Djanga contro Fiore Nero

DJANGA CONTRO FIORE NERO

di Federico Bianchini e Salvatore Conte (2014-2024)

1

Il cielo è colorato delle sfumature che vanno dal giallo al nero, passando per il rosso e l’arancio, in un torbido crepuscolo da cui, in lontananza, spuntano nubi nere cariche di pioggia. Dopo tre giorni passati nel deserto sei esausta, assetata e affamata. Il tuo cavallo è allo stremo, ma a meno di mezzo miglio scorgi le luci sbiadite di Gravewood, una cittadina fondata una ventina di anni fa da minatori e rancheros, e che nel tempo ha accolto un grande via vai di commercianti, pistoleros e bandidos sia dal Messico che dai territori dell’ovest.

È un paese sperduto tra il nulla e l’oblio: ormai da sei anni ha esaurito le sue vene aurifere ed è entrato in una decadenza economica e commerciale inarrestabile. Chi poteva ha abbandonato Gravewood da parecchio: oramai sono rimasti solo i primi fondatori che qui hanno ancora qualche attività, per il resto è diventato un punto di passaggio per chi è diretto alla frontiera, per chi scappa inseguito da cacciatori di taglie e sceriffi federali e per chi vuole iniziare una nuova vita nella speranza che qualcosa a Gravewood ci sia ancora.

Per questo sei qui, per saldare il conto a qualche criminale e intascare i relativi dollari.

Sei ormai arrivata nella Main Street. In giro non c’è nessuno e senti provenire rumori di baldoria dal saloon. Lo stomaco brontola, ma tra poco avrai di che riempirlo.
Se vuoi fare un salto dallo stalliere per lasciargli il cavallo, vai al 54.

Altrimenti puoi andare all’albergo (183), oppure al saloon (112).

 

2
Sei a un crocevia dove trovi due sbocchi sul lato est (93) e (149), e a nord-est (59), mentre verso ovest la galleria si allarga in una caverna dove ti sembra di vedere una pozza d’acqua (117).

3
«Forse scavando i minatori hanno riportato alla luce un antico tempio pagano», dici, spostando la luce verso le colonne, dove ti sembra di vedere disegni cancellati parzialmente dal tempo sulla superficie della pietra.

Vedi anche alcune strane iscrizioni, rozze figure scolpite e geroglifici incom-prensibili. Ciononostante, alcune immagini sono piuttosto chiare: forme confuse di animali marini, pesci, molluschi, crostacei, bivalvi, polpi, calamari e cetacei, ma anche strani esseri a forma di pesce, che ricordano il dio greco Tritone, ritratti mentre nuotano negli abissi del mare o mentre rendono omaggio a qualche altare o statua sommersa nelle acque.
«Siamo dentro una collina», bisbiglia Montgomery, «perché un tempio pagano devoto a divinità marine?».
«Chissà... forse risale a quando queste colline erano sommerse dagli oceani. Andiamo via, qui non c’è niente».
Ci sono due aperture sul lato est (93) e (149), e un tunnel a nord-est (59).

 

11

Ti trovi in una galleria con orientamento nord-ovest/sud-est, percorsa dai vecchi binari. Non trovi tracce di alcunché, se non del passaggio di topi o pipistrelli.
Puoi dirigerti a sud-est (93), o nord-ovest (185).

 

13
Salutata Laura, selli il cavallo e cominci a salire sulle colline.

Dopo una prima parte di terra e pietre, il sentiero comincia ben presto ad addentrarsi in una zona boscosa sempre più fitta. La luce filtra timidamente tra l’intrico dei rami e del fogliame delle piante, e ti trovi in una zona di penombra. Lungo la salita incroci un carretto con su un uomo e una donna che stringe tra le braccia una bambina che ti sembra ferita. Stanno scendendo in tutta fretta, forse arrivano dal villaggio di Montgomery.
Finalmente il sentiero raggiunge un assembramento di capanne di legno che non puoi nemmeno chiamare villaggio, tanto pochi sono i suoi abitanti. Vedi che c’è un gruppo di persone tra le case e il tuo arrivo attira subito l’attenzione di tutti.
«Djanga!».

Un uomo esce dal gruppo e ti viene incontro.

Riconosci in lui Montgomery e scendi di sella per salutarlo.

Ti ringrazia per aver risposto al suo messaggio, poi ti presenta ai compaesani.
«Amici miei, lei è Djanga. Una professionista.

Sembra che sia arrivata al momento opportuno».
«Si può sapere che diavolo sta succedendo qui?», domandi.
«Vieni in casa, ti racconterò tutto».
Lo segui nella sua capanna di legno, non senza notare gli sguardi smarriti e preoccupati di questa gente.
Vai al 124.

 

17

«Tieniti pronto a lanciare una lampada sul terreno di fronte a noi», dici al tuo pard.
«D’accordo».
Senti la Mater avvicinarsi come un predatore.

Il suo fetore e il suo respiro rantoloso sono a pochi metri da te.
«Ora!».
Montgomery lancia la lampada in terra spargendo l’olio dappertutto.

Con uno sparo lo incendi, creando una fiammata che illuminerà per alcuni secondi il tunnel.

Riesci a vedere quell’essere mentre già sta balzando su di te a bocca spalancata.
BANG

Vai al 49.

 

18

Dopo alcuni minuti in sella raggiungete le miniere.

Molti alberi sono stati abbattuti e il terreno livellato in più punti; ci sono ancora binari con i carrelli per il trasporto delle rocce e degli attrezzi abbandonati dalla prima ondata di minatori, quelli che vennero qui a cercare fortuna più di trent’anni fa.
Sono due i tunnel scavati nella roccia: uno, ti dice Montgomery, è quello che hanno aperto loro, dopo la scoperta di un nuovo filone. Non è molto profondo, ha poche diramazioni ed è già stato setacciato da cima a fondo senza alcun risultato. Il secondo è invece quello vecchio, di cui non co-noscono né la profondità né le diramazioni.
«Hanno scavato per quasi vent’anni là dentro e mi domando ancora come abbia fatto a non crollare tutto. Ci siamo addentrati quanto abbiamo potuto, ma forse non abbastanza. Chi entra là dentro troppo in profondità rischia di non risalire più alla luce del giorno».
«Se qualcuno ha rapito la bambina, potrebbe averla condotta là dentro, contando sul fatto che non sareste stati in grado di ritrovarla».
«Se così fosse, parliamo di qualcuno che deve conoscere questi tunnel a menadito».
«Esatto, quindi partiamo già con un forte svantaggio».
«Cielo, Djanga, mi sembra di essere un insetto che entra nella tana del ragno».
«Anche i ragni temono le pallottole. Forza, andiamo».
Raggiungete l’ingresso della miniera e scendete di sella. Dai una carezza al cavallo mentre lo leghi a una staccionata lì vicino.

Montgomery prende un paio di lampade a olio all’ingresso della miniera, le accende e te ne porge una.

Visto che è un uomo, lascia a te l'onore di entrare per prima...

Ed è così che entri nel buio delle vecchie miniere di argento.
Vai all’80.


21
«Scendiamo, forse c’è un passaggio».
Appoggi cautamente i piedi sul primo piolo e poi, con attenzione, cominci a ridiscendere il pozzo. Per fortuna i pioli di metallo sono ben inseriti nella roccia, e notando la scarsa presenza di ragnatele e detriti, hai idea che siano stati utilizzati di recente.
Quando arrivi sul fondo sei al buio più totale. Montgomery cala con una corda la lampada accesa e quando finalmente puoi illuminare vedi nella parete nord l’ingresso di un tunnel nascosto, più basso e stretto di quello superiore.
«C’è un passaggio qua sotto. È meglio se scendi».
Mentre il tuo pard si cala giù per il pozzo, dai un’occhiata al nuovo passaggio. La fiamma della lampada si muove: questo indica una presenza di corrente, quindi da qualche parte sbucherà questo condotto.

Riprendete la marcia, sicuri di aver trovato il passaggio giusto; come infatti Montgomery ti conferma, nessuno era a conoscenza di questo passaggio e quindi non era stato controllato durante le ricerche.

Camminate in questo stretto tunnel per alcune decine di metri, mentre un odore stantio e pestilenziale vi penetra le narici.

«Gesù, che puzza!», esclama il tuo compagno.
Raggiungete la fine del passaggio e vi rendete conto di essere sul fondo di un secondo pozzo che, probabilmente, collega due diverse gallerie.
Senza perdere altro tempo cominci a risalire i pioli di metallo. Questo pozzo è più profondo dell’altro: saranno almeno una dozzina di metri, se dovessi cadere rischi davvero di fare una brutta fine.
Qui la tua possanza, Djanga, deve andare di pari passo con la tua destrezza.

Vai al 179.


23
Vi inoltrate nella galleria seguendo i binari. Pensi a quanto fosse dura la vita del minatore: passare ore a scavare la nuda roccia, mossi solo dalla speranza di trovare qualcosa che possa darti la ricchezza.

Hai sempre preferito guadagnarti da vivere con la pistola, cacciando taglie o cercando casse d’oro rubate.
Da questa galleria principale puoi proseguire per tre direzioni: est (52), ovest (106) e sud-ovest (185).

 

24

Entri nel capanno di legno.

Dentro è buio pesto, le finestre sono coperte con tende scure, ma avverti la presenza di qualcuno.

Non appena metti il piede dentro senti un feroce ringhio: dall’ombra sbuca un grosso cane nero dalle fauci aguzze che non promette nulla di buono.
Se ancora in tempo per chiudere la porta e:

- controllare la prima capanna a nord, al 165;
- controllare la seconda capanna a nord, all'83;
- controllare la seconda capanna a sud, al 126;

- proseguire fino al termine del cortile in direzione ovest, dove parte un sentiero, al 42.
Altrimenti se vuoi restare qui dentro dovrai affrontare questo cagnaccio che abbaiando ti balza addosso.

In tal caso, vai al 167.

 

25

Arrivi all’albergo proprio mentre comincia a piovigginare.

Entri nella hall, dove un ometto con gli occhiali tondi e la cravatta siede dietro alla reception.

Non appena ti vede, trasale: «Santi numi, Djanga!», esclama, riconoscendoti. «Avevano detto che eravate morta...».

