di Sergio Bonelli e Salvatore Conte (1978-2024)
«Quanto vuoi per portarmi a Selva Preta?».
«500 dollari.
E tu quanto per scartare tutti quei bottoncini... e mettere le mani su tanta carne...?».
«Insolente.
1.000 dollari mi andranno bene».
«Che cosa? Ti devo io 500 dollari?».
«Solo se hai fretta...
Oppure all'arrivo vedrò di farti uno sconto: diciamo che ci vai pari e ti fai una gita con una bella cessa».
«Hai le idee chiare, vedo».
«Dovevi vedermi da giovane...».
«Perché, adesso sei vecchia?».
«Molto galante, Mister No...».
«Se questo aggeggio ti regge... e non fa tante storie per partire... io ci sto».
Decolla così la storia tra Mister No e Layla.
La donna figura tra i giornalisti invitati a curare la campagna di stampa dell'azienda di mister Stark, un imprenditore visionario intenzionato a impiantare una fabbrica di carne in scatola in piena giungla amazzonica.
D'altronde lei è un'esperta di carne, la sua: carne da sbottonare alla bisogna.
Il viaggio si svolge senza troppe complicazioni, a parte un atterraggio d'emergenza presso la pista abbandonata di Camp Washington.
Ben presto Mister No si rende conto che la bella cessa di Layla Serrano non ha alcuna competenza giornalistica: ha di sicuro inviato false referenze a mister Stark, per infiltrarsi tra le maglie della nascente struttura industriale; l'imprenditore, da parte sua, attratto come non mai dalla carne, non si permette certo di mettere in discussione una figura che sembra letteralmente incarnare l'ambizione del suo progetto.
Sta di fatto che tutto procede d'amore e d'accordo per alcuni giorni, fino a quando un improvviso mistero cala su Selva Preta: durante la notte il bestiame dell'azienda fugge dal recinto e il custode risulta irreperibile, dopo aver sparato diversi colpi di fucile.
Chi ha attaccato l'azienda di mister Stark?
Sabotatori? Terroristi? Indios? Banditi comuni?
Tutte le ipotesi sono valide, in questo momento.
Mister No partecipa a una battuta nel folto della giungla per trovare tracce sia del custode che del bestiame.
«Meglio se tu rimani qui, Layla».
«Neanche per idea, Jerry. Non sono una donnicciola, l'avventura mi piace e sono curiosa di sapere cosa sia successo».
Da questo tipo di reazione, Mister No trova conferma all'ipotesi che la donna sia interessata a entrare in affari con mister Stark, ricorrendo con ogni probabilità a finte quote finanziarie; Layla dev'essere una truffatrice professionista, convinta di poter abbacinare Stark con la sua carne.
Le ricerche della squadra di esplorazione danno ben presto un esito altamente sorprendente: una mostruosa creatura esce allo scoperto e attacca!
Diversi uomini di Stark vengono uccisi, Mister No protegge Layla e la porta in salvo.
L'imprenditore dà subito l'ordine di evacuare l'azienda, ma è già troppo tardi!
I mostri compaiono numerosi e invadono la pista di decollo, danneggiando i velivoli presenti.
Ogni via di fuga è ormai preclusa.
Il veterinario di Stark spiega che i mostri non sembrano altro che giganteschi insetti, avidi di carne; proprio come Mister No e il suo padrone, del resto.
A quel punto è facile azzardare un'ipotesi: nel vicino campo militare furono eseguiti esperimenti segreti con radiazioni e sostanze chimiche, che contaminarono l'ambiente circostante, in particolare questo tipo di insetti, mutandoli orribilmente.
L'avventura industriale di Stark sta prendendo una piega inaspettata!
Mister No, tuttavia - come sempre - non si dà per vinto.
Utilizza il generatore dell'azienda per elettrificare la recinzione circostante (concepita per animali di taglia normale) e mantenere lontani i numerosi insetti giganti che continuano ad attaccare Selva Preta.
«Scommetto tutti i tuoi bottoncini che ce la caveremo...», sussurra a Layla.
L'espediente di Mister No ha successo.
Tra un turno e l'altro di guardia, Jerry si struscia addosso le zinne di Layla, dopo averle lungamente sbottonate. È la ricompensa del vincitore.
I soccorsi sono in arrivo, ma il sogno di mister Stark è ormai svanito.
