Goldrake: Requiem per una Direttrice corrotta La vecchia sorcona e il funerale dei topi di Salvatore Conte (2024) Non ci sono soltanto i Signori della Guerra. In Congo c'è una Signorona della Guerra - con allusione all'indubbia prestanza - e si chiama Anna Frazer.
Da
semplice casalinga sexy dalle forme perfette, si è trasformata in pochi anni in
una cessa ambiziosa e supponente. Addestrata dalla Spectre e assegnata alla Divisione C (Contro-spionaggio), è di stanza in Congo per coprire i traffici sporchi delle grandi compagnie. Anna ha con sé, quale luogotenente, una vecchia pornostar in pensione, la famosa Kelly Madison.
Le due, insieme, se la tirano parecchio. E i loro uomini ci scherzano sopra. La curiosità maggiore dei maschi riguarda la loro capacità di assorbimento, le qualità da incassatrici, come si dice nell'ambiente dei mercenari.
«Per me è una buona incassatrice, non dico che sia una corazzata, ma - quantomeno - non crolla come una puttana qualunque, al primo o secondo colpo», una delle tante opinioni sussurrate intorno al bivacco, con riguardo ad Anna. «Kelly ha il diavolo dentro, per me sa incassare molto bene». L'occasione per verificare i pronostici della truppa arriva presto. La giungla è un brutto posto, non c'è rispetto per nessuno, nemmeno per due belle puttane come Anna Frazer e Kelly Madison. Il clima è teso, il ritmo è frenetico. Un plotone nemico ha attaccato la miniera abusiva.
Anna reagisce prontamente, alla testa dei suoi uomini, le zinne ballonzolanti all'interno del camicione, la voglia di fare buona impressione sul suo ammiratore segreto: James Bond. Ma il fuoco si indirizza su di lei. Vogliono fotterla. Con tre-quattro colpi al bersaglio grosso cominciano a rallentarla... E con un altro ben piazzato la mettono col culo a terra.
Anna rimane isolata dal resto dei uomini,
chi era vicino a lei è crepato, Kelly guida un'altra squadra. Anna ha paura di essere fottuta, ma non vuole nemmeno pensarci. Matthew Tusk esce allo scoperto. Ormai ce l'ha in pugno. Un signorino della guerra, per certi versi. Ma forte e palestrato, con gusti ambivalenti. Lei è appoggiata con la schiena a un tronco d'albero, le braccia incrociate sulla pancia.
Lui è spuntato fuori con il mitra
spianato. «Il gioco... lo comandi tu... Mat...», affanna. «Quelle batterie... all'inferno...». Anna Frazer parla. E di corsa. Lui, intanto, le infila le mani nel camicione allentato e le strizza le zinne pulsanti voglia di vivere. Quando ha finito di parlare, le tampona i buchi come promesso e le fa una siringa di morfina, ma molto leggera. «Così durerai di più...».
«Che vuoi fare... adesso...?»,
gli chiede. Lei ci sta. Resistere servirebbe a poco. Ma soprattutto vuole convincerlo a non freddarla. Anna non è mai stata molto umile nella sua vita. Si sente sempre una gran fica ed è convinta di potersi ancora salvare. Lo lascia fare, per accreditarsi presso di lui.
Intanto Kelly dovrebbe essere sulle sue tracce, se non è
costretta sulla difensiva. Si tratta di un'eliambulanza mercenaria, anonima, che svolge questo servizio, dietro lauto pagamento, a qualunque milizia lo richieda.
«E va bene, Anna... ho capito quello che hai in mente». Esce e depone il telefono satellitare a qualche metro di distanza. «Chiamati l'elicottero», la voce è fredda, ma la Signorona della Guerra intravede la salvezza: è questo ciò che conta per lei. La Frazer comincia a strisciare come una grossa biscia verso l'apparecchio. Per una nelle sue condizioni non è facile coprire quei metri. Mat si gode tranquillo la scena: la scia si sangue che le fa da ombra, mentre struscia e ancheggia. Improvvisamente lo schermo del telefono si illumina, ma non è facile per lei - con gli occhi appannati dalla morte - leggere cosa dica.
