È
difficile correre con la pancia imbottita di piombo.
Ma Layla sapeva farlo.
Anche se appesantita da cinque pallottole .223,
la possente libanese non era tipo da mollare.
Layla Dakmak era considerata l'assassino
freelance più efficiente al mondo.
Cinque colpi in pancia non erano sufficienti a
fermarla, almeno non subito.
Tutto era cominciato con un incarico troppo
invitante per essere rifiutato.
Layla era la migliore e lei lo sapeva.
Nessuno era mai riuscito a fregarla, né i poliziotti, né i
giudici, e nemmeno gli altri criminali.
Tuttavia aveva dovuto pagare un prezzo: in diverse occasioni
aveva rischiato di rimanere uccisa.
Le sue budella aveva assaggiato più piombo di un intero
plotone di marines in Vietnam.
La
differenza con gli altri l'aveva fatta la sua quasi soprannaturale capacità di
assorbire le ferite, che andava ben oltre la casistica medica.
In quei momenti, Layla non si faceva travolgere dal panico,
anzi quasi riusciva a godere di quei buchi in corpo.
«Ooogh!».
Era questa la sua
esclamazione fatale di dolore, sorpresa e piacere, insieme.
La libanese preferiva esporre
la pancia, piuttosto che il petto o la testa, perché fino a quando il cuore
avesse battuto e il cervello funzionato, lei avrebbe lottato per rimanere viva.
E di nuovo avrebbe smentito i
medici.
Per il resto Layla aveva
superato la cinquantina e si era molto ingrassata; però rimaneva una donna
interessante, fasciata da camicioni a tunica tempestati di invitanti bottoncini.
«Nettare»,
disse l'italiano, dalla figura distinta.
«Dimmi di più», gli rispose
la libanese.
Lo conosceva come "Sal",
niente di più.
L'aveva contattata come molti
altri prima d'allora; con un mucchio di soldi d'anticipo, per sollecitare la sua
attenzione.
«La Società
Bilderberg
lo chiama così.
È un siero in grado di
rianimare i morti, da somministrare tramite iniezione, entro un'ora dal decesso.
L'hanno già sperimentato su
tre condannati a morte, a mezzo di fucilazione.
I tre sono stati poi
giustiziati una seconda volta, ma non si sono ripresi.
Il
siero funziona una volta sola.
Ebbene... io rappresento
un'ala della Bilderberg che intende produrre il siero su scala industriale, in
modo da rifornire chiunque abbia abbastanza soldi da rifarsi una vita... diciamo
così».
«Vai avanti».
«La
formula del siero è tenuta nascosta nel sottosuolo di Ginevra, all'interno di
un'installazione segreta della Società, collegata alle fognature della città.
Il tuo obiettivo è penetrare
all'interno e creare un diversivo, tenendo impegnate lo loro difese, mentre io
mi occuperò di portare via la formula con tutte le dosi di siero che riuscirò a
trovare.
La
struttura è difesa da decine di paramilitari, tra cui molte donne, perché i
gerarchi della Società, credendosi intoccabili, le usano più che altro per
sollazzarsi.
Pertanto non incontreremo una
grande resistenza».
«Va bene, ci sto».
I due sicari si erano calati sotto la città da un tombino
fognario.
Attraverso una mappa in possesso del killer italiano, avevano
raggiunto la zona rossa.
«Ormai ci avranno rilevati: qui ci separiamo, Layla.
Questo corridoio ha un andamento circolare: spara a tutto
quello che incontri e vai avanti. Io farò lo stesso.
Ci rivediamo alle tende rosse, l'uscita è lì».
La libanese cominciò subito il suo lavoro.
Dopo
non più di cento metri, Layla si vide venire incontro tre uomini armati di
AR-15.
Pfft-Pfft-Pfft...
La Dakmak prese la mira e li abbatté con tre colpi silenziati
in fronte, precisi al millimetro, utilizzando la uzi in modalità tiro singolo.
Poi ne avvistò altri due.
Pfft-Pfft...
Rattattatta!
Stavolta uno dei due lasciò partire una raffica al cielo,
prima di cadere morto.
Le sirene d'allarme cominciarono a strillare. Il silenziatore
non era più necessario.