«Sì, conosco la storia, ma avevano detto male...», rispondi, avvicinandoti al bancone. «Ho bisogno di una stanza».
«Certo, signora Djanga. Per la stanza non c’è problema. Desiderate anche cenare, forse?».
«Sì, grazie, vengo da tre giorni di deserto e ho una fame che mangerei un intero vitello».
«Abbiamo un’ottima costata di manzo questa sera».
«Perfetto».
«Allora mentre vi faccio preparare la stanza, se volete accomodarvi nella sala...».

L’uomo ti indica la porta.
«Grazie».
Lasci la reception e raggiungi la sala, da dove proviene un caotico vociare di persone.

È divisa in tre zone: una con i tavoli del ristorante, una con i tavoli da gioco e in fondo un piccolo palcoscenico, dove si esibiscono alcune ragazze che cantano e ballano, accompagnate dalla musica del pianista. Ti siedi a un tavolo per mangiare e una donna messicana ti porta un boccale di birra, come fossi un cowboy qualsiasi, e ti chiede cosa vuoi. Ordini la costata e ti guardi attorno.
Ci sono alcuni uomini, anche ben vestiti, seduti attorno al palco che ammirano lo spettacolo delle ragazze, che con le loro movenze seducenti cercano di conquistare clienti per il "dopo spettacolo". C’è infatti una scala che conduce a un piano rialzato, dove vedi un via vai di uomini e prostitute. Dall’altra parte invece osservi i tavoli da gioco. Ci sono uomini distinti, cowboy spiantati, polli da spennare e veri e propri gambler. Uno in particolare attira la tua attenzione: sei certa di averlo visto da qualche parte.
Se possiedi l’abilità speciale del Baro, vai al 67.
Se non la possiedi, ma hai parlato poco fa con Joe, lo stalliere, vai al 154.
Altrimenti, vai al 16.

 

27

La tua mira infallibile non sbaglia e colpisci in pieno lo storpio.

Il candelotto cade in terra ed esplode con un boato assordante.

Quando la nube di polvere e fumo si dirada, nel cortile limaccioso ci sono solo cadaveri e sangue.

Montgomery ridiscende le scale e porta con sé una ragazza dal volto sporco e lunghi capelli neri stopposi. Ha il volto emaciato e uno sguardo da cane bastonato ma, a differenza di tutti quelli che hai visto qui, sembra una ragazza normalissima.
«L’ho trovata di sopra e la storia che mi ha raccontato è orribile».
«Come ti chiami?», le domandi.
«Io... non ho un nome», sussurra.
«Cosa vuol dire? Devi averlo un nome».
«Me lo hanno portato via, nascosto, con la mia anima.

La Bruja lo ha scritto su di una pietra che porta con sé e non sarò mai libera da lei finché non ritroverò il mio nome».
«È lei che ti ha rapito?».
La ragazza annuisce.

«Tanti anni fa, ero poco più di una bambina. Ha sterminato la mia famiglia e mi ha portato qui, aveva bisogno di una femmina che potesse concepire figli... normali... con questi degenerati... oddio!».

Il ricordo fa scoppiare in lacrime la ragazza.

«Il mio nome è Djanga, e sono qui per aiutarti», tagli corto.
La ragazza ti guarda con occhi quasi assenti: «È passato troppo tempo ormai, nessuno mi ridarà più la mia famiglia, i miei anni, la mia vita... mi hanno portato via tutto e mi tengono qui prigioniera».
«Ma hai ancora il resto della vita da vivere!

Ti portiamo via di qui, lasciati aiutare».

La ragazza annuisce.
«Dove trovo la Bruja?», le domandi.
«Lei è una maestra dell’inganno, le sue arti magiche ti fanno vedere cose irreali, riesce a prendere le sembianze di chi vuole e una volta che ti ha preso ti imprigiona con un incantesimo e sei sua per sempre...», la ragazza volge lo sguardo in basso. «I suoi piani, però, sono andati storti, perché i figli che mi ha obbligato a mettere alla luce sono anche loro mostri. Dopo aver visto il primo, ho ucciso il mio secondogenito appena nato. Hanno rapito un’altra ragazzina per condannarla al mio stesso destino, ma sono riuscita a farla scappare e mi hanno segregata qui dentro».
«Dove la troviamo?», ripeti alla ragazza. «Dov’è la Bruja?».
«Lei...», sussurra la ragazza, «è a parlare con i morti...».
«Dove?».
«Al vecchio cimitero, c’è un solo sentiero che vi conduce».
«Ma a quest’ora avrà già sentito sia gli spari che l’esplosione», dice Montgomery.
«Ragione in più per fare attenzione», dici, facendo per uscire dalla casa e guardando la ragazza. «Tu resta qui, verremo a prenderti».
Annuisce e si siede sull’uscio della casa.
Vai al 150.

 

31

Sali al primo piano. Non senti particolari rumori, ciononostante ti muovi cautamente e pronta a qualsiasi evenienza. Ti trovi in un corridoio dal quale dipartono, da entrambi i lati, due porte. L’odore non è dei migliori e il pavimento è sudicio e appiccicoso. Anche qui sulle pareti sono appesi pezzi d’ossa, piume di avvoltoi e corvi, denti di coyote e teschi di long horns.

C’è un’atmosfera malsana, alcune porte socchiuse sbattono per brevi correnti d’aria, la luce che passa da un vetro sporco in fondo al corridoio è debole quasi a non volere entrare qua dentro.
Se apri la porta a destra, vai al 176.
Se apri la porta a sinistra, vai al 138.
Altrimenti puoi uscire da questa casa e:
- controllare la prima capanna a nord, al 165;
- controllare la seconda capanna a nord, all'83;
- controllare la prima capanna a sud, al 24;
- proseguire fino al termine del cortile in direzione ovest, dove parte un sentiero, al 42.

 

34

L’omaccione barcolla all’indietro, vomitando sangue dalla bocca e rivoltandosi con la testa aperta come una zucca.

Mentre ricarichi l’arma, Montgomery salta fuori con il fucile e spara contro il secondo uomo. Senti urlare e salti fuori anche tu. La vista del luogo in cui ti trovi ti rivolta lo stomaco. Con due colpi di fucile il tuo pard ha steso il secondo uomo, un individuo dal volto sfigurato e con mani dotate di sei dita, ma il tugurio in cui siete sbucati è quanto di peggio si possa immaginare.
In terra c’è del pagliericcio intriso di sangue rappreso, fango e altro ancora, un letto dalle lenzuola sozze e alcune catene appese al muro. Sul pavimento ci sono resti di carcasse e ossa, in un angolo il corpo semidivorato e oramai in decomposizione di un uomo a cui è stata aperta la pancia e tagliate gambe e braccia ma, soprattutto, appesa contro il muro di legno, incatenata per i polsi, c’è una povera ragazza seminuda, a cui hanno aperto il petto e tolto le interiora...
«Oddio...», esclama inorridito e sconvolto Montgomery, «sono Sam e Mary Jane... che cosa gli hanno fatto... mostri! Maledetti mostri!». Montgomery cade in ginocchio piangendo lacrime di dolore e di rabbia. «Non si può morire così! Non è un modo di morire!».

Ti avvicini al cadavere della ragazza, infestato da mosche e altri insetti.

Sei sconvolta da una simile brutalità: la ragazza ha il volto gonfio e tumefatto; a vedere questi individui non ti sorprende se, invidiosi della sua bellezza, non abbiamo inferto oltremodo su di lei. Non puoi immaginare la paura e il dolore che questa giovane ha dovuto patire, ma riesci a sentire nella tua testa le sue urla disperate invocare aiuto inutilmente, la voce distorta dal dolore mentre viene massacrata e la lunga e lenta agonia in cui è stata abbandonata, che non augureresti al peggiore dei tuoi nemici.

Appoggi una mano sulla spalla del tuo compagno, ancora sconvolto.

«Te lo giuro: quello che ha sofferto questa povera ragazza lo patiranno anche loro».

D’un tratto senti altre voci da fuori; tra poco qui l’aria si farà rovente.

Capisci di essere in una specie di capanno, rapidamente ti sposti verso la porta di legno e la apri appena per guardare fuori.

Ci sono almeno quattro individui, anche loro hanno volti deformi, sono zoppi, o con arti più lunghi degli altri, ma sono tutti armati con fucili e pistole.
Se vuoi spalancare la porta e fare fuoco, vai al 63.
Se vuoi aspettare che entrino dentro al capanno per sorprenderli, vai al 9.

 

37

I corpi dei quattro uomini crollano a terra agonizzando e spruzzando sangue.

Avete fate un fuoco di inferno, anche Montgomery, alle tue spalle, non ha fatto risparmio dei colpi del suo fucile che hanno rimbombato per tutta la collina.

Ti rialzi ed esci dal capanno. C’è una casa alla tua sinistra, mentre di fronte a te alcune baracche e capanni di legno.

Mentre ti assicuri che i quattro siano davvero morti, ti guardi in giro; c’è un’aria strana qui attorno, e non è solo la puzza dei cadaveri e del sangue.

Sulle pareti di legno delle capanne sono appese ossa di animali e catene, teschi di mucche, maiali e uomini. Dappertutto c’è sporcizia, bottiglie e latte vuote, vecchie selle rotte, armi e attrezzi arrugginiti, ferraglia, ruote di carri spezzate e soprattutto un silenzio irreale.
Avete appena fatto suonare il clarino al diavolo e nessuno si è fatto vivo, ma sei certa che questi tipi non sono gli unici abitanti di queste baracche.

Ti stai guardando intorno quando d’un tratto senti un urlo alle tue spalle e poi un tonfo. Ti giri di scatto e vedi una scena terribile: una donna di età in-definibile con un vestito bianco sporco di polvere e fango è appena saltata da una finestra al primo piano dell’abitazione addosso al tuo pard, cogliendolo alle spalle, e ora gli sta mordendo la gola come un dannato lupo affamato.
Punti subito l’arma contro la donna impazzita, ma ha preso Montgomery alle spalle e rischieresti di colpire anche il tuo compagno...

Mentre urla di dolore e il sangue spruzza fuori dalla ferita, devi prendere una decisione alla svelta.
Se provi lo stesso a sparare alla testa della donna, vai al 182.
Se invece cerchi di saltarle addosso e colpirla con il coltello, vai al 78.

 

42

Sei letteralmente nauseata, ne hai abbastanza di quelle topaie.

Ti avvii con Montgomery lungo il sentiero che esce dal cortile di queste baracche ed entra nel bosco.