Mat si avvicina velocemente, un occhio sull'apparecchio per
controllare chi stia chiamando. «Sì, è fottuta, stecchita». E chiude. «Mi dispiace, Anna, ma come forse avrai capito, il mio committente mi ha ricordato gli impegni assunti. Hai fatto troppa strada, ultimamente. E qualcuno ha deciso di fermarti». «Aspetta... digli che...». La fissa divertito.
La sua agonia lo eccita.
Tusk
si siede dietro di lei, così può farla sdraiare sul
petto. «Sono un professionista e ho un contratto da rispettare...». «Ma le mie zinne... ti piacciono... lo so...». «Sono eccezionali, Anna, anche se hai la tua età», e infatti le strizza per bene. «Ma devo farlo, capisci? In ogni caso, non ti rimarrebbe molto tempo. Hai lo stomaco spappolato e te ne andresti in meno di mezzora...». «No... io non voglio morire... cough.... ti prego... posso ancora provarci... Mat... non farlo... cough... io sono tua...», Anna è colta dal panico, vorrebbe salvarsi a tutti i costi. «Sei una bella tentazione, Anna. Ma la senti questa tosse? Stai morendo...
Adesso vedi di crepare con un briciolo di dignità, mi hai
stancato». Se spari... cough... m'ammazzi...
Fai il bravo...», Anna cerca delicatamente di spostare la canna della pistola
dal fianco.
«Non ti rovino le zinne, Anna...».
Mat si rialza di colpo, rovesciandola a terra. Sa che la sta ascoltando. Ma lui, con gesto trionfante e rabbioso, le strappa dal collo una delle piastrine gemelle di riconoscimento.
È la prova per il committente, lo scalpo di latta della Signorona. Sta per allontanarsi, quando gli rimbomba in testa quel "muoio" così sensuale. Gli ha messo addosso una strana frenesia. La curiosità quasi lo uccide più delle pallottole che Anna stessa avrebbe voluto piazzargli addosso. Torna indietro e torreggia sopra di lei. Non si era sbagliato. Lo sguardo è ghiacciato e la bocca spalancata per la mortale sorpresa, ma nonostante il colpo a bruciapelo che le ha distrutto gli organi interni, la Signorona è ancora aggrappata alla vita. Costernato, incredulo e improvvisamente in ansia per la sorte di Anna, si cala i pantaloni e in pochi secondi schizza fuori tutta la sua frenesia. «Alla fine hai vinto tu...», la bacia sul collo e in bocca, succhiando il sangue che le sale in gola. «Riesci a parlare? Chiamo l'elicottero, Anna...». E lo fa sul serio. «Ti prego, parla... di' qualcosa...». Tusk sa benissimo che quando l'elicottero arriverà, troverà cadavere la Signorona, ma stavolta è lui che vuole illudersi, con le mani premute sui buchi e il massaggio cardiaco già eseguito due volte. Anna non è più riuscita a parlare. La sua ultima parola è stata "muoio": una triste ammissione per la vecchia troia sbottonata che piaceva a James Bond, anche se ancora sta provando a smentirsi. «Con me imparerai a tenere i bottoni chiusi», le sussurra all'orecchio Matthew Tusk, prima di iniziare il terzo massaggio cardiaco, appena dopo un preoccupante rantolo della Signorona.
di Salvatore Conte (2024) I vecchi sdentati che vivono fra i cactus saguaro all’ombra delle rocce rosse, giurano che al di là del confine trasformano l’acqua in vino e che un giorno non troppo lontano potranno berne anche loro fino a sbronzarsi, ma non sanno che sono solamente miraggi, come le oasi di acqua che s’illudono di vedere in fondo all’orizzonte.
Qui, ai piedi delle Superstition Mountains, non c’è niente che appare com’è
veramente, anche le croci sono diverse, ne sa qualcosa Tom Mullen, un rapinatore
di banche venuto apposta dalla vecchia Europa per morire nel Far West.
Quasi cinquantanni, occhi neri e capelli corvini sotto le spalle, un corpo
solido con tutte le forme al posto giusto.
«Comunque la tua botta di culo è un biglietto che
ho trovato nella sacca del mio cavallo, mentre era legato fuori da un saloon».
Janet, la Vacca di Tucson, cinquantanni portati eroticamente a spasso per
tutta l’Arizona, pantaloni dentro gli stivali neri e una camicetta rosa che
lascia sempre aperta (sbottonata in maniera esagerata) per mostrare il suo grasso fisico da ex ballerina di saloon
e di camera a ore, con
un seno flaccido e sfruttato che balla anche senza l'aiuto di un carillon.
