La Banda delle Cesse Sbudellatrici LA BANDA DELLE CESSE SBUDELLATRICI di Salvatore Conte (2024)
1 Tuo padre sorride... non è più molto presente, ma è ancora in buona salute e devi fartelo bastare. Terminata la visita, fai ritorno a casa sulla tua Giulia 2000, la bestia senza limiti, l'unica donna che non ti abbia ancora mollato.
L'appartamento è freddo e silente come al solito.
Trovi un notiziario locale che apre con un aggiornamento sulle indagini in corso
in merito al duplice omicidio di sabato scorso, quando una coppia
che si era appartata nelle campagne poco fuori Gaggiano è stata barbaramente
assassinata.
Sorridi.
«Det Som Engang Var...»,
ripeti. «Ti ricordi cosa aveva detto il professore di
Susanna?», domandi alla Frezzante. «Nordico o slavo... », puntualizzi. «Forse era proprio questo.
Grazie, Polacca, il tuo aiuto è stato prezioso».
La mattina dopo vi mettete in macchina e cominciate a rintracciare i possessori di Alfa Romeo Duetto spider, di colore rosso.
Raggiungete il primo della lista. È un uomo
piuttosto anziano che vive in una villa poco fuori città. Scarti subito
l'ipotesi che sia lui il vostro uomo, visto che la macchina è rimasta in garage
da diverso tempo e la ricopre uno strato di polvere accumulata da mesi.
Mentre ascolti, l'occhio ti cade alle spalle della Guru:
«Vedo la sua laurea in filosofia lì alla parete...». Beh, l’abbiamo disturbata abbastanza», dici, alzandoti in piedi, «la ringraziamo per la sua collaborazione.
Nel caso avessimo ancora bisogno di lei…».
Conosceva Susanna, ne sono sicuro».
Sai che si comportano spesso così: litigano di brutto e poi fanno l'amore. Mangi un piatto di pasta davanti alla televisione, guardandoti una puntata del "Prigioniero", con Patrick McGoohan. Purtroppo non ci capisci un granché, perché vedi ogni tanto uno spezzone di puntata, tra l'acqua che bolle e una telefonata che squilla, e ogni volta perdi il filo della trama che, tra l'altro, è piuttosto intricata. Peccato, perché sarebbe molto istruttivo, se tu lo vedessi con regolarità. A questo punto ti viene voglia di una birra. Scendi al bar tabacchi sotto casa e ti metti seduto a un tavolino. Dopo un po' Layla viene a prendere l'ordine. «Due birre...», le sussurri. È scaltra, non ci mette molto a capire che la seconda è per lei. Quando ritorna si mette seduta senza attendere l'invito. C'è poco movimento. «Come vanno le cose? Qualcuno ti dà ancora fastidio?». «No, nessuno... a parte te...». Però sorride. «Mi sono fatta troppo vecchia?». «No, per niente». Forse vorrebbe chiederti che cosa stai aspettando a proporle un invito più impegnativo. Già... cosa stai aspettando? Layla ha lo stesso charme della Frezzante, e non è chiusa a testuggine come lei. Ti ritrovi a fissare il boccale, mentre lei prosegue. «Ho paura, Francesco. Non sono riusciti a fermarlo. Un bandito si può fermare. E tu lo hai fatto. Ma quello? Potrei rimanere uccisa molto presto, lo sai?». Te lo aveva già detto. Per lei sei una sorta di ultimo rifugio. È piacente, ma non lega facilmente. Si fida di te. Specie dopo il tuo intervento. «Hai qualcos'altro per la testa? Non perdere il tuo tempo con una donna che non sa capirti...». Questa non te l'aspettavi. Sembra molto ben informata, anche se non fa la poliziotta. In effetti l'idea di metterti insieme a Layla ti attira molto. Ti chiedi che farai quando si aggraverà. Vederla morire non sarà piacevole. «C'è una clinica fuori Milano. Hanno un macchinario nuovo. Voglio portarti lì. È costosa, ma una volta li ho salvati da una truffa ai loro danni. Sono in debito con me». Le hai risposto in maniera non simmetrica. «Tu faresti questo per me?!», è imbarazzata, e non sembra recitare. Non è una vera domanda, ma tu comunque non hai la risposta. Si avvicina e ti porta una mano sul seno. È una donna concreta e l'hai fatta sentire importante. Vai al 126.
«In effetti è un simbolo nuovo», dici.
«Ti viene in mente qualcosa?».
Ma se
ipotizzassimo un delitto rituale, visto come è stato ridotto
il cadavere della vittima, l'indagine prenderebbe una piega decisamente
singolare».
Spari il primo colpo, ferendo al braccio il criminale che ha
appena colpito la tabaccaia e che stava portando la mano dentro la giacca,
mentre l'altro ti si avventa contro urlando: «Maledetto
sbirro!».
Sulla scrivania della ragazza c'è anche una macchina da scrivere, cosa inusuale per una ragazza con tutti quei quaderni, penne e matite.
Forse stava scrivendo una lettera o testo che richiedeva una
presentazione precisa e formale.
«Cristo...», sospiri, mentre
riponi il nastro.
«Scoperto qualcosa?»,
domandi alla collega, mentre con gli agenti sta
sentendo i vicini.
Chiedete di parlare con il direttore, ed essendo questo un
istituto gestito dai Salesiani, si tratta in effetti di un sacerdote, che vi riceve nel suo
ufficio.
«Sono maggiorenni, ormai...».
Il direttore ti ignora completamente.