Ai lati del sentiero vedi alcune pietre disposte in modo insolito; non escludi che possano essere messe in questo modo per qualche stregoneria o rituale della misteriosa Bruja.
Tu e il tuo pard vi addentrate nel bosco, guardandovi continuamente attorno. C’è un silenzio irreale, sembra non ci siano un uccello che canta né un soffio di vento. Non solo, quell’aria uggiosa della mattina qui dentro si è trasformata in una nebbiolina tetra e fredda.
«Ma da dove diavolo arriva questa nebbia adesso?

Questa Bruja deve essere una che gioca a carte con Satanasso, dannazione».
«Tu spara appena la vedi», rispondi.
«Stanne certa».
Vai al 109.


48
«Uhm», bofonchi, «sarà meglio partire domattina, ho ancora il sedere addormentato da tre giorni di cavallo».
«Ben detto, straniera».
«Fammi preparare una stanza per la notte».
«Certo. Vuoi mangiare qualcosa? Ho un ottimo stufato con i fagioli!».
Ti alzi dal bancone, annuendo: «Vado a sedermi a quel tavolo».
Una volta accomodata, contempli la desolazione di questo posto: a parte qualche vecchio minatore e alcuni contadini, non c’è nessuno.

Stai mangiando avidamente lo stufato quando un uomo dalla barba lunga e i vestiti sporchi si fa avanti: «Scusate, straniera, non ho potuto fare a meno di sentire che avete intenzione di salire alle miniere!».
«Sì, è così».
«Posso sedermi?».
«Prego».
L’uomo si siede e poi si volta verso il bancone.

«Tom, porta una bottiglia di whisky».

Il barman annuisce e vi porta una bottiglia di Taos Lightning, con due bicchieri.
«Il mio nome è Ted Turner e conosco bene Montgomery: so che sta cercando aiuto, che vuole assumere un... ma voi...».
«Hai la lingua secca, Ted? Bevi.

Non conosco la situazione, ma mi sembra di aver capito che c’è un problema nei pressi delle miniere».
«È qualcosa di molto peggio di un problema. La figlia di Masterson è sparita ormai da un mese, prima di lei è scomparso Anderson, uno dei minatori, e pochi giorni fa anche una bambina di appena dieci anni è svanita nel nulla».
«Banditi?».
«Ne dubito. Avrebbero lasciato tracce. Ci sono vecchie storie sulle Dark Hills, che parlano di maledizioni, di spettri e adoratori del diavolo. Certo, tutte sciocchezze, ma, alimentate da questi avvenimenti, stanno ritornando prepotentemente. È lo stesso che sta accadendo al di là della frontiera con la banda di Diego de la Muerte, che i messicani dicono essere un morto tornato in vita dopo un rito voodoo durante il giorno dei morti. Tutte dicerie, però sono supportate da fatti inquietanti e stanno spaventando parecchie persone».
«Cosa c’è di vero su queste colline?».
«Di vero c’è che ormai più di venti anni fa c’è stata una tremenda alluvione, e un pezzo della collina, anche a causa delle gallerie delle miniere, si è letteralmente staccato isolando la cima. Il sentiero che vi conduceva è interrotto e non c’è modo di risalire. Anche le miniere si allagarono e per anni sono state inutilizzabili. Così sono state abbandonate fino a pochi mesi fa, quando per caso qualcuno ha trovato una vena d'argento».
«Per quanto terribile, la scomparsa di tre persone non giustifica questo terrore che mi descrivi. Forse sono solo banditi che hanno trovato rifugio sulle colline e hanno rapito le ragazze per divertirsi, e magari ucciso quel poveraccio perché li aveva scoperti».
Turner scuote il capo.

«Volesse il cielo che fosse così.

Di notte dai boschi si sentono urla, suoni di tamburi, ululati, e si vedono strane ombre che danzano sulla cima della collina con la luna piena alle spalle. Ma non voglio tediarvi con queste storie, domani potrete rendervene conto di persona».

L’uomo trangugia un bicchiere di whisky mentre osservi il gruppo di messicani appena entrato nel saloon. Sono tutti coperti della sabbia del deserto e le loro facce non promettono nulla di buono, a parte quella di una bella donna nel loro mezzo.
«Dannazione», esclama Turner, «è Laura Bolson con i suoi uomini».

«Amici?», domandi ironicamente.
«Macché. Sono dannati bandoleros che vivono saccheggiando carovane e diligenze. Ogni tanto passano da queste parti per venire a ubriacarsi, ma finiscono sempre per fare del male a qualcuno.

Lei, poi, è una grossa zoccola...».

«Hanno delle taglie sulla loro testa?».

«Probabile, ma qui siamo tagliati fuori dal mondo...».

Non ci vuole molto prima che queste canaglie si sbronzino di tequila e comincino a prendersela con il barman e alcuni avventori, insultandoli e sputando loro addosso. Da come si comportano capisci che deve trattarsi di un'abitudine. Il loro comportamento ti irrita parecchio: non hai mai potuto sopportare questi prepotenti e vigliacchi che se la prendono con chi non è in grado di difendersi.

Inoltre ti sembra assurdo che una donna così importante si accompagni a una tale feccia.
Se vuoi intervenire, vai al 65.
Se preferisci finire di mangiare, vai al 173.

 

49

Il corpo della Mater Terribilis cade in terra rantolando e dimenandosi fino all’ultimo, il suo sangue nauseabondo insudicia la roccia.

Montgomery riesce ad accendere una delle lampade e finalmente vi assicurate che questo essere infernale sia definitivamente morto.
«Chi diavolo è la Mater Terribilis?», domandi ansimando.
Il pard risponde subito.

«È una vecchia storia che mi hanno raccontato giù a Darkstone Hill. Risale al tempo dei minatori e racconta di una famiglia che viveva su queste colline; gente ostile e perfida, che sparava a chiunque si avvicinasse alla loro proprietà. Vivevano isolati dagli altri minatori e si diceva che fossero pazzi e deformi, perché si accoppiavano tra consanguinei. Poi aggiungevano che venerassero il diavolo e facessero abomini di ogni tipo, cannibalismo com-preso, e che a capo della famiglia ci fosse una donna, orrenda quanto malvagia: la Mater Terribilis, che Dio stesso aveva condannato per il male compiuto da lei e dalla sua famiglia.

Si dice anche che l’alluvione che fece crollare parte della collina è stata per volontà di Dio, allo scopo di punire quella gente malvagia e blasfema.

Credevamo tutti che fossero morti nell’alluvione, ma è evidente che non è così, devono essere sopravvissuti; se non tutti, una parte di loro vive ancora».
«Beh, per lo meno ora sappiamo con chi abbiamo a che fare», anche se rimani piuttosto delusa, perché con tipi del genere l'unico bottino da portare via sono vecchia ossa e topi morti. «Andiamo. Facciamo fuori tutta questa famiglia di degenerati».
Vai al 140.

 

51
Il bandito cade sul pavimento maledicendoti, mentre la cameriera si scusa, spiegando di esser stata obbligata.

Rispondi che non fa nulla, esci dalla tinozza e ti fai guardare in tutta la tua imponenza, visto che si tratta di una donna.

Ti avvicini per vedere meglio il bandito, mentre gli ospiti dell’albergo e il direttore si precipitano nella tua stanza.

Beh, a questo punto ti copri con un asciugamano...
«Che diavolo è successo?», esclama il direttore, preoccupato.
«Niente», rispondi china sul morto, «un altro a cui puzzava la vita. Chi diavolo è?».
«Si chiama Corman», dice un cowboy, «era in città da un paio di giorni».
Scuoti la testa.

«Proprio non ho idea di chi sia e del motivo per cui volesse farmi fuori».
«Chissà, forse gli avevate ammazzato un parente o un amico», dice il direttore mentre fa portare via il cadavere dell’uomo, «oppure qualcuno ha messo una taglia sulla vostra testa, che importa?».
«Importa eccome, in genere sono io che riscuoto le taglie...».
Il direttore batte le mani.

«Via, forza, tornate nelle vostre camere».
Se nel corso della serata sei stata ferita, vai al 98.
Altrimenti, vai al 144.

 

54

All’inizio della Main Street c’è una grossa stalla dove il vecchio Joe si prende cura dei cavalli per due dollari al giorno.

Quando arrivi e scendi di sella, Joe, un vecchio rinsecchito con la voce roca e la pipa sempre in mano, sgrana gli occhi per lo stupore.

«Che mi venga un colpo! La vecchia Djanga!».

«In carne e tette».
«Avevano detto che eri morta...».
«Ti sembro morta?».

«Ma neanche per sogno!».

Il vecchio Joe sghignazza e risponde.

«Sapevo che non potevi essere morta...  non è così facile mandare la grande Djanga a tirar la coda a messer Satanasso!

Però... il tuo soprannome... non ti dà fastidio?».

«La polvere addosso mi dà fastidio...». Accarezzi il muso del tuo cavallo. «È molto stanco, dagli un po’ di buona biada e striglialo come si deve, ci sono molto affezionata».
«Certo, Djanga! Lo tratterò come il cavallo di una regina».
«Ci sono novità in città?».
«Beh... a parte quelli che sono morti, gli altri sono rimasti tutti.

Aspetta un po’... sì, ecco, giù al saloon ci sono i fratelli Donovan».
«I Donovan? Non si erano beccati l’ergastolo?».
«Il governatore, nella sua infinita saggezza, li ha graziati».
Ricordi bene i Donovan. Tre fratelli, Jim, Jake e Frank, tre briganti e assassini, che avevano ucciso in una scorreria un’intera famiglia. Venne messa su di loro una taglia di duemila dollari, che incassasti personalmente dopo averli catturati vivi, perché venissero processati e condannati alla forca.
«E poi», continua Joe, «credo che alla sala da gioco dell’albergo ci sia quell’altro pendaglio da forca che chiamano Ace of Spades. Proprio lui, il giocatore d’azzardo».
«Insomma, sempre gente rispettabile», ghigni.
«Proprio così, Djanga».
Dai una carezza ancora al tuo cavallo e poi lasci Joe.

Se vuoi andare in albergo, vai al 25; se invece vuoi andare al saloon, vai al 148.

 

59
Rivoli di acqua scorrono tra le pietre sul terreno e le gocce sopra la tua testa si fanno sempre più insistenti.

Puoi andare verso nord-est (89), o sud-ovest (2).

 

60

Nonostante la pioggia di piombo che flagella la casa in cui vi siete riparati, riuscite a rispondere al fuoco con maggiore precisione di queste canaglie.

I proiettili sfondano il vetro e dalle assi esplodono schegge di legno.