E stavolta l'ha centrata allo stomaco, come
lei aveva centrato Kelly. PARECCHI ANNI DOPO
I vecchi sdentati continuano a vivere fra i
cactus saguaro sotto l’ombra delle rocce rosse, e spergiurano sempre che un
giorno ormai vicino andranno al di là del confine dove sanno come si fa a
trasformare l’acqua in vino.
Allora, vecchio? Ce l’hai o no una storia interessante da raccontarmi?».
Lo straniero continua a chiedermi se ho una storia abbastanza
interessante da raccontare», sputa aria in terra. «Beh, cowboy, drizza bene le
orecchie e stammi a sentire, per tutti i diavoli dell’Arizona! Di storie
interessanti da raccontare ne avrei quante ne vuoi», si pulisce la bocca con il
dorso della mano. «Storie di sporchi nordisti contro sudici sudisti, storie di
rapine alle banche quando per farlo bisognava avere le palle grosse come i
cactus saguaro e dure come le rocce rosse, storie di pallottole prese e
restituite», guarda verso l’oste. «Restituite sempre con gli interessi, giusto,
Sal? Potrei raccontartene una a caso, straniero, e ci farei comunque bella
figura», si fa serio. «Ma oggi voglio essere generoso e ti racconterò l’unica
storia che non potrò mai scordarmi, neanche diventassi rimbambito come Jack il
maniscalco».
In quel momento avevo ucciso la Vacca di
Tucson...»,
tira un lungo respiro e ricomincia.
«Ma non morì subito. Proseguirono a baciarsi, fregandosene di tutto, anche delle pallottole che
avevano in corpo, e che io sia dannato se non fui costretto a svenire per non
continuare a vedere quella scena».
Sì, Tom, l’ha appena fatto, ma lo
sapevi da trentanni che sarebbe finita così. di Salvatore Conte (2024)
Il bambino, bendato, estrae la carte. Anna Frentzen adesso ti fotte... hai qualcosa da dire?».
«Puttana... ti faccio esplodere
al primo colpo...».
Delusione tra i suoi tifosi.
Preme per bene la canna del grosso revolver contro lo stomaco di lei: praticamente in mezzo alle tette
penzolanti, la camicia sbottonata in maniera aggressiva, come sempre.
Se parte il colpo, per lei è finita, non
troverebbe scampo, neanche con tutto lo staff medico pronto a intervenire.
A nulla servirebbero gli immediati soccorsi, pronti a bordo scena con maschera dell'ossigeno, tamponi e plasma.
È scontato che la Frentzen avrebbe subito dalla sua parte un
collezionista che alzerebbe il braccio - come in una battuta all'asta - per
pagarle le spese mediche.
Nessuno alza il braccio per lui. Anna lancia uno sguardo verso un'ombra sugli spalti.
E si strofina languida lo stomaco.
TRE MESI DOPO
«È il momento di osare, mie care... Controllate che tutto sia in regola, non voglio errori. Tra poco avrà inizio l'Operazione Atlantide!».
Karl Stromberg ha le idee chiare e per realizzarle si è affidato alla Spectre, che gli ha fornito due tra le sue migliori Agenti: Greta Thorne e Anna Frentzen, della Divisione T (Terrorismo). Quest'ultima - fisico da super puttana e lavoro da segretaria come copertura - è anche Campionessa di Senza Stomaco, un gioco letale rivolto ai ricchi vip dell'elite mondiale. Dalla sua immensa petroliera, che è in grado - letteralmente - di fagocitare i sommergibili nucleari delle grandi potenze mondiali, l'illuminato Stromberg sta per accendere una guerra atomica. L'unico in grado di opporsi è come sempre l'Agente Britannico, con licenza di uccidere, 007. Ha già trovato il modo di salire a bordo della Liparus e comincia a creare scompiglio tra gli uomini di Stromberg.
E in bocca a un cadavere ha lasciato un biglietto. Morto che parla: James è a bordo «Allora è lui l'intruso... Anna, pensaci tu. E non commettere errori. Greta, tu rafforza la sicurezza in sala controllo».
