di Salvatore Conte (2024)
Ormai nessuno ci fa più caso, a parte le donne.
Se
la incontri, rimarrai parecchio deluso, amico. «Magra non lo è mai stata», lo interrompe per un attimo Mano Tagliente.
«Pare sia anche malata... È sempre sbottonata?». «Chi?». «Zinna Moscia...». «Certo, sempre sbottonata... ah-ah...».
«Anche se malandata, mi interessa ritrovarla».
Ma stai attento, perché - oltre che sbottonata - sa
sempre sparare.
La riconoscerai facilmente, perché
vi cresce vicino un grosso saguaro». Sarà davvero così malridotta?
Non la vede da molte
lune.
Lo aspetta stravaccata sulla sedia a dondolo,
con il winchester puntato e la bottiglia del whisky sul tavolino. «C'era una volta una banda di ladroni. Erano una dozzina. Fecero un colpo da 30.000 dollari. E lo fecero il 13 maggio...». «Non sei bravo a raccontare storie». «Lo so, racconto l'essenziale, i frati non mi hanno insegnato tutto». «Continua». «I ladroni decisero di far calmare le acque, prima di spartire il bottino... Ma c'era un problema: a chi lasciarlo? A chi se non a un uomo di legge, degno di fiducia e rispetto? Fu dunque il Giudice della città a tenerlo in custodia. I ladroni si diedero appuntamento al 13 maggio dell'anno successivo. Al tramonto». «La storia è bella... cough... è tua?», Zinna Moscia tossisce e sputacchia sangue. «No. Me l'hanno raccontata». «E chi?».
«Le puttane parlano...».
«Puttane rosse o bianche?». «Tredici?».
«Il Giudice non lavora gratis». «Ne seguiamo uno e lo prendiamo tra due fuochi.
Così è più facile e non corriamo rischi. Poi
dividiamo a metà».
«E a te quanto rimane, Zinna
Moscia?». «Quanto ti rimane?». Lusingata dall'insistenza di Mano Tagliente, Zinna Moscia sporge ancora la lingua dal labbro. «Non lo so... cago sangue e sputo sangue... ma tiro avanti... cough... penso di avere qualcosa nelle budella... come una pallottola che ti uccide piano-piano... una grossa pallottola...». «Non sembri molto preoccupata; stanca di vivere?». «Troppo sangue... troppi morti... Qualcuno... di quelli che ho ammazzato... cough... mi chiama...», con gli occhi fissi nel vuoto. «Quel qualcuno rimarrà deluso, Zinna Moscia...». «Sì, lo so...», riprendendosi, «nessuno può fermarmi... nemmeno un tumore; in qualche modo me la caverò».
«Ben detto».
La Frazer cerca di defilarsi dal
suo destino, si illude di avere ancora tempo.
E intanto devi smettere di bere». Ma fino al 13 maggio... Mano Tagliente cavalca con la potente Anna Frazer...». E alza il bicchierino, abbassando gli occhi sulle zinne mosce, dentro il camicione sbottonato, mentre lei fa altrettanto, sporgendo la lingua con occhi malati e fiato stretto, improvvisamente ansiosa di trovare una via di scampo. Arrivano alla spicciolata, poco prima del tramonto. Ma sono solo in quattro. Otto banditi mancano all'appello. Un anno è lungo e gli incerti del mestiere numerosi: il carcere e il cimitero ne inghiottono tanti. Buon per i quattro che vedono triplicata la loro parte. Chi si fa fregare, non merita rispetto. Sono ricevuti dall'anziana governante del Giudice, una messicana rugosa e d'aspetto sinistro, che si muove con vacillante passo senile, ma ancora gonfia di bella carne.
«La cena è servita, signori». Il sole è tramontato, ormai è difficile che si aggiungano altri ospiti. I banditi passano dalla veranda al soggiorno, elegantemente arredato. La governante aveva preparato dodici posti, ma ha portato pane, formaggio e vino per quattro persone. «Ehi, vecchia!». «Dite a me, signore?». «Perché, ti credi giovane? Ah-ah... Però è vero: ti tieni bene, vecchia... Ancora vedovo il Giudice? Ah-ah... Assaggia!», Sancho non si fida.