Le pallottole fischiano, ma i vostri colpi continuano ad andare a segno e mentre tu ne spedisci tre a spalare carbone all’inferno, Montgomery con il suo Winchester fa lo stesso con altri due.
State suonando il clarino contro gli altri quando senti un rumore sopra le vostre teste. Capisci che qualcuno deve essere al piano di sopra: le assi del soffitto scricchiolano sotto i passi.
Se vai a vedere tu, vai al 10.
Se vuoi mandare Montgomery, mentre resti di guardia, vai al 107.

 

63

Guardi il tuo pard e lui risponde con un cenno d’intesa mentre alza il suo Winchester, pronto a far fuoco.

Ti accucci a terra di fronte al portone; senti i quattro avvicinarsi mentre urlano - pensi - i nomi dei due che avete appena ucciso.

Quando sono a pochi metri, dai un calcione al portone con entrambi i piedi, la porta si spalanca e vi trovate di fronte i quattro, sporchi e deformi, e i loro sguardi sorpresi.

Non lasciate loro il tempo di mirare: cominci a sparare all’impazzata, mentre Montgomery, dietro di te, fa lo stesso.
Vai al 37.

 

69

Il tuo pard si sta già muovendo in direzione delle miniere, ma non ti fidi e preferisci scendere di sella per tastare il terreno ancora umido.

«Hai trovato qualcosa?», domanda Montgomery, mentre tu osservi con attenzione, accosciata.
Ti alzi in piedi e scruti il sentiero che sale alla tua destra.

«La bambina è scesa di qua».
«Ma lì il sentiero è interrotto, da dove può essere arrivata?».
«Non è detto che abbia percorso il sentiero». Volgi lo sguardo in alto, in direzione del fitto bosco che copre il versante della collina, sovrastato dal cielo pumbleo. «Vieni, andiamo a vedere».

Rimonti in sella e riprendete la marcia, mentre i vostri cavalli sbuffano, nervosi, come se sentissero qualcosa nell’aria.

A poche decine di metri dall’interruzione, dove un vasto canale di detriti e ghiaia taglia la collina, fermi la tua cavalcatura e scendi ancora, per leggere le tracce. Guardi il ripido versante fitto di alberi che sale per decine di metri davanti a te.

«È scesa da qui. Anzi, direi che è scivolata.

Da un punto molto più in alto, forse dove il sentiero riprende, è scivolata giù dal versante umido; il terreno fangoso e il fogliame le hanno agevolato la discesa. Poi si è ritrovata sul sentiero e ha proseguito fino alle vostre case».
«Ma come diavolo c'è finita lassù?

È impossibile arrivarci!».
«Eppure c'è arrivata, o c'è stata portata...

È evidente che ci deve essere un modo.

O qualcuno si è arrampicato per questo versante con la bambina in braccio, e Dio solo sa come abbia fatto, o esiste un altro passaggio».
«Le miniere?».
«Forse c’è un tunnel che porta fin lassù. Un tunnel che non avete trovato».
Se vuoi provare ad arrampicarti per il ripido versante, vai al 175.
Se invece vuoi provare a cercare il passaggio dalle miniere, vai al 18.
 

70
Non appena vi guardate attorno sia tu che Montgomery trasalite.

Vi trovate in una galleria che corre in direzione est, il cui suolo è disseminato di resti e ossa di piccoli animali. Muovete le lampade per vedere meglio: l’odore è rivoltante, riconosci ossa di ratti, ma anche di serpenti, cani e altri piccoli carnivori.

Sulle pareti sono stati disegnati strani simboli, forse magici, con il carbone e tinte colorate, e mentre avanzate l’orrore si fa più grande quando trovate, appese alle pareti come trofei, ossa e crani umani, alcuni decisamente deformi, con scatole craniche oblunghe o arti eccezionalmente lunghi o corti.

Infine, appesi a un filo che attraversa il tunnel, trovate una decina di serpenti velenosi morti.
«Gran putifarre!», esclama Montgomery. «Ma che diavolo di posto è questo?».
Vai al 105.
 

71
Sentite il rumore di passi di qualcuno che scende le scale. Ti sporgi con la testa e vedi una luce sul fondo del tunnel, dove ci deve essere una scala di gradini che sale. La luce si fa più intensa, fino a quando dall’apertura non vedi uscire una figura che regge in mano una lampada a olio a una decina di metri da te: una visione che ti raggela il sangue nelle vene.

È una figura alta e magrissima, con lunghi ma radi capelli neri, la pelle di un bianco cadaverico; veste di pochi stracci in vita e sul petto, ha un braccio e una gamba innaturalmente lunghe e per questo zoppica vistosamente. Il volto è terrificante: una maschera di morte. Sembrerebbe una donna, ma ti viene il sospetto che non sia nemmeno un essere umano. Mentre si muove in cerca di qualcosa tra tutto il ciarpame disseminato qui sotto, la senti rantolare. Un respiro profondo e gutturale, che ti fa accapponare la pelle.
«Gesù», ansima il tuo pard, spaventato, «non è possibile...».

Montgomery si sposta per vedere meglio ma, con il suo movimento, colpisce una piccola roccia che, rotolando, fa rumore. La creatura volta immediatamente lo sguardo nella vostra direzione e il cuore ti manca di un battito quando vedi i suoi occhi quasi del tutto vitrei e la sua bocca deforme e nera.
«È la Mater Terribilis, Djanga!», esclama sottovoce Montgomery. «La Mater Terribilis! Dobbiamo andarcene!».

La creatura, donna o demone che sia, emette un grido acuto nella vostra direzione e spegne la lampada, facendovi piombare nel buio.
«Merda!», esclami, sentendola avvicinarsi lentamente.

Sei pronta a far fuoco, ma con questo buio è impossibile vedere e non puoi certo sparare alla cieca, rischiando di colpire il tuo pard o di beccarti tu stessa una pallottola di rimbalzo.
«Sta venendo qua, Djanga... che facciamo?».

Il cuore ti batte all’impazzata, non hai mai dovuto affrontare un simile nemico in una condizione come questa.
Se dici al tuo pard di tenersi pronto, e al tuo segnale sparate entrambi di fronte a voi, sperando di colpirla, vai al 103.
Se dici al tuo pard di gettare a terra davanti a voi una delle lampade a olio, vai al 17.
Se invece ti prepari ad affrontare la Mater Terribilis con il coltello, vai al 208.

 

79

Ora ti ammazzo, brutto figlio di puttana... pensi, pronta a sparare.

Nel momento in cui la botola si apre, ti trovi di fronte il volto tozzo e pelato di un omaccione con gli occhi storti la cui espressione, nel trovarsi di fronte la canna d’una pistola, è decisamente eloquente.
«Chi diavolo...».

Non gli lasci il tempo di rispondere e fai fuoco.

Vai al 34.


80
Entrate dentro il tunnel scavato nella parete occidentale della collina.

Largo non più di tre metri e alto poco più di due, è sorretto in più punti da travi di legno massicce che, nonostante gli anni, sembrano ancora robuste.

Con le lanterne in mano illuminate la via: lungo il percorso, oltre alle rotaie arrugginite, ci sono ancora resti di picconi, pale e mazze semisepolte da polvere e detriti. La galleria entra dentro la collina per una ventina di metri quando, dal tunnel principale con le rotaie, si apre sul lato nord un secondo tunnel, più stretto.
Se vuoi proseguire per il tunnel principale, vai al 23.
Se vuoi prendere la biforcazione a nord, vai al 133.

 

87

Il corpo della Bruja cade a terra, abbattuto dalle tue pallottole.

Quasi ti dispiace sia rimasta uccisa.

Aveva degli occhi molto profondi, benché cattivi.

Però ne hai viste troppe per fidarti e ti avvicini al cadavere, per assicurarti che sia davvero morta e non sia uno dei suoi trucchi diabolici.

Un brivido ti corre lungo la schiena quando raggiungi il monolito e vedi che in terra ci sono solo vestiti.

Eppure sei certa che fosse lei e di averla colpita.
Fai un passo indietro, guardandoti attorno, e ti accorgi che c’è qualcosa che si muove sotto quelle vesti. Quando vedi sbucare la testa di un enorme serpente fai un balzo all’indietro. Sei pronta a far fuoco, mentre il rettile spalanca la bocca mostrando i denti a lama di coltello e preparandosi a schizzare il suo potentissimo veleno.
Lungo due metri, il serpente utilizza la seguente tattica di attacco: cercherà di colpirti negli occhi con una sostanza urticante per accecarti, dopodiché ti avvolgerà tra le spire per stritolarti.
Vai al 207.

 

89
Ancora niente di interessante, nessun segno di vita o tracce particolari.

Cominci a pensare che non troverete nulla in questi labirintici cunicoli.
I passaggi sono a est (156), ovest (35), sud-ovest (59), nord-ovest (172).

 

93
I binari continuano anche lungo questo tunnel.

Noti parecchia umidità sulle rocce, il terreno è bagnato in molti punti, così come la volta rocciosa.

Puoi dirigerti a ovest (2), sud-est (11), o nord-est (158).


105
«C’è sicuramente di mezzo un Brujo».
«Intendi uno stregone?».
«Esatto. Questa è sicuramente opera sua.

Guarda: i serpenti strisciano per terra e lui li appende per aria; i resti umani dovrebbero riposare sottoterra e lui li affigge alle pareti.

E poi tutti quei simboli magici... molti richiamano Asmodeo, il demone serpente».
«Ma che significa?».
«Ci sono individui strani in giro, di questi tempi.

Uomini malvagi, stregoni, come questo Brujo, che parlano con gli spiriti dei morti e invocano messer Satanasso per maledire qualcuno o chiederne la morte; e spesso per farlo compiono strani riti in certe notti senza luna, sacrificando bambini o giovani fanciulle...».
«Che l’inferno se lo inghiotta questo dannato stregone», esclama Montgomery sputando in terra.
«Credo che sarà compito nostro spedirlo da Belzebù».
«Non vedo l’ora».
Avanzate lungo la galleria. Oltre alla puzza e alle ossa cominciate a trovare vari oggetti, come casse di legno, resti di arredi, vestiti buttati qua e là, vecchi stivali. Sembra di essere in una cantina.
Se vuoi aprire una delle casse, vai al 40.
Se invece vuoi proseguire, vai al 195.

 

107

Mentre Montgomery si dirige verso le scale, continui a sparare contro quei maledetti. D’un tratto, un brivido ti percorre la schiena: uno dei vostri assalitori è avanzato con un candelotto di dinamite ed è pronto a lanciarlo contro la casa. Devi colpirlo prima che ci riesca.
Hai tempo di sparare un colpo solo, Djanga!
Vai al 27.