Molti ragazzi si comportano da ribelli solo per andare contro
i genitori o contro "il sistema"».
«La
signora e il signore sono della polizia. È successa una cosa terribile e
reputano che voi possiate essere d'aiuto alle indagini...»,
le due ragazze impallidiscono, per poi scoppiare in
lacrime tra le braccia dei genitori, quando apprendono che la loro amica Susanna
è mancata.
Purtroppo non avevano mai visto quella macchina e lei
aveva taciuto su quell'appuntamento.
«È stata violentata?». Grazie». Ti congedi dalla patologa, perché vuoi far parlare Anna. «Hai mai visto una cosa del genere?».
«Sinceramente... no».
«Forse abbiamo a che fare con un delitto rituale...»,
argomenti, tra lo scetticismo della Frezzante. Altrimenti vai al 151.
«D'accordo, vai ad
interrogare il netturbino e poi fammi sapere».
L'ispettrice Frezzante si allontana, mentre tu continui a seguire
il lavoro della scientifica. Una volta una scena come questa ti avrebbe dato il
voltastomaco e ti avrebbe riempito il cuore di tristezza, ora invece non provi
che apatia.
«Vuoi lasciarmi stare?! Ho messo la sicura allo sportello, stai tranquillo...». Sempre lucida, la Frezzante ha intuito che la stai tirando per il braccio che evitare che finisca fuori dall'abitacolo, nel caso lo sportello si aprisse. Si sta infatti sporgendo per fermare l'obiettivo. Ha sbagliato i primi due colpi a causa tua, ma le hai mandato un messaggio; l'ennesimo. Al terzo colpo riesce a centrare la gomma posteriore.
La Fiat 850 sbanda di colpo,
il bandito non riesce più a controllarla e va a schiantarsi contro delle
automobili parcheggiate lungo la strada. «Chiama un'ambulanza e una pattuglia di rinforzo, quegli altri che fine hanno fatto? Avevano una Giulia come la mia...», glielo fai notare. «Francesco... che ti succede?», ti domanda a bassa voce. «Perché? Che altro ti aspettavi?».
«Beh, forse una volta l'avresti torchiato
per farti dire i nomi dei complici e saresti finito dritto in banca a finire il
lavoro». E poi abbiamo una birra in sospeso», hai fretta di ricordarglielo. «E va bene. Te l'ho fatta soffrire troppo, questa birra». Almeno lo ha riconosciuto. Vai al 152.
Raggiungi l'ufficio di Cassinelli e gli domandi se ha potuto
trarre delle conclusioni dalle sue indagini.
La cosa non ti tranquillizza e gli manifesti i tuoi dubbi. L'hanno appesa a testa in giù, Francesco, per un piede, mentre l'altra gamba era piegata in modo che toccasse il ginocchio della gamba appesa. I polsi erano legati tra di loro, ma davanti al busto, e con le braccia in posizione conserta. Infine abbiamo il telo di nylon e il letame.
Credimi, questo non è omicidio come tanti altri».
Beh, secondo me, un omicidio del genere
terrorizza, Francesco».
D'un tratto ti viene in mente una persona che potrebbe
aiutarti nelle indagini.
Lei ti segue a ruota: «Dove andiamo,
commissario?».
Milena Velba è stata per diversi anni una piccola (si fa per dire) gangster di città, poi arrestata per rapina a mano armata, estorsione e altri fattarelli. Tuttavia, le accuse a suo carico - a differenza delle sue grosse zinne - si sono presto sgonfiate, e dopo una breve detenzione, la Polacca è uscita di galera ed è tornata a gestire il suo ristorante, in cui ha riciclato i proventi dei suoi colpi.
La Velba non ha niente a che vedere con la sensuale classe della Frezzante,
ma è lo stesso una bella donna, o meglio una vera cessa. «Non so se ritenermi offesa, o lusingata». «Né l'una, né l'altra cosa».
«Va bene lo stesso, accomodatevi nel mio ufficio...
Non possiamo escludere che si tratti di un omicidio rituale. Alla
ragazza è stata tagliata la gola, e poi le hanno asportato le interiora e tutto
il sangue».
Ora invece girano tanti pazzi drogati che vivono solo per odiare
e uccidere».
Gente con cui è meglio non avere niente a che fare...»,
capisci che anche la Polacca è turbata da questi individui e la cosa ti
preoccupa.
Spingi la Giulia di servizio a tutta velocità lungo la circonvallazione interna, bruciando semafori rossi, schivando automobili che vengono in senso contrario e zigzagando tra quelle che viaggiano nel tuo stesso senso di marcia. Ben presto odi l'eco dell'autopattuglia che vi precede, lanciata all'inseguimento della Fiat 850 verde. L'autista della banda è molto abile e schiva anch'egli le vetture lungo la strada. D'un tratto svolta in una via laterale, ma trova dei lavori in corso che restringono di molto la carreggiata.
«Ormai è in trappola»,
esclama la Frezzante.
Ora tocca a te,
vediamo cosa sai fare.
