L'assassinio di Anna Agrippina Frexa Mister No: Algoritmo mercenario di Salvatore Conte (2024)
«Oh! L’ha fatto davvero!».
E a mezzanotte
aveva colpito, sé stessa e il cancro.
«Mark… vieni qui…
«Sei una donna molto bella, Layla, e noi ti amiamo», rispose con semplicità il
ragazzo.
I rimpianti e le lusinghe stavano avendo la meglio sulla tenebrosa volontà di
farla finita.
«L'ho pugnalato...», mormorò. Voglio vivere...». Layla aveva annunciato la Buona Novella. di Salvatore Conte (2024)
TUT-TUT-TUT... Era sul letto, con la mano vanamente protesa verso la cornetta del telefono, a penzoloni nel vuoto.
C’era una gran confusione e puzza di polvere da sparo come in
un poligono di tiro.
Non si era accorta della mia presenza.
«Sali... sull'ambulanza... Jack... io... non so... se
c'arrivo... oh-ohh...». Dimmi chi ha passato la droga». «Jacob... Jacob Svensson... è lui... che smercia... alle puttanelle... lo trovi... da Skinny...».
«Lavora per te?».
«No... te lo giuro... però...
prendo soldi... per
chiudere gli occhi...». C'era da immaginarselo. «Jack... io... sono... una fottuta...
bagascia...», sul punto di crepare, stava allentando i freni.
«Layla...», le stringo più forte la mano. «Sali... sali con me... falli correre... ho poco tempo... muoio... oh-ohh... muoio... o-oh-ohh...». Tremava come una foglia d’autunno al soffiar del venticello e aveva una fretta del diavolo. «Non fare la stupida, Layla... l'ospedale non è lontano, tu c'arrivi». Poi non lo so.
Dopo il processo, ottenemmo il dissequestro dei reperti di prova:
gli asciugamani incrostati di sangue, la camicetta bianca
bucata tre volte, il gilet turchese, eccetera... La camera è rimasta così. Tutto come nella notte fatale. Fare l’amore su quel letto è come scopare all'inferno.
Rivivere il brivido tragico di quei minuti disperati è da morire... Perciò, io - che sono ancora me stesso - ho scritto per lei questo racconto. E ogni volta le sfioro i buchi. di Salvatore Conte (2023) Si erano sincronizzati in un bar di Times Square. L'accordo era stato sancito: avrebbero sfidato la morte insieme. Ma niente di personale. Solo business. Lei era Anna Frazer, una bella donna sulla cinquantina. Lui, Richard Courtney, un conte inglese senza il becco di una sterlina. Li univa la voglia di rivalsa, nient'altro. Lei, a dispetto della faraonica bellezza, era ancora alla ricerca di un amore importante. Un'esperienza esotica, estrema, le avrebbe forse trasmesso le emozioni che cercava e non aveva trovato presso nessun uomo. Paradossalmente, pur sconfitta dalla vita, la Frazer appariva invincibile nelle forme della sua stazza; nel suo potere inespresso, incarnava un imperscrutabile mistero.
Si valorizzava con un semplice camicione rossiccio, un po' largo, portato fuori dai pantaloni, sapientemente sbottonato fino allo stomaco; sotto, niente reggipetto, la spaccatura bene in vista, i seni molli ma invitanti, a penzoloni sulla pancia. L'insieme era perfetto, massiccio, imponente: esprimeva l'idea di una donna senza limiti. Questo era ciò che interessava al conte: superare i limiti di un presente mortificante.
All'inizio era sembrata una follia. Ma adesso sembra che il professor Biederbeck abbia avuto ragione. Nessuno voleva dargli retta, soltanto loro due avevano trovato in quel sogno l'occasione di un'avventura. Ma adesso che l'ingresso della tomba è stato scoperto, adesso che si è materializzato fra le sabbie del deserto, il sogno non è più tale... Le torce elettriche spianate nel buio, i tre avanzano nella tomba del Faraone. Si scende, ma non di molto, l'inclinazione del pavimento in pietra ha un valore simbolico. Il sarcofago del Faraone emerge alla fine del corridoio. È posizionato in linea verticale, contro una sorta di catafalco costruito in rilievo rispetto alla parete di fondo; non si trova al centro della stessa, ma leggermente defilato sulla parte destra. Sulla parte sinistra, infatti, in posizione simmetrica, c'è un altro sarcofago, aperto e vuoto. Il Faraone doveva essere morto ancora single. Al centro della parete di fondo, tra i due sarcofaghi, posto su un piedistallo dedicato, le torce inquadrano un oggetto dorato, grande quanto il palmo di una mano. E tutto intorno, brillanti meraviglie, ancora luccicanti nonostante la polvere dei millenni. «È fantastico!», esclama estasiato il professore. Courtney, tanto per cominciare, analizza il piccolo oggetto posto in evidenza sul piedistallo. Un lampo maligno attraversa gli occhi dell'uomo.
