Un covo di biscione UN COVO DI BISCIONE di Salvatore Conte (2024) IL COLPO Anna inganna l’attesa mettendo gli occhi su Canaletto. È proprio lui? Sbarra lo sguardo e si vede scarrozzata per la Laguna, su una bella gondola, padrona incontrastata... La gondola però è di un nero funebre, l'atmosfera nebbiosa e sinistra; l'acqua sembra colorarsi di un rosso intenso, un rosso-sangue. Il gondoliere è vestito di scuro, non si riesce a scorgerne il volto. Mah... suggestioni da città morta... Intanto il Direttore li rialza dalle carte.
«Vede… signora… la cifra che lei richiede è molto elevata… Pur tuttavia… sulla base delle referenze da lei presentate… potrei erogarle un congruo anticipo…», e muove a lato del Canaletto, in un tratto di Laguna rimasto fuori dalla cornice, dove galleggia un orologio; lo sfiora... et voilà… un mobile da liquori si spalanca e rivela l’interno di una cassaforte.
Il Direttore della prestigiosa finanziaria, con sede ai Parioli, preleva una corposa mazzetta... e accenna ad allungarla verso Anna… per poi riavvicinarla seccamente a sé. «Sempre che lei, signora, si dimostri altrettanto disponibile… a offrire solide, corpose garanzie… a riscontro degli affidamenti…», argomenta con malcelati sottintesi il Direttore. Malcelate come le grazie di Anna Frezzante.
Sempre alle prese con qualche chilo di troppo, il collo gonfio per una tiroide che non funziona più tanto bene, la bella supercinquantenne è accattivante e sportiva: si è presentata al Direttore con solidi argomenti, ben esposti attraverso la profonda scollatura della camiciona, aggressivamente sbottonata fino allo stomaco. «È proprio sicuro di non potermi dare di più?». «Al contrario… posso darle molto, molto di più…», l’uomo la fissa quasi ipnotizzato. «Ma dipende anche da... dal suo atteggiamento…», distogliendo a fatica lo sguardo. «Ha ragione. «Ma lei… non può… Come ha fatto a…». «Io posso e io ho fatto, Direttore. I miei bottoni hanno allacci ovunque. Metta tutto qua dentro e alla svelta», svuota la cartaccia da una ventiquattrore rimasta aperta sulla scrivania e gliela sbatte davanti con una sola mano, massiccia quant'è! Pur riluttante, il Direttore esegue. «Bravo… adesso nel bagno. Svelto… e non fiatare... o fai una brutta fine». Lo chiude dentro e osserva da vicino il quadro. Sembra proprio lui… Ma è troppo complicato portarlo via adesso. Sarà per un’altra volta. Anna esce dall'ufficio del Direttore come programmato. Tutto sembra filare liscio. Alla porta d’ingresso c'è soltanto una guardia giurata ed è già addomesticata: si divide alla pari. Il Direttore se ne sta buono e calmo in bagno, non ha ancora gridato, dev'essere impegnato... «Signora… ha già fatto…?», le domanda la segretaria, impaziente di chiudere bottega, considerando che sono le 19:30 e che qui gli straordinari non si pagano. «Tutto bene, grazie», e continua a camminare con passo deciso verso l’uscita; la pistola è rientrata nella borsetta, le tette nella camiciona. Svolta l’angolo e si immette nel corridoio che porta fuori dalla Finanziaria; la guardia le dà le spalle come convenuto, adesso dovrà colpirla alla testa. BANG Ma lui ha deciso di non fidarsi, si volta all'improvviso e un colpo di pistola esplode nell'aria... e la raggiunge in pieno stomaco! Gli occhi si sbarrano increduli… Stavolta i bottoncini non hanno fatto presa... Clyde ha tradito, la guardia non si accontenta, vuole tutto il piatto. La sorpresa è assoluta: prima arriva la pallottola, che le spinge indietro il bacino come avesse preso un cazzotto in pancia; poi la paura. Non può essere, non può essere toccato a me. Sembra questo il pensiero racchiuso in quello sguardo, nella bocca rimasta aperta, muta e parlante insieme. Invece è toccato proprio a te, Anna... La sorpresa dura un attimo e lascia il posto alla realtà. La vendetta è la prima cosa che le viene in mente nella nuova realtà. La mano si è mossa all'interno della borsetta. La guardia si lascia a sua volta sorprendere, troppo sicura di aver chiuso la partita, o forse ipnotizzata dallo sguardo ghiacciato di Anna Frezzante. Data la presenza del giubbotto antiproiettile, la supercinquantenne gli ha sparato in testa: quel che rimane della guardia si abbatte sulla moquette come una piantana urtata accidentalmente. Le gambe reggono, il fisico c’è, la testa pure. Si va avanti. La Frezzante supera il cadavere del vigilante, supera la porta e chiama l'ascensore. La testa comincia a girarle, deve puntellarsi alla parete per tenersi in piedi. Però il fisico c'è; è tanta roba davvero. L’ascensore è arrivato. È vuoto. Entra, spinge il pulsante e si puntella nell’angolo. L’ascensore parte, diretto all'inferno. «Uuhhh...», una fitta più dolorosa delle altre la scuote come avrebbe fatto un bicchiere di whisky bevuto tutto d'un fiato. Alza gli occhi e basta, alzare la faccia è infatti troppo complicato, per riuscirci ci sarebbe voluto un buco meno grande in corpo, e vede due palle luminose. «Stupida... ti sei fatta fregare...», due mani di donna, ma comunque forti e decise, l'afferrano sotto le ascelle. «Forza... cerca di muovere questo culo!». Un passo strascicato alla volta e i due globi luminosi si avvicinano. «Un ultimo sforzo, dai...». «Oohhh...!», mettere il culo sul sedile non è affatto indolore. «Cerca di resistere, ti porto da un dottore». L'inferno di Anna, almeno per il momento, è il garage del lussuoso palazzo, dove ha messo il culo sulla sua Giulia modello Biscione: una bestia degna di lei. A guidarla è Layla, una stronzona di origini libanesi: dietro la sua faccia da bonacciona si nasconde una mente fredda come il sangue di un serpente.