Stai per raggiungere la centrale insieme alla Frezzante, a bordo della tua 2000. «Ma la benzina te la fai rimborsare, almeno?». Per fortuna ti sei sparato una sega stamattina, perché la vicinanza di Anna ti gonfia il pisello nelle mutande. È una tortura, piacevole, ma pur sempre una tortura. «Se devi mettere a posto qualcosa, fallo... Ma senza dare la colpa a me». «No, certo, è il traffico che mi fa questo effetto...». Sono quasi le otto del mattino e la città è nel pieno del suo risveglio, tra persone che si recano al lavoro o che accompagnano i figli a scuola. Per un attimo ti sembra di vedere Linda che tiene per mano Grazia mentre attraversano la strada, ma è solo un'impressione: sono una donna e una bambina che non hai mai visto. Non te ne va bene una, solo lei non tradisce. Fai fuori un paio di auto come fossero ferme al semaforo, anzi come avessero innestato la retromarcia, la bestia ha appena scaldato i muscoli, vorrebbe farsi una corsetta di quelle giuste, ma per questo ci vorrebbe la pista di Monza, deve accontentarsi di stare al guinzaglio, esattamente come te.
«Pensa alla sensazione di sentirti
svuotare delle tue budella...» mormora la Frezzante, con la mascella leggermente in fuori.
Sei arrivato, ti allinei al portone della Questura con una scodata. Ed entri. «Ma sei pazzo?». Il piantone viene a lamentarsi. «Collega! Non si può entrare così! Ah... è lei, commissario... Immagino che si tratti di un'inchiesta urgente... In questo caso, basta dirlo e noi facciamo entrare subito...». «Sono già entrato, grazie». Vi avviate verso l'ufficio del commissario capo.
Come al solito qui è un marasma, tra gente che viene a
sporgere denuncia e delinquenti che devono essere interrogati. Mentre passi, gli agenti ti salutano, manifestando la propria
soddisfazione nel rivedere il commissario Sparanero di nuovo al lavoro. Un altro
tipo di sguardo viene rivolto alla Frezzante. Ho dovuto fare molte pressioni per riaverti in squadra, sai?», ti dice Merli. «Al sostituto procuratore D'Elia pulsano le tempie solo all'udire il tuo nome. Non apprezza i tuoi metodi spicci e la tua allergia nei confronti delle procedure di legge. Ma grazie anche all'intervento del questore e alla tua efficacia investigativa, diciamo così, mi hanno permesso di reintegrarti, affiancandoti a una professionista molto rigorosa». Alludendo all'ispettrice Frezzante, Merli lascia intendere che in pratica funge da garanzia per D'Elia, di cui forse è anche la cocchetta. «Tuttavia, Francesco, mi devi promettere che non agirai più di impulso, ma che seguirai la legge. I criminali devono essere arrestati, non uccisi. Devono essere consegnati alla giustizia e non al becchino, dannazione!». Ma senti chi parla... pensi. Adesso è cambiato, si è messo dietro una scrivania, ma prima...
Ci vada lui con il procuratore D'Elia a stanare
quei macellai egizi...
Esci
di casa, un condominio popolare di via Rombon, nella periferia orientale di
Milano, per andare dalla tabaccaia.
Anche questa è una sconfitta della polizia, che non è in grado
di proteggere, né di rassicurare i cittadini. Ti avvicini al bancone e chiedi un pacchetto di sigarette. Senza dire una parola, la bella tabaccaia ti porge il pacchetto. Neanche lo guardi.
Perché guardi lei. Anni fa sarebbe stata un bel colpo per te, era un sogno nelle foto che ti ha mostrato.
Ma purtroppo le rimane poco. Combatte da mesi contro una brutta malattia; continua a lavorare, fa finta di niente, non vuole pensarci, ma ti ha confessato che il tumore è fuori controllo, potrebbe rimanere uccisa anche a breve. Il braccio della morte se la sta portando via.
Se proprio devi prendere le sigarette, perché non riesci a smettere, lo fai da
lei. Un pacchetto per volta, così torni spesso. Una volta al giorno, in pratica.
Appena sei fuori dal bar, prendi una sigaretta e l'accendi distrattamente, dai
una boccata e senti una disgustosa sensazione in bocca, sputi in terra e guardi
il pacchetto delle sigarette: Alfa.
Non è facile staccarsi da lei, lo ammetti; specie quando non
porta il reggiseno e i capezzoli si stampano sulla
camicia...
Esci dalla stazione e la vedi in piazza Bottini, insieme agli
agenti, mentre sta parlando con alcuni senzatetto.
«Non ci credo... adesso li faccio cantare
io».
La Frezzante ti ricorda i patti, ma non sei sicuro di riuscire a
trattenerti.
«Infatti abbiamo
identificato la vittima», il commissario ti porge una
scheda. «La ragazza si chiamava Susanna Melandri,
aveva 18 anni e abitava
in viale Argonne. Il padre ha denunciato la scomparsa ieri sera, non vedendola
tornare a casa».
Dannazione, tra poco avrò una
pletora di giornalisti che mi chiederanno cosa ci facesse il cadavere nudo di una
ragazza di diciotto anni su un binario morto della stazione di Lambrate, qualcosa dovrò raccontare».
«Possiamo parlare
con il professore di filosofia di Susanna?»,
domandi al direttore; lui annuisce e fa chiamare il
docente.
C'è una TV accesa dietro al bancone e vedi che il telegiornale
apre proprio con la morte della ragazza, suscitando mormorii di disappunto e
orrore tra i presenti.
Non ti fidi di questi individui; e poi vuoi fare colpo su di lei.
Entri, spalancando la porta, con l'intenzione di far fuoco:
«Fermi, polizia!», urli, con
il dito già sul grilletto.
Non aspettavi altro.