La governante manda giù un pezzo di formaggio. Il bandito si lecca la forchetta utilizzata dalla serva, fissandola in modo allusivo. Vecchia, ma ancora provocante. «Bevi, adesso... Brava... Come ti chiami?». «Esmeralda». «Esmeralda... Adesso, Esmeralda... ti metti a tavola con noi e ci fai compagnia...». I banditi mangiano allegramente e attingono vino dal fiasco. «Basta così, hombres... Esmeralda... prendi una lanterna...». I cinque escono dall'abitazione e si dirigono verso la cripta di famiglia del Giudice. È ricavata da un anfratto roccioso: dopo una porta di ferro, numerosi scalini conducono a una grotta naturale, ove alcune bare di legno pregiato sono collocate su ripiani scavati nella roccia. Sono state ripulite da poco: non ci sono ragnatele, né polvere. «È questa! Me la ricordo come fosse ieri...». La tirano giù e allentano le viti. Pesa un accidente. Pesa come se fosse piena d'argento. Si levano urla di giubilo dal fondo della grotta. Ma in pochi istanti accade di tutto. La lanterna si spegne, iniziano i malori, il cigolio stridulo di una porta. Dal giubilo alla paura. Qualche sparo di frustrazione; ma ormai è finita. Un cenno di conferma con il capo e due mani che si stringono eccitate sulle grosse tette ancora burrose: è fatta, l'uomo della legge fa suo l'intero piatto. «Mani in alto, signor Giudice... E anche tu, messicana... buona... se vuoi invecchiare ancora...». «Chi sei? Un ritardatario? Dopo il tramonto non si riscuote più...». «E a quelli là sotto è convenuto rispettare le regole?». «Parli bene per essere un indiano. Però non è colpa mia se non hanno retto il vino». «Vino dei Borgia, scommetto...». «Sì, d'annata, ma non così vecchio...». «Allora, signor Giudice... poiché non sono ingordo, dividiamo il piatto a metà. Adesso si va giù insieme e si riporta su il malloppo...». «E va bene, non mi lasci scelta... la cassa riapre... Ma ne sai di cose, muso rosso...». «Adesso non ci rimane che dividere, signor Giudice...». «Fatica sprecata, hombres... Mani in alto, pupazzo! Prima di ammazzarti voglio sapere chi sei». «Sono un indiano cresciuto tra i bianchi, mi chiamo Mano Tagliente, e ho saputo da una puttana ciò che stava accadendo...». «Cabrones... Bene, i conti tornano. Il veleno a rilascio lento nel fiasco, l'uscita secondaria dalla grotta... Ma sono i dettagli a tradire il traditore. Giuda! Due grosso dettagli... ah-ah...», il bandito mima le grosse tette della governante messicana. «Due bei pezzi per un posto così sperduto. E quando le cose non mi tornano, il mio cervello comincia a girare... a girare come il tamburo di una colt... Ma il dettaglio decisivo è stato un altro... Esmeralda Lopez... nata nel secolo scorso... ma non ancora deceduta... Una targhetta su una bara. La fedele governante del Giudice vedovo... esperta di veleni e di antidoti... vecchia, ma ancora dotata... Con la sua fedeltà si deve guadagnare una tomba di lusso... anche perché di anni davanti ne sono rimasti pochi... e già da stasera, con una calibro 45 nello stomaco, la bella Esmeralda potrebbe unirsi alla sua bara di lusso... e la cassa da morto chiudersi sul lussuoso cadavere...». Il bandito spiana la colt... «NO!», urla disperata la messicana. «Ci tieni alla pelle, eh, vecchia? Meglio una vita di merda, che una bara di lusso... Ne hai avuto di fegato, Esmeralda, per aver fatto quello che hai fatto... Potrei aggiungerti al mio argento, sei un bel pezzo, anche se con me finiresti sepolta nella sabbia di un deserto... Avanti! Spostati da lì... E vieni qui». L'indugio della messicana dura un attimo. Per farsi vedere ancora meglio, si stira addosso la casacca rossa e passa dall'altra parte. La fedeltà va bene, fino a quando non diventa eccessiva. «In fondo la giustizia esiste: io sono l'unico dei presenti - quelli ancora vivi, si intende - ad aver rapinato questi dollari. Questi dollari sono miei... Ma ora dobbiamo emettere la sentenza, Esmeralda. Tu che dici? Li ammazzo... oppure li lasciamo in mutande? Voglio sentirlo da te, Esmeralda...», il tono duro, grave. «Allora...? Con i miei compañeros non ti sei fatta tanti scrupoli... vecchia ruffiana... Erano dei cabrones, non avevano altre colpe». «Ammazzali... oppure ci daranno la caccia...». Ormai ha cambiato padrone. «Però lasciarsi dietro un Giudice morto non è mai una buona idea... L'indiano lo ammazzo di sicuro, però...». «Su le zampe, Sancho... e attento a quello che fai...». «Oh! Guarda chi si rivede! Un altro bel pezzo!». Il bandito si è voltato verso Anna, dopo aver mollato il ferro. «Ma quanti siamo questa sera?». «Però una cosa giusta l'hai detta: sei l'unico che si è guadagnato questi soldi. Un terzo per uno... in fondo anche tu ci guadagni... dovevate essere in dodici questa sera». «E la ragazza?», Sancho allude ironico alla vecchia messicana. «Decide lei con chi andare». «Vado per conto mio, ma voglio la mia parte». Ormai si è bruciata, deve stare attenta. La Frazer incrocia lo sguardo di Mano Tagliente. «Allora un quinto per uno: una parte a testa, e chiudiamo la mano. Tu hai fatto la rapina, il Giudice ha fatto il banchiere onesto per un anno, lei ne ammazzati tre, io e il muso rosso... cough... abbiamo il gioco in mano e rileviamo le quote di chi si è fatto fregare... Niente ripensamenti, niente vendette... cough... niente soffiate. Se ci incontriamo, siamo pari». Zinna Moscia rimane in attesa. «Io ho qualcosa per te, bella donna...». Non tutte le avvelenatrici vengono per nuocere. L'accordo c'è. Si divide in cinque parti. L'unico che rimane è Il Giudice. Avrà da rimettere a posto la cripta di famiglia e da assumere una nuova governante. Meglio se in quest'ordine. In fondo è quello che ci ha guadagnato di meno. di Salvatore Conte (2024) Le pallottole fioccano nella grande sala da pranzo del vecchio hotel abbandonato.
I troppi interessi in gioco hanno spento le ultime speranze di negoziare un accordo. Le due bande hanno scelto i loro elementi migliori per "discutere" di affari. Ma ormai gli argomenti si sono esauriti, insieme agli stessi "negoziatori". Da una parte rimangono la famosa Anna Frentzen e Bill Jones, dall'altra lo spietato Zenon, l'Infallibile. La donna, 57 anni, è molto conosciuta nell'ambiente: esperta, abile nel preservarsi, prestigiosa, è nota per i camicioni sbottonati con perizia artigianale e portati addosso con cura maniacale, nonostante l'età, il seno flaccido e un giro-pancia da vecchia signora; si stringe in vita una grossa cinta nera, per darsi forma e ricompattarsi. La Frentzen fa gola ai collezionisti della città, che fanno a gara per procacciarsi le sue vecchie foto e i video di quand'era meno grassa e al culmine della sua bellezza, e imponeva il suo ritmo da gran fica. Bill Jones è un anonimo comprimario della banda; Zenon, un killer spietato e autorevole. Si stanno sparando addosso protetti dai grossi tavoli in legno massello del vecchio hotel, rovesciati a 90 gradi. Gli altri sono morti. «Ahh...!», Zenon è stato colpito! «L'ho beccato!», gioisce Bill. Sul volto di Anna affiora un ghigno soddisfatto. «Ora dovrai scendere a patti con me, bellimbusto...!», gli strilla contro la Frentzen. La donna si alza in piedi, in tutta la sua possanza e tracotanza, e lo minaccia: «Vieni fuori, Zenon! Molla i ferri e ti prometto che troveremo un accordo!». «Vecchia fallita!». BANG BANG BANG Zenon schizza fuori all'improvviso e spara a ripetizione! Lui spara e a incassare è Anna! Due colpi la raggiungono in pancia (!) e uno sotto la spalla. La donna reagisce, sparando a sua volta, ma l'Infallibile torna al riparo del robusto tavolo. Jones ha assistito impotente. Anche Anna torna al riparo, ma il danno è fatto. Il compagno la raggiunge subito. Respira in maniera affannosa, ha gli occhi allucinati: sembra che a prendere tre pallottole sia stato lui. Il sorriso tranquillo e serafico di Anna ha fatto posto a un'espressione neutra, assorta: è un check, un'autodiagnosi urgente. È stata colpita, però la vecchia Anna rimane invincibile.