NOTTE DA INCUBO Il muso della Giulia inizia a braccare il traffico, mentre gli occhi vitrei della pantera fanno luce sulla strada bagnata dalla pioggia. «Salvatore, ho bisogno del tuo aiuto», il cellulare in una mano e il volante nell'altra. «Fra cinque minuti sono da te», e continua a spingere. «Vedrai che ti rimetterà in sesto...», la guarda senza crederci molto. «Mmhhh...», potrebbe essere un "sì", o anche un "non so", ma Layla deve accontentarsi di una sola consonante lamentata a bocca chiusa: in queste condizioni, d'altra parte, nemmeno una supercinquantenne come Anna Frezzante può essere molto loquace. Due leggeri colpi di clacson e tre colpi d'abbaglianti diretti alla casa come concordato, e un uomo alto, dalla figura importante, esce dal cancelletto. «Ciao, Layla», si fa trovare già pronta, davanti al cofano della Giulia. «Ciao, Salvatore», gli accenna un mezzo sorriso. «La mia amica si è cacciata nei guai...», e apre la portiera, lì dove Anna ha poggiato il culo. «Guai calibro 38, se non erro...», la diagnosi, molto precisa, dopo averle aperto la camiciona e osservato le tette. Richiude lo sportello e le parla. «Sta morendo... devi portarla subito a questo indirizzo». Il dottor Salvatore Carboni, primario di Villa Donatello, una delle cliniche private più esclusive della capitale, passa a Layla un biglietto da visita. «Ma come... non puoi salvarla?». «Lo stomaco della mitica Anna Frezzante non esiste più, Layla: non arriverebbe neanche in sala operatoria». In quel mentre, un lampo seguito da un tuono fa capire che sta per arrivare un altro temporale. «Ma se la porti da Malmstrom... allora lui tenterà qualcosa». «Chi cazzo è questo Malmstrom? Parla, Salvatore!». «Non c'è tempo per spiegarti, devi fidarti. Non perdere tempo e... passa a trovarmi...». «Sì, va bene...». La Giulia lascia sulla strada metà dei copertoni e riparte con un urlo stridulo che si perde nella notte lugubre. «Mhhh...», Anna vorrebbe dire tante cose, ma deve accontentarsi di un brevissimo sunto. «Forza, Anna... siamo arrivate...», Layla accosta lungo il marciapiede, scende dall'auto e suona al citofono. Non risponde nessuno, ma il portone della casa si apre. «Il professor Malmstrom?». Silenzio. «È lei il professor Malmstrom?», deve farsi sentire più del vento, che si è rialzato a grandi folate. A passi piccoli e zoppi la figura si avvicina al cancelletto. «Sono io». «Mi manda Salvatore... il dottor Carboni, il primario di Villa Donatello», precisa subito, dandogli le generalità complete. «Vedo... vedo...». «Ho una donna gravemente ferita in macchina», va subito al sodo. «E Salvatore mi ha dato il suo indirizzo, dicendo che lei è l'unico che possa ancora salvarla». «Cosa significa gravemente ferita?». «Significa che si è presa una pallottola nello stomaco». «Vediamo...». Malmstrom si incammina verso i fari lasciati accesi, apre la Giulia dal lato dov'è seduta la Frezzante e vede. «È rimasta senza stomaco, con l'adrenalina riesce a pompare sangue anche se ormai non ne ha più: è quasi morta», anche la seconda visita non è confortante. «Apro il cancello, entra nel garage; poi vediamo». LA CURA «Mettiamola qui», Malmstrom arriva con una carrozzina. «Vieni, cara...», Layla riesce faticosamente a tirarla fuori e il movimento le fa quasi strabordare il seno molle dal trench nero, molto allentato; la libanese ci tiene a imporsi e le piace strafare, un po' spaventata dall'età e dal grasso che avanzano insieme. «L...a...y...l...a...», Anna ha un mancamento, non ce la fa più a pompare. «Forza, non piagnucolare...», la rincuora l'amica. «Seguimi», Malmstrom apre una porta interna e si incammina lungo un corridoio. «Scusa per il puzzo di morto, ma qua sotto non ci sono finestre. Qua sotto ci sono solamente non cadaveri». «Non... cadaveri...?», Layla spinge la carrozzina. «Proprio così... non cadaveri», e spalanca una porta a due ante uguale a quelle delle sale operatorie. Layla lo segue dentro lo stanzone sgranando gli occhi, mentre un brivido la percorre da cima a fondo. «Questi...», di fronte a loro una distesa di panche d'acciaio disposte su due file e tutte coperte da teli bianchi che si alzano sinistramente dai pianali, lasciando facilmente intuire la presenza di corpi. «Puzzo di morto», Malmstrom si guarda attorno, fingendosi disgustato, mentre Layla quasi non si avvede che il professore ha eseguito un'iniezione nel braccio di Anna. «Vieni», Malmstrom è già in mezzo alle due file di panche. «Voglio presentarti alcuni dei miei clienti», e allarga le braccia come fosse un imbonitore che stia presentando la sua merce migliore. «Professore... Anna sta morendo!». «Staccati dalla carrozzina», la invita con un gesto della mano. «Se la tua amica non è morta finora, non morirà certo qui», sorride. «Qui non muore mai nessuno. Qui si ostinano a non voler morire», tira via il lenzuolo dalla panca che ha più sotto mano. «Dio mio...», lascia la presa sulla carrozzina e si avvicina quel tanto che basta per riuscire a vedere quello che c'è sotto il telo. «Ti presento Antoine Lassissé, milionario francese che dalla vita ha avuto tutto», Malmstrom fa una pausa quasi teatrale, «compreso un tumore al polmone», l'uomo è completamente nudo con le braccia ordinate lungo i fianchi. «Fumare fa male alla salute», lo guarda scuotendo la testa, «e al caro Antoine non bastavano due pacchetti al giorno».