Mentre continuava ad avanzare nel lungo corridoio circolare,
Layla
sentì arrivare diversi uomini.
Appena a tiro, aprì il fuoco
a raffica.
Erano donne, le mignotte di cui
aveva parlato Sal.
Ne fece fuori una mezza
dozzina, ma una si salvò e rispose.
Rattattattatata.
«Ooogh».
Pow-Pow!
La puttanella cadde morta a terra, ma Layla aveva incassato due pallottole in
pancia...
Altri quattro uomini
sbarrarono la strada alla libanese.
Con una mano sulla pancia e
l'altra sulla fedele uzi a tiro multiplo, Layla fece partire una raffica.
Rattattattata!
Rattattattata!
«Ooogh!».
Non fu solo l'eco a
rispondere!
Uno degli uomini era riuscito
a sparare.
E altre tre pallottole
calibro 223 l'avevano raggiunta nel pingue addome.
Gli avversari, però,
sembravano finiti. E le sirene si erano spente.
Adesso doveva trovare le
tende rosse!
Le tende c'erano, l'italiano
no.
«Dove cazzo... ukh... sei
finito...», sussurrò tra sé la libanese, con le mani pressate sulla pancia e la
uzi a tracolla.
Quando la vide, fu troppo
tardi.
Una puttana ferita le puntava
contro la canna del suo AR-15.
«Maledetta troia...».
«NO!!», Layla urlò disperata.
Ma l'altra non si fece irretire.
Rattattatata!
«OOOHGGH!!».
Altre cinque pallottole in
pancia!
Ma poteva gestirle...
«Aspetta... ukh...
aspetta...!».
Inutile.
Rattattata!
«Hougghk…!? Houghhk…! Hooughhk!!».
Stavolta quattro pallottole
nel petto!
Erano ferite mortali!
Layla era impietrita, ma
ancora in piedi.
«Maledetta... houghhk...».
Rattattatata!
Stavolta, però, non si
aprirono altri buchi.
Almeno non nel suo possente
corpo.
«Mi dispiace non essere
arrivato prima...
Ma ho con me il siero; se
occorre, ne avrai una dose...».
Sal aveva liquidato la
mignotta troppo zelante, con una raffica nella schiena.
«Peccato... ukh... grossa
puttana...».
«Era Anna Frazer, l'amante di
James Bond; in questo periodo faceva servizio qui.
Quando lo verrà a sapere, si incazzerà
da morire...».
«Allora... dalle una fiala... meglio...
ukh... non
averlo addosso... quello...».
«Okay, poi ti metto su una
carrozzina e andiamo via».
Superarono insieme le tende
rosse, che si aprivano sull'ingresso principale della struttura, il seminterrato
dell'obitorio di Ginevra, un posto in cui nessuno sarebbe andato a ficcare il
naso, ma comodo per gli esperimenti in corso, soprattutto per quelli che
fallivano...
IL RITORNO DELLA GRAN PUTTANA
Depressa e stravolta, pallida come un cadavere,
Layla era stata trasportata a casa di Sal in gran segreto.
Massacrata dalle pallottole, aveva subito tre interventi
chirurgici ravvicinati.
I medici avevano cercato di ricostruire - con protesi artificiali - parte dei
suoi intestini, completamente distrutti dalle devastanti raffiche di piombo.
Lo stomaco era stato ridotto a un quarto, nella prospettiva che potesse
lentamente espandersi.
Fragile e malconcia, difficilmente sarebbe tornata a camminare sulle proprie
gambe, e alla minima complicazione c’avrebbe lasciato la pelle.
Tuttavia era tornata. Senza bisogno del Nettare.
E con 14 pallottole in corpo non era stato un scherzo.
Sal le era rimasto accanto, anche dopo la fine
della missione.
Faceva le nottate per assisterla, appesa alla flebo,
depressa e piena di dolori.
Layla, infatti, contrariamente al suo carattere, appariva smarrita e titubante.
Sal le tamponava i buchi con la mano, in
maniera puramente simbolica, visto che erano bendati accuratamente.
«Sono invecchiata...».
«Mi vai bene così».
«Allora
toccami le zinne... voglio ripartire...», gli disse la libanese.