«È oro, capisci?», dice alla donna. «Un momento... cosa state facendo?», il professore ha notato il movimento. «Non dovevate toccarlo...». «Andiamo, professore... non è nemmeno d'oro... Io sono qui per risolvere alcuni problemi economici, lo sa. E comunque, ditemi... sono curiosa... cosa rappresenta quell'oggetto?». «È un talismano, signora Frazer; non un oggetto. È il Nodo di Iside, il nodo che nessuno - nemmeno il tempo, nemmeno un dio - può sciogliere, né recidere. Il Nodo è indissolubile. Non è d'oro, perché ha natura non venale. Può assumere diversi significati, ma in questo contesto indica chiaramente l'aspirazione del Faraone: legare a sé, per sempre, indissolubilmente, sotto gli auspici di Iside, la sua donna fatale. Egli - come vediamo - morì senza riuscire, ma la ricerca - per un Faraone - non può mai dirsi conclusa...». «Professore... ne parla come se fosse ancora vivo...». «Egli, è ovvio, credeva nell'eternità dell'anima. Ne parlo, dunque, secondo il suo punto di vista. E comunque... dal Nodo di Iside deriva la concezione moderna di anello nuziale. Infatti, questo esemplare - e dopo lo tirerete fuori - può stare nel palmo di una mano. Io penso che gli sposi lo stringessero insieme, mano nella mano, affidando a Iside l'eterna protezione del loro amore, poiché Ella amò Osiride anche nella morte...». «Imbecille...», la Frazer fulmina con gli occhi il conte. «Che ti sei messo in testa?
Ne sai più del professore...». Avanti, rimettete a posto il talismano». «Dice sul serio, professore?», Anna sta per perdere la pazienza. Lo sfida con le zinne pulsanti e sudate che fremono la febbre dell'oro sotto il camicione allentato di 4 bottoni, secondo il metodo Frazer. «Mi dispiace, signora, ma non siamo qui per farci i comodi nostri». «Non avrei voluto farlo, professore, ma lei mi costringe. Sospettavo che lei fosse un po' toccato e mi sono premunita...», la donna tira fuori una rivoltella. «Avanti, Ric, metti insieme un po' di questa roba e facciamo il primo viaggio». Courtney riempie lo zaino. «E di lui che ne facciamo?». Con il cono di luce della torcia, la Frazer gli indica il sarcofago aperto. «Sono spiacente per la mummia, ma dovrà accontentarsi...», un sorrisetto gelido tra le labbra. «Non dirai sul serio...», obietta il conte. «Avanti... fallo, o vi lascio tutti e due qui dentro, per sempre... E chiudi bene. Intanto, porto fuori questo». La Frazer si carica lo zaino sulle forti spalle e si avvia verso l'uscita, dove li aspetta la loro jeep. «Professore... faccia finta di mettersi nel sarcofago: lo appoggerò appena...». È un attimo. KREEEK THUD Anzi, due attimi. Alle spalle di Courtney. La Frazer non ha nemmeno il tempo di urlare. «Cristo!», il conte squattrinato illumina il fondo della buca. «Il Nodo non è durato nemmeno cinque minuti, altro che indissolubile!», con tragico sarcasmo cerca di reagire alla scellerata visione... «Sono spiacente, Courtney, la signora è fottuta.
Se l'è cercata. «Ma... ha fatto lo stesso percorso dell'andata...», ancora sotto shock. «Sì, ma vede, Courtney... all'andata non avevate ancora toccato il Nodo... Non appartiene a voi, ecco perché non ha funzionato. Evidentemente, spostandolo dalla sua sede, avete innescato la trappola. Una trovata intelligente da parte del Faraone.
Sciocca, da parte vostra...». «Sì, in effetti è stata relativamente fortunata nel cadere. Solo una punta l'ha trapassata. Una su dodici. La morte, tuttavia, sarà dolorosa: se ne avesse prese due o tre, tutte insieme, e magari una nel collo, ci sarebbe rimasta secca», argomenta macabro il professore. «Non ci perda tempo, Courtney... Ma rimetta a posto il sacro Nodo!». «Ce l'ha lei. Vado a prenderlo. Per fortuna c'è una scala qui», e la cala nella fossa. «Non si tratta di fortuna, Courtney. E riporti su anche lo zaino». «Un momento... non c'è motivo di sbattersi, conte. Lasciamo tutto così. Se ne riparlerà fra due o tremila anni...». «E questi chi sono?» domanda incredulo il professore. La tomba del Faraone si affolla.
Sulla scena ci sono altri tre profanatori: una bella mediorientale con un fez sulla testa e due gorilla armati fino ai denti. La donna indossa un camicione a tunica, con tanti bottoncini allacciati: anche se un po' sformata, è molto potente e della stessa stazza di Anna. «La sua domanda è legittima, professore. Io mi chiamo Layla. E loro sono Joe e Bill». «Non ne sappiamo molto di più, signora...», obietta Biederbeck. «Infatti... Ma è un bene che sia così, signori. Diciamo che questa scoperta non rientra nei nostri programmi; spiacente, professore. Tuttavia, se terrete la bocca chiusa, non sarete eliminati. Vi terrà d'occhio, come ha fatto finora. Vi ha dato corda, perché non vi riteneva pericolosi, e invece siete andati a meta. Capita». «Ma di chi sta parlando, signora? Della CIA, la Massoneria, il Vaticano?». «Non avete ancora capito? Studiate, studiate... ma non avete ancora capito. Parliamo di un computer, professore. Un computer molto potente».