«Non capisco...», Layla è più frastornata che impaurita. «Cosa non capisci?». «Tutto questo...», alza lo sguardo per vederlo negli occhi, «cosa c'entra tutto questo con Anna? Perché diavolo Carboni mi ha detto di venire da lei?». «Presumo per salvare la tua amica». «E come? Facendomi vedere questa distesa di cadaveri?». «Di non... cadaveri...», Malmstrom precisa con un lampo cattivo negli occhi. «Come hai detto che si chiama la tua amica?». «Anna». «Ecco... Anna sarà il nostro prossimo non cadavere», scansa Layla e si dirige verso la carrozzina. «Vediamo, Anna... di farti diventare la più bella delle mie clienti», fissa gli occhi su di lei. «Cosa ha intenzione di fare?». «Salvarla… è questo che vuoi, no?». «Come?». «Rendendola come tutti gli altri». «Seguimi», per nulla intimorito, si volta staccandosi dal ferro della pistola. Malmstrom si infila con la carrozzina di Anna in un'apertura senza porta, con appena una tenda di plastica a coprire quello che c’è al di là. «Per la tua amica questo sarà il sepolcro», un arredamento da studio medico e due lettini affiancati, l'uno più alto e grande dell'altro; e macchinari dall'aspetto ospedaliero a contornare la stanza illuminata freddamente, bianca al pari dello stanzone adiacente. «Ohh...», Anna, di tanto in tanto, conferma la sua presenza. «Forse impiegherà più di tre giorni», Malmstrom inizia a digitare sui tasti dei macchinari dando le spalle a Layla, «ma resusciterà comunque», i led cambiano colore, da verde a rosso. «Scommetto che vuoi anche sapere come, vero?». Layla annuisce, osservandolo in ogni suo movimento. «Vedi… un bel po’ d’anni fa sono stato radiato dall'albo, ma penso che questo te l'abbia già detto l'esimio Carboni. E solo perché ho interrotto la filiera della natura». «Interrotto la... cosa?», l'intelletto di Layla non va di pari passo con la sua procacità. «La nascita, la vita e la morte: la filiera della natura», comincia ad attaccare Anna a un primo macchinario, senza alzarla dalla carrozzina. «Un nuovo stato di questa filiera non è accettato dalla nostra società». «E quale sarebbe questo stato?». «La non morte...», la guarda con una luce di folle soddisfazione. «Lo stato appunto di non cadavere, quello in cui adesso condurrò Anna». «Mi spieghi bene cosa significa, gliel'ho già detto...», la beretta torna a puntare l'allampanata figura di Malmstrom. «Alla tua amica inietterò una sostanza che bloccherà le sue funzioni vitali nello stato in cui sono adesso, la fermerò a un passo dalla Porta di Dite...», la guarda facendo una pausa. «Prima che crepi, insomma», chiarisce il termine, immaginando l'ignoranza di Layla a riguardo. «Conclusi i dosaggi, attaccherò Anna ai macchinari che le consentiranno di mantenere questo suo nuovo stato, e io di conseguenza avrò tutto il tempo necessario per rimetterla in sesto senza che la morte mi picchi sulla spalla. Nei casi più gravi, però, occorrono anni prima che ciò diventi possibile». «Forse lei è solamente un pazzo», Layla abbassa la pistola, fino a quel momento tenuta ad altezza uomo, «ma è l'unica possibilità che resta ad Anna. Tornerò a farmi viva domani, professore. Le lascio la valigetta di Anna, la conservi...». E la Giulia, guidata dalla libanese, riagguanta ruggendo la via. NEBBIA ROMANA «Sto tornando da te, caro...». Sono una fica, sarò presto la signora Carboni, mi prenderò i soldi di Anna. È contenta, Layla, ma anche tanto stanca. Le luci della notte stentano a tenerla sveglia, guida svogliata, e davanti a sé - al posto delle poche auto che incrocia - vede i macabri lettini messi in fila, finché una luce blu si fa notare nella leggera foschia della notte umida. «Cazzo...», i fari illuminano una figura quasi in mezzo alla strada che agita una paletta. «Sbirri... maledizione...». Layla accosta, anche se è tentata di pigiare sull'acceleratore e tirare dritto, ma forse è solo un controllo di routine, e il trench scollato farà il resto. «Salve, signora», il carabiniere le parla dal vetro abbassato, entrando con gli occhi dentro l'abitacolo, fino alle morbide zinne. «Devo chiederle patente e libretto di circolazione, ma è solo una formalità». «A lei», gli passa i documenti piegandosi in avanti, per fargli vedere bene le bocce. «La ringrazio...», pare riferirsi al gesto, piuttosto che ai documenti. «La faremo