Stromberg impartisce gli ordini alle Agenti della Spectre. Come terzo lavoro Anna distrugge il mondo «Stronzo...». L'Agente Speciale della Spectre ha letto il biglietto. «Dobbiamo trovarlo, forza...». La Frentzen avanza guardinga lungo gli immensi corridoi della petroliera, preceduta dai suoi uomini; se James Bond fosse davvero sulla nave, sarebbe un pericolo mortale per tutti loro, lei compresa. Un brivido gelido le corre lungo la schiena. Se è lui, è un avversario letale. Potrebbe decidere di farla fuori, anche se ha un certo debole per le belle donne e viene a vedere le sue partite a Senza Stomaco. «Ehi... James... sono convinta che tu mi senta...
So che vieni a vedermi, quando mi gioco la pelle... Fai il tifo per me, o speri di vedermi crepare? Se il mondo ci sarà ancora, il mese prossimo difenderò il titolo di Campionessa e incasserò sei milioni di dollari. Io e te ci rispettiamo, vero, James? Tu non spareresti a una donna come me, vero?
Se spari, tu spari per uccidere. Chissà come mi sentirei con una tua pallottola addosso... Farei subito un check… Tu sai cos'è un check, James? No, penso di no, uno come te non lo sa. Il check è quando controlli quanto ti manca da vivere, e il tuo sguardo si perde per un attimo nel vuoto, mentre aspetti ansioso la risposta. Perché uno se la sente in quei momenti… Io rimarrei molto delusa nel sapere di avere poco da vivere. Farei di tutto per salvarmi. E a una come me, nessuno dice no...». Mentre prosegue la perlustrazione, la Frentzen continua a parlare, stirandosi addosso la camicia sbottonata aggressivamente fino allo stomaco, da spudorata vacca, rivolgendosi a James Bond come se lui potesse ascoltarla e vederla.
«Guarda quanta carne ho per te... James...!
Ti piacerebbe provarla? Stromberg ti metterà in gabbia... niente di più... Sei troppo famoso per essere liquidato...
E io? Pensi che io potrei fare una brutta fine? Però come cadavere mi troveresti un po' troppo fredda... non è vero, James?». Intanto, però, sulla sua strada trova un altro miliziano morto.
«No, James... da te questo non me l'aspettavo... Vuoi liquidare anche me, vero? Perché invece non troviamo un accordo?». STUMP! Un sibilo metallico e un altro cadavere. «Okay, James... I miei uomini si ritirano.
Io verrò avanti a mani alzate e tu farai lo stesso. Adesso abbasso le braccia, James.
Ma non ho armi in mano, lo vedi, no?
La sai una cosa? Mi hanno proposto lo Shanghai Lady Remix...
«Ci si mette dietro un vetro per riprodurre la famosa scena. Conosci il concetto di collezionista? Magari lo sei tu stesso, e nessuno lo sa.
Il collezionista è un tale ricco che va a caccia di belle
donne, però particolari, con qualcosa di speciale, e allora le sponsorizza in
qualche maniera; perché le cose belle sono poche e vanno conservate.
È un bel progetto, comunque, interessante come Senza Stomaco.
Nessuno sa come sarà la propria morte, ma a me piacerebbe stirarmela un po', con un bell'uomo che mi tenga la mano.
Un colpo nello stomaco, all'utero, nelle budella: quello
sarebbe un colpo giusto per me.
Chissà come me la caverò,
quando toccherà a me...
Sono ancora una bella ragazza, in
fondo. Sarebbe stupido, James. Perché ora sono certa che tu sia davvero tu... Un altro mi avrebbe già liquidata. Solo il grande James Bond può riconoscere una donna altrettanto grande...», e si umetta il labbro, convinta di aver fatto colpo e di essersi salvata la pelle. L'Anna Frentzen Show durerà più di dieci minuti «Sì, James... lotterò fino all'ultimo... perché io... non voglio morire...», e si strofina lo stomaco. Forti boati in successione introducono l'ultimo messaggio. Iceberg a poppa: si salvi chi può? No: solo le tette che possono! «Caro... mi fai bagnare...», sussurra tra sé la gran puttana.