La Frezzante è rimasta silenziosa finora. Avverti una certa elettricità tra le due, qualche sguardo troppo fugace. In effetti hanno molto in comune: sono due grosse troie, e due grosse cesse. Anna è distinta e perfetta, Nada grossolana ed eccessiva, ma entrambe hanno carne e facce da grosse zoccole. Del resto in questa strana storia te ne ritrovi pressoché circondato: Layla e Milena non sono certo da meno. «Siamo abbastanza sicuri che la vittima frequentasse il vostro tempio. Stava scrivendo una tesina per la scuola, e dagli indizi che abbiamo troviamo delle corrispondenze con alcuni artisti... se così può dirsi... molto seguiti in questa casa».
«Colgo una certa ironia
nella sue parole, commissario, ma gli artisti che in qualche modo confluiscono
nella corrente New Age sono davvero tanti e in costante crescita, quindi
comprendo che vi possano essere
delle coincidenze che vi portino a pensare che quella povera ragazza
frequentasse la nostra casa. Non lo escludo, come ho detto, non lo escludo».
Sì... guardandola
bene... direi di sì. L'ho già vista». Vai al al 9.
«Chi rompe... a quest'ora?»,
rispondi, con tono assonnato.
C'è solo una condizione, signore: dovrà fare coppia fissa con
l'ispettrice Frezzante e dovrà sempre consultarsi con lei, prima di agire.
«Capisco a cosa alluda, signore».
Ti chiedevi spesso come mai te l'avessero assegnata, visto che
è un gran pezzo di fica e molto probabilmente la poliziotta più bona d'Italia.
Sa dei tuoi problemi in famiglia, ma non ha lasciato aperto
nemmeno uno spiffero.
«D'accordo. Vengo subito… però
per oggi basta giochi di parole: ci siamo capiti?».
Con la tua 2000 arrivi alla stazione di Lambrate in pochi
secondi: non sono ancora le sei e la città si sta svegliando, a differenza della
Giulia, che è sempre sveglia.
Un agente ti scorta sul luogo del ritrovamento, nei pressi dei
binari della ferrovia ad alcune centinaia di metri dalla banchina, in una zona
di vagoni dismessi, in mezzo alle sterpaglie, ai bidoni arrugginiti e a
materiali di risulta. «Tanto meglio, no?», ti guarda, facendoti capire che il vero commissario è lei.
«Chi è la
vittima?».
«E che diavolo è
questa puzza?». Mentre ti sposti nell’erba alta ti senti pungere a una caviglia, alzi il piede d’istinto e trovi il gambo spinoso che ti ha punto. Lo stacchi dalla caviglia e lo getti via, imprecando contro le rose che non sono mai senza spine.
E la conferma più grossa ce l'hai proprio davanti a te. «Allora, che si fa?», le chiedi, stando al gioco.
«Il commissario sei tu, ma se vuoi, ti vado a
interrogare il netturbino», il "tu" è l'unico progresso che hai ottenuto finora;
ma anche per quello c'è voluto del tempo.
«Dei testimoni affermano di aver visto due individui portare il corpo della ragazza nella stazione ferroviaria in cui è stata ritrovata. E avevano al collo un simbolo, una stella a sette punte con una o più croci al suo interno. Forse ci troviamo davvero di fronte a un gruppo esoterico che compie dei delitti rituali.
Che ne dici?». Neanche quella di un delitto comune mascherato da delitto esoterico, tanto per confondere le indagini».
Sempre lucida e distaccata.
«Questa storia comincia a mettermi i brividi, Francesco...», ti confessa la Frezzante, in tono melodrammatico, mentre state tornando in Questura. Tuttavia non ti convince affatto.
«Se una come la Polacca ci
va cauta con tipi del genere, forse è davvero il caso di non averci niente a che
fare...», insiste.
Quando sono le 16, Anna ti ricorda che devi andare a prendere tua figlia a
scuola; scatti in piedi dalla sedia e voli nel cortile interno della Questura,
dove è parcheggiata la tua automobile.
Il bandito ti è già addosso, ma non ti lasci intimorire: spari il secondo colpo, quasi a bruciapelo, e lo colpisci in pieno petto. Il criminale emette un grido soffocato e cade a terra, col sangue che sgorga dal torace e dalla bocca. Il suo compagno, ferito a un braccio, sta cercando di aprire la porta a vetri per fuggire.
«Resta dove
sei, stronzo!».
«Tu rimani seduto, oppure ti verrà dolore anche alla gamba. Fai appena in tempo a mollare un bacio alla donna di origini libanesi. «Commissario!», esclama un agente, riconoscendoti. «Questo arrestalo, ma attento a non sporcarti: è ferito a un braccio. E dovrebbe avere una pistola. Tentato omicidio, rapina a mano armata, lesioni personali, minacce, estorsione e tutto il cucuzzaro». «Manca solo l'associazione a delinquere, signor commissario».
«Bravo! Mettici pure quella; finalizzata alle
rapine e all'estorsione a danno dei pubblici esercizi». Lo perquisisce e trova la pistola. «Quell'altro invece non aveva voglia di sostenere un processo.
Prendete le testimonianze della barista e del portiere;
se il magistrato vuole arrestarmi, sapete dove trovarmi». «Un momento...». Meni una sberla al bandito. «Questo è da parte della signora». Poi lo frughi e gli tiri fuori dalla giacca 220.000 lire, che allunghi a Layla. «Le ha estorte alla signora». «Non è vero! La zoccola mi ha dato solo 20.000 lire!». Partono altri due schiaffoni. «Questo è per la tua lingua da stronzo... E questo... per la stronzata che hai appena raccontato. Figurati se un tabaccaio ha solo 20.000 lire in cassa... stronzo!». E alzi di nuovo la mano. «Basta! Basta! Portatemi via o questo m'ammazza...». «Sì, vai pure, ma questo scherzo ti costerà almeno 10 testoni di risarcimento civile, da versare alla vittima. A differenza del tuo compagno, imparerai a lavorare...». «Commissario...». Layla ti chiama da una parte. «Grazie... quei due mi avevano proprio stancato, erano settimane che mi chiedevano soldi...