attendere soltanto pochi minuti», e ritorna presso l'auto di servizio. L'altro carabiniere accende una torcia sul parabrezza, con la luce che dapprima cerca il tagliando assicurativo, per poi inquadrare il sedile del passeggero. Maledizione… il fottuto sangue della Frezzante… È infatti il sedile dove Anna ha cercato invano di crepare, striato di rosso come un tramonto africano. «Collega... non lo sai che il tagliandino non si espone più?». «Scenda con le mani alzate!», lo sbirro impugna la pistola d'ordinanza con entrambe le mani, lasciando cadere la torcia. «Ahhh!», tre proiettili spaccano prima il vetro laterale e subito dopo il torace del carabiniere. «Roberto!», l'altro carabiniere vede il collega crollare a terra. «Ferma!». «All'inferno!», Layla ingrana la marcia e preme sull'acceleratore. BANG!BANG! «Ohhh...!». CRASH! Lo sbirro è centrato in pieno dal muso della Giulia, rompe il parabrezza con la faccia e con una capriola mortale oltrepassa il tettuccio dell'auto per finire di schiena sull'asfalto retrostante. «Bastardi...», Layla continua a pigiare sull'acceleratore, soddisfatta della fuga. «Uhhh...», ben presto, però, è costretta a staccare una mano dal volante e a portarsela al seno, «quel figlio d'un cane... m'ha beccato... in pieno...», si accorge spaventata di avere un buco nella tetta; a caldo, nella confusione, non aveva ancora capito. Deve sbrigarsi, non sono ferite che lasciano molto tempo. Carboni la salverà, deve raggiungerlo subito. La terrà nascosta, per lei farà qualunque cosa. «Uhhh...», è costretta ad accostare, la pallottola fa troppo male. «Solo un momento... ohhh... giusto... per riprendere fiato...», sembra che parli con la Giulia, che con il motore acceso aspetta un colpo d'acceleratore per scatenare i cavalli. «Riprendo fiato... e ripartiamo... bella... uhhh...», la fronte che si appoggia al volante, mentre fuori dai finestrini la notte si fa sempre più buia, con i lampioni che paiono scomparire in una nebbia inglese che non c'è da nessuna parte. «Ora... si... ri...par...te...», ma la Giulia sa che per stanotte il suo parcheggio sarà quello, a pochi metri da uno dei tanti semafori lampeggianti e con una ruota sopra il marciapiede. A BOCCE FERME Un paparazzo è tra i primi ad arrivare sul posto. È uno scoop. La potente Layla Boyle, avvenente protagonista della cronaca nera romana, è rimasta uccisa in uno scontro a fuoco con i carabinieri, spirando al volante di una Giulia d'epoca. Si avvicina allo sportello e scatta le prime foto. La Boyle è ripresa di profilo, con la faccia incastrata nel volante e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Passando a un primo piano, la si osserva con gli occhi vitrei a fissare il contachilometri, la bocca spalancata a cercare le ultime bolle d'aria, l'espressione sbigottita di chi non si aspettava di rimanere bloccato per sempre nel traffico. Poco sotto, il buco sanguinolento nella grossa tetta, nascosto dal trench nero, che l'ha condannata prima del giudice. Gli ultimi spasmi rischiano di sfocare le foto. Layla cerca disperatamente di aggrapparsi al volante, come a riprendere un minimo di controllo su sé stessa. Ma la benzina è finita. Non ce la fa. Lo sterzo le sfugge di mano. Gli ultimi rabbiosi sforzi risultano vani. L'ambulanza sta arrivando solo adesso, insieme alle prime volanti della polizia e a tanti altri curiosi. La libanese viene tirata fuori. In molti si affollano intorno a lei. C'è una tragica concitazione! Tanti gli ammiratori arrivati trafelati sul posto, a bocce ancora calde. Sembra di intravedere pure il dottor Salvatore Carboni, mischiato ai curiosi. Per dovere d'ufficio, ai sensi di legge, i paramedici cercano di rianimarla con violente scariche di elettroshock. Sembra, però, tutto inutile. C'è chi porta il lenzuolo per coprirla. Ma ancora non si può. Viene caricata sull'ambulanza e riparte a tutta velocità, seguita da numerose auto private; con ogni probabilità il decesso verrà ufficializzato all'ospedale, dopo ulteriori stimoli, e quindi non prima di un paio d'ore. Nessuno scampo dunque per Layla Boyle, ferita a morte nella sparatoria costata la vita anche a due carabinieri. La discussa pregiudicata è riuscita ad allontanarsi dal luogo dello scontro a fuoco, ma non a fare molta strada. Le sue condizioni si sono subito