«Se devo andare a fondo, voglio farlo alla maniera di Rita Hayworth...», sussurra Anna, con le tette ormai in salvo... Il dialogo silenzioso ha funzionato.
di Salvatore Conte (2024) «Che cosa cerca esattamente, mister Reed?». «E me lo chiede, signora? Risposte a questo gran casino... Lei non è preoccupata?». «Perché dovrei? Forse le cose andavano meglio, prima?». A mister Reed manca la risposta. A lei, niente. «Te la regalo, ma non montarti la testa». «Grazie, capo. È stupenda». «Lui la usava per le esecuzioni. E tu farai altrettanto». Oakmont affonda. Ma chi rimane cerca di adeguarsi in fretta. Venezia non è forse la città più invidiata al mondo? Il potere è potere, sulla terraferma o sull'acqua. E se qualche rivale batte in ritirata, tanto meglio. È così che la pensa Joe Denton. Anzi, bisogna approfittarne. La polizia non ha tempo per i soliti controlli. E se la città adesso rende meno, bisogna aumentare la quota di controllo: dal 50% al 100%... «Anna... ci sei?», Fred la chiama a gran voce.
«Che succede?». Arriva tosta e aggressiva, con un tommy-gun sottobraccio, sicura del fatto suo, sicura che nessuno oserebbe spararle addosso, la camicia sempre sbottonata fino allo stomaco, le tette bene in vista: è Anna Frentzen, la gran fica di Oakmont. Impiegata di successo all'archivio dei giornali, ma soprattutto segretaria e amante di Joe Denton, uno dei due boss della città. Forse non più avvenente come qualche anno prima, ma pur sempre la Frentzen... «Ci hanno attaccato...! Joe è morto... sono morti tutti...». Nessuna reazione. «Sei sicuro?». Annuisce. «Tu sai questo cosa significa, Fred?». «Che sono morti tutti...». Tanti muscoli, ma poco cervello.
«Che tra poco saremo morti anche io e te. Perché Walker verrà qui ad aprire la cassaforte. Ma c'è qualcosa che noi possiamo fare... Aprirla, svuotarla e tagliare la corda... Sei con me, Fred? Sono io il capo, adesso. Ricostruiremo la banda», lo fissa seria, attendendosi la sua sudditanza; in alternativa, lancia un occhio al tommy-gun, pronta a usarlo, se necessario. «Non abbiamo altra scelta, Anna. Ma io e te...». «Niente vincoli, Fred. Sono una donna libera. Vedremo. Voglio sapere che intendi fare, non abbiamo molto tempo...». «Va bene, boss...», e le bacia la canna del tommy-gun, come si usa in queste circostanze. La Frentzen non perde altro tempo. Apre la cassaforte e mette in una borsa le mazzette dei dollari. È il tesoro della banda. RAT-RAT-RAT Fred rientra nella stanza crivellato di colpi. La Frentzen capisce all'istante: «Dannazione, sono già qui...». «Anna, non voglio ammazzarti! Vieni giù con le mani in alto. Oppure vengo a prenderti! E allora potresti beccarti qualche pallottola! Sarebbe un peccato lasciarti qui cadavere! Un peccato per tutta la città!». «Ascolta, Fred... mi dispiace, ma ormai sei fottuto. Devi farmi un favore, o ci rimetto la pelle anch'io... Me ne vado dal cornicione, alla peggio mi faccio un tuffo. Tu, però, devi cercare di trattenerli, okay? Addio, Fred... e grazie...», lo bacia veloce sul labbro e fa per andarsene, puntando la finestra. È sicura, troppo sicura di sé... Fred è in agonia, steso su una poltrona nello studio di Joe Denton. «Anna...!». Si volta, senza sospettare nulla. «Tu... verrai con me...». «No...!», adesso ha capito.
