Kadath

KADATH

di Salvatore Conte (2024)

Carnevale 1919

1
È Giovedì Grasso, 6 marzo 1919, ma nessuno ha voglia di ridere e scherzare.
Le condizioni di tua moglie sono diventate un vero e proprio incubo, sia per te che per la città di Kingsport.
Il pellegrinaggio presso la Villa si è fatto incessante, da quando Layla non riesce più ad alzarsi dal letto e alterna momenti di lucidità a stati di semi-incoscienza.

Tutti temono che stia per entrare in coma; o perfino che possa accadere qualcosa di peggio…
Purtroppo quel che rimaneva del dottor Akeley è stato arrestato, in seguito ai disordini di Natale, e il nuovo medico non sembra in grado di affrontare la situazione; ti sei dovuto rivolgere alla potente sorella del grande scienziato, Anna Akeley, esperta infermiera e Direttrice dell'ospedale; ora la mantieni fissa alla Villa.

I tuoi esperimenti sulla Pietra Nera non hanno portato a risultati concreti. Il tumore di tua moglie ha continuato a progredire e l’ha quasi uccisa.
Layla è pallida, sudaticcia, fissa il soffitto della camera per ore, senza dire niente; lo sguardo assente, il volto cupo.

Il velo nuziale non le ha portato fortuna.

Si tiene una mano sulla pancia, quasi a controllare il cancro, e l’altra se la fa prendere da chi sta intorno a lei.

Non è ancora rassegnata, si vede; vuole vivere, altro che menagrami e fautori della Camera Letale

Layla si spreme a fondo, vuole resistere e arrivare almeno alla Pasqua.

Sulla sorte dell'importante donna incombe l'austera sagoma dell'Ospedale Puritano di Kingsport (con annesso cimitero), ultima spiaggia per tenerla in vita al momento degli aggravamenti finali.

Il reparto ambulanze è stato allertato, sono pronti a partire al primo segnale di cedimento: Layla Boyle è molto nota in città, sarebbe un ricovero prestigioso per l'Ospedale. Per lei sono pronti ossigeno e plasma.

Diversi cittadini, riuniti in Comitato, preoccupati per la sua sorte, hanno chiesto che venga ricoverata senza indugio e posta sotto stretta osservazione.

L'interesse che l'intera Kingsport dimostra per tua moglie ti conforta, ma non sai se tutto questo servirà a qualcosa.
Te la ricordi bene quando, sicura di sé, pensava di avere ancora parecchio tempo, tanto da volerti sposare e fare progetti; allora ragionava in termini di anni, non di poche settimane.
In città non si parla d’altro, c’è panico tra i suoi ammiratori.

«Io l'ho vista proprio male... non mi stupirei se da un momento all'altro ci raggiungesse la notizia della sua morte...».

«Ma che dici?!  Viene assistita 24 ore al giorno... la situazione è sotto controllo, ha detto la Direttrice; se ha problemi seri, la siringo: ha detto proprio così».

«Sì, ma solo per tenerci buoni; il marito m'è parso rassegnato».
Si vorrebbe fare qualcosa, ma nessuno sa cosa.
Tu dormi poco e fai brutti sogni.

Temi che la situazione possa precipitare da un giorno all’altro e di risvegliarti con Layla morta stecchita al tuo fianco.

Speri almeno che il decesso non sia improvviso, hai ancora bisogno di abituarti all’idea. La preferisci in coma, piuttosto che morta.
Gli occhi ti si chiudono a fatica, la tua mano sempre in quella di lei.
Le angosce del giorno sfumano nell’abbraccio del sonno e ti ritrovi bambino a muovere piccoli passi sull’acciottolato della piazza di Kingsport, il porto dove sei nato, con la mano stretta in quella di tua madre.
Un improvviso senso di conforto ti rasserena e alzi lo sguardo per incontrare il suo, ma un pesante cappuccio lo nasconde alla vista. Provi a richiamarne l’attenzione e in risposta la presa si fa più energica, mentre ti strattona lungo la via.
Realizzi solo adesso di trovarti immerso in una processione di inquietanti figure, identiche a tua madre, che si affolla per le strade buie con le fiaccole in pugno, sotto un cielo di stelle pallide e senza luna.
Vieni trascinato per ore, senza poter opporre resistenza, soffocato dalle ombre che si accalcano, quando d’improvviso ti senti sollevare da terra da una moltitudine di mani viscide.
Gridi aiuto e ti dimeni invano, mentre vieni trasportato oltre la moltitudine incappucciata, che inizia a intonare una roca litania.
Anche se non comprendi quei versi gutturali, essi riecheggiano familiari nelle camere oscure della memoria.
Il canto s’intensifica nell’istante in cui vieni deposto sul suolo della piazza spruzzato di sangue, mentre il trillo di un flauto accompagna l’orribile scena a cui sei costretto ad assistere: hai di fronte una pila di cadaveri offerta in banchetto a una torma di creature umanoidi dai tratti di rospo, che si contendono i pezzi più grassi, ringhiandosi contro l’un l’altra.
Tuttavia, l’orrore suscitato da quelle zanne affilate che affondano nelle carni è solo l’amaro antipasto di un incubo ben peggiore; oltre il mucchio dei corpi, infatti, intravedi l’imponente sagoma di una bestia crestata, dalla pelle squamata.