aggravate. Sentendo la morte, ha accostato l'auto e ha provato in tutti i modi a tenersi aggrappata al volante, come alla vita stessa, ma è spirata dopo una lottata agonia, proprio sulle sirene dell'ambulanza. Alla sua fine hanno assistito impotenti i primi soccorritori, che l'hanno rinvenuta morente a bordo di una vecchia Giulia, in preda agli ultimi spasmi. Il personale dell'ambulanza ha cercato di rianimarla, ma per lei non c'è stato nulla da fare, anche se l'ufficialità del decesso non è ancora arrivata. La Boyle è stata trasportata all'ospedale a sirene spiegate, forse per prevenire polemiche sulla lentezza dei soccorsi. Il prestigio strisciante della donna di origini libanesi e la sua inopinata uccisione - pur se tecnicamente non si possa ancora parlare di decesso - hanno lasciato in secondo piano il sacrificio di due giovani carabinieri, a cui anzi taluni opinionisti contestano un eccesso tecnico nell'azione che è costata la vita alla sfortunata quarantottenne. In migliaia aspetteranno l'annuncio fatale all'ospedale, consapevoli che le bocce sono ferme e che presto si faranno fredde. L'AMBULANZA DIROTTATA
«Come ti senti, Anna?», la donna allunga una mano sulla gamba più vicina. «Mi sento come un non cadavere, Kelly», si guarda nello specchietto del passeggero. «Ma a Layla è andata peggio...». «Tu credi?», le toglie la mano dalla gamba, mettendogliela sul cambio. «Piuttosto dimmi come diavolo hai fatto a riprendere la Giulia». La guarda. «Immagino che - fra le altre cose - tu abbia usato soprattutto quelle...». «Le tette danno sempre una bella mano...», la biondona se le tira su compiaciuta. «In fondo, sono sempre state le nostre armi migliori, no?». «Sì, insieme a questa», Anna allunga la mano sulla borsetta, alludendo alla sua beretta, nascosta dentro. «Comunque riprenderla è stato fin troppo facile, un gioco da ragazza». DRIN!DRIN! Lo squillo del cellulare interrompe la conversazione fra le due donne. «Sì... sono io... dimmi...», la voce di Anna tradisce un vivo interesse. «Bene... ottimo lavoro... ci vediamo domani al posto stabilito, tu occupati di portare l'acquirente, io mi farò portare insieme a lei». «Non ti sembra troppo presto per rimetterti in pista...?», Kelly la guarda perplessa. «Difatti non mi rimetto in pista», batte il palmo della mano sul cruscotto. «È lei a tornarci…». «Che significa, Anna...? Spiegati meglio». «Che ho appena venduto la Giulia, e domani, come hai sentito, mi accompagnerai al passaggio di consegne». «Ma, Anna... pensavo la volessi per te...», Kelly, sempre più perplessa, accosta a lato. «Allora? Che ha che non va?». «Quest'auto è bella, ma pericolosa, quasi diabolica, oserei dire. E poi me la pagano molto, molto bene». «Ma... cosa ti viene in mente?», forse la permanenza da Malmstrom l'ha suggestionata. «Layla è morta qua sopra». «A te ha giovato, però; ti ha salvato». «Io mi sono salvata da sola, con la mia forza», è orgogliosa di non essere crepata malgrado una pallottola mortale nello stomaco. «Mi sentirò più tranquilla solo quando sarà passata a qualcun altro». «L'esperienza da Malmstrom ti ha cambiato, Anna. Non hai mai pensato a certe stranezze...». «Mettici pure che mi farò dei bei quattrini. Oltre al suo valore normale, su questa macchina c'è la pelle di Layla, e questo ne decuplica il prezzo». «Ora ti riconosco...». «Puoi dirlo... sembra che Tony sia riuscito a imbambolare un pezzo grosso con gusti necrofili...». «Sai che ti dico, allora? Andiamo a farci l'ultima corsa alla faccia sua!», Kelly riparte, con gli pneumatici che lasciano due tracce nere sull'asfalto, l'autografo della Giulia. RELIQUIE PROFANE «Fra un centinaio di metri gira a destra, siamo arrivate». Kelly decelera appena, lavorando di sottosterzo: la Giulia accompagna il movimento e si riassesta sulla nuova traiettoria come una pantera padrona delle sue tangenti; la stradina laterale è infilata come fosse una curva panoramica. «Piano, cazzo!», Anna si lamenta più per il fondo sconnesso che per la manovra in sé. Per salvarla, Malmstrom le ha ridotto lo stomaco alle dimensioni di un mandarino: qualche postumo è comprensibile; Anna, infatti, deve usare la carrozzina; d'altronde l'organo tornerà gradualmente ad allargarsi e presto la Frezzante tornerà a camminare sulle proprie gambe. Salvo complicazioni. «Scusa... ma