 

109

D’un tratto, mentre avanzate, senti un gemito acuto del tuo pard, ti volti e lo vedi con una mano sul collo.

«Cos’è stato?», domandi preoccupata.
«Qualcosa mi ha punto...», risponde con voce strozzata.

La speranza che si tratti solo di un insetto scompare subito, non appena vedi un ago infilato nel collo di Montgomery.
«Merda!».

Ti lasci sfuggire un’imprecazione mentre vedi in pochi secondi il tuo pard impallidire e i suoi occhi spalancarsi.
«Djanga!», esclama, guardando in alto. «I serpenti! Djanga! Cadono dalle chiome degli alberi!». Montgomery comincia a sparare in alto con il fucile e poi, chiaramente in preda a un’allucinazione, comincia a urlare. «Djanga! Maledetti serpenti! Mi stanno mordendo! Aiutami!».

Cerchi di calmarlo dicendogli che non ci sono serpenti, che è un’allucinazione, ma ormai Montgomery è in preda a una crisi isterica e quando tira fuori il coltello con il rischio che si ferisca, convinto di colpire i serpenti che pensa di avere addosso, capisci che devi metterlo ko.

Afferri la colt e colpisci il tuo pard sulla nuca con il calcio, tramortendolo.
Ora dovrai affrontare questa strega da sola.

Scruti tra i rami degli alberi e la nebbia, ma non vedi nulla.

Immagini che la Bruja sia nascosta, in agguato, pronta a colpirti di sorpresa, ma forse anche tu puoi approfittare di questa nebbia per celare la tua presenza.
Vai al 217.

 

117
I minatori dovevano aver trovato una falda acquifera: qui infatti la galleria si allarga e c’è una pozza d’acqua larga almeno tre metri e lunga sei.

C’è qualcosa di strano però in una grotta: spostando la luce, ti accorgi che dalla roccia emergono in alcuni punti pietre squadrate che sembrano colonne.

Oltre a essere alta più di tre metri, la stessa volta presenta in alcuni punti elementi architettonici ben definiti che emergono dalla roccia grezza.

«Ma che diavolo...?», esclama il tuo pard.
Se possiedi la conoscenza di miti e leggende, e la Djanga - esperta com'è - ce l'ha eccome, vai al 3.

Altrimenti, vai al 218.

 

118

Ti svegli che si è fatto giorno da un bel pezzo; avevi proprio bisogno di una bella dormita.

Fuori è una giornata uggiosa, tuttavia la strada è piena di gente. Ti dai una sciacquata al viso e poi ti rivesti, dopodiché scendi giù. Non appena ti vede, il direttore richiama la tua attenzione.
«È passato il signor Creedy della stazione di posta e ha portato questo telegramma per voi. È arrivato da alcuni giorni, lo ha portato non appena ha saputo che eravate in città», l’uomo ti porge il biglietto.

Prima di uscire, ti siedi su una poltrona della hall e apri il telegramma.

ACCADONO COSE STRANE QUI NELLE DARK HILLS

LAUTO COMPENSO PER BOUNTY-KILLER

RIVOLGERSI A MR MONTGOMERY

-STOP-

Bene, conosci quel tale, non è un tipo da allarmarsi tanto facilmente, se chiede aiuto significa che si tratta davvero di qualcosa di grave. Tanto meglio, perché ti servono soldi.

Le Dark Hills sono una zona impervia e ancora più isolata di Gravewood: ci vorranno almeno tre giorni per raggiungerle.

Se sei decisa a partire, puoi andare a prendere il tuo cavallo, al 120.

 

120

Dopo aver sellato il cavallo e sistemate le tue bisacce, sei pronta a partire.

Saluti il vecchio Joe e lasci Gravewood, in una giornata accaldata ma dal sole pallido.

Ti aspetta un viaggio di tre giorni lungo una pista di pietraie: difficilmente troverai ripari o zone abitate, se non da coyote e banditi messicani che passano di nascosto la frontiera per le loro scorribande.
Mentre sei in viaggio, rileggi il telegramma.

Non hai la minima idea di cosa possa essere accaduto, ma ricordi che Montgomery si era stabilito in una piccola comunità sulle Dark Hills, a un paio di ore di cavallo da un paesino, Darkstone Hill, dove i minatori come lui scendono di frequente per fare provviste, depositare il frutto del loro lavoro e farsi qualche bevuta.

Il viaggio è piuttosto faticoso. Il paesaggio è brullo e monotono, solo pietraie e sabbia, forse per questo non incontri anima viva se non sparuti gruppi di avvoltoi che svolazzano in lontananza.

Poco dopo il tramonto, ti fermi nei pressi di un vecchio pozzo. Attorno ci sono i resti di qualche abitazione diroccata, ma qui è tutto crollato e corroso dal vento, dalla sabbia e dal tempo.
Prepari un bivacco e ti appresti a mangiare; quindi ti sdrai sulla coperta e appoggi la testa sulla sella. Ti addormenti poco dopo.
Vai al 204.
 

123
Il corpo bucato della Bolson rovina contro una sedia, mandandola in frantumi.

Ti alzi di scatto, puntando l’arma contro i tre messicani.

«Lasciate qui le pistole, andatevene e non fate più ritorno», intimi loro.

I tre bandidos non se lo fanno ripetere una seconda volta, si slacciano il cinturone e corrono fuori dal saloon.

«Chiamate il segaossa!».

«Chiamate il prete!».

«Chiamate il becchino!».

La situazione precipita intorno alla Bolson, anche se la gran troia sembra ancora scuotersi.

La pistolera viene trasportata dal dottore dentro una cassa da morto, come fosse una barella, un braccio fuori e l'altro pure; affanni soffocati e lo sguardo allucinato di chi vede la morte, ma prova a non mollare.

Ha un grosso buco nello stomaco, non ne ha per molto, annaspa e non può negare che se la sia cercata.

È la fine di una bella donna che non ha saputo frenare la propria follia di grandezza.

La morte di Laura Bolson viene acclamata e festeggiata con fiumi di whisky.

Nessuno, però, prima di te, aveva mai mosso un dito contro di lei.

Il proprietario del saloon ti ringrazia e dice che questa notte sarai sua ospite.

Offre da bere a tutti, e capisci che Laura doveva tormentarlo da parecchio tempo.

Tu però non hai voglia di festeggiare sul corpo di un cadavere.

Mandi un ragazzino all'infermeria per avere notizie della pistolera, e quando ti avvisa che è ancora viva, decidi di visitarla.

A stento ti riconosce, quando entri nella stanza, ha gli occhi puntati sul soffitto e la bocca orrendamente spalancata, come non riuscisse più a respirare normalmente.

Certo, hai fatto un bel guaio, Djanga: per quanto loca, forse non meritava di finire così; è molto bella, in carne e ben tenuta, sicuramente uno spreco in una cassa da morto.

Provi a incoraggiarla, prendendole la mano.

Passi la notte con lei, temendo costantemente il peggio: ma è disperatamente attaccata alla vita e riesce a superare un paio di brutte crisi.

È ancora viva, quando sei costretta a salutarla.

«Lascio dei soldi al dottore, ti curerà.

Se hai superato la notte, puoi farcela.

Tornerò tra qualche giorno, ma rimani nascosta, nel frattempo; non far sapere che sei ancora viva.

Non ce l'avevo con te, Laura...».

Si protende verso di te e vi baciate: adesso c'è rispetto.

Vai al 13.

124
La casa di Montgomery è piccola ma accogliente. L'uomo ti presenta la moglie Sarah, una giovane donna attraente ma dal volto molto stanco.

Capisci che non deve essere facile la vita per queste persone. Vi sedete a un tavolo e Sarah vi porta pane e latte di capra.

«Cosa succede, dunque?», domandi a Montgomery.
«Una brutta storia», dice con voce sommessa, «ed è peggiorata da quando ho spedito quel messaggio. Sapevamo che la vita quassù non sarebbe stata facile, ma la prospettiva di poter lavorare su un nuovo filone di argento emerso sei mesi fa non ci ha mai fatto perdere d’animo. Non è il lavoro che ci preoccupa. È che da un po’ di tempo sta succedendo qualcosa di terribile.

Tutto è cominciato con la scomparsa, lo scorso mese, di Sam Anderson. Lui è quello che abita nella capanna in fondo al villaggio: non sappiamo cosa gli sia successo, un giorno non lo abbiamo più visto tornare, tutto qui».
«Forse se n’è andato via».
«Senza dire nulla e lasciando qui tutte le sue cose, compreso il cavallo?

Ne dubito. Poi, due settimane fa, è toccato a Mary Jane Masterson, una ragazza di diciassette anni. È uscita di sera per andare a prendere l’acqua al pozzo e non è più tornata. L’abbiamo cercata dappertutto, ma nulla, è svanita. Suo padre è quasi impazzito, ormai attende solo di morire: passa le giornate a bere giù al saloon di Darkston Hill, poveraccio.

E poi... tre giorni fa, è sparita una bambina di soli dieci anni, Judith.

È ricomparsa questa mattina, sporca di sangue, ferita e sconvolta. I suoi genitori l’hanno caricata su un carro e sono volati giù in paese, dal dottore».
«Ha detto qualcosa?».
«No, niente.

E poi la notte, con il buio, queste colline, questi boschi...

Non so, sembra che ci sia qualcosa che ci spii, che ci scruti nel buio per tenderci un agguato».
«C’è il diavolo in queste colline», s’intromette Sarah, con voce tremolante, «e noi lo abbiamo risvegliato».
«Non badare a quello che dice mia moglie», ribatte Montgomery, «è solo molto spaventata. Abbiamo cercato Mary e Judith nei boschi, per giorni e giorni, ma non abbiamo trovato nulla. C’è però un posto dove non abbiamo guardato bene, perché non ci è stato possibile».
«Cioè?».
«Le vecchie miniere. Sono un labirinto di tunnel e gallerie. Una volta i minatori le conoscevano a menadito e riuscivano a orientarsi, ma se dovessimo addentrarci oggi probabilmente non ne usciremmo più».
«Forse Anderson ha fatto questa fine».
«Forse, ma non si sarebbe di certo addentrato da solo senza dire niente a nessuno. E comunque non le ragazze. Abbiamo esplorato finché abbiamo potuto, ma non abbiamo trovato tracce né altri segni».
«Credi che qualcuno possa averle rapite e portate dentro le gallerie?».
«Non so cosa pensare, ma può essere un’ipotesi. Certo è che qualcuno in queste colline ci vuole male».
«Forse qualcuno che abitava qui prima di voi e non ha gradito il vostro arrivo?».
«Le colline sono disabitate da più di vent’anni.