Da un parte sente la morte, è rabbiosa.
Dall'altra è talmente sicura di sé che pensa di potersi salvare abbastanza
facilmente. BANG Anna fa esplodere la sua rabbia, vuole salvarsi, è una bestia ferita che vuole continuare a vivere.
Però Zenon le ha fatto esplodere le budella e
l'emorragia interna la sta uccidendo. «No... meglio di no... meglio se mi tengo stretta...». «Ho capito», risponde Jones. «Zenon ha sparato... ha sparato contro di me... è pazzo... devo sapere perché... devo capire... poi raggiungerò una clinica... (COUGH...)», Anna comincia a tossire e a sputare sangue, ha pure un polmone bucato. «Zenon... mi senti...? Voglio sapere... (COUGH...) perché lo hai fatto... mi hai presa in pieno... (COUGH...) ho tre palle in corpo...!». «Risparmia il fiato, Anna! Ne avrai bisogno!
Da domani le tue foto varranno
dieci volte tanto!». Mentre io lo distraggo... tu prendilo alle spalle... (COUGH...) poi mi porterai in clinica...», Anna istruisce il compagno.
La Frentzen è speranzosa di avere tempo
a sufficienza per farsi curare e conta sul
fatto che Zenon non infierirà su una donna del suo calibro.
Poi faremo la
pace... (COUGH...) e mi vedrai ancora... con i bottoni aperti...! «Hai una brutta tosse, Anna! Non vorrei che la cosa si facesse troppo rapida!». BANG BANG Bill è entrato in azione, ma ha rimediato una palla in mezzo agli occhi e c'è rimasto secco. «Vecchia fallita... Volevi fregarmi! Anna! Vengo a chiuderti i bottoni!». Adesso la donna deve stare attenta. Anna sa che Zenon non scherza.
Proverà a blandirlo con le sue zinne da sorca. «Io non c'entro... Zenon...! È stata... (COUGH...) una sua idea...!». Adesso è l'Infallibile che deve decidere. Se l'ammazza, il gioco finisce. È tentato di saldarle il conto, con un bel colpo in mezzo alle tette; gli piacerebbe farlo, ma deve trattenersi, perché la prestigiosa Anna Frentzen è ferita a morte... Zenon aggira la postazione di Anna e si appalesa alla donna, tenendola sotto tiro. «Ferma! Non fare scherzi...». «Zenon... hai vinto... (COUGH...) mollo il ferro... (COUGH...) non voglio... rimanere uccisa...». «Brava...».
Zenon si siede tranquillo
accanto a lei. Io... io... che lotto... per salvarmi... (COUGH...)
Io... mi faccio portare in ospedale... Ma sento... di non avere tempo... (COUGH...) ho paura... Decido allora... di portare con me... i miei compagni... Da dietro... sparo nella schiena... a tutti e due... La macchina sbanda... (COUGH...) e butta giù un muro... Quando arriva la polizia... io... sono l'unica... ancora viva... E riesco anche... (COUGH...) ad arrivare in ospedale... Ma non ne ho per molto... Ho tutti intorno a me... (COUGH...) mi guardano... come se fossi già morta... Mentre sto crepando come una stronza... (COUGH...) la mia camicia va all'asta... io cerco aiuto... ma la testa mi cade di lato... (COUGH...) e rimango a fissare il pavimento...». «Sei morta?». «Non lo so... non voglio saperlo... Era solo... un sogno... (COUGH...)». «Temo di no, Anna...». «Zenon... io... ne ho visti morire tanti... io... ho un brutto vizio... (COUGH...) io... mi gusto... la loro morte... a due di questi... ho sparato io... (COUGH...) il colpo di grazia...
È stato
eccitante... come una droga... loro morti... io viva... «Brucia da impazzire...». «Ma tu hai una gran voglia di parlare, Anna. L'angoscia ti sta divorando. È il tuo grande momento, e lo sai». «Lo so... e mi fa paura... Zenon... devi sapere... (COUGH...) che ci sono poliziotti... che dopo ogni sparatoria... si informano se... (COUGH...) se anch'io... sono rimasta uccisa... oppure... ferita...».
«Ho afferrato il concetto, Anna»,
replica brusco il killer. «Gli fai drizzare il pisello...». È ancora seduta contro lo spesso tavolo di legno, rovesciato a 90 gradi, dietro cui si è riparata durante la sparatoria.
«Anna...», sussurra Zenon, quasi
stupito di vederla alla deriva. «Anna... hai il fisico, hai l'esperienza, hai migliaia di tifosi che palpiteranno per te mentre muori, se riesci a raggiungere l'ospedale.