«Un computer?!». «Forse c'è una donna ancora viva là sotto: che ne sarà di lei?», interviene Courtney. «Una donna qui sotto c'è di sicuro, viva non lo so... Ma nel dubbio...», e si predispone a freddarla, tirando fuori la pistola. «Ehi! Un momento! Non vi ha fatto niente!», il conte si mette di traverso. «Ha solo bisogno di un po' di soldi, come me. Non possiamo tirarla fuori?». «Ma certo... lord Courtney... le belle donne vanno tutelate. Però, strappandola da quella punta d'acciaio, l'emorragia se la porterà via in un attimo». «Acciaio? Che acciaio?», si intromette Biederbeck. «Gli Egizi non conoscevano l'acciaio». «Si calmi, professore. Come le dicevo prima, il server centrale non bada troppo a queste cose. Se qualcosa non torna, ci pensano gli archeologi a sbizzarrirsi nelle più stravaganti teorie. Una delle più divertenti è quella del meteorite che portò in Egitto metalli sconosciuti di origine cosmica. Non c'è più niente da fare, Courtney, spiacente». La Frazer, invece, si è tirata in piedi e ha sparato! «Puttana! Non sono finita!», urla, a denti digrignati, come una belva rabbiosa. con insospettabile prontezza, benché inchiodata a terra, è ancora in grado di reagire. Layla viene raggiunta all'addome da due pallottole. «Bastarda... volevo aiutarti...», impreca, crollando sulle ginocchia; stando attenta a non franare nella fossa. Potrebbe rispondere, ma Anna Frazer la tiene sotto mira. «Calmi...», si rivolge ai suoi uomini, preoccupata di non peggiorare le cose in un ambiente così ristretto. «È una combattente come noi... non ci sta a crepare...». «Io... ho rispetto... per le belle donne...», replica la Frazer, implicando una nota di biasimo. Mentre le due puttane parlano tra loro e cercano un accordo, il professore si defila leggermente. Ha notato qualcosa e preferisce tenersi in disparte. Anche adesso è un attimo. CRACK CRASH Anzi, due attimi. Un'ombra è scivolata alle spalle dei quattro, intenti a a guardare nella buca. È il Faraone. Con forza innaturale, sovrumana, alimentata dall'inferno, o forse da un algoritmo, ha strappato la testa dal collo a una delle guardie e l'ha sbattuta contro l'altra, come in una schiacciata sotto canestro. «Cazzo...!», impreca la mediorientale. «Ferme!», urla il professore all'indirizzo delle due donne, quando vede puntare le pistole contro la mummia. «Lo fareste solo arrabbiare. State ferme, a voi non farà niente». Ed è così, Layla e Anna non reagiscono e la mummia si ferma, rimanendo in attesa, come tornata cadavere, esaurito il furore. Con estrema cautela, Courtney ne approfitta per calarsi nella buca e tirare su Anna. Subito cerca di tamponarle la ferita e si premura di fare altrettanto con Layla. Anna si tiene la pancia con l'avambraccio sinistro. Il camicione rosso, sbottonato aggressivamente fino allo stomaco, maschera bene il sangue. «Ma come... hai fatto...», le chiede Ric, stupito e ammirato in egual misura. «Il tuo talismano... funziona... anzi il suo...», guardando il Faraone. «La mummia... è dalla mia parte... lo sento...». «Cosa credi di fare, adesso?». «Scendi... a prendere lo zaino... ce ne andiamo... ho un accordo... con Layla... Il professore... invece... non serve più... spingilo sotto...». «Andiamo, Anna... non essere stupida...». «Ignobile vacca!», protesta Biederbeck. La Frazer lo ignora e - pur a fatica - muove qualche passo in direzione dell'uscita, tenendosi stretta a Layla, a sua volta piegata a metà. Due colonne pericolanti, poggiate l'una contro l'altra. La mummia, però, entra in azione, le sopravanza facilmente a grandi passi, e sbarra loro la strada, senza farsi aggirare. Un vero e proprio muro. «Questa poi...!», esclama Courtney. «E adesso che facciamo, Anna? Lo denunciamo per stalking? Quella non ti fa passare. Ha tutto l'interesse che tu rimanga qui con lui, Anna. Viva o morta, per lui non fa troppa differenza. Credo sia innamorato di te, o di Layla, non so».