Quando l’argento è finito, se ne sono andati via tutti; poi un anno ci fu un’alluvione terribile e tutto quello scavare aveva indebolito il terreno. Così, un grosso pezzo della collina si è staccato di netto, trascinando acqua, fango, terra, alberi... insomma, un disastro. Infatti non esiste un sentiero che conduca dall’altro lato della collina: tutto è rimasto come allora».
«Beh, essendo un posto disabitato forse è diventato il covo di qualche banda di briganti che si nasconde nei boschi».
«L’ho pensato anch’io. Se così fosse, dobbiamo stanarli.

Djanga, dobbiamo partire ora, non abbiamo altro tempo da perdere». Annuisci e finisci il tuo latte.
Vai al 189.

 

126

Questa deve essere la capanna dove questa gente si ritrovava a mangiare; è più grande delle altre e c’è una grossa tavola in mezzo alla sala.

Anche qui noti molta confusione, una pentola bolle sulla stufa a legna e l’odore non è per niente invitante.

Quando ti avvicini, vedi che all’interno ci sono frattaglie a bollire, mescolate con verdure e occhi...

Arretri subito per evitare di dare di stomaco.

Oltre alla porta d’uscita, ce n’è una seconda che conduce al primo piano.
Se vuoi salire, vai al 31.
Altrimenti puoi tornare in cortile e scegliere un’altra destinazione.
Controllare la prima capanna a nord, al 165.
Controllare la seconda capanna a nord, all’83.
Controllare la prima capanna a sud, al 24.
Oppure proseguire fino al termine del cortile, in direzione ovest, dove parte un sentiero, al 42.

 

136

È stato un azzardo, Djanga... ma con il tuo colpo centri la testa della pazza, facendola esplodere.

Sangue e pezzi di cervello schizzano sul volto del tuo pard, mentre il corpo della donna si accascia nella polvere in una pozza di sangue.

Montgomery cade in ginocchio tenendosi il collo martoriato e ferito; il morso è profondo, ma non ha perso molto sangue. Gli tamponi la ferita con un fazzoletto mentre lui ti ringrazia, nonostante la tua disinvoltura nello sparare a pochi centimetri dal suo volto.
Gli stai ancora fasciando la ferita quando lo sguardo del pard muta.

«Gesù, Djanga, guarda là!».

Ti volti e vedi uscire dalle baracche e dalla casa un gruppo di individui che sembrano provenire da un lazzaretto: gobbi storpi, macrocefali, deformi, vecchi pazzi, focomelici, che camminano e che strisciano, tutti armati fino ai denti.
«Merda!», esclami, mentre aiuti il tuo compagno ad alzarsi. «Vieni, mettiamoci al riparo».

Scatti verso la porta della casa adiacente al capanno.

Alcuni proiettili fischiano poco sopra le vostre teste e s’infilano nel legno delle pareti. Apri la porta ed entri in una stanza poco arredata, con cianfrusaglie, bottiglie vuote, arnesi arrugginiti, un tavolo e delle sedie malmesse. Ti metti subito alla finestra, pronta a far fuoco. I vostri assalitori si sono spostati dal limaccioso cortile per ripararsi dietro a botti di legno, staccionate, resti di carri e altro. Da questa finestra nei hai tre a tiro.
Devi beccarli di precisione, Djanga.
Se pensi di farcela, vai al 60.

 

140

Raggiungete l’apertura nella roccia. Da qui vedete scalini di pietra salire, in alto ci deve essere una botola a chiudere l’accesso. Sali gli scalini facendo attenzione a non scivolare sulle chiazze di una sostanza appiccicosa e maleodorante che cola dalle assi sovrastanti. Sei quasi in cima quando senti passi sopra di te e voci parlare.
«Dov’è Ma’?», bofonchia una voce.
«Non lo so», risponde una seconda più grave. «Si è di nuovo liberata, sarà scesa di sotto in cerca di topi, quell’affamata...».

D’un tratto senti uno dei due fermarsi sopra la tua testa e capisci che sta per aprire la botola.
Se vuoi sparargli non appena apre la botola, vai al 79.
Se vuoi sparargli senza aspettare che apra la botola, vai al 162.

 

144

Quando la stanza viene liberata, puoi finalmente coricarti sul letto e crollare in un sonno profondo, fino al mattino.
Vai al 118.

146
Dopo alcuni minuti in sella, raggiungete le miniere. Qui molti alberi sono stati abbattuti e il terreno livellato in più punti, ci sono ancora binari con i carrelli per il trasporto delle rocce e attrezzi: molti sono ancora residui della prima ondata di minatori, quelli che vennero qui a scavare più di trent’anni fa. Sono due i tunnel scavati nella roccia. Uno, ti dice Montgmery, è quello che hanno aperto loro, dopo la scoperta di un nuovo filone; non è molto profondo, presenta poche diramazioni ed è già stato setacciato da cima a fondo senza alcun risultato. Il secondo è invece quello vecchio, di cui non conoscono la profondità né le diramazioni.
«Hanno scavato per quasi vent’anni là dentro - dice il tuo pard - Mi domando ancora come abbia fatto a non crollare tutto. Ci siamo addentrati quanto abbiamo potuto, ma forse non abbastanza. Chi entra là dentro troppo in profondità rischia di non risalire più alla luce del giorno».

Raggiungete l’ingresso della miniera e scendete di sella. Dai una carezza al tuo cavallo mentre lo leghi a una staccionata lì vicino.
Montgomery porta un paio di lampade a olio, di quelle che lasciano sempre all’ingresso delle miniere. Le accende e te ne porge una.

«Dopo di te, amico mio», sorridi al tuo pard mentre entrate nel buio delle vecchie miniere d’argento.
Vai all’80.

 

150

Ti allontani dalla casupola assieme al tuo pard.

C’è un forte odore di bruciato, di cadaveri e di sangue tutt’attorno nel cortile. Questi maledetti erano armati fino ai denti, ne contate sette stesi a terra nel fango.

Dal cortile potete controllare alcune capanne.
La prima a nord, al 165.
La seconda a nord, all’83.
La prima a sud, al 24.
La seconda a sud, al 126.
Oppure, puoi proseguire fino al termine del cortile in direzione ovest, dove parte un sentiero, al 42.

 

154

Non c’è dubbio, quell’uomo è proprio Ace of Spades, un giocatore professionista che porta il simbolo dell’asso di picche sul cappello e sulle pistole.

Ti sorprende vederlo da queste parti: solitamente bazzica nelle case da gioco di New Orleans e Tucson o sui battelli che navigano lungo il Missouri e il Mississippi. Forse anche lui è dovuto fuggire per qualche motivo e far calmare le acque.
Dopo pochi minuti ti viene servita una succulenta bistecca, sommersa da una montagna di patatine. Mangi e bevi con avidità. Ti ci voleva! Proprio una mangiata come si deve. Finita la bistecca, bevi un ultimo boccale di birra per sciacquarti la gola e ti guardi nuovamente in giro.
Se vuoi unirti ai giocatori di poker, vai al 130.
Se vuoi assistere allo spettacolo più da vicino, vai al 72.
Se invece vuoi salire in camera, vai al 194.

 

167

Il corpo del cane cade a terra, imbottito del piombo della tua arma.

Montgomery, che ti guardava le spalle, entra subito con il Winchester in mano, pronto a darti man forte.

«Era solo un dannato cagnaccio», lo rassicuri, controllando la carcassa sanguinante della bestia. Poi senti una voce bassa e confusa, quasi un gemito. Ora che i tuoi occhi si sono abituati a questo buio, vedi che c’è un letto dall’altro lato della stanza.
«Il mio cane...», senti sussurrare, «avete ucciso il mio cane!».

Ti avvicini al letto e vedi che c’è sdraiato un uomo molto anziano.

Il tuo pard tira le tende e finalmente entra un po’ di luce. L’uomo ha il volto scavato e smunto, sembrerebbe cieco e malato.
«Chi siete?», domanda con un filo di voce.
«Mi chiamo Djanga Djanga», rispondi, «e questo è il mio pard, mister Montgomery».
«Siete stati voi a fare tutto quel baccano là fuori... e a uccidere il mio cane?».
«È così».
«Perché?», domanda con un lamento. «Avete ucciso i miei figli? Perché?».
«Non ci hanno lasciato scelta. Hanno rapito alcune ragazze, hanno ucciso un uomo e lo hanno sventrato, e lo stesso con un’altra povera ragazza. Non so quale maledizione abbia colpito la vostra famiglia, ma non possiamo avere pietà di fronte a cotanta malvagità».

«Per quasi trent’anni», geme l’uomo, «siamo stati isolati dal resto del mondo. Anche quando lavoravamo nelle miniere gli abitanti delle colline si tenevano lontani da noi, non è stata colpa nostra. Poi le miniere si sono esaurite e solo noi siamo restati, infine c’è stata l’alluvione e la cima della collina si è staccata, lasciandoci qui da soli. Per sopravvivere abbiamo dovuto far sposare i nostri figli tra loro e alcuni di noi hanno avuto figli dalle sorelle, dalle figlie e dalle cugine. Non abbiamo avuto scelta...».

«E Dio vi ha puniti per questo abominio!», esclama Montgomery, inorridito come te dal racconto.
«Lo so», continua l’uomo, «siamo stati maledetti, tutti quanti. Condannati alle nostre deformità, ad avere figli dai nostri consanguinei e a cibarci nei mesi di magra di carne umana. Molti di noi sono impazziti e chi non è impazzito è diventato feroce e malvagio. Poi abbiamo scavato un passaggio che riconducesse alle miniere. I miei figli volevano rapire ragazze normali per avere una prole sana e robusta, ma la nostra colpa era troppo grande e la maledizione ha colpito anche loro. Neanche la Bruja è riuscita ad aiutarci. Fiore Nero è ancora molto bella; è un'indiana rinnegata, esperta di stregoneria e arti oscure; per liberarci dalla maledizione, ha invocato il demone serpente Asmodeo, ma non ha fatto altro che alimentare la nostra condanna, rapendo innocenti per sacrificarli o divorare i loro cuori.