Se posso fare qualcosa
per te...». «Magari ci prendiamo una birra, quando ti va...».
«Perché no...».
La serata non è poi andata tanto male.
La stanza è la piccola camera di un'adolescente con il poster di Burt Reynolds appeso alla parete e vari ninnoli e pupazzi. È una stanza molto ordinata, c'è una scrivania con i libri di scuola, i quaderni e le penne. Negli armadi trovi solo vestiti, niente di anomalo.
Ti sorprendono però le letture della ragazza: invece dei romanzi
d'amore che ti aspettavi, trovi sul comodino libri come "La coscienza di Zeno",
di Italo Svevo, o l'"Elogio della follia", di Erasmo da Rotterdam...
probabilmente libri che stava leggendo per la scuola.
«Ho saputo della tua azione di ieri sera, per fortuna avevo già ottenuto la fine della tua sospensione, altrimenti saresti ancora a casa. Dovevi per forza ucciderlo quel disgraziato?
E poi tutte quelle battute macabre, da
spaccone, alla presenza di giovani agenti ancora freschi d'Accademia...». Poteva scegliere di salvarsi, ma non l'ha fatto...». «Francesco, devi cercare di capire che tu sei un poliziotto, non il Giudice, la Corte d'Appello e la Cassazione a sezioni riunite. Stamattina il procuratore è andato su tutte le furie, ma hai salvato la tabaccaia e questo ha giocato a tuo favore... non è vero?». «Merli, sei tu che stai raccontando», fai finta di non cogliere la sua allusione riferita a Layla.
«Ad ogni modo, d'ora in
avanti ci devi andare con i piedi di piombo. «E queste sono le contravvenzioni elevate dai ghisa a carico della tua Giulia...». STOMP È un malloppo di carta impressionante. «Non so come tu abbia fatto a spacciare la tua auto privata per auto civetta della polizia, ma ti ho detto mille volte che si può bruciare il rosso solo in caso di emergenza...». «A quanto ammonta il conto?». «Sfiora le 300.000 lire...». «Questi ghisa non hanno molto da fare, a quanto pare. Se impacchetti tutto e ci metti un bel timbro sopra, con su scritto "ragioni di servizio", lo prenderò come un incentivo rispetto allo stipendio...». «Sì, certo... come un incentivo a bruciare tutti i semafori di Milano...
Va bene, Francesco,
ora che abbiamo messo le cose in chiaro, veniamo a
noi».
Ti avvicini all'ingresso da dove giunge odore di incenso.
Trovate diversi manifesti e poster appesi su tutte le pareti;
uno in particolare attira la tua attenzione. È un poster relativo a un disco, il cui titolo ti è famigliare: «Det Som
Engang Var…», mormori tra i denti.
«Ti ho trovato».
Se hai l'indizio E, vai al
167.
Raggiungi l'obitorio in piazza Gorini.
Facendoti largo tra studenti dell'università e inservienti,
raggiungi le sale nei sotterranei dove il patologo, la dottoressa Cattanei, sta
eseguendo l'autopsia del cadavere. Dopo lo sguardo che si sono sparate le due, mi sembra di sentire puzza di polvere da sparo...
Anche se la Frezzante non ha mire su di me, ci tiene a
rimarcare la sua supremazia assoluta. Per questo pesa così poco». «Ah, ecco... non era magra...», commenti. Noti che la Frezzante ascolta impassibile, mentre tu sei letteralmente disgustato.
«Insomma le hanno tagliato la gola, e l'hanno sviscerata e dissanguata»,
sintetizzi. «Chi può
aver fatto una cosa simile, e perché?».
Magari qualcosa
sotto le unghie o i piedi». Vai al 25.
Sei in macchina con il motore acceso, ma ancora non parti: «Ripensavo alle parole della Polacca. Ha detto che alcuni membri di quella banda si ritrovano in un certo luogo, e forse frequentano proprio questo tempio, se così può chiamarsi...». «La metteresti sotto scorta volentieri, la Polacca, vero?». «E questo cosa c'entra?». «Solo perché ha due grosse tette?». «Si può sapere cosa ti prende?».
«Comunque quelli non mi sembrano individui orientati alla pace e alla
fratellanza»,
commenta la Frezzante, tornando apparentemente seria. «Sì, voglio proprio sapere di cosa vuoi parlare. Il caso non ti interessa più?». «No. Adesso mi interessa la birra con te».
Ingrani la prima e parti.
Mostri
alla Polacca il disegno della stella a sette punte e quella annuisce:
«Sì, sono loro. È il loro dannato simbolo, ce l'hanno
tatuato qui, alla base del collo. Non so cosa diavolo significhi, ma di certo
nulla di buono». «Mi perdoni, ma siete una bella coppia». Alzi gli occhi al cielo, ma ti sembra per un attimo che la battuta della Velba non sia la solita lusinga di circostanza.
«Allora, Polacca:
dove
possiamo trovarli?», lo chiedi in
maniera gentile, la lusinga ha fatto effetto. Ma sembra che qualcuno di loro frequenti un posto con un nome particolare: "Det Som Engang Var"».
«E che diavolo è?».
La porta a vetri è oscurata da una tendina e non vedi niente,
ma puoi provare a entrare passando dal retro. «Veramente è una tabaccaia...». «Si fa per dire, no?».