lo sai che ti prende la mano, no?». La Giulia, dopo il divertente sterrato, è con il muso sotto la piccola torre di controllo. Oggi la pista per amatori di velivoli ultraleggeri è deserta, non c'è nessuno in giro. Forse a causa del tempo. Il cielo è infatti plumbeo e minaccia di nuovo pioggia. «Vai fino in fondo e fermati dopo l'hangar, l'incontro con Tony è fissato laggiù», Anna sfila una sigaretta dal pacchetto fregandosene delle avvertenze, in fondo a un non cadavere la scritta "il fumo uccide" può solo far venir voglia di fumare. «A quanto pare siamo arrivate in anticipo». La Frezzante infila la mano nella borsetta per ricevere il contatto rassicurante della beretta: dopo quello che le è successo, la prudenza non è mai troppa. «Bene, così ho il tempo di tirare fuori la carrozzina e farti trovare bella-pronta quando arriva Tony», Kelly scende dall'auto andando ad aprire la bauliera. La biondona italo-americana è sempre un gran vedere: alta, prestante, con la camicetta di flanella a quadri sbottonata lungo due bombe impressionanti. «Spero di rottamarla presto questa fottuta ferraglia», Anna si accomoda imprecando. Due auto intanto stanno arrivando sul posto. «Eccoli...», Kelly si sposta i capelli dal viso, oggi il vento sembra alzarsi al posto degli ultraleggeri. La Mercedes grigio metallizzato si ferma davanti alle due donne, mentre la seconda auto, una Bmw nera con i finestrini oscurati, oltrepassa tutti andandosi a parcheggiare ai margini dello spiazzo. «Ehilà, ragazze!», un sorriso largo e finto, a partire dai denti, su una faccia sgualcita come un lenzuolo dopo che una troia ci ha scopato sopra per tutta la notte. «Vi trovo in piena salute…», uno sguardo nelle due scollature, sudicio come la carrozzeria dell'auto. «Come sempre, d'altra parte». «Chi c’è nell'altra macchina?», Anna è subito sospettosa, e tira una boccata nervosa. La supercinquantenne, per un attimo, fa mancare la pompa a Tony. Anna è una carogna inarrestabile, lui lo sa, la vede come una bestia feroce impossibile da fermare, tal quale la stessa Giulia.
«Come chi c’è, Anna...?», la voce è ironica, si è ripreso. «C’è il futuro proprietario della Giulia; siamo qui per questo, no?». «Allora digli di scendere», stare sulla carrozzina la innervosisce, «non ho tempo da perdere». «Certo... non ti incazzare...», Tony fa un cenno verso la Bmw. «Su! È il momento di concludere l'affare!», alza la voce improvvisamente e un lampo gli attraversa lo sguardo, prima di abbassarsi a raccogliere l'accendino che gli è sfuggito dalle mani. «Che diavolo...?!», Anna, basita, si sente spingere verso il centro dello spiazzo, si volta verso Kelly e anche lei sparisce, e allora capisce tutto, un attimo prima che due sportelli si aprano contemporaneamente come sincronizzati al centesimo di secondo, facendo spuntare le canne di altrettanti mitra! Tenta di estrarre la beretta, ma è troppo tardi: la fottono! Non c'è nemmeno il tempo di avere paura della bua. RAT-RAT-RAT Uno dei due mitra spara subito! I proiettili le piovono addosso con la furia di un temporale d'agosto, crivellandola di buchi senza pietà. «AHHH...!!!», un grido animalesco esprime tutto il dolore, la rabbia e la sorpresa di Anna Frezzante; esplode da una bocca incredula e già disperatamente in cerca d'aria. Eppure, nonostante tutto, la supercinquantenne continua a stringere i braccioli della carrozzina, tentando una strenua resistenza, sia pur passiva. Non può finire così, si ripete, non dopo quello che ha passato.
Kelly si umetta il
labbro con la lingua. Anche Tony osserva in disparte. Ha paura, purtroppo, che non si fermeranno. E decide allora di intervenire, trovando un po' di coraggio. Alza la mano, come a chiedere una pausa, una specie di time-out. Scuote la testa in direzione dei sicari, come a dire che è finita, può bastare. E non si sbaglia certo di molto, perché Anna traballa penosamente sulla carrozzina; si stringe ancora ai braccioli, ma le dita perdono sensibilità al tatto. «Gghhh...», scivolano via lentamente, costringendola a mollare quell'ultimo, disperato appiglio alla vita. «M...a...l...e...d...e...t...t...i...», un sussurro rantolato lascia le sue labbra tremolanti. STOMP Come un'amazzone d'alto rango disarcionata dal suo carro di guerra, la Frezzante è finita faccia a terra.