E ora siete arrivati voi, a mettere la parola fine».
«Proprio così, vecchio».
«Allora avanti, uccidetemi. Non posso più rimandare la morte».
Montgomery sospira, estrae la pistola dalla fondina e dopo aver preso la mira, spara un unico colpo alla testa del vecchio, uccidendolo sul colpo.

«Muoviamoci, Djanga. Cerchiamo questa Bruja e presentiamole il conto». Annuisci e uscite.

Ora potete controllare altre capanne.
La prima a nord, al 165.
La seconda a nord, all’83.
La seconda a sud, al 126.
Oppure puoi proseguire fino al termine del cortile in direzione ovest, dove parte un sentiero, al 42.


170
A un certo punto la galleria che state seguendo sbuca in un tunnel con direzione est-ovest, poi, d’un tratto, la luce delle lampade illumina un buco nel terreno.

«È un vecchio pozzo», dice Montgomery, «o almeno credo. Spesso ne costruivano per poter approvvigionarsi d’acqua direttamente da qui, senza ogni volta trasportarla da fuori».
Se vuoi controllare il pozzo, vai al 211.
Altrimenti puoi scegliere due cunicoli, entrambi che corrono in direzione sud-est (110 e 172).

172
Il tunnel scende in profondità; qui la volta comincia a essere più bassa e i puntelli di legno scarseggiano.
Puoi andare a nord-ovest (170), o sud-est (89).

173
Laura e i suoi tre compari si stanno scolando diverse bottiglie di tequila, sghignazzando come iene e prendendosi troppa libertà con la moglie del proprietario.

Dopo averli serviti, la donna cerca di liberarsi dall’abbraccio della possente Bolson, ma questa non la lascia andare, attendendo che uno dei suoi se la prenda sulle ginocchia. Il marito cerca d’intervenire, ma finisce in terra con un ceffone e gli altri uomini abbassano gli sguardi.
«Ehi, oste!», urli. «Di' a tua moglie di lasciare quei messicani puzzolenti e di venirmi a servire da bere».
Laura Bolson si volta verso di te.

«Ehi, vecchia cessa, chi hai chiamato messicani puzzolenti?».
«Sei forse cieca, lurida bagascia? Ci siete solo voi qui dentro e il vostro fetore mi sta facendo passare l’appetito».

Gli uomini della Bolson si alzano in piedi, ma la donna li blocca con un gesto, quindi si alza lei stessa.
«Tu mi offendi, maldita», dice avvicinandosi, con la camicia sbottonata fino allo stomaco e le lunghe zinne pendenti. «Laura Bolson è una signora importante; chiedimi scusa...».
Resti seduta, senza perdere di vista per un solo istante le mani dell'importante pistolera.

«Una signora, dici? A me sembri una grossa puttana».
«Va bene, cessa del cazzo, te la sei cercata!».

La Bolson mette mano alla pistola e tu fai altrettanto.
Vai al 123.
 

174
«Dannazione!», esclami, illuminando il pozzo con la lampada.
«Cosa c’è?», domanda Montgomery, allarmato.
«Mi sembra...». Ti chini fin quasi a sdraiarti, calando la lampada con il braccio. «Ci sono pioli!».
«Pioli?».
«Sì, qualcuno ha infilato pezzi di ferro a forma di U nella parete del pozzo, creando una rampa di scalini».
«Interessante!».
Se vuoi scendere, vai al 21.
Altrimenti puoi proseguire al 115.

 

175

Guardi il versante scosceso di fronte a voi. È piuttosto ripido e il terreno è umido.

Provi ad arrampicarti, afferrando alcuni rami, ma dopo pochi passi perdi aderenza con gli stivali e scivoli all’indietro fino a ritornare sul sentiero.

«Diavolo! Non credo sia una via percorribile.

Non ci resta che provare a cercare un passaggio nelle miniere».

Rimonti in sella e sproni il tuo cavallo in quella direzione.
Vai al 18.


179
Risali i pioli del pozzo senza problemi, fino a sbucare in una nuova galleria, al 70.

 

182

Fidandoti della tua rinomata mira, punti l’arma contro questa assatanata e fai fuoco.

Devi mirare alla testa della donna, che sta vicino a quella di Montgomery: questo comporta un tiro loco!
Vai al 136.
 

185

Ti trovi in una galleria con orientamento sud-ovest/nord-est, percorsa dai vecchi binari.
Puoi dirigerti a nord-est (23), o sud-ovest (11).

189
Quando esci dalla casupola di Montgomery, hai addosso gli sguardi di tutti.

Ci sei abituata, ma stavolta è diverso.

Alcuni si avvicinano e ti ringraziano, altri li senti pregare per te; una donna insiste perché tu indossi una collana indiana che protegge dai malefici.

Questa gente è molto più che spaventata e ripone in te e nel tuo compagno tutte le sue speranze.
Pochi minuti più tardi state sellando i cavalli.

«Se riusciamo a seguire le tracce della bambina», mormori, «dovremmo risalire al posto da dove è fuggita. Che sia nelle miniere, in cima alla collina o all’inferno, giuro che troveremo chi le ha fatto questo, e non avremo nessuna pietà».

Vuoi farti bella con Montgomery, ma ciò che ti interessa veramente è mettere le mani su qualche ricco bottino. Sospetti, infatti, che una piccola banda di desperados abbia colonizzato il posto e nascosto qui il provento delle loro rapine. Poi, per liberarsi dei minatori, ha cominciato a spaventarli.

«Non dimenticare che anche Mary Jane è sparita, e se è ancora viva, dobbiamo riportarla a casa».

Annuisci, quindi sproni il tuo cavallo e prendete la strada che sale verso le miniere. Mentre risalite la collina guardi i boschi silenziosi sul crinale; la giornata è grigia e fredda, un’atmosfera lugubre circonda questa zona come un mantello. C’è qualcosa di oscuro e minaccioso in questo posto, ma sei certa che si tratti di qualcosa in carne e ossa, che non può nulla contro due once di piombo.

Dopo un po’ raggiungete un crocevia.

«Di là», dice Montgomery, indicando a est, «il sentiero continua per fermarsi all’altezza del canalone formato dall'alluvione di vent’anni fa.

Dall’altra parte raggiungiamo le miniere».
Se possiedi l’abilità di seguire le tracce, vai al 69.
Altrimenti puoi decidere se continuare verso le miniere (146), o verso est, dove però il sentiero si interrompe bruscamente (8).

 

194

La stanza è abbastanza pulita e il letto è molto comodo. C’è una tinozza piena d’acqua tiepida e un pezzo di sapone. Ti spogli, appoggiando il cinturone su una sedia vicina, e ti immergi nell’acqua, rilassando ossa e tette. Ti levi di dosso tutta la polvere e il sudiciume del deserto, domandandoti dove ti dirigerai ora. Potresti andare nell’ufficio dello sceriffo e vedere se c’è qualche taglia interessante che si possa riscuotere senza troppa fatica. Hai sempre pensato che una volta raccolto abbastanza denaro avresti potuto comprarti un ranch e una mandria di bestiame e metterti a fare l’allevatrice. Chissà se mai ci riuscirai. Stai per uscire dalla tinozza quando senti bussare alla porta.
«Sì?», domandi.
«Sono la cameriera, señora. Ho portato gli asciugamani».

Ti volti e vedi che sulla sedia ci sono ben tre asciugamani puliti. La faccenda puzza. Afferri la pistola proprio mentre la porta si spalanca. La cameriera viene spintonata dentro la stanza e un brutto ceffo entra con la pistola in pugno.

«Muori, Djanga!».

Fa per sparare, ma sei pronta anche tu.
Vai al 51.
 

195
Queste vecchie casse impolverate e piene di ragnatele non ti diranno molto di più di quanto non hai già capito. È ovvio che siete finiti nel covo di qualcuno, forse proprio di chi ha rapito le ragazze.

All’improvviso sentite un rumore provenire dal fondo della galleria. Vi sdraiate dietro una cassa e spegnete le lampade a olio.
Vai al 71.

 

203

Non te la sei sentita di colpirla alle spalle.

Avanzi in questo posto maledetto senza mostrare alcuna paura, preferendo guardarla in faccia.

La Bruja, dal suo canto, ti guarda e sorride con una smorfia.

Ha anche lei una pistola addosso e sei certa che la userà.

«Il tuo tempo finisce qui, Bruja!», esclami, sperando per un attimo che ti dia l'opportunità di rinviare lo scontro.
«Non ci contare, Djanga, io ho molte più risorse di quanto tu non creda», e in un attimo mette mano alla pistola.
Se la colpisci, vai all'87.

 

204

Ti svegli il mattino all’alba. Ti prepari un bel caffè e ti rimetti in sella.

Passi un’altra giornata tra pietraie e sentieri inospitali, senza incontrare anima viva, sebbene di tanto in tanto l’eco di alcuni spari giunga alle tue orecchie.

Al tramonto del secondo giorno ti fermi tra i ruderi di alcuni carri semisepolti nella sabbia, forse pionieri vittima di qualche scorribanda. Sei appena scesa di sella, quando dai resti del carro vedi uscire una vecchia vestita di stracci, con il volto e i capelli impolverati. Hai già incontrato altre volte questa vecchia: ti segue sempre ovunque vai.

È la Morte.
«Djanga, perché hai intrapreso questo viaggio?», ti domanda.
«Per soldi», rispondi mentre prepari il bivacco.
«O per dimostrare qualcosa?».
Abbassi lo sguardo.

«Non lo so».
«Infatti non sai cosa ti aspetta tra quelle colline, Djanga.

Forse c’è qualcosa con cui non hai mai avuto a che fare».
«Vedremo se sarà più veloce di me».
«Sta’ attenta, Djanga. Io veglierò su di te».
«Questo lo so».

La vecchia si ritira e, come uno spettro, scompare.

Avvisti le Dark Hills al mattino del terzo giorno di viaggio, un’umida e grigia giornata che non promette nulla di buono. Più ti avvicini alle colline, più il paesaggio cambia, inverdendosi con cespugli e vegetazione pioniera.

Manca poco al tramonto, quando finalmente scorgi un piccolo paese; sicuramente è Darkstone Hill.

È un villaggio ancora più povero di Gravewood: un’unica strada principale, poche abitazioni, alcune delle quali disabitate con assi di legno a chiudere porte e finestre, un albergo dall’insegna cancellata, la cui porta è sprangata anch’essa.

C’è solo una zona centrale del paese dove sotto i portici vedi un emporio, un barbiere-dentista e il saloon da cui proviene quel poco di movimento.