POW Un colpo di revolver nello stomaco, quasi in mezzo alle tette! Lo sguardo ghiacciato, scivola lungo la parete e finisce col culo a terra, lasciando un'orrenda scia di sangue sul muro... È una vista che fa rabbrividire! È assurdo, ma non ci sono dubbi... È la fine di Anna Frentzen! «Anna... che combini? Sto venendo a prenderti!». Poco dopo se la ritrova con la bocca spalancata, il corpo che restituisce dei sussulti quasi meccanici, gli occhi sbarrati. La scena del delitto è chiara, Fred è crepato, ha sparato sulla Frentzen insieme all'ultimo rantolo; lei voleva portarsi via i soldi. Lui la voleva per sé, come tutti; e non potendola più avere, se l'è portata dietro; all'inferno; e ha usato un rivoltella speciale per farlo: Walker riconosce subito la calibro 38 con il calcio in madreperla appartenuta ad Al Capone, e se la infila nella tasca; da ora diventerà famosa per altro; poi si sposta verso Anna e torreggia sul donnone, cercando di dominarsi. Gli sembra assurdo pensarlo, ma Anna Frentzen è rimasta uccisa. Chiamare un motoscafo-ambulanza servirà a poco. Si abbassa e le prende la mano. «Un asciugamano, presto...», dice ai suoi uomini. «Se il telefono funziona, chiamate un'ambulanza... specificate che si tratta di Anna Frentzen e che ha molta fretta...». Non serve a molto, ma le tampona lo stomaco e le blocca le cosce a terra, perché si scuotono convulsamente. «John... volevo... il mio impero... Tu... tu... non avresti... mai... sparato...
John... io... non so... come fare... nhh... non... nhhh... non voglio... morire... John...». «Ho chiamato l'ambulanza, sarà qui a momenti...». «Capo... l'acqua sta salendo... e anche piuttosto in fretta...». «È la marea, idiota! Fatemi sentire cos'ha da dire». Lei vorrebbe tentare; ma il tempo stringe. «John... l'ambulanza...». «Adesso arriva, Anna...». «John... nhh... voglio... salvarmi...». «Ti salverai». «John... io... nhhh... io... ho paura...». «Devi stare calma, Anna. O perderai il controllo». Splut! La Frentzen vomita un grosso fiotto di sangue... «John...», biascica ancora il suo nome. «J...o...h...», e lo ripete, molto più lentamente, come una conferma; l'ultima lettera, però, le si strozza in gola; la Frentzen rimane a bocca aperta, a fissare non si sa cosa. Walker le passa la mano davanti agli occhi. E smette di premerle l'asciugamano contro lo stomaco bucato. Si rialza e annuncia ai suoi: «Anna Frentzen è morta, ragazzi. Ha lottato per qualche minuto, non voleva arrendersi, ma non ce l'ha fatta». Ormai l'avevano capito, ma giunge comunque un brusio di stupore. «Si è beccata una brutta pallottola, non poteva salvarsi. Meglio per lei se non c'ha messo molto, inutile farsi sbudellare in ospedale, in questi casi. Comunque non siamo stati noi. Hanno fatto tutto fra loro. Uno dei ragazzi di Denton ha sparato contro la Frentzen. Scommetto che volete vederla. Fatelo, ma senza toccarla, né perdere tempo. Un'occhiata e via, perché dobbiamo andarcene». L'acqua lambisce il prestigioso cadavere. «Grandissima puttana... spettacolare vederla crepata...». «Stavolta le ha girato tutto contro...». «Però dallo sguardo pareva convinta di potersi salvare: sembra ancora non capire quello che le è successo...». Sono i commenti della banda. «L'ambulanza è arrivata, capo». «Ditegli che la Frentzen non ha più tanta fretta. Basta una lettiga da obitorio. E che lascino questo maiale alle piovre». Uno degli infermieri controlla gli occhi della donna, poi insieme all'altro la carica sulla barella e le stende addosso - fino in faccia - un lenzuolo mortuario, che si adagia funesto sulle grosse forme dello spettacolare cadavere, e si macchia subito di lordura rossastra nella zona dello stomaco. Mentre la caricano sul piccolo motoscafo-ambulanza, un braccio si stacca dal corpo e rimane a penzolare macabro dal bordo della lettiga. Sembra il saluto di Anna Frentzen a quella platea silenziosa che la vede sfilare via cadavere, senza il brivido di una disperata corsa in ospedale, con la notizia fatale dilatata di un'oretta, tra smentite e conferme. Qui non ci sono rinvii: la Frentzen ha il lenzuolo sulla faccia... L'ambulanza riparte senza urgenza, diretta all'obitorio di Oakmont. «E così la famosa Anna Frentzen è rimasta uccisa?». «Sì, caricata morta sull'ambulanza... con un grosso buco nello stomaco... Voleva scappare con i soldi di Denton. La super puttana di Oakmont adesso riceve visite all'obitorio». «Strano che una del genere si sia fatta fregare così». «Nessuno è perfetto. Ha tirato troppo la