Sei quasi invincibile». E allora decide di confessare: «Sì... io... voglio provarci... (COUGH...)», guardandolo negli occhi. «Anche tu... avrai paura... (COUGH...) quando... mi vedrai morire... sarai il primo... a cagarti addosso... (COUGH... COUGH...)». «Capisco la tua rabbia, Anna. Per te vivere è come una droga. E non riesci a smettere...». Sullo sfondo strillano le sirene.
«È ora di andare, Anna...». Vigile attesa e adrenalina. Impossibile operarla, dicono i medici. Zenon non si trattiene: deve vederla morire con i suoi occhi. Raggiungerà subito l'ospedale sotto falsa identità e avrà un dialogo silenzioso con lei, gli occhi al posto della bocca, mentre crepa. «Non pensavo di rimanere uccisa dopo i tuoi tre colpi; ero convinta di salvarmi. Potevo chiederti di finirmi, ma non ne ho avuto il coraggio. Sono una vigliacca. Volevo coltivare la mia illusione». «In realtà, non volevo ucciderti, Anna. Ma è stata la tua arroganza a condannarti, il tuo camicione... Quando ti ho vista così... sbottonata... prestigiosa... insolente... non sono riuscito a trattenermi, anche se avrei dovuto... Potevo farti uno sconto, ma tu stessa ti sei ammazzata con i tuoi maledetti bottoni allentati e le tue tette da zozza...». «E così finisco nella fossa, a 57 anni, per un paio di bottoni lenti...». «57 anni non sono pochi per chi fa il nostro mestiere, Anna... Molte volte il tuo camicione ti ha protetto. Oggi, no. Oggi ti è stato fatale. Ma su una cosa avevi ragione: mi sto cagando addosso». «Te l'avevo detto. Ma spero non si arrivi a tanto. Ho voglia di salvarmi. E di sbottonarmi ancora». A ogni minimo cedimento della Frentzen, viene subito chiamata l'infermiera in servizio, per farla bucare con qualcosa di forte. Anche se condannata, Anna non ha tanta fretta di crepare. «Quello che mi fa paura... è il lenzuolo bianco in faccia...», sussurra a Zenon. «Anna, sei stabile... al momento la situazione è sotto controllo, sei brava a gestirti...». «Zenon... non voglio morire... ho troppa paura...». «Anna... non voglio illuderti... ma sei stabile... la fine non è imminente...». «Io voglio salvarmi... non guadagnare tempo...». «Anna, non sei messa bene, lo sai. Devi essere pronta a tutto». «Anche a crepare...?». «Il rischio c'è». «Mi hai baciato... all'hotel...». «Le tue zinne mi fanno impazzire...». «Hai baciato me... però...». «Sei una donna prestigiosa, Anna... e stavi per crepare». «Io... io non voglio morire... le mie zinne devono vivere...». Zenon sta cercando di farle capire che alla fine sarà un lenzuolo bianco fra tanti a coprirla, ma calato sopra un cadavere prestigioso.
Anna Frentzen è in fin di vita, chi non regge la tensione comincia a sfollare, come in una partita dal finale scontato.
Zenon, però, rimane fino all'ultimo. Perché ha lasciato il suo marchio nel corpo di Anna.
di Salvatore Conte e Davide Giannicolo (2024)
Tex sta dando una mano a un suo vecchio amico, tanto nostalgico dei tempi andati da mollare la pensione e tornare in sella con una stella di latta sul petto. La prima rogna da grattare, però, non è roba da tutti. Luciana Paluzzi è una grossa puttana, una che fa sul serio e che vale 10.000 dollari di taglia.
Si dice che ad Amarillo, dopo anni da comprimaria, abbia fatto il salto di qualità, con una banda tutta sua. E quando c'è scappato il morto, l'hanno accollato a lei! «Svegliati, donna», l'anziano sceriffo la becca in branda, presso il ranch dove al momento fa la vaccara, in attesa che le acque si calmino. Tex aspetta di fuori e tiene buoni i cowboy: alcuni di loro sembrano avere un debole per la Paluzzi. «Uh... chi diavolo sei? Dannazione...», la donna si è accorta della stella. «Lascia stare la pistola, miss Luciana Paluzzi!». «Veramente io mi chiamo Luciana Wilson e...». «Risparmiati la commedia, donna... Come puoi vedere, sono abbastanza vecchio per non lasciarmi mettere nel sacco con argomenti tanto fiacchi!». «Queste... veramente... non sono tanto fiacche...», la Paluzzi mette in risalto l'artiglieria pesante.
«Tieni a posto la chincaglieria, donna. Non te la caverai tanto facilmente». «Ma non potete fare una cosa simile... non ho un solo amico in quel maledetto paese, e non ho alcuna possibilità di uscire indenne da un processo... anche se, come è vero Iddio, io sono innocente! Non ho ucciso nessuno, sceriffo!». «Okay... okay... ma una come te di sicuro qualche amico ce l'ha laggiù, e anche qui, penso...». «Voi non mi credete, non è vero? Eppure vi giuro che...». «Lascia perdere, Luciana... questo non è affar mio... ed è meglio quindi che ti togli dalla mente l'idea di annoiarmi con questo discorso per tutto il viaggio. Sono stato chiaro? Stessa cosa dicasi per le tue tette, che devono rimanere al loro posto e ben coperte». «Sì... certo... ho capito... Ho capito perfettamente. Ora prendo la mia roba e vi seguo». BANG La pistolera brucia sul tempo l'anziano sceriffo e si dà alla fuga, mentre un suo simpatizzante immobilizza Tex per qualche prezioso attimo! Willer non ci mette molto a ritrovarla: Luciana è una zoccolona che non passa certo inosservata. La faccia da signorona importante, la carne morbida che le gonfia al punto giusto la camicia e le zinne da vecchia bagascia, veri gioielli della casa; ma è anche veloce di mano e di bocca, con la colt, il cazzo e la lingua; è grintosa e stagionata bene; per certi versi sottovalutata, Luciana Paluzzi vale un mucchio di quattrini, e lo stesso ranger le ha messo gli occhi addosso, sin dall'avviso di taglia, ben disegnato, ma non certo pari all'originale. Per la precisione, la ritrova alla posada di Diego Puerta, dove sta spennando qualche pollo. «Luciana... Luciana Paluzzi... mi senti? Sono Tex Willer, Ranger del Texas! Non hai scampo, ormai, e non ti conviene peggiorare la tua situazione... arrenditi!». Tex le urla addosso sulla soglia della camera numero 4, ma lei ha preso il volo un'altra volta! È furba la Paluzzi, non è facile metterle il sale sulla coda. Se ne sta accorgendo anche Tex Willer, che batte la pista che porta in Messico, sperando finalmente di acciuffarla. Con un ranger del suo calibro alle costole, uno sceriffo mezzo ammazzato da poco, e i vari precedenti, sono tanti i conti in sospeso per la grossa puttana. Luciana si tiene in tiro per la grande occasione: non è certo da tutte essere inseguita da Tex Willer in persona. È ora che dimentichi la vecchia moglie indiana, e lei ha tutti i numeri dalla sua per riuscire nell'impresa. D'altra parte gli indizi per il ranger non mancano di certo. È difficile nasconderle e lei non ci prova nemmeno.