Non tutti i guai vengono per nuocere, recita però un vecchio adagio.
Infatti Jerry, in questa maniera, si può prendere Layla e la può riciclare come assistente di volo!
di Salvatore Conte (2024)
Non si fida di lei, ma le ha retto il gioco fino all'ultimo, visto che si tratta di una bella donna molto ambita.
È una signora di lusso, imbolsita, ma con classe, e tanta carne dove serve. Un pezzo da 100.
È famosa per i suoi camicioni sbottonati e le sue zinne morbide, penzolanti; ma stasera veste distinto, una giacca verde-petrolio con le spalline imbottite per rendersi ancora più imponente: è un locale importante, d'altronde, tavoli riservati accanto a salottini altrettanto riservati, per discutere e andare anche oltre, secondo gli scopi dell'incontro.
Loro devono discutere di affari, a nome delle rispettive organizzazioni.
Si cerca una mediazione rispetto a delle controversie piuttosto fastidiose.
Ma il margine di trattativa è basso, e gli ordini sono di far saltare il tavolo, se non c'è l'accordo.
E
quando lui capisce che ormai ha deciso di fregarlo, che ha una pistola nella
borsetta e con quella sta per sparargli, senza aspettare il secondo, i suoi
scrupoli da gentleman finiscono all'istante.
BANG
La anticipa, sparandole negli intestini da sotto il tavolo, con una pistola di
piccolo calibro, ma letale a distanza ravvicinata; tanto piccola da occultarsi
nella tasca dei pantaloni, però abbastanza grande da uccidere.
BANG
Anna non si scompone e spara a sua volta, colpendolo in
pieno petto; la sua reazione è immediata, da killer professionista e grande
incassatrice.
Esplodono subito, oltre ai colpi, le urla di panico dei clienti.
Smith ha accusato il colpo, rovesciandosi a terra, ma non ha perso la presa
della sua pistola: è istintivo nei killer, sanno che è meglio perdere l'altro
braccio che non l'arma.
Per un attimo la superficie del tavolo scherma la visuale di Anna.
È in quel momento che Smith si riporta in vantaggio: scarta di lato e coglie la
Frazer impreparata. La donna si sta alzando dalla sedia, offrendo un bersaglio
allettante.
BANG
BANG
BANG
Tre colpi in rapida successione - due nello stomaco, l'altro al petto - senza
darle la possibilità di rientrare in gioco.
Anna stramazza sul tavolo, rovesciandolo a terra con sé.
Il panico si propaga rapidamente, i clienti fuggono all'impazzata, nonostante le
bocce siano ormai ferme.
Smith si rialza da terra e si avvia all'uscita, ma fa pochi passi.
Il colpo di Anna è mortale. Cottura espressa.
L'uomo stramazza a terra, senza nemmeno accorgersene.
Il primo a soccorrere la donna è il giovane cameriere che li ha serviti, rimasto
affascinato dalla sua classe di vecchia signora ben tenuta.
Subito dopo il locale viene chiuso, anche se la polizia non è ancora arrivata.
Il capitano del distretto non si intromette in certe faccende.
Lascia bollire l'acqua torbida e sa che il coperchio è soggetto a saltare per
aria.
Il proprietario, compiacente, informa i suoi contatti: uno è morto, l'altra è
grave.
Il cadavere lo fa trasportare sul retro, per il ritiro, come fosse un take-away.
L'altra consegna è ancora in cottura.
Arrivano tre compagni della banda di Anna, mandati dal boss per gestire la
situazione.
La Frazer si è dimostrata ancora una volta la migliore, ma ormai è fritta,
spilla sangue come una fontana; l'hanno messa seduta sul divano, per non farle
salire troppo sangue in gola; ha un polmone bucato e respira con difficoltà.
Passano i minuti senza che accada nulla, Anna ha capito che non le chiameranno
un'ambulanza; e se ci mette troppo a crepare, ci penseranno loro.
Tanto vale che si decida.
«Facciamola finita... passami un ferro... Joe... faccio da me...».
I tre si guardano.
Non provano a trattenerla.
Anna si piega di lato, sopra il revolver; e si preme la canna contro il fianco.
Sta per diventare il secondo take-away della serata.
I compagni si portano sull'angolo di tiro opposto: c'è infatti la concreta
possibilità che il proiettile fuoriesca dalla schiena.
«Sta per sparare?».
«Ancora no, il volto è abbastanza morbido.
