mattina, quando hai lasciato la strada principale per incamminarti attraverso uno stretto passo montano oltre il quale si trovano le rovine. Ormai ti sono quasi addosso: puoi sentire il puzzo rancido del loro sudore portato dal vento, ora che il sole sta tramontando e proprio mentre attraversi l'ultima stretta gola che ti separa dalla Maledetta. La massiccia Chana ti ha sicuramente rallentato, ma è un fardello da cui non intendi separarti.

Rannicchiato in cima a un aguzzo sperone di roccia li hai infine scorti: sono in sei. I cinque soldati zamorani non ti impensieriscono; a giudicare dal loro incedere sin troppo circospetto, se la stanno già facendo sotto. Potrebbe essere la fama che t'accompagna a spaventarli, ma è più probabile che, come te, conoscano le cupe storie che aleggiano attorno alle rovine. L'ufficiale che li guida, invece, è un'altra storia. È un gunderiano non particolarmente alto, ma dalle spalle larghe e il passo sicuro, fasciato in una corazza di bronzo ben lucidato e con in testa un elmo ornato da crini di cavallo che gli conferisce una certa dignità marziale.
I cani zamorani non fanno altro che lagnarsi o sbottare in battute oscene per darsi coraggio, mentre il capitano cerca di zittirli, anche se ormai ha di certo intuito che sei al corrente della loro presenza.

Devi liberartene ora, prima di arrivare a destinazione, o la situazione per te e Chana potrebbe farsi insostenibile.
Se vuoi affrontare a viso aperto i tuoi inseguitori, vai al 43.
Se invece preferisci giocare d'astuzia, vai al 78.

 

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