Scendi dal cavallo e lo leghi alla staccionata, poi sali sul marciapiede di legno e oltrepassi le porte dondolanti. Dentro il saloon si trova un lungo bancone di quercia, lucidato fino a farlo splendere. Lungo la base scorre il poggiapiedi d’ottone e una fila di sputacchiere è sistemata nei pressi. Lungo la sporgenza del bancone il proprietario ha sistemato qualche telo di stoffa per permettere ai clienti di asciugarsi i baffi dalla schiuma della birra. Sulle pareti vedi appese selle, speroni e corna di longhorn, dietro il bancone c’è una copia impolverata del quadro “Old Yellow Hair” (“Vecchio capelli gialli”), che immortala il generale Custer durante la sua battaglia finale a Little Big Horn.
Molti dei tavoli hanno le sedie rovesciate sul piano e solo pochi sono utilizzati da dei clienti. Lungo il bancone ci sono uomini che bevono whisky.

Il tuo ingresso si fa subito notare e non può essere altrimenti.

Ti avvicini al bancone e ordini una birra.
«Qui abbiamo solo whisky, bellezza, la birra è finita e la aspettiamo da più di una settimana», risponde il barman.
Annuisci e ti fai servire del whisky, mentre guardi l’atmosfera desolata.

«Non sembra un posto molto allegro», commenti.
«Potresti movimentarlo tu, bambola...», alzi gli occhi e lui cambia registro. «Se ne sono andati tutti, ormai», racconta il barman, «sono rimasti solo i vecchi, chi non sa dove andare e quei testardi sulle colline che cercano l’argento».
«E ce n’è?».
«D'argento? Forse. La morte, di sicuro».
«Perché dici così?».
«Credimi, straniera, meglio che tu non lo sappia. Prendi la tua roba e domattina lascia queste colline, sono maledette».
«Sono venuta qui per un lavoro, devo trovare un certo Montgomery».
«Non so se certi tipi di lavoro siano adatti a una bambola come te...».

«Può darsi, ma si può sapere che diavolo è successo da queste parti, amico?».
Il barman si avvicina e indica un uomo seduto da solo a un tavolo a bere un’intera bottiglia di whisky.

«Lo vedi quell’uomo? Aveva una miniera e una casa sulle colline. Un mese fa sua figlia è scomparsa, l’hanno cercata in lungo e in largo per una settimana: niente di niente, svanita. Da allora non ha nulla per cui vivere, poveraccio, beve soltanto. E tutto è iniziato da quando hanno cominciato a scavare a fondo nelle vecchie miniere. Dio solo sa cosa diavolo hanno svegliato».
Sbuffi.

«Non starai parlando di spiriti, fantasmi o cose simili, vero?».
«Non lo so, straniera, ma quelle ragazze sono scomparse e nessuno le ha più ritrovate».

Il barman si versa un bicchiere e lo beve d’un sorso.
«Quanto ci vuole a salire sulle colline?», domandi.
«Almeno due ore a cavallo, ma ti sconsiglio di partire ora. Nessuno si aggira in quei boschi con il buio».

Guardi fuori il sole che sta tramontando. Se partissi ora dovresti affrontare la salita immersa nelle tenebre, ma guadagneresti parecchio tempo.
Se vuoi salire ora, vai al 100.
Se vuoi partire domattina, vai al 48.

 

207

Finisci questo diabolico serpente e poi cadi a terra, esausta.
Per fortuna il suo veleno non ti ha raggiunto agli occhi.

Mentre ansimi vedi sotto i tuoi occhi il corpo del serpente trasformarsi in quello di una donna ferita e lorda di sangue. La Bruja.

Ti rialzi in piedi e ti avvicini.

La Bruja è ormai morente. Il suo trucco si è ritorto contro lei stessa: credendola un serpente, infatti, l'hai imbottita di piombo.

Rivolge la testa verso di te, ti fissa con occhi carichi di odio e sta per lanciarti qualche maledizione, quando un violento rantolo le spezza le parole in bocca.
Ti chini sul corpo, che si dibatte ancora, e le strappi di dosso una collana con pietre ovali sopra le quali sono incisi dei nomi: Mary Jane, Judith e Maria, che deve essere la ragazza che hai salvato.

Spossata, dolorante, ma soddisfatta, vorresti allontanarti da questo posto diabolico; la Bruja, però, non si è ancora arresa e non te la senti di spararle un colpo in testa.

Sta strisciando come un serpente - macabra ironia della sorte - verso l'altare, dove è rimasto il corvo morto che prima aveva in mano, forse per completare il sacrificio e invocare l'aiuto del demonio.

Non c'è tempo per cercare un dottore, solo tu puoi aiutarla.

Anche se vecchia e logora, è ancora molto bella; merita di morire, ma è pur sempre una donna; ed è spacciata, se non tenti qualcosa.

«Dimmi cosa devo fare...», prendi in mano il corvo e attendi istruzioni, come fossi una sua adepta.

Con voce ansante e gutturale, e con terribile fretta, ti risponde così: «Spennalo...!».

Pur riluttante e disgustata, esegui.

Disperdi le piume corvine sull'altare e noti che un'improvvisa folata di vento le fa volare - per un'ultima volta - addosso alla Bruja, prostrata a terra.

La senti mormorare qualcosa.

Satana, aiuta la tua serva, Satana, in nome dei suoi peccati, Satana, aiutala.

Questo, più o meno, quello che riesce a sospirare morente.

A questo punto, la rivolti supina e le tamponi i buchi in qualche modo.

«Aiutati che Satana t'aiuta», le dici ironicamente, strappandole un sorriso maligno.

Ha ancora voglia di vivere e per non vedertela morire sotto gli occhi - non sarebbe piacevole che finisse stecchita come il corvo del rito - stai tentando il tutto per tutto. Anche se cattiva, però, con tutto quel piombo che le hai messo in corpo, è destinata a cedere. Puoi solo prendere tempo e farle accettare l'idea.

Forte della tua stazza, te la carichi in spalla e la trasporti verso il suo villaggio, sperando di non incontrare Montgomery, troppo bigotto per capire.

È pesante, è ancora una grossa vacca nonostante tutto, ma tu sei forte come un toro, Djanga.

Per fortuna il tuo pard è ancora privo di sensi.

Gli lanci addosso la collana strappata alla Bruja e prosegui.

Badando bene di non farti vedere da Maria, entri in una delle baracche e presti altre cure alla strega indiana.

Montgomery ti cercherà per un po', poi dovrà riportare a casa la giovane.

E così si spargerà ancora una volta la voce che tu sia rimasta uccisa, Djanga!

Quando invece stai facendo concorrenza a Satana per salvare la carcassa di una carogna.

L'impresa non è certo facile.

«Senti un po', Fiore Nero... oltre a ossa e topi, non c'è niente da razziare fra queste baracche?».

«Mettiti con me... e avrai... ciò che vuoi...», tremando il freddo della morte, con la paura negli occhi, sebbene avvezza ai cadaveri. «Ammazzerò... per te...», lo sguardo fisso per aria e la bocca spalancata a raccogliere quello che arriva. Non si rassegna.

Ti cerca con la mano.

Tu gliela prendi.

«Non ci penso proprio a mettermi con una come te».
«Perché...».
«Sei pericolosa, tanto per cominciare, e poi sei una bruja... una rinnegata... una ricercata... e poi chissà quante altre cose... ah... e poi hai lo stomaco e la pancia bucati...», con macabra ironia.

«Sì... io... sono molto ricercata... non sono finita...», si riferisce al fascino di donna che sopravvive in lei. malgrado sia ormai decrepita.

«Vero, sei ancora una gran donna e io devo rifarmi di un'avventura in cui non ho rimediato nulla, o quasi.

Quei miserabili non avevano nemmeno una taglia sulle loro teste deformi. E anche la tua dev'essere scarsa.

Perciò, se non crepi, entreremo in società, Fiore Nero.

Ci stai?».

«Società...», sussurra vaga, con gli stivali già all'inferno.

«Forse non sei abbastanza rinnegata, per capire una parola tanto sofisticata.

Vuol dire fare bottino insieme. E dividerlo in parti uguali».

Un gemito gutturale e un breve cenno di assenso sottoscrivono il patto.

«Adesso dimmi in quale baracca nascondi droghe e unguenti con cui posso curarti, perché ti rimane poco tempo».

«Devo... masticare... qualcosa... subito...», mormora allarmata.

«Questo l'avevo capito. Perciò te l'ho chiesto...

Ho avuto la mano pesante, non hai più tempo, stai schiattando, lo capisci?».

E la Bruja increspa il ghigno, con gli occhi sbarrati e la mano che stringe la tua.

F I N E

211
È un buco di circa un metro e mezzo di diametro.

Prendi una piccola roccia e la lasci cadere, dopo tre secondi la senti colpire il suolo, pure di roccia.

«Saranno sì e no otto metri, ma non mi pare di avere sentito l’acqua.

Sicuro che sia un vecchio pozzo?», domandi a Montgomery.
«A dir la verità, ho tirato ad indovinare...».
«Uhm...».
Devi metterci del tuo, Djanga...

Vai al 174.

 

217

Esci dal sentiero per acquattarti e muoverti tra gli alberi, sfruttando lo stesso trucco della Bruja.

Arrivi finalmente nei pressi di una radura dentro al bosco, dove vedi parecchie pietre che emergono dal terreno, disposte secondo una linea di cerchi concentrici, al centro dei quali c’è un monolito alto più di due metri in cui è scolpito un serpente.

Anche su queste rocce ci sono corone di ossa, feticci vari e teschi di roditori, serpenti, cani, avvoltoi, ma anche crani di esseri umani...

Di fronte al monolito c’è una roccia squadrata, forse usata come altare sacrificale, sopra la quale sono accese alcune candele.
Improvvisamente, dalla nebbia vedi emergere qualcuno, proprio di fronte al monolito.

È una donna indiana con un sombrero da messicana, lunghi capelli neri e un teschio nero che le ciondola in mezzo alle grosse zinne.

In una mano stringe un coltello e nell’altra un corvo.

Non hai dubbi.

Si tratta della Bruja.

Sei tentata di farla secca subito, anche perché indossa in vita - molto profanamente - un cinturone da pistolera e porta alla spalla un Winchester.

Però è pur sempre una donna, una bella donna come te, con il doppio dei tuoi anni, e ciò ti rende nervosa.

Se vuoi spararle da qui, vai al 171.
Se vuoi uscire e sfidarla a viso aperto, vai al 203.