Striscia d’inerzia per
un paio di metri, come a sciogliere i nervi dalla tensione accumulata; sembra andare
chissà dove, ma ben presto si blocca, rovesciando pesantemente la testa, gli occhi
fuori dalle orbite e un fiotto di sangue dal labbro. Ma ora è finita... bel lavoro, ragazzi!», Tony ne incrocia lo sguardo vuoto. «Avrà addosso mezza dozzina di pallottole, forse di più». Vuole vedere se ha ragione e per farlo la rigira supina con fin troppa delicatezza, quasi fosse di cristallo. Cerca di contarle, ma non è facile essere precisi quando un corpo è crivellato in quel modo. La famosa camiciona è inzuppata di reliquie della supercinquantenne. «Sì, sono sette tonde», un colpo di tosse. «Anche avesse sette vite…». «E senza fare un graffio alla macchina», precisa il sicario. «Proprio come ci avevi raccomandato». «In questo vi ho aiutato io…», Kelly emerge dal profilo della Giulia, il luogo più sicuro in quel momento; e ci rimane addosso, seduta sul parafango, curve su curve, a stento di equivoci. «Già, il Direttore sarà più che soddisfatto. C'è anche quello che volevamo...», Tony tira fuori il cellulare dal taschino della giacca. «Diamogli subito la bella notizia». Il tempo di selezionare il numero dalla rubrica e parte la chiamata. In quei pochi istanti fissa soddisfatto una chiave: quella di una cassetta-deposito contenente una valigetta ventiquattrore; Anna la nascondeva in una cucitura interna al camicione, in un punto non raggiunto dalle pallottole. «Signor Direttore... sono Tony...», un altro colpo di tosse, «è andato tutto come previsto, liscio come l'olio...». «Bene... ottimo lavoro... Nessun dubbio?». «Nessun dubbio». Tony ha un brivido quando ritorna su di lei con lo sguardo. A tratti è scossa da spasmi, sempre più rarefatti; gli occhi sovrastati dalla morte, rivolti al cielo plumbeo. Anna, d’altronde, è ormai abituata a fare la non cadavere. «Andiamocene, Tony, meglio non perdere tempo». «Sì, è vero…», finge una fretta che non ha e si avvicina alla sua auto, dopo aver lanciato un ultimo sguardo - stranamente ansioso - alla Frezzante, che sembra non muoversi più. Cerca di cogliere qualche fremito, ma non se ne vedono. Intanto uno dei sicari si avvicina. «Puoi farci un favore, Tony? Lo smaltisci tu il cadavere?». Un colpo di tosse. Due colpi di tosse. «Certo, lo smaltisco io». Tony si carica Anna in macchina. «Perché cazzo non ti muovi più... Ma come... ti credevi una strafica... La tua camiciona diventerà mia...». «Hh...», un sussulto. «Così va meglio... Ho cercato di non farti prendere troppo piombo; puoi gestirti, se ti spremi». Il cancello automatico si apre, lasciando entrare la Giulia che si parcheggia subito nell'ampio giardino della villa a tre piani, in mezzo a due fioriere di ciclamini. «Buonasera, Direttore», Tony viene ricevuto nel lussuoso salone, costosi tappeti persiani sotto i piedi e intere pareti di quadri d'autore. «Queste sono le chiavi...». «Bene. Hai concluso il tuo lavoro. Sarai pagato. Mi è dispiaciuto per quella puttana». Un colpo di tosse. «Sempre a disposizione, Direttore», quasi un inchino di reverenza, prima di andarsene a passi viscidi dal salone. Arriva davanti al cancello dando un'ultima occhiata alla macchina, ed esce a piedi; in fondo tutti quei soldi valgono bene una camminata. Il Direttore è solo, in casa ha sempre avuto posto solamente per le opere d'arte. «Hai risolto tutto, ma non dimenticare come ci sei riuscito…». Kelly non fa eccezione, arcisbottonata come sempre. «Come potrei…». «Se dovessi scegliere… tra me e la Giulia chi terresti?». Kelly vuole darsi importanza, o forse soltanto scherzare. «Io sono sempre calda... lei si raffredda subito…». «Lei, però, può sempre riaccendersi e riscaldarsi», le mostra allusivamente le chiavi, «non invecchia mai e anzi col tempo diventa sempre più bella... mentre una bella donna non rimane tale per sempre e soprattutto - come Anna Frezzante - può andare incontro a guasti prematuri e raffreddarsi per sempre...». RESTAURO IMPEGNATIVO «Che stupida...», Kelly sta ripensando ad Anna, mentre spinge sull'acceleratore e fa salire la marcia della sua Giulia nuova fiammante, automatica e amaranto, in memoria dell'antenata. Sorride quando lo specchietto inquadra una Giulia GT dello stesso colore, immatricolata 50 anni prima; in fondo non sembra poi così vecchia. La pantera è nel suo habitat, la giungla urbana. Le poche tv erano in bianco e nero, e senza telecomando, i calcoli si facevano a mano, per telefonare si usavano i gettoni, computer neanche a parlarne. Il primo rudimentale telecomando sembrò una meraviglia, ma questo avvenne quando la Giulia era ormai uscita di produzione. Però basta buttare dentro una terza e si capisce subito che una Giulia del 1970 non è una vecchia tv in bianco e nero, simpatica ma superata; anzi, questa è difficile da superare. Può ancora far male, e tanto, a tutte le auto in produzione oggi. L’asfalto brucia, le gomme griffano la strada, le prospettive si deformano, i giri salgono, i battiti del cuore anche. La vecchia Giulia non è una tv in bianco e nero, preferisce decisamente il cinema ed è sempre sulla scena nel ruolo della