«Io... gli crepo in faccia... se non si
muove... Lui la fa sedere contro la parete della tomba. «Ma non ti sei spaventata? Quella caduta improvvisa avrebbe terrorizzato chiunque...», il conte è ancora incredulo. «Io... ne ho viste tante... la vita... è peggio... di tutto questo...». «Anna... mi dispiace...», Layla striscia verso l'uscita, è riuscita a superare l'ostacolo, o per meglio dire, ha ottenuto il lasciapassare del Faraone. «Professore... faccia qualcosa». «Non posso fare niente, Courtney. Lui ha scelto. È suo diritto, questa è la sua tomba. L'amuleto che avete rubato è suo. Noi abbiamo profanato la sua tomba e lui ha scelto la signora Frazer quale sposa, da quanto vedo. Andrà a riempire, se c'entra... il sarcofago rimasto vuoto». «E io...? Non decido niente... io...?», Anna non ci sta. Tira fuori il Nodo di Iside. «Ce l'ho io... e decido io... Stringilo... Ric... insieme a me...». «L'abbiamo già fatto...», esita il conte. «Avanti... dobbiamo rifarlo... adesso lui è sveglio... dobbiamo... dargli una lezione...». GROWL... La mummia ringhia minacciosa. Ma è troppo tardi. Courtney stringe il Nodo e la mano di Anna. Un urlo disumano rimbomba nella tomba. Sembra non finisca più. Si trasforma in un rombo vero e proprio. Il pavimento trema e la volta comincia a cedere. Sembra un terremoto. I quattro mortali si danno alla fuga: Anna in braccio a Richard, Layla in braccio al professore. Stavolta la mummia li ignora, impazzita dal dolore. Guadagnano l'uscita appena in tempo. Dietro di loro tutto crolla. La tomba rimarrà tale per sempre. «Dunque funziona davvero, per Iside!», esclama Courtney, una volta al sicuro. PAF! Gli arriva uno schiaffo della Frazer, con la mano impiastrata di sangue. «La prima volta... mi hai ingannato... non valeva... la seconda... l'ho fatto... per liberarmi... della mummia...». «E la terza...? Se non lo fai, ci lasci la pelle, Anna. Perché io rimarrò vivo e ti terrò legata a me in questa vita...». «Bastardo... se pensi di ricattarmi... come il Faraone... io... ti crepo in faccia...». «Lo so, lo so... penso di sapere come sei fatta. Se non è bastato un Faraone a metterti sotto, non ci riuscirò certo io. Terrò il mio sarcofago nuziale aperto, ma non sarà per te...», Courtney si volta allusivamente verso la bella libanese che si tiene la pancia con entrambe le mani, cercando disperatamente di tamponarsi i buchi; il conte aggiunge le sue. «Ehi... Ric... lo zaino dov'è...?», chiede Anna, forse per distrarlo. «È rimasto dentro», confessa il conte. «Non c'è stato il tempo di prenderlo». «D'altra parte, il conte Courtney ha fatto la cosa giusta, Anna...», il professore ha ripreso il controllo di sé. «Vedete... quelle gemme erano il regalo di nozze del Faraone alla sua sposa. Dal momento in cui lei lo ha rifiutato, ha perso ogni diritto su quel tesoro. In compenso la nostra amica araba ha dichiarato che verranno presto a prenderci e che non ci saranno ulteriori conseguenze». «Il professore ha ragione, Anna. Non puoi avere tutto. Hai rifiutato un ottimo partito». «Ric... maledetto... vieni qui...», con la mano gli preme la testa sulle zinne palpitanti. «Almeno... voglio salvarmi...», e tira fuori il talismano. «Hai Iside... dalla tua... bastardo...». «La terza è quella buona, Anna». E c'è chi ritorna con il tesoro. di Salvatore Conte (2017-2022)
La
chiamano così, ma non è una puttana vera e propria.
“È piena di grazia”, avrebbe scritto un evangelista.
Solida, abbondante, morbida, si valorizza con una tunica nera, quasi arabeggiante, allacciata da tanti bottoncini che ispirano curiosità; è la quintessenza della milf sicula, detta appunto bottana...
Le piace sfidare la grigia perversione della provincia. Ma le belle donne tutte bottane sono... e le vecchie del quartiere dicono che questa bottana finirà a schifio. Layla cammina tranquilla, sta andando a trovare un'amica. Lui esce fuori all'improvviso, le sbarra la strada, la spinge contro il muro, le fa vedere il coltellaccio. Lei, però, non grida, non chiama aiuto. «No! Se lo fai, m'ammazzi...!», cerca di farlo ragionare. Ma quello ha deciso di farla fuori. E affonda i colpi!
SZOCK Layla spalanca gli occhi e la bocca. Ha incassato la prima coltellata!
SZOCK
La seconda le sventra l'utero!
La
donna raggiunge la casa della sua amica. «Ho avuto paura... che non mi lasciasse scampo... Quando ha smesso... ero sicura di salvarmi...», adesso, però, Layla sembra avere molti dubbi.
«Carmela... fammi un favore...».
«Apri la porta... e grida anche tu... l'hanno ammazzata... venite a vedere... Stravaccata sulla vecchia poltrona, si tiene la pancia con le mani, la bocca quasi spalancata, lo sguardo confuso, perso nel vuoto. Carmela le fa bere, di tanto in tanto, un goccio di Marsala, che si mischia al sangue che le sale in gola. Cerca di farle guadagnare altro tempo, nell’attesa che succeda qualcosa; anche lei è molto confusa.
«Qualcuno sa se è morta?».
SZOCK C'è un'ambulanza che aspetta fuori. Ma il tempo è poco. Carmela piange sulle ginocchia dell'amica. Layla guarda fisso il soffitto. L'espressione è incredula. Dev'essere atterrata. La bottana non finì abbottonata. ANNA AGRIPPINA FREXA di Salvatore Conte (2024)
Per parecchi anni ha fatto la super potenza nei salotti buoni di Roma, dietro le quinte del potere.