Quando la vedrai indurire il volto e serrare la mascella, quello sarà l'attimo
in cui chiuderà i giochi».
La Frazer non è convinta, spera che qualcuno la fermi.
«Aspetta, Anna... non avere fretta...».
C'è riuscita.
«Lasciala fare... ci creerà meno problemi, non ne ha per molto».
«È lei che soffre, non tu», il terzo uomo offre una giustificazione alternativa
del medesimo fatto.
«Anna... fai quello che devi fare... è meglio se ti levi il pensiero...».
Niente, non le lasciano scampo, deve andare avanti.
È finita. Prima si decide, meglio è.
«Quel bastardo... cough... l'ho fottuto però...».
«Sei stata brava, ma fatti passare la tosse», il cinismo dei compagni non ha
limiti.
Anna si ingobbisce sul fianco e indurisce il volto!
«Fanculo tutti!».
BANG
Ed esplode il colpo!
Sussulta all'indietro, sfondata dalla pallottola e ricade in avanti, la testa
sul bracciolo del divano.
Il proiettile non è uscito dalla schiena, il giro-pancia di Anna è importante,
l'angolazione del colpo laterale: la pallottola è entrata dal fianco e l'ha
attraversata tutta, ma senza uscire.
Anna deve avere gli organi interni distrutti. Però non ha
ancora trovato la morte, singhiozza con gli occhi inespressivi, devastata e
sconvolta.
«Questa stronza non è ancora crepata».
ll suo saluto finale non le ha portato molti consensi.
Scatta un cenno di intesa tra Bill e Joe.
«Un colpo per uno?».
«Io passo», risponde Fred.
È un plotone di esecuzione in formato ridotto.
La rimettono seduta contro lo schienale del divano.
Anna ha quasi perso conoscenza.
Si accorge solo all'ultimo di quello che vogliono fare.
«No!».
Solleva il braccio, ma è troppo tardi.
FLOP
FLOP
Entrambe nelle budella.
Hanno inserito i silenziatori, perché la polizia non si mette in mezzo, ma non
devono esagerare.
Quando
la colpiscono, però, spalanca la bocca e gli occhi, come se l'avessero
assassinata in quel momento.
Si accascia sul fianco con un rantolo prolungato e dopo un paio di sussulti,
sbarra gli occhi e rimane inerte, con il braccio penzolante nel vuoto dal bordo
del divano.
«Ne aveva di birra in corpo...».
«Non voleva proprio morire».
È finita sul serio, stavolta.
Fred prende un drappo e la copre.
Il cadavere di Anna è imbarazzante. Una bella donna con troppe pallottole addosso.
«Del corpo che ne facciamo?».
«Lo facciamo sparire nel solito posto».
Una telefonata.
«Il capo dice che ha chiamato la figlia: sa che la madre è ferita gravemente e vorrebbe vederla».
«Non è tanto aggiornata, allora.
Il pacco lo ritira lei?
Perché se è così, noi ce ne possiamo andare».
I tre hanno lasciato il campo.
Il cameriere solleva il telo per rivedere un'ultima volta la signora.
È un cuore tenero e si mette a piangere, toccato dallo sguardo ghiacciato di Anna, incredula di fronte alla propria morte, sebbene avesse tentato lei stessa di togliersi la vita.
Vorrebbe toccarle le zinne, ma ha troppa compassione di lei.
Si volta e va a prendersi qualcosa da bere.
Torna e trova il titolare intorno al corpo della signora.
Lui di compassione non ne ha.
«Gran donna, peccato.
D'altronde, solo un'ora fa, una strizzata del genere mi sarebbe costata due buchi in pancia».
«Fanculo... fanculo tutti...».
«Come hai detto?», chiede al ragazzo.
«Detto cosa, capo?».
Il proprietario capisce il quel momento.
Entrambi fissano basiti la donna.
Il titolare fa subito una telefonata e dopo 5 minuti si catapultano da lui gli uomini di un altro boss.
È un grande estimatore della Frazer, ma è stato sempre respinto.
È la sua occasione.
La fa ricoverare nella sua villa, assistita dal suo medico personale, con strumentazioni di ultima generazione.
L'ha vestita con una delle sue camicie, sbottonandola fino allo stomaco.
«Ce la fai a raccontarmi tutto?
Ma senza sforzarti».
«Smith... lo conosci... un sicario...