Noti la massa guizzare, mentre la testa gigantesca smuove la catasta, affondando la mascella con ingordigia. La senti battere eccitata la coda sul selciato, mentre mastica frantumando le ossa con schiocchi secchi, fino a quando il suo sguardo vacuo non incrocia il tuo.
E vi riconoscete…
È tuo padre…
È Dagon…
Vai all’11.

11
Non sei certo se il sogno sia finito o se stia proseguendo.
Ti ritrovi in un’ampia pianura desolata e ricoperta da una folta erbaccia secca, che il vento accarezza con un fruscio sibilante. Scorgi un piccolo Tempio a poca distanza che nasconde sotto la sua ombra alcune rocce ricoperte da scritte consumate.

Più avanti, al perdersi dello sguardo, oltre un bosco di alberi morti, svettano alcuni massicci Monoliti dalle sagome scure, schierati a intervalli regolari.

Tuttavia, la cosa veramente straordinaria è che hai Layla accanto a te!

È accompagnata dall'infermiera, ma non sembra averne un particolare bisogno.
Si mostra come nella foto che lei stessa ti ha fatto vedere più volte, ma che non ti ha mai consegnato: bella e potente, con il seno grasso che si profila tra i lembi di un’elegante camicia bianca, sbottonata con cura...

È proprio una mignotta!
«Dove cazzo siamo?», anche lei non sembra capirci molto.
Se intendi indagare le strane rocce, vai al 14.
Se vuoi avvicinarti al Tempio, vai al 19.
Se preferisci puntare ai Monoliti, vai al 5.

19

«Andiamo a dare un'occhiata... ma rimanete vicine».

Ti avventuri nel Tempio dalle pareti viscide e ne discendi le scale fino a giungere a una saletta illuminata da una torcia.

L’ambiente è tappezzato di arazzi consunti, coperti di simboli e scene grottesche che ritraggono cetacei, calamari giganti e altri colossi marini braccati da creature umanoidi, dalle estremità palmate e i tratti di rospo.

Alcuni drappi, più recenti, ritraggono un abominio dalle proporzioni gigantesche nell’atto di prostrarsi insieme a un gruppetto di uomini verso una figura incappucciata, vestita di giallo e seduta su un trono.
Rimani per qualche istante a studiare l’immagine, quando il tessuto di cui è composta inizia a vibrare, formando dei piccoli tentacoli di filo nero che si protendono verso il tuo viso.
Indietreggi e ti rendi conto di non essere solo nella stanza: un vecchio dal corpo ricoperto di tatuaggi, simili ai segni raffigurati sulle pareti, ti si avventa contro brandendo un Coltello Sacrificale.
Le donne urlano.

Per fortuna il vecchio ha i riflessi lenti e riesci agevolmente a eluderlo.

Poi gli salti addosso e lo disarmi.

«Dannato idiota...», gli molli un calcio nel costato e quello da terra non si muove più.

Non ti resta che dirigerti verso la misteriosa catena di monoliti che segna il confine della pianura.

«Restiamo uniti», dici alle tue compagne.

Vai al 21.

 

21

La lunga marcia vi conduce al cospetto di un cerchio di mastodontici Monoliti di pietra lucida, innestati su un immenso piano di marmo dalle venature dorate.
Gli ultimi bagliori del tramonto si arrendono alla notte, mentre risalite timorosi i cento gradini scavati nella viva roccia di quella possente struttura, posata sul terreno da una forza inconcepibile.
Non appena giungete in cima, la luna piena vi abbaglia, illuminando il circolo dei misteriosi artefatti, che emettono una lieve vibrazione al vostro arrivo.

Al centro di quell’incredibile architettura, un portale arabescato sorretto da un candido colonnato si schiude verso un luogo dove nessun uomo è mai stato prima…
L’ingresso nei Reami delle Terre del Sogno è un privilegio che non viene concesso alle anime impure del mondo della veglia, ma gli equilibri tra i due
piani d’esistenza sono stati spezzati dai Grandi Antichi e l’Ultimo Risveglio incombe. Noi, gli Dei Esterni, servi di Azathoth e guardiani dell’Eterno Riposo, concediamo alla vostra mente di varcare questa soglia, solo per questa volta, affinché possiate impiegare gli oscuri doni della vostra corruzione in favore dell’Universo.
Vai al 22.

 

22

Il portale si richiude alle vostre spalle e un manto d’edera lo ricopre, rendendolo invisibile al punto da farti dubitare della sua stessa esistenza, al di là della coltre di foglie.

Un ultimo sussurro scaturisce dalle ombre: «Recati al Tempio di Ulthar, il patriarca Atal ti attende».