Ci vuole comunque una bella cavalcata per riuscire a riacciuffarla, lungo la Pista degli Scheletri. La grossa zoccola ha sfiancato lo stallone come è solita fare coi maschi della sua specie.
Perciò è rimasta a piedi e Tex le piomba addosso;
i due si rotolano a terra alzando una gran nube di polvere, ma ben presto la lotta
cambia genere, il membro del ranger si gonfia nei jeans consunti dalle
mille cavalcate, quando sente sbattere contro il suo petto le zinne pulsanti di
Luciana.
A questo pensa
mentre si allenta il cinturone, liberando un cazzo dritto e pulsante. Poi le eiacula sul volto, conservandosi per altre imprese, visto che avrebbero dovuto affrontare un lungo viaggio. Avrebbe allietato così i suoi bivacchi, prima di vederla crepare, appesa a una corda. La lenta marcia sotto il sole cocente del deserto procede senza inconvenienti, fino a un macabro imprevisto.
Un gruppo di indiani ha fatto secco un mercante di whisky. E non devono essere lontani. «Bella zoccola... sei capace di portare il cavallo sul crinale?». «Certo, stronzone... hai con te la migliore su piazza...». Luciana rischia la sberla, ma il ranger si tiene: comincia a concederle qualcosa. «Su questo non avevo dubbi...», dunque le cede le redini, vuole metterla alla prova. Willer abbandona il fondovalle per salire di quota e tenere d'occhio il paesaggio. La precauzione non si rivela inutile, perché dall'altura viene avvistato un bivacco indiano. Devono essere loro. Tex decide di dargli una bella strigliata.
«Tu non ti mettere in mezzo, stai zitta e rimani a guardare. O ci rimetti la pelle...».
L'aver visto quel cadavere legato a una pianta rinsecchita nel deserto, crivellato di frecce indiane,
smuove qualcosa di infausto nelle viscere
di Luciana, è ovvio che quel Willer porta con sé solo guai e cadaveri, ma al
momento è tra le sue grinfie ed è costretta a fare buon viso a cattivo gioco, a
seguirlo in mezzo agli
indiani che fanno bisboccia svuotando intere casse di whisky, sparando colpi a
vuoto nel cielo terso del deserto straziato dal sole.
Culo
rotto senza cerimonie né dilatazioni delicate, innumerevoli posizioni
stranamente fantasiose per dei coyotes, e infine tanta di quella sborra da
coprire non solo interamente il corpo seminudo ed esausto di Luciana, ma da
rendere umida, simile a una pozza viscida, persino l’arida terra del deserto
dove si è consumato il violento coito di gruppo.
«Le abbiamo prese, puttana…», Tex aspetta che gli indiani si allontanino, prima
di rivolgersi alla donna. «Sono una zozza... certo... ahh... ma rimango una signora importante...». «Nessun dubbio su questo.
Visto quello che hai subito, rimarrai un po’ con me, prima di salire sulla
forca…».
Chi sta con me non vive a lungo; a parte quel
vecchio cammello del mio pard…». Una mezza giornata di riposo, la notte, e i due si rimettono in piedi. Stavolta sono costretti a camminare, perché gli indiani si sono fregati l'unico cavallo rimasto. «Se vuoi rimanere con
me, dobbiamo dimostrare la tua innocenza.
D'altra parte, anche lui non scherzava ai suoi tempi. E pure adesso sarebbe
pronto a saltarti addosso.
Quando sarò stanco, vedrai di fare contento anche lui, altrimenti ci terrà il
muso per tutta la pista. «Adesso andiamo a trovare il giudice Maddox», Amarillo è in vista. «Gli farò togliere la tua bella faccia da questa fogna di posto; se vuole, avrà l'originale per un paio d'ore; altrimenti ci vorrà un esperto per riconoscere la sua, dopo che gli avrò parlato...». «Fai sempre il gradasso, non è vero? Con gli indiani, però, abbiamo preso una bella ripassata...». «Quei bastardi mi hanno preso alla sprovvista, ma con Maddox andrà diversamente. È un figlio di cagna e lo tratterò come tale. A partire da questo pomeriggio, sarai libera di scorrazzare per tutto il West senza che ti sparino addosso. Ma ricordati che stai con me». «È quello che voglio, Tex. Ricordalo anche tu».
Due tirapiedi di Maddox con l’aspetto
di becchini, uguali da sembrare gemelli, li accolgono in
città come sapessero del loro arrivo; forse la loro fama li precede, già si dice
in giro che Willer voglia prendere moglie.