Dovevamo discutere...
Ma ho capito... che voleva fregarmi...».
«Fai una pausa...», il boss le mette una mano dentro la camicia, sulle zinne.
«Ci siamo sparati addosso... ma lui... non ha saputo incassare...
Io ho avuto paura... quelli del mio boss... non volevano aiutarmi...
Ero messa male...
Mi avrebbero fatto fuori...».
«Riprendi fiato», il boss le passa la mano sopra la camicia, fino alle zinne, prima sfiorandola, poi strizzandola.
«Allora ho deciso... di chiudere i giochi...
Non è stato facile... mi sono sparata in pancia...
Pensavo di morire... invece riuscivo a respirare...
Ma loro avevano fretta... mi hanno freddata con due colpi...
Ero stordita... non capivo più niente... mi hanno creduto morta...
Ma ho avuto un sussulto... e poi... sei arrivato tu...».
«Nessuno ti toccherà più, Anna. A parte me...
Tu vuoi vivere e ti salverai, ma sei molto grave. Schizzavi sangue come una scrofa squartata.
Hai sette pallottole in corpo, di cui almeno due che sono in genere mortali.
Una come te può farcela, ma devi stare attenta: la morte può sorprenderti.
Non rilassarti mai, e se senti qualcosa di strano, dillo subito».
«John... io voglio salvarmi... ma se crepo... è perché... mi sono sparata... in corpo... come una stronza...».
«Il colpo a bruciapelo è stato devastante, Anna. Sei viva solo grazie al tuo fisico, ma hai le budella spappolate. Il medico ti mantiene stabile con il plasma, tu sei lucida, ma tecnicamente è un colpo mortale e sarà difficile curarti».
«Ho capito la situazione, Anna.
Tu non rimarrai uccisa.
E nemmeno loro».
di Salvatore Conte (2024)
Sono tutti dei frustrati, senza arte né parte, ma il gruppo dei gitanti è coeso dalla voglia di uscire dal seminato.
Si sono messi nelle mani di un buono a nulla che per campare mena degli escursionisti improvvisati (che non capiscono una pigna) per luoghi inospitali e pericolosi, senza neppure una bambina addosso.
Per di più la TV strombazza di un buco nell'ozono, imputandogli tutti i mali del mondo. Una bomboletta spray rischia l'ergastolo.
Nel gruppo c'è anche un'impiegata del catasto, una certa Anna Frezzante, con fisico e atteggiamenti da mignottona, a cominciare dalla camiciona sbottonata fino allo stomaco per incutere soggezione; d'altra parte, nessuno ha il coraggio di redarguirla: non gli uomini, per ovvi motivi; non le donne, per non apparire invidiose e bacchettone.
L'accampamento notturno dei gitanti sembra tranquillo, ma l'apparenza inganna.
I guai non tardano ad arrivare.
E la soluzione ai guai è peggiore dei guai stessi: ovvero l'idea di dividersi dopo l'attacco notturno di un lupo.
Chi cede allo sconforto vuole andarsene; gli altri rimangono, ma si scambiano accuse a vicenda.
Ora cediamo la parola a uno di quegli stronzi che si è fatto incantare dalla Frezzante.
Il gruppo si sta definitivamente frantumando in due tronconi.
Io seguirò la Frezzante, qualunque decisione prenda.
Il richiamo di quelle zinne ciondolanti all'interno del camicione sbottonato è troppo forte. Non so se sia l'effetto dell'ozono, ma una così penso m'avrebbe sballato anche con lo strato di ozono perfettamente integro e la Terra libera da bombolette spray.
In fondo sono contento abbia scelto il gruppetto con la guida di inizio gita, perché l'altra - molto improvvisata - mi sembra abbia problemi di ozono nella testa, al pari degli animali.
Però l'avrei seguita comunque. La Frezzante mi ha preso in simpatia, è un tipo allegro e mi usa come scorta personale: dice che devo sempre tenerle l'occhio addosso e davvero non ci vuole molto ad accontentarla.
La notte la passiamo in una vecchia miniera abbandonata: lei sporge la lingua e allenta la mascella inferiore; le piace fare così, quando è in tiro.
Alla fine va tutto a posto: sotto i 1.500 metri non c'è pericolo, ma lo sballo prosegue, e questo conferma la mia teoria: l'ozono non c'entra con la mignottona sbottonata di nome Anna Frezzante.