Ma adesso ha chiuso. Sa troppe cose. E le piace ricattare.
A cinquant’anni si è gonfiata, imbolsita, ma è sempre possente, intimorisce al primo sguardo, anche se ormai la conoscono tutti. Indossa una tunica rosa, le borchie allentate fino allo stomaco: sempre la maggiore potenza di Roma, Anna la zozzona... specie dopo la fine di Messalina; ora tocca a lei consolare il popolo più viziato al mondo.
O almeno la sua crema... E infatti lei va in giro così, come una mignotta che si crede Didone, a borchie lente, per farsi vedere, omaggiare, far dimenticare l'imperatrice; e chissà... prenderne il posto?
Ha appena lasciato un senatore, adesso l'aspetta un questore.
SZOCK
È uno spreco, un donnone così non compare spesso
sulla terra; prima
o poi, però, finiscono tutti così.
C'è poca gente in giro, nessuno la nota. Un silenzio tragico.
«Ti prego... Marco... voglio tirare avanti...».
Rotto da una scomoda verità.
Io... sono... Frexa... non posso... crepare... così…».
Però, nonostante ciò, hanno deciso di eliminarti.
Forse perché parli troppo. E chiedi troppo denaro per
non parlare».
Ma tu ne troveresti facilmente un altro. Io no. Crudo, tagliente come il gladio. Stessa sorte di Giulia Agrippina, almeno secondo la versione ufficiale. Non ne ha preso il posto, ma lo stesso ferro. E adesso la sua mancanza diventerà ancora più difficile da sopportare. Legate dal nome, ma soprattutto dalle forme, vicarie di Giunone in terra, con qualche concessione a Venere.
«Prendimi il seno... sto crepando...», cerca di commuoverlo.
Sangue e seme, intrisi tra loro, le colano dal labbro e
l'accompagnano agli inferi.
Intorno al giaciglio, ove è posta la sfortunata balorda, è
segnato un cerchio. L’energia vitale della moritura, almeno in parte, rimarrà
latente all’interno della figura.
Il negromante le allaccia al collo una spirale di rame.
La spirale magica assorbirà l’energia vitale di
Frexa: una parte di questa sarà
sottratta all’Averno.
«Addio… Marco…». Come Proserpina, tu sarai divisa tra Dite e Cerere».
Al suo capezzale, Zargos recita le arcane formule della
propria terra. È tutto pronto, Zargos le fa trangugiare una pozione, un veleno sottile misto al seme e al sangue del pretoriano, che ha sbattuto il tirso davanti a lei e si è ferito il braccio: sarà la sua guida tra i mortali. {Marco... sono fottuta... lo so... ma... non voglio morire... non così... ho paura...}, Frexa biascica le parole come una vecchia rincitrullita, benché stia crepando per nulla decrepita; e fa ancora resistenza, non ci sta. Il doppio pugio si fa sentire, però, anche in un corpo massiccio come il suo. La pozione, poi, la stordisce come una droga, per convincerla a morire. «Tra poco non avrai più tanti pensieri e staremo insieme per sempre». {Non pensavo... tu mi amassi...}. «Sei una grossa puttana. Non ci avresti creduto». Lentamente Frexa affonda nella palude stigia, beve dal Lete, apprende ciò che rimane oscuro ai mortali. «Tu, Frexa! Tu sei libera da ogni affanno! Alzati e sazia la tua vendetta da te stessa sola! Che la tua Dea, Diana Utrix, sia con te, Frexa!», Zargos la istruisce a dovere, secondo i dettami del pretoriano. La balorda si alza dal giaciglio e si avvia senza titubanze verso l'uscita. Gli occhi dilatati, come fosse buio pesto intorno a lei; il volto spettrale; i capelli incanutiti; e la tunica sempre allentata fino allo stomaco; le ferite mortali da cui si intravedono orripilanti squarci d'intestino. Marco è impressionato. Zargos c'è riuscito, la sua fama è meritata. «Va'! Seguila! Avrà bisogno del tuo gladio». Frexa si muove tra i vicoli di Roma, la notte la favorisce. Giunge infine alla porta di una bella casa. Marco forza la serratura e la fa entrare.
«Gudrosh! Ho sentito un rumore, vai a vedere»,
una voce femminile si rivolge allo schiavo. La possente Lucretia Maxima è una matrona ancora ambiziosa, nonostante la vecchiaia e la malattia; non sopporta di finire nel dimenticatoio, o peggio, nella fossa; indossa una larga tunica bianca che le ricopre il grasso ancora abbondante.
Lucretia non sopportava che Frexa l'avesse ormai
soppiantata
nell'oscuro dominio dei vicoli di Roma.
Eppure avanza.
«No... no!».
«Puttana...! Muori!». «Non puoi, dovresti saperlo».
Frexa, intanto, è scivolata lungo il muro opposto della camera, i palmi delle
mani all’aria, la testa piegata sul petto.
E si fissa su questa, rimanendone quasi
ipnotizzato.