protagonista. La vecchia morde la coda alla nuova, la sfida. Siamo su Viale Palmiro Togliatti, in piena giungla urbana, dove l’asfalto è infido e la razza conta. Le altre macchine sono birilli oblunghi tra due bisce indiavolate. Dalla vecchia sparano sulla nuova. Un colpo preciso, che buca lo sportello di guida. Kelly incassa qualcosa di brutto, il panico le sale alla gola. Vorrebbe reagire, ma la vecchia, dopo averla affiancata, si è sfilata. Adesso, poi, c'è da badare alla vecchia struttura di 2.000 anni prima. Viale Palmiro Togliatti è infatti attraversato da un imponente acquedotto romano: diverse arcate si aprono sulla carreggiata, in entrambe le direzioni, anche se non tutte hanno la stessa ampiezza. Non che i carri di Roma fossero più piccoli di quelli moderni, ma ce ne sono un paio che nell'800 furono consolidate alla base per evitare cedimenti e hanno quindi la campata ridotta. Roma è una vecchia città con tante stranezze e la nuova Giulia non le conosce. Le budella scoppiate della biondona fanno il resto. L’urto è bestiale, la trappola è riuscita in pieno. Il travertino romano non si piega. Nella giungla urbana i centimetri fanno la differenza. C’è fumo, l’auto sta per esplodere insieme a ciò che rimane della bionda. SCREEEK... La vecchia tv in bianco e nero inchioda e inquadra la scena della tragedia. Kelly ha fatto la stronza, ma non merita una fine così, se è ancora viva. Ha fatto una buona corsa. La trova sommersa dagli airbag, la tira fuori e la carica sulla Giulia. Quella vecchia. «Tu...?!». «Io!». !!KABOOM!! La Giulia, quella nuova, esplode in questo momento. «Hai guidato bene, Kelly, ma la tua auto era inferiore, non ha fatto la storia e non poteva cambiarla...». «Ora... che farai... di me…», fa ballare dolorosamente, sotto gli occhi rapiti della Frezzante, il grosso seno che quasi straborda dalla camicia sbottonata. «Ho un buco nel fianco... ho paura... paura...!». «Calmati... ti porto da un amico, hai pagato abbastanza». UN COVO DI BISCIONE «Anna... vieni qui... non lasciarmi...», la voce è ansiosa, innaturale, Kelly si sente già morta e la Frezzante sa che ha ragione. «Voglio... rivedere... Tony... prima... di morire...». «Quello schifoso? Se è il tuo ultimo desiderio, te lo concedo». La Frezzante l'ha lasciata sola con lui. La Mercedes grigia è arrivata subito. Anche se lurida, qualcosa tra loro c’è. «Fottuto bastardo... non ti perdi... l'ultimo giro... della bionda Kelly...». «Ce la fai a dirmi come è andata? Voglio sapere tutto... ma senza crepare, okay?».
Kelly annuisce, si spreme e trova il fiato (ma deve stare attenta, molto attenta, perché le rimane poco e non può perdere il controllo nemmeno per un attimo): «Ero... sulla Togliatti... con la nuova Giulia... lei... Anna... mi ha inseguito... e poi... mi ha sparato... ho avuto paura... ho preso il muro... romano... ho fatto... il botto... ma lei... mi ha tirato fuori... e portato qui...», lo sguardo trasognato che minaccia di fissarsi, da un momento all'altro, contro il soffitto. «Stai calma, cazzo!», Tony - in ansia per lei - le asciuga il collo con il suo fazzoletto sporco. «Maledizione... perché cazzo ti sei fatta beccare?! Sei sempre stata la più svelta di tutte! Tu sei una combattente!
Sei sempre stata indistruttibile! D'accordo, scusa... vai avanti... se ce la fai... ma stai attenta, Kelly...». «Stavo male... ma ho chiesto... di te... non sono... una puttana... voglio morire... con te vicino... come una donna...», è disperata, cerca un appiglio in lui. «Stai tranquilla... non affannare... Ti faccio visitare da quel pazzo. Professore...!». «Non strillare, arrivo. I miei clienti non sopportano il rumore». Malmstrom le somministra altra adrenalina, ma ormai è questione di poco. «Kelly... abbiamo guadagnato tempo... sei contenta?». «Sì... ma ho paura... ho spremuto... tutto...». Un colpo di tosse. «Sul serio?». «Sì... aiutami...». «Avanti, Kelly... non fare cazzate...». «La sai una cosa, Tony? Mi fate pena, tutti e due», Anna fa capolino nell'obitorio. Poi chiama Malmstrom e lo autorizza a procedere. «Buon lavoro, professore». «Si risveglierà al primo giro di chiave». Anna è attesa a cena. «Hai scelto la migliore, Salvatore».
«Lo so, l'ho sempre saputo». «Che spiegazione darai?». «Un protocollo segreto di protezione, dato il suo ruolo in varie inchieste giudiziarie, da cui però uscirà pulita. Ho già pagato Questore e Procuratore». «Sentito, Layla? Carboni fa sul serio. Tu fai la brava. Abbottona il trench...». «Senti chi parla...». «Ha ipotecato la clinica per te». «Lo so, lo so. E pensare che quello stronzo di carabiniere a momenti mi toglieva di mezzo. Mi facevano foto mentre crepavo. Ma non ho mai mollato del tutto. E sapevo che prima o poi non si sarebbe accontentato di scoparmi come una puttana». «Layla... i bottoni fanno presa, prima o poi...». «Lo so, lo so. E so anche che i tuoi stanno per stringersi intorno a un pezzo grosso...». «I bottoni allentati in un certo modo sono opere d'arte, mia cara. Ma solo se il contenuto è all'altezza...». La Frezzante stava per salire sul Bucintoro, la nave del Doge. |
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