Maddox accoglie entrambi nel suo
studio: «Parliamoci chiaro, Willer: qui nessuno è innocente,
ce ne sono fin troppe di carogne in giro, libere di combinare guai; però ci sono
anche dei poveri
cristi che vengono impiccati ingiustamente; quindi accoglierò la tua
richiesta, ma parliamoci chiaro un'altra volta, figlio di puttana: nessuna mia
gentilezza è gratis, questa zoccola ha delle belle tette e io voglio fotterla
per bene, prima di lasciarla libera per la contea!». Il ranger si chiude la porta alle spalle, indugia per qualche secondo, poi si mette a guardare dal buco della serratura. Maddox le sta strizzando le zinne...
Il ranger non sa resistere, sente scoppiarsi il cazzo nei pantaloni
aderenti, libera il suo arnese e comincia a menarselo come un forsennato, con la
faccia schiacciata sul buco della porta. Forse è solo un gioco, ma a lei non piace tanto, si dimena, cerca di allontanare l'arma, manda un colpo di reni... Bang!
È partito un colpo! «Maledetto impotente!», gli ringhia contro il ranger. «Fai vedere...», la schiena di Luciana è pulita. «È rimasto dentro, ma non è niente, stai tranquilla...». Tex cerca di minimizzare, Luciana è rimasta seduta sulla scrivania, quasi indifferente, ma il sangue le è già salito in bocca. «Ma ti rendi conto...?», sussurra incredula. «Andiamo via, Luciana. Poi ti farò controllare». Nonostante la calibro 22 sparata dalla derringer, che le ha devastato l'utero, le budella e lo stomaco, lei sembra quasi far finta di niente, forse per non deludere Tex, o per non lasciarsi andare al panico. La Paluzzi riesce incredibilmente a camminare sulle sue gambe fino alla stalla del giudice, dove Tex la spinge in groppa. I due si allontanano dalla città, lo scambio è finito male, e Luciana s'è giocata la pelle.
Maddox ha cercato aiuto e, con la mascella frantumata, scrive
bigliettini per di farsi capire; in breve raduna
una posse di figli di puttana e la lancia all’inseguimento di Tex e Luciana.
Si tratta di Laura Bolson, un'esperta cacciatrice di taglie sempre molto allentata, che arrotonda nei saloon facendo la puttana. Le è arrivato all'orecchio che Willer intenda accasarsi, perciò ha un duplice motivo per riempire di piombo la Paluzzi. Tex dev'essere suo! In meno di due ore i fuggitivi vengono raggiunti dagli uomini ingaggiati da Maddox. Luciana comincia a risentire della calibro 22 che le è finita quasi in gola e si stacca da Tex. Il ranger non sa che fare: da una parte vorrebbe tenersela, ma dall'altra ha capito che per Luciana è finita. Da dietro, un certo Charlie comincia a sparare fucilate galoppando come un demonio... e alla fine becca la Paluzzi nei reni! Piove sul bagnato per la vecchia troia.
La donna di Tex si china sul
collo del suo cavallo, e inerte, quasi incosciente, si lascia trasportare alla
cieca. Siamo in territorio indiano! Adesso scoppia un grosso casino, vedrai!».
«Dannato idiota…», protesta la
Paluzzi. Devi incassare cazzi e piombo senza lamentarti!», Willer le soffia sul collo, mentre intorno a loro fischiano le pallottole. Poco dopo, infatti, la vecchia troiona che vuole appendersi in camera il pisello di Tex spara in una chiappa del suo cavallo.
Ne consegue un capitombolo
colossale, i due destrieri si incrociano e cadono rovinosamente in una maestosa
nube di polvere. I membri della Posse, armati fino ai denti, cominciano a cavalcare in tondo, come fanno in genere gli indiani, quando assediano un tipico bivacco di pionieri, con i conestoga disposti a cerchio. «Fermi! Non mi uccidete! Ohh... sono Luciana Paluzzi!», il puttanone, nascosto sotto la carcassa dell'animale, solleva il braccio, predisponendosi alla resa. «Zitta, stronza! O ci salviamo in due, o nessuno... Adesso li faccio fuori, stai bassa...». «Un'altra... delle tue idee...». Il diverbio, tipico di una coppia ormai sposata, viene tacitato dal rimbombo di numerosi spari. In breve tempo un secondo girotondo, più ampio del primo, si forma intorno ai due. Stavolta sono veri indiani. La battaglia fra i tre gruppi è furibonda. Dal centro della scena, Tex infierisce sugli uomini della Posse, bersagliati anche dai numerosi indiani a cavallo. Luciana chiede la mano di Tex sulle zinne, quando non è impegnato a sparare. Vuole sentirsi importante, e non solo centrale. Un indiano a cavallo si lancia addosso alla vecchia zoccola della Posse e rotola con lei a terra; quindi l'accoltella in pancia con furia selvaggia, come se la stesse scopando.
Ormai la Posse del giudice Maddox è stata annientata. I pochi superstiti si sono trincerati dietro un gruppo di rocce. Due di loro raggiungono il corpo della Bolson e provano a vedere se respiri ancora, nonostante le tante coltellate nella budella; coperti dal fuoco amico, la trascinano al riparo delle rocce e cercano di rianimarla; per loro, evidentemente, la Bolson è un punto di riferimento importante. Come la Paluzzi per Tex. Luciana respira a fatica e chiede aiuto al suo uomo. Lui non resiste e glielo infila nella bocca che espettora sangue. Quando viene, capisce che Luciana è quasi morta. È staccato da lei da un calcio nel costato che gli frantuma due costole. Rotola nella sabbia con il pene al vento. È la visione cruda e degradante di un mito di cartapesta. L'intera tribù lo attornia e cominciano a prenderlo a calci. Tex striscia umiliato, mentre gli indiani ridono sguaiatamente, sollevando di peso il corpo di Luciana. Glielo mettono vicino, a portata di lingua. «Tutti dare lei come quinto cane di tuo branco... La cagna che tu usare per tuoi lavori sporchi... Tu pensato bene, cane bianco: due zinne molto buone e faccia da grande zoccola. Ma tua donna preso no pisello in fregna, preso piombo in fregna. Tu sposare lei, mentre lei muore. Stregone sposare voi subito».