Di fronte a voi si aprono i meandri di una foresta tortuosa, dove enormi querce allungano i rami sinuosi che risplendono di muffe fosforescenti, rivelando la presenza di un sentiero diretto a una città protetta da mura massicce.

«Che facciamo?», chiedi alle tue compagne.

«Accampiamoci e stiamo a vedere che succede...

Da questa faccenda dobbiamo uscire con un bel mucchio di quattrini», suggerisce Anna Akeley.

«Sono d'accordo, ma dirigo io l'orchestra».

Soltanto adesso ti rendi conto che Layla è cambiata, dopo l'ingresso nelle Terre del Sogno: è ancora più disinvolta del solito, su di lei non c'è traccia della malattia, la camicia è sbottonata fino allo stomaco e una lunga collana dorata le pende fin sotto le zinne.

È proprio una mignottona.
Se intendi dirigerti subito verso Ulthar, vai al 30.
Se preferisci invece vagare un po’ nella Foresta Incantata, vai al 40.

 

28

Avanzi con cautela con le mani alzate, cercando di attirarne l’attenzione senza spaventarle, ma le creature si librano in volo brandendo i rami appuntiti. Attaccano con furia assassina, ma riescono a malapena a graffiarti la camicia, fino a quando il più piccolo di loro ti morde un orecchio e riesce a ferirti, sicché anche i suoi compagni iniziano a puntare al volto.
Se vuoi rispondere all’attacco, vai al 60.
Se intendi tentare ancora una volta la via della diplomazia, vai al 51.
Se preferisci dartela a gambe con il gattino, corri verso Ulthar. Vai al 30.

 

30

«Perché non sei scappato subito?», ti rimprovera Layla. «Allontaniamoci un po' e allestiamo un campo per la notte».

Durante il riposo, noti che le due donne si allacciano strettamente.

Sono di pari stazza, imponenti e morbide.

Le lasci fare, se c'è affiatamento è meglio, e poi sono già tanti i problemi da affrontare e i misteri da risolvere. Per compagnia hai il gatto.

       

Decidi di chiamarlo Bilbo.

Vi alzate presto e quando giungete al margine della foresta, è ancora mattina. V’incamminate lungo una fertile pianura incorniciata da un fiume limpido che sfocia sul Porto di Ulthar, mentre il fumo dei camini delle fattorie forma nuvole grigie sopra i campi costellati di tetti di paglia.
Vi fermate presso il pozzo di una fattoria per bere un sorso d’acqua e alcuni cani vi abbaiano contro, ma subito si acquietano quando Layla alza il braccio verso di loro.

Noti che gli abitanti del luogo vi osservano dalle finestre con occhi sospettosi, finché non riprendete la strada che conduce al grande ponte di pietra, all’ingresso della città.

Prima di attraversarlo, non puoi fare a meno di scorgere i resti di uno scheletro murato in una colonna, all’inizio del passaggio, che vi accolgono con un macabro monito.

Superato il fiume, passate sotto un ampio arco che fende il granito delle massicce pareti poste a difesa del grazioso borgo dai tetti aguzzi, e arrivate a una piazza affollata dove sono accalcate un’infinità di bancarelle cariche di frutta e selvaggina di forme e colori bizzarri.
Non hai visto guardie finora, ma ti accorgi che tutte le persone attorno a voi hanno una spada o un coltello assicurati alla cintola.
Se hai con te il Gatto, vai al 48.
Altrimenti…
Se intendi dirigerti subito al Tempio di Ulthar, vai al 34.
Se prima vuoi fermarti a una Locanda, vai al 46.
Se, invece, vuoi dirigerti al Porto, vai al 42.

 

40

La foresta ti appare un paradiso in confronto agli orrori che ti sei lasciato alle
spalle. Non noti anima viva, ma percepisci qualcosa nella vegetazione e ti sembra di distinguere alcune piccole ombre guizzare tra le lamelle dei giganteschi funghi luminescenti.

All’improvviso, poco distante da te, avverti un miagolio soffocato e noti un gattino fulvo che viene trattenuto da alcune minuscole sagome brune.
Se intendi prestare soccorso al micetto, vai al 55.
Se preferisci restare ancora un po’ ad osservare, vai al 37.
Se ritieni di aver perso troppo tempo e vuoi dirigerti verso Ulthar, vai al 30.

 

48

 

 

55

Urli minaccioso per scacciare le creaturine, che si dileguano in un battito d’ali, e raccogli il felino tremante. Hai giusto il tempo di sincerarti della sua buona salute che uno sciame di piccoli esseri, simili a insetti umanoidi, si riversa su di te da tane nascoste e alberi cavi, finché l’intera area brulica della loro presenza.

Iniziano a morderti e a punzecchiarti con dei rami appuntiti.
Se vuoi rispondere all’attacco, vai al 60.
Se vuoi provare a parlare con le creature, vai al 28.
Se preferisci dartela a gambe con il gattino, corri verso Ulthar. Vai al 30.