«Ah...! Ma si può
sapere che succede?».
«Certo, certo».
Il portiere è un po’ spaventato, ma ti accompagna nel cortile interno da
dove puoi raggiungere l'ingresso di servizio del bar. «Ecco,
è quello là». Vedi un piccolo locale di servizio, con scaffali pieni di bevande, scatole, pacchi di caffè e sigarette.
Sul fondo c'è una porta socchiusa dalla quale senti provenire
delle voci. Domani ritorniamo e vedi di farci avere il resto dei soldi o fai una brutta fine, lo sai che non scherziamo».
«Ma sono tanti soldi...»,
si lamenta ancora la tabaccaia, «non posso portare
avanti la mia attività, se mi portate via tutto quel denaro».
È ora di intervenire.
Stai
cercando un posto, quando dalla radio vi informano che è in corso una rapina
a mano armata alla Banca dell'Agricoltura, non molto distante da dove siete voi. Di solito sei il primo a intervenire...». «Ci penserà la pattuglia di zona...».
«Ma dai... qui auto 55», dice Anna
alla radio, «ci rechiamo sul posto».
Hai ottenuto una prima crepa nel muro. Un grosso passo avanti, che ormai non ti aspettavi più. «Col buio voglio dare un'occhiata fatta bene alla casa del movimento New Age.
Che ne dici?», chiedi alla Frezzante.
Passi
la mattinata in centrale tra scartoffie e deposizioni inutili, l'unica
nota positiva arriva dall'indagine sulla macchina sportiva rossa.
È un'auto particolare e di una certa
importanza, e l'elenco dei possessori non è lunghissimo.
La Frezzante mostra al commissario capo il
foglietto con il disegno tracciato dall'anziana senzatetto: «Ce
l'avevano al collo i due uomini, anche se non abbiamo capito se si tratti di
un pendaglio o di un tatuaggio».
«Ho qui una cinquemila», dici, mostrando la banconota ai barboni. «Darò i soldi a chi mi dirà che cosa ha visto. È morta una ragazza. Se avete visto qualcosa, dovete dirmelo. Avanti, qualcuno vuole guadagnarsi qualche lira? Chi ha visto qualcosa?». Vedi che alcuni di loro se ne vanno, altri invece rimangono fermi, sanno bene che questa piccola banconota vale due o tre giorni di cibo.
«Allora?».
«Vuoi dire che c’era una
donna?».
«E tu sei riuscito a vedere
i loro occhi da qui?».
Allora… erano vestiti di nero… e non avevano qualche simbolo
disegnato, qualche marchio? Non so, sul vestito, qualcosa di particolare, non ricordate?».
«A cosa pensi, Francesco?»,
ti chiede la collega. Ma intanto dobbiamo scoprire chi è la ragazza».
Hai ottenuto l'indizio B.
«Sai, Francesco, questo Paese... questa città... stanno diventando invivibili», commenta la Frezzante, addentando il panino, un po' schifata dalla frugalità del posto e del pasto. Ti viene il dubbio che ci sia un doppio senso nelle sue parole...
«Ti riferisci al sandwich?», ti vuoi togliere il dubbio. Sempre lucida e autorevole.
«Purtroppo è così, Anna». Non rispondi subito. «Allora... ti ho fatto una domanda...», insiste, in tono abbastanza garbato. «Se devo essere sincero, sono ormai nauseato da tutto. Non mi importa più di niente. Soltanto una cosa mi ridarebbe interesse a sopportare questo mondo infame...», la fissi, con allusione esplicita. «Dai... non fare il cascamorto; mi sono fatta vecchia. Comunque, mai dire mai, commissario...». Alzi gli occhi, lusingato. È il primo spiffero dopo tanto tempo. Forse le chiacchiere dei colleghi su Layla l'hanno stuzzicata. Anna si sente in dovere di affermare la sua supremazia, anche in linea di principio.
Finite lo spuntino e siete pronti a rimettervi in pista.
«Ma chissà quante sono».
Torni a casa stanco e come al solito i tuoi vicini
stanno litigando, mentre il loro bambino piange.
Dal corridoio, stretto e multicolore, si accede a varie sale e salette, alcune con scaffali, librerie, tavoli, piante e fiori; in altre vi sono dei giovani distesi sul pavimento che dormono in sacchi a pelo o su materassi. Sentite della musica provenire da più avanti e proseguite accedendo a una sala più grande, dove un gruppo di giovani è seduto sul pavimento ad ascoltare una donna sui 45/50, vestita da "strappona": jeans sdruciti e magliettina allentata.
Il vostro ingresso non passa inosservato; la donna, vedendovi, si ferma:
«Buongiorno, posso esservi utile?». La donna ha il seno che le casca sulle ginocchia e una faccia da delinquente matricolata.
«Spiacente, ma all’Accademia non ci hanno insegnato
le pubbliche relazioni». La donna vi conduce al primo piano del complesso, in un ufficio molto sfarzoso, con mobili antichi, quadri, un tappeto persiano sul pavimento in legno, e varie statue e raffigurazioni di spiriti, folletti, ninfe e creature bizzarre su mensole e mobili.
Lo stile ricercato dell'ambiente stride con l'aspetto trascurato della
donna.
«Stiamo indagando su un omicidio»,
rispondi. «Una ragazza di 18 anni. Si chiamava Susanna Melandri». Vede, commissario... io ho una grande passione per le auto di razza. Ne possiedo diverse e questo Duetto è solo una delle tante...».