«Vediamo se lei usare... Poi sposare. Tu adesso... leccare! Lecca tua cagna, cane bianco! E sarete marito e moglie, per Manitù! Ma se cagna morire... morire anche cane! Uniti in vita... e in morte...!». «Luciana... per prima cosa... non fare pazzie. E per seconda... non farti ammazzare! Sei mia moglie, ormai...», il ranger diventa improvviso romantico. «Ascoltami... le calibro 22 sono mortali solo se raggiungono il cuore o il cervello, mentre un buco nei reni si può rattoppare... non fare cazzate, Luciana...» La moglie, però, non sembra tanto godersi il giorno più bello. I suoi occhi, anziché sul marito, sono puntati sul cielo lattiginoso di questo fottuto deserto...
«Luciana... avrai la stella dei Rangers... sarai il quinto pard... Ma non fare come quella stronza della mia ex!».
«Stai tranquillo... ohh... a me... il vaiolo... mi fa una sega... Giù la testa... ranger...». Bang! Bang! E con i due colpi della derringer fa girare gli speroni di Tex; il paio completo. A Mingo casca il labbro per terra. «Anche il piombo, Cristo!», mentre gli speroni ancora gli girano. di Salvatore Conte (2024)
Il tenente Lou McHugh, detto McQ [Ø], è un detective della polizia
di Seattle piuttosto sbrigativo e manesco: per questo il suo capo Ed Kosterman
cerca di limitarne l'attività, considerato che i mezzi cui ricorre gli procurano
spesso grane con i superiori. McQ indaga, scavando nella vita del morto. Ha quindi modo di interrogare la vedova, una bella signorona di origini libanesi, con un simpatico volto da pacioccona. Il vecchio Lou la consola fin troppo volentieri. McQ non ama far invecchiare le pallottole nel tamburo. Se non gli capita di spararle addosso a qualcuno, va al poligono e si sfoga.
Le interviste alla signora Layla Boyle non portano a nulla di utile per le indagini, allora McQ si mette a pedinare il boss locale della droga, un'ex pornostar che si è rifatta una vita nel campo dei narcotici: la bionda Kelly Madison...
Ha le mani in pasta ovunque ed è l'unica a disporre di un gruppo di fuoco organizzato. Lou medita di torchiarla il prima possibile, anche in locale pubblico se necessario, magari quando va alla toilette, con l'aggravante del fuoricampo; vuole riempirla di ceffoni, e smettere solo quando comincerà a parlare; non si farà certo impressionare dalla sua bella faccia da biondona...
[Ø] Dopo avere sbattuto la porta, McQ continua a indagare per suo conto, appoggiandosi all'Agenzia di un amico: ha voglia di dare notizie alla vedova libanese. Per prima cosa, avendo restituito la pistola d'ordinanza, si procura un arsenale da guerra per avere sempre il ferro giusto per ogni intervento.
[Ø] Poi comincia a smuovere gli informatori, pagandoli di tasca propria. Tra questi c'è una sua vecchia fiamma, una certa Myra, una cameriera non più giovanissima, ma ancora piuttosto in forma e piacente; informatrice, ma anche poligono di tiro alla bisogna. Stavolta, però, Myra lo accoglie a pesci in faccia; le voci girano e la deriva libanese ha il suo prezzo, non ci sono più donne come Penelope che aspettano tranquille, preparando maglioni; Lou tenta di ingraziarsela offrendole della droga, provento del pestaggio di un piccolo spacciatore, ma senza successo. Solo quando McQ elogia la sua avvenenza, Myra si ammorbidisce, imponendogli di passare la notte con lei; in cambio, il mattino seguente, promette di rivelargli quanto sa.
Lou si sacrifica per la causa e al mattino riceve una preziosa informazione, intorno alla quale si mette subito a lavorare. La Madison ha fatto il nido nella stessa banca dove lavorava lo sfortunato impiegato, morto ammazzato per strada.
[Ø] In piena notte Lou viene a sapere che Myra è ricoverata in fin di vita all'ospedale. Raggiunta quasi a bruciapelo da tre colpi mortali, non si salverà, la sentenza dei medici è chiara.
È riuscita a chiamare aiuto, ma non le servirà a
molto. È stata sorpresa a casa sua, lei stessa ha aperto la porta all'assassino. Schivata per un pelo la minaccia, Lou ci ripensa ed evita di passare per l'ospedale: sa che Myra - per la paura di morire - è ancora viva, ma non vuole né illuderla, né lusingarla, non gli va che gli crepi in faccia, ci proverebbe gusto.
McQ sa che la fatale notizia può raggiungerlo da un momento all'altro, ma
ha mandato soldi al medico di turno per farle dare ossigeno e plasma a volontà,
e intanto cerca di pensare ad altro, dandosi da fare alla sua maniera: Lou va dritto al punto come una pallottola,
ovvero si spara dalla biondona.
Gli uomini come te sono finiti.
Tutto in regola, tutto perfettamente legale. «A chi vuoi darla a bere, McQ?
Una lurida bagascia drogata... ecco chi era la povera Myra... «La vecchia lenza tieni appesi tutti i pesciolini, ma quello grosso le è scappato per sempre... Non è lì a compatirla, mentre crepa...». «I finali scontati mi annoiano. Mi eccita invece questa strana storia degli scritturali...».
«Non c'è molto da aggiungere, vecchio bufalo.
Ma ti regalo una soffiata, McQ: la tua pollastra, la libanese, non è quello stinco di santa che credi. È una molto ingorda, ma più furba di Myra. Pensaci...». «Una pistola conta sempre, bionda. Il piombo scritturale non l'hanno ancora inventato... Ti conviene rigare dritto, fino a quando non mi sarà tutto chiaro». «Beh, allora comincia dalla cicciotella del Libano... se la spremi per bene, come sai fare tu... vedrai quante cose ti racconterà...». «Prima vado a dare un'occhiata a Myra, se non ti dispiace». «Ti conviene cercarla all'obitorio, se vuoi guadagnare tempo...». «Sgualdrina... se scopro che sei stata tu...».