Presto, del sale! Più presto che può! A Zargos penserò io...», aggiunge, una volta rimasto solo; con le due donne. Una ormai cadavere. E morta. L'altra, duplice assassina, che rimpiange la vita, e l'aver osato fin troppo. di Salvatore Conte (2024) «No, no! Non ho visto niente! NO!». La supplica della donna cade nel vuoto. STUMPF! STUMPF! STUMPF! Tre colpi con il silenziatore in rapida successione, al bersaglio grosso: stomaco e addome. Incassa, barcolla e cade all'indietro sul divanetto del diner, incastrandosi contro il tavolo, quasi si fosse seduta per mangiare. Sul piano c'è anche un vassoio con un panino a metà, lasciato così da qualche cliente poco soddisfatto, a cui la cattiva qualità del prodotto ha salvato la vita. «Ecco, brava, fatti un panino, troia!». E le sbatte la testa sul tavolo. «Non credo possa apprezzare i tuoi complimenti, Joe». «Questa ancora mangia... Sono morti tutti! Il barman, la cameriera, i clienti... Uno deve essere l'obiettivo, gli altri i testimoni; potenziali... Eccolo...». «Come fa a dirlo, Ispettore?». «È l'unico con un buco in fronte. Colpito da vicino, a freddo». «Tutti questi morti per ucciderne uno solo?». «Anche la vittima non lo credeva possibile. Ma ha sbagliato i calcoli». «Potevano usare un casco da motociclista...». «Si sarebbe subito allarmato, si era messo qui in fondo per controllare la sala». «Quanti erano, Ispettore?». «Qua dentro, due. Entrati separatamente. L'altro ha controllato l'uscita. Vedi... uno spara al torace, in pieno petto, quasi al collo; l'altro più in basso; sono stili diversi; un killer ha il suo stile. Hanno freddato prima gli uomini. Poi con calma le due donne». «La puttana è ancora viva, Ispettore». «La puttana? Come fai a dirlo?». «Si sta pisciando sotto...». «Okay, forse ha rimandato troppo, ma chi ti dice che è una puttana?». «Layla? La conoscono tutti. Adesca i clienti qui e in altri locali». «Ah, ho capito... la famosa Layla... ecco perché è famosa. È in grado di parlare?». «Perché non ci prova lei, Ispettore?». «Avanti, bambola... hai visto qualcosa? Mortacci... quanto sei bona...». La solleva leggermente dal tavolo, vede i grossi buchi e la lascia afflosciare nella posizione precedente, riversa sul boccone. «Ma sì... mangia tranquilla. Agente, scrivi: i panini vanno prosciolti. La strage dei clienti si deve a un'indigestione di piombo. Cos'è quella faccia? Un po' di spirito, Cristo. Data la robaccia servita qui, non era affatto banale». «Ma... la donna? Layla?». «Sei tra i suoi clienti, Agente? Non vedi che sta rantolando? Non sono un medico. Hai chiamato l'ambulanza?». «Ne stanno arrivando una dozzina, Ispettore. Soltanto che noi siamo stati più veloci». «Lo credo bene. Conosci il modello della mia auto?». «No, temo di no, Ispettore. So solo che ha il nome di un cavallo». «Un po' poco, non credi?». «Stia calma, signora... Non le sembra più importante confortare la signora?». «Ma se hai detto che è una puttana... Con una Ford Mustang come la mia si rischia di arrivare ore prima degli altri, e questo, per quanto riguarda la signora, mi preoccupa molto». «Allora portiamola in ospedale con la sua Ford Mustang, no?».
«Si sporcherà il sedile, ma è l'unico modo per attaccarla all'ossigeno, prima che crepi del tutto». «Ispettore... mi chiedo perché la Ford Mustang non venga utilizzata come ambulanza dagli ospedali». «Intanto perché ce ne sono poche in giro, poi fanno rumore e inquinano. Magari quella dozzina che doveva arrivare non è ancora partita perché si trova in ricarica. Andiamo... ho fatto biada stamattina, è stata ricaricata con un liquido inquinante chiamato benzina.
Tienila ferma».
«Eccole, Ispettore! Le blocchiamo?». «Così questa ragazza ci arriva morta all'ospedale... non vedi che manca poco?». «Oh, Cristo, Ispettore! Ma lei conosce una scorciatoia!». «Come no... se esiste, la conosce soltanto la vecchia signora...». «Lei dunque la conosceva? Ma non è vecchia!». «Te lo spiego dopo». «Però arriveranno un sacco di multe dalla Stradale». «Ragioni di servizio, Agente, ragioni di servizio... Qualche semaforo per salvare un paio di belle zinne. E dei bellissimi occhi, signora...». «Qualche semaforo? Ma qui ci sono autovelox, sensi unici, sorpassi in curva, azzardati e... azzarda...tissimi... e praticamente tutto il Codice della Strada, nella sua completa interezza». «È per questo d'altronde che mi sono arruolato in Polizia: con il valore delle multe raggiungo uno stipendio da top manager. E posso rifare il sedile. Anzi no. Il Codice me lo vieta». «Il Codice le vieta qualcosa, Ispettore? Non mi è sembrato...». «C'è una spiegazione giuridica, Agente: la Ford Mustang non è assoggettabile al Codice della Strada; alla vecchia signora deve applicarsi il Codice delle Belle Arti, che impone una regolare tenuta in esercizio, e questa leggera sgambata era quello che ci voleva. Rimanga con la donna, Agente. Potrebbero riprovarci, visto che il panino ha fallito». «Ispettore...». «La sta chiamando, venga...». «Voglio farmi... un altro giro...». «Allora cerca di non crepare... La Mustang e l'Ispettore sono tutti tuoi, bella signora...».
ALGORITMO MERCENARIO di Salvatore Conte (2024) Mister No è in ansia per la sua amica pilota Deborah Winter, scomparsa dai radar al largo dell'Isola di Trinidad, dopo essere partita dall'aeroporto di Georgetown. Comincia a fare troppe domande e questo gli attira l'attenzione di un personaggio molto pericoloso, che lo fa rapire e condurre sulla propria base. Si tratta di una piattaforma petrolifera resa invisibile da una misteriosa tecnologia.
Lo scienziato che la dirige ha intenzione di far sputare a Mister No tutto quello che abbia scoperto finora, prima di ammazzarlo. E per farlo intende avvalersi del capo del suo sistema di sicurezza armata, l'esperta mercenaria Layla Gallego, reduce dalla Guerra di Corea. Massiccia, possente, sembra valere un intero reggimento. Tra l'elmetto blindato e il lungo camicione mimetico, costellato di bottoncini spesso allentati, tra le zinne da bagascia, la pancia da scrofa e gli stivaloni neri rinforzati, la Gallego sembra un cingolato, sembra che nessuno possa fermarla. Malgrado le pallottole le abbiano spesso fischiato intorno, la pelle non ce l'ha mai lasciata. La prova, oltre che vivente, è evidente... «Quell'idiota non sa un cazzo della nostra Organizzazione: possiamo eliminarlo. Quali sono i tuoi ordini?». «Non c'è fretta, mia cara. Tra pochi giorni daremo la dimostrazione che sai e le maggiori potenze mondiali faranno a gara per acquistare la mia creazione: diventerò ricco, e tu con me. Pensa a una flotta di navi o di aerei in grado di rendersi invisibili agli occhi e ai radar, proprio come la nostra base...». «Sei un genio, ma ricordati che solo io posso garantirti la sicurezza di cui hai bisogno». «Non l'ho mai dimenticato, mia cara: so di avere assunto il migliore nel campo».
Mister No ha il solito colpo di fortuna: un naufrago giunge in suo soccorso e lo libera. I due studiano un piano: tramortiranno una sentinella e uno di loro, cioè il naufrago, che si chiama Lopez, ne vestirà l'uniforme e farà finta di condurre l'altro, ovvero Mister No, al cospetto del capo, nella speranza di poterlo bloccare, prima del suo prossimo esperimento. Poi penseranno a liberare Deborah. Lungo il percorso, però, incontrano una pattuglia che non si lascia ingannare; ne scaturisce uno scontro a fuoco che scatena l'allarme generale. «Me ne occupo io», dice la Gallego al suo capo. «Stai attenta, non esporti troppo». La donna annuisce e lascia la sala comando della base, seguita da un paio di uomini.
Mister No e Lopez sono però inarrestabili. Armi in pugno, si fanno strada verso il loro obiettivo. La Gallego teme per la propria vita e batte in ritirata; ma portandosi appresso l'amica di Mister No, con l'intenzione di usarla come ostaggio. «Forza, sgualdrina!», le ringhia contro. Le due donne si avviano verso la sala controllo della base. «Dannazione! Sono rimasta senza uomini! Però abbiamo lei... chiudiamoci dentro!». Detto-fatto, la potente mercenaria aziona il comando di chiusura.
Ma è troppo tardi! Mister No e Lopez sono dentro! «Non sparare, ci penso io!», urla lo scienziato alla Gallego. Temendo per le sue preziose e avanzate apparecchiature, il capo della base lascia andare la Winter, ma solo per prendere tre piccioni con una fava. Perché dal soffitto si sprigiona un raggio verdognolo che avvolge e immobilizza il terzetto.
Eccitato dalla situazione, lo scienziato dà ordine di anticipare l'attacco dimostrativo già programmato per impressionare le potenze mondiali interessate all'acquisto delle sue invenzioni. Uno stormo di elicotteri, in stato di invisibilità assoluta, attaccherà le maggiori città dei Caraibi, mentre una V-2 adeguatamente potenziata sarà lanciata verso gli Stati Uniti. «Noi seguiremo tutto da qui, mia cara, nessuno potrà fermarci!». La folle risata dello scienziato risuona nella sala comando. In risposta, la Gallego si palpeggia le zinne. «Dannazione! Si arrendono senza combattere! Vigliacchi!». «Vado io!», esclama la mercenaria. «No... servirebbe a poco. Dobbiamo fuggire... andiamo... Qualcuno ci ha tradito, ma la pagheranno cara!». I militari dell'ONU dilagano nella base e riescono a disattivare il congegno che tiene bloccati Mister No e i suoi amici. Il conto alla rovescia della V-2, però, prosegue. Non si riesce a capire come fermarlo. L'idea è quello di catturare lo scienziato e obbligarlo a interrompere il decollo della V-2. «È protetto da quella mignotta di Layla Gallego, non sarà facile fermarlo!», esclama Mister No. Finalmente viene scoperto un passaggio segreto che conduce al livello dell'acqua. Ma è troppo tardi: i due sono fuggiti. Non c'è dunque modo di fermare la V-2. L'unica cosa da fare è allertare la contraerea degli Stati Uniti, affinché cerchi di abbattere il missile prima che raggiunga l'obiettivo. Il tratto di mare interessato dalla fuga dello scienziato e della mercenaria è battuto da diversi elicotteri militari. L'ordine è di sparare a vista, anche se a bordo dell'imbarcazione in fuga dovesse esserci Layla Gallego, considerata una personalità importante. «Dannazione! Ci sparano addosso! Non possiamo nemmeno arrenderci... Ma adesso li sistemo io!». Con una raffica rabbiosa, la donna colpisce uno dei due elicotteri che li hanno intercettati; il velivolo inizia a fumare e in breve tempo si abbatte contro la superficie dell'acqua e si inabissa. L'altro però risponde e alcuni colpi di fucile mitragliatore raggiungono in pieno la Gallego, che a sua volta ha ancora la forza di reagire e centrare la postazione del pilota, che si accascia sui comandi, facendo schiantare il velivolo. Lo scienziato si volta: le ferite della donna sono mortali, però stavolta l'ha salvato. Poco dopo viene avvistato un peschereccio. Il piano che nasce nella testa del pazzoide è quello di salire a bordo e corrompere i marinai affinché lo nascondano; poi inscenerà l'affondamento del suo motoscafo. La donna è ormai spacciata, ma almeno morirà su una branda. Il professore è al capezzale della Gallego, le gambe sollevate per mandarle sangue al cuore. Si è fatta sbottonare il camicione mimetico, per morire da mignotta. «Sono... ancora... la migliore...», con le mani sporche di sangue, si palpeggia il seno. «Sì, ma risparmia il fiato...». «Io... li ho fatti fuori...». «Sei stata potente... non se l'aspettavano...». «Stavolta... lui... mi ha tradito...». «Lui, chi?». Non risponde. «Lui...», ripete solo questo. «È un mercenario... anche lui...». «Motoscafo intercettato e affondato. La Gallego e il professore pazzo sono rimasti uccisi, anche se la donna è riuscita ad abbattere due elicotteri, prima di rimanere colpita». «Stavolta la sua sporca carriera è finita: non poteva andarle sempre bene.... Ma che tigna rabbiosa, fino all'ultimo, quella donna...».
di Salvatore Conte (2024)
«Ne hanno quasi ammazzata un'altra».
«Un'altra di cosa?». «Un'altra zoccola. Una certa Paola. Due colpi alla schiena, e poi un terzo con la pistola infilata nel culo. Però è arrivata viva in ospedale». «Io non sono una zoccola, Ispettore...». «Già, tu spacci anche... e uccidi... sei una piccola gangster... Layla...».
«Io non sono piccola in niente... Ispettore». «Ma io ti copro... se tu ti scopri... lo sai... Però ora sei in pericolo». «Davvero? Un gangster in pericolo, perché gira uno psicopatico sadico?».
«Non ci scherzare troppo, Layla. Di un po'... non ti sembra strano che sia sempre notte?». «Non lo so, io di giorno dormo». «Quand'è stata l'ultima volta che sei andata al mare?». «Ma non so... posso andarci quando voglio...». «E questa città... non ti pare strana? C'è sempre traffico, a tutte le ore, si va sempre piano, pare di girare in tondo, ma i palazzi sembrano vuoti, e non accade mai niente di importante, a parte i soliti omicidi; tutte queste persone... dove vanno? Che fanno?». «E io che ne so? Non lo vengono mica a dire a me. Io mi occupo solo di quelle che entrano in questo bar. Sei tu l'Ispettore... dai... andiamo da me...». Una proposta difficilmente rinunciabile. «E se un giorno andassimo al mare?». «Io di giorno dormo. Però va bene, dormirò sulla sdraio». «Senti, Layla... ma con tuo marito è finita sul serio?». «Certo, perché?». «No, niente, solo una sensazione. Lo sai che non mi ricordo più la strada per Shell Beach? Tu, Layla... te la ricordi?». «Mah... in questo momento, no». «Allora prendiamo un taxi...».
«Incredibile: neppure il taxista si ricordava la strada per Shell Beach. Però io so che ci arriva anche la metro. Andiamo...».
«Credo che quel pazzo abbia ragione, Willy. Sembra che raggiungere questa fottuta spiaggia sia diventato un problema». «Voglio vederci chiaro in questa storia: andiamo a pizzicare un tale che a Shell Beach ci va spesso...».
«Per tua fortuna giro sempre armata, Willy... Altrimenti quello ti portava con te... e io rimanevo senza copertura. Ma che banda di tossici sono?». «Se non lo sai tu...». «Non è il mio giro, io spaccio roba pulita». «Comunque la gita al mare è andata a puttane, ma almeno adesso ho capito il perché di questo maledetto traffico: la viabilità esterna non riceve! Leviamoci da qui, Layla, e accontentiamoci del cinema...». |