La Giansanti ha la faccia da troia e la carne che le scoppia
da tutte le parti, e comincia a impressionarti. È davvero una
grossa cessa.
«E lei li aiuta i ragazzi?».
Celebriamo
cerimonie, bruciando incenso ed essenze varie,
recitando delle invocazioni e delle richieste di prosperità, pace e benessere».
Riesci anche tu a buttarti sul marciapiede e a passare, nonostante la Giulia sia più larga della 850. L'inseguimento continua.
«Appena puoi, spara alle gomme»,
dici alla Frezzante.
Sui tratti a maggior scorrimento la Giulia si riporta
facilmente sull'obiettivo, come il gatto col topo.
Quando arrivi a casa della ragazza, un semplice palazzo popolare, ci sono due agenti assieme al padre in lacrime e ad
altri famigliari.
Al suo fianco due donne, una anziana, l'altra più giovane.
Mi
spiace per sua figlia, ma io... dovrei farle alcune domande, per le indagini».
Ieri è andata a scuola,
ma non è più tornata… non è più tornata… non è più tornata…»,
ripete, inebetito dal dolore.
«Parlatemi dell'omicidio della
stazione».
Se hai riportato l'Intuizione 4 vai al
123.
«Queste sette sono solite compiere offerte rituali quando
sentono minacciati i propri segreti», continua la donna. «L'agonia della povera
Susanna potrebbe essere stata una cerimonia di purificazione». Ma non ceda allo scetticismo, commissario...
Oddio... no...». Improvvisamente la donna si sente male: «No!
Andate via!
Giungete nei pressi della casa del gruppo New Age che è già
buio, ma non ti fermi di fronte, bensì fai il giro dell'isolato.
Nella recinzione è ricavata una porticina, chiusa con un pesante catenaccio. Lei non riuscirà a seguirti. Meglio così, può essere pericoloso.
Giungi di fronte alla porta di metallo che porta al
seminterrato, è chiusa a chiave, ma non sembra una serratura robusta, forse
potresti scassinarla, pur sapendo di commettere un'infrazione.
Tu e Anna lasciate in fretta il quartiere.
«Cosa è successo in quella casa, Francesco?». L'importante è che tu stia bene». «Sei cambiato, Francesco», sottolinea Anna.
Appena tornati in centrale, verifichi le parole della donna
sulla deposizione lasciata ai carabinieri la settimana prima, e trovi conferma
che, esattamente tre giorni prima del ritrovamento del cadavere, la signora
Gatti aveva effettivamente avvisato le forze dell'ordine sul delitto.
Vieni colto da una forte nausea, barcolli e ti appoggi alla parete. Riesci a leggere una scritta, sembra fatta con del sangue: “Rose Noir”.
Cerchi di raggiungere l’uscita, ma tutto si incupisce, la poca
luce che filtrava dai vetri dello scantinato scompare, e improvvisamente ti
trovi immerso nelle tenebre più profonde. Improvvisamente ti senti chiamare, o almeno così ti sembra. Una voce femminile, con un ché di famigliare, rimbomba nella tua testa confusa. A questo punto perdi definitivamente la nozione del tempo e dello spazio: senti solo il bisogno di avvicinarti a quella voce, e barcolli verso la stanza dalle pareti nude. «Vieni, Francesco... entra...», la voce ti invita suadente. Ti parla dal fondo della stanza, avvolto da una strana nebbia. Ti avvicini, adesso più incuriosito che spaventato; non ricordi ancora a chi appartenga quella voce... «Vieni avanti, Francesco. Non avere paura. Vieni a me». In altre circostanze avresti già estratto la tua pistola, ma qui, adesso, qualcosa te lo impedisce. «Chi sei?». «Davvero non mi riconosci, Francesco?». La nebbia lentamente si dirada e infine la vedi, davanti a te... Ti è piaciuta sin dal primo momento in cui l'hai vista. E avevi una gran voglia di rivederla. Così eccessiva, gonfia, decadente. Adesso è seduta su un trono, e ti aspetta. «Inginocchiati...». Non puoi resisterle. «Raccoglila... E non perderla mai...». Pur confuso, te l'appunti sulla giacca. «Ora alzati... Tira fuori la pistola... E sparami in bocca...». Non molto dopo, Anna ti vede tornare sereno e tranquillo. «Francesco, come è andata? Non tenermi in ansia. Cos'è questa rosa? È una rosa nera... che significa?». «Vuoi farmi credere che tu... tu non sappia niente di tutto questo?». Ti gira ancora un po' la testa. Non ti interessa aspettare la sua risposta, ormai, pur stordito, molte cose ti sono venute chiare. «Forse è meglio se guidi tu...», dici alla Frezzante. «Che cosa dovrei sapere, Francesco? Sei tu che sei entrato lì dentro...». «Riportami a casa, per favore».
Riporta l'indizio O.
Ora sei convinto di essere nel posto giusto.
Riporta l'intuizione 2.
«A questo punto mi pare evidente che la maga sappia un po'
troppe cose...», afferma Merli. «L'hai detto anche tu, no? Come poteva sapere
della rosa, se non è stata lei stessa a metterla sul luogo del delitto, oppure a
suggerirlo a chi ce l’ha messa? Sai cosa facciamo? La portiamo qua e la
interroghiamo, e magari la arrestiamo per complicità in omicidio».
Non appena arrivi in centrale, trovi Anna ad aspettarti. Un aroma di incenso si propaga per l’intero quartiere.
Le vie qui sono piuttosto strette, i palazzi bassi, diverse
sono le case dai tetti spioventi che talvolta arrivano a toccare quelli della
casa di fronte.
Il modesto appartamento è pieno di candele di tutti i colori,
chincaglierie varie, incensi accesi, oggetti e soprammobili bizzarri e altre
stranezze.
Che cosa può dirci?».
La avverto, commissario, che sto correndo un grave pericolo
nel rivelarle quanto so, ma la morte di quella ragazza mi ha davvero turbata.
Come le ho detto, io sono una medium, e talvolta ho delle premonizioni, immagini
confuse che vorticano nella mia mente. Giusto una settimana fa ho visto
chiaramente il corpo di quella ragazza accanto al vagone. Sono anche andata alla
stazione dei carabinieri più vicina per avvertire dell’orrendo delitto che stava
per compiersi, ma non mi hanno dato molto credito, hanno registrato la mia
deposizione, certo, ma niente di più».
A mio avviso non si è trattato di un delitto casuale, credo
piuttosto che la morte della ragazza sia stata trasformata in offerta rituale al
demone di questa setta...».
Clank... la serratura scatta, sei un ladro mancato.
Improvvisamente ti senti male, avverti una tremenda, ossessiva e angosciante
aura di malvagità, hai come la sensazione che da dentro una stanza
un'enorme ombra si stia levando per venirti incontro...
Il giorno dopo, il commissario capo Merli ti convoca nel suo ufficio.
«Volevo aggiornarti sui risultati delle indagini». «Abbiamo svolto delle ricerche sulla Giansanti e abbiamo scoperto che il suo vero nome è Nadine Jansen, di nazionalità danese. Fu arrestata a Genova con l'accusa di truffa aggravata. Sosteneva di poter leggere il futuro, di mettersi in contatto con i defunti, di essere una maga, una chiromante, una santona. Ma come spesso accade, le accuse sono cadute; poi si è trasferita qui e - grazie ai soldi di un anonimo benefattore di cui stiamo ancora ricercando le generalità - ha fondato questo movimento New Age di cui si è eletta Guru. Forse è lei che manovra le sette esoteriche e sataniche della città, in questo momento. Dobbiamo assolutamente saperne di più, ma senza insospettirla troppo. Prima di smantellarla, dobbiamo sapere quanto è estesa la sua rete e dare un volto a chi ne è complice, attraverso finanziamenti e coperture». «Non sarà facile, commissario». «Lo so, ed è per questo che conto su di te, Francesco. Tu non guardi in faccia a nessuno. Ma devi essere prudente e fidarti di Anna». «Va bene, Maurizio, farò come dici tu». Merli è quasi incredulo di fronte alla tua compiacenza. Se
hai ottenuto l'indizio O vai al 242.
Un
brivido ti corre lungo la schiena, stai provando la medesima sensazione di paura
che hai provato in quello scantinato e questa notte, quando ti sei svegliato di
colpo.
«Non sarebbe la
prima volta», continui, «che
dietro la facciata di un pacifico gruppo pseudo-religioso si nasconda altro».
Riporta l'intuizione 5.
«Una rosa nera, dice?». Devi proteggerla. Ti piace troppo. «È un indizio molto vago, signora. Però faremo degli accertamenti».
Riporta l'intuizione 6.
«Non mi verrai a dire che credi ai vaneggiamenti di quella
chiromante?», esclama il commissario capo da dietro la scrivania. Sono fiabe che si raccontano ai bambini per spaventarli». «Però quella donna aveva visto qualcosa nella sua mente alcuni giorni prima del delitto, è scritto su questo rapporto.
Lei parla di una rosa nera. Io stesso mi ci sono impigliato,
sul luogo del ritrovamento, anche se poi l'ho gettata di nuovo nel prato».
Hai un sonno agitato, tormentato dagli incubi, ti svegli di
soprassalto nel cuore della notte.
Accendi l'abat-jour e afferri la pistola sul tuo comò; vedi
che sono le 3 del mattino. Ti alzi dal letto e accendi tutte le luci. Non c'è nessuno, a parte te, in casa. Eppure sei convinto di non essere solo. Quando ritorni in camera da letto, la vedi... Ti è piaciuta sin dal primo momento in cui l'hai vista. La sua magliettina aderente e le grosse zinne a penzoloni sono un comando irresistibile. Ti fa dimenticare persino Anna, che hai inseguito per tanti anni... «Non fare domande...
Sparami in bocca...».
Ritornate a casa della Gatti, il ricordo della brutta
esperienza è ancora vivo, e quando bussate e non ottenete risposta, temete il
peggio. Una volta tornati sulla balconata, il pericolo sembra scampato. Le api se ne vanno. Ma della Gatti non c'è traccia. «È proprio il caso di dire che ci siamo ficcati in un bel vespaio...», ironizza Anna. «Sì, hai ragione. Perché non rallentiamo un po'? Ti va un'altra birra?». Vai al 250.
«È ora che parliamo un po', Francesco...». «Perché, finora cos'abbiamo fatto?». «Ti piace la Giansanti?». «È un bel tipo, ma ovviamente preferisco te». «Ne sei proprio sicuro?». «Sicurissimo». «E quella libanese?». «La libanese?». «La libanese», conferma Anna. «Mi fa tenerezza, ha poco da vivere». «Però è una gran bella donna». «Sono d'accordo». «Se adesso andiamo a prendere un po' di roba e vengo ad appoggiarmi da te, che ne dici?». Finisci il boccale d'un fiato. «Puoi ripetere?». «Hai capito benissimo. Sono la tua rosa nera, Francesco...».
F I N E |
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