«E perché dovrei sporcarmi le mani con quella bagascia? La libanese gli piace da morire, McQ vuole sapere tutto.
Decide così di portarla a fare un giro.
McQ si ritrova inseguito da due auto sul bagnasciuga di Seattle: una zona
normalmente tranquilla in questa stagione, ma di certo non oggi. Prendere... o lasciare, Lou...». La libanese gli mette una mano sopra quella che le strizza la tetta, pronta a portargliela via. È avvertito: deve scegliere.
«Prendo... tutto quanto...», e rinsalda la presa. Un giapponese, però, prima di crepare, le fa un altro buco in pancia.
Layla sussulta su sé stessa più volte,
e dopo aver sputato un grosso grumo di sangue, si lascia andare sul bagnasciuga, dove la risacca la raggiunge, e
così rimane, a fissare il cielo, piena di buchi.
«L...o...u…», mentre McQ guarda lontano, dall’altra parte dell’oceano, sente fare il
suo nome alla grossa troia spiaggiata. Bagna e asciuga, Muore e ammazza. «Uhh... uhhh...!», un lamento poco lontano. Il mare bagna, il mare asciuga. Layla muore, Layla ammazza.
di Salvatore Conte (2024) Congo
«Jack, c’è la donna delle pulizie».
«Falla entrare». Non
è cento volte meglio il nostro Capitano? Almeno così sembra. Perché questa prende
una piega diversa, da un certo momento in poi. Almeno così sembra.
È vero, fuggire nel mezzo di un assalto armato con un
aspirapolvere sottobraccio, non è affatto credibile; talvolta esistono casi di
attaccamento al lavoro davvero sorprendenti, ma questo supera ogni limite.
Almeno così sembra. Si ferma a respirare. «La ciccia pesa...», una voce femminile alle sue spalle. La riconosce subito.
È quella di Kelly Madison, una carriera da pornostar alle spalle, poi la scoperta del gusto per l'avventura e il rischio; l'addestramento, gli incarichi e la relazione con James Bond, che le ha fruttato i gradi di Capitano della milizia mercenaria. «Corro più io... con un buco nelle budella... che tu... vecchia mia...». «Sono contenta che ti sei salvata, puoi abbassare la pistola, credo». «Per qualche strizzata di zinne... non vuol dire che siamo amiche... Anna... Però hai ragione... tu non sai sparare...». Il Capitano ripone l'arma. «Fai vedere la ferita...». «Prima fammi vedere tu... perché ci tieni tanto a quel bidone...». «E va bene... Non mi porto certo dietro la polvere. Ce n'è per tutte e due, Kelly». «Cristo Santo... Come cazzo... Hai preso tutto...?». «Tutto, o quasi, non so». «A occhio penso sia tutto... C'erano 6 milioni... Come hai fatto...?». Si avvicina e la preme contro un tronco. E comincia a palpeggiarla... «Sei sempre uno schianto...». È un contatto mortalmente pericoloso per Anna. Kelly potrebbe avere la tentazione di liquidarla. Però il fatto che sia ferita, dovrebbe indurla alla prudenza. Sulla sua disonestà, pochi dubbi. Giunta a quel punto, non ha alcun interesse a restituire il malloppo alla compagnia. L'occasione è troppo allettante. Anche se i ribelli grideranno al lupo, nessuno gli crederà. I soldi ce li hanno loro. Ci metteranno un po' di tempo, ma la cassaforte si aprirà, e i soldi - per il resto del mondo - saranno in mano loro. «Come hai fatto...?», le chiede mentre si strusciano l'una sull'altra, petto contro petto. «Uno dei tuoi ha aperto la cassaforte per mettere soldi nel poker... e pochi secondi dopo c'è rimasto secco...». «La sua idiozia è stata la nostra fortuna... Anna... Questa dannata ferita butta ancora sangue...». «Per forza, ti sei messa a correre... Fai vedere, dai...». Anna la fa sedere contro il tronco, le tampona il buco con un fazzoletto e ci preme la mano sopra. «Dobbiamo fermare il sangue». Kelly annuisce. «Il problema è che tu sei conosciuta, a differenza mia. Quando si accorgeranno che manca il tuo cadavere, ci daranno la caccia...». «Hai ragione... Sei molto più intelligente di una normale donna delle pulizie... Anche troppo...», Kelly le fa capire che potrebbe avere interesse nel vederla morta. «Ormai procediamo insieme, Kelly. Costi quel che costi. Sono stufa di fare la sguattera. Dobbiamo fidarci. Tu sei del mestiere, ma io sono l'insospettabile che fa comodo anche a te», è la risposta di Anna ai suoi dubbi. «Fin qui fila...». «Prima del tuo arrivo, stavo pensando a un piccolo villaggio, dove una volta conobbi un vecchio saggio, prodigo di sguardi nei confronti della mia scollatura... Ma non ricordo la direzione; e non so cosa pensi di fare tu». «Sì... c'è un villaggio qui vicino... forse è quello che intendi tu...». «Pensi di riuscire a proseguire?». «Certo... non ho alternative... Io darei troppo nell'occhio... Trova il vecchio e andiamo via in barca... Quel villaggio che dici tu... era su un fiume...?». «Sì, ma piccolo». «È uno dei tanti affluenti del Congo... per noi andrà benissimo... la vegetazione lo copre quasi per intero...». Ed è così che due grosse cesse si ritrovano a cavalcare un fiume su una piroga indigena, in compagnia di un vecchio saggio e di un bidone aspiratutto giallo dal valore di 6 milioni di dollari. Kelly abbandona il basco da mercenaria e getta in acqua i gradi di Capitano. È morta durante la fuga, il suo corpo dilaniato dalle belve e dai pesci. Appena possibile informerà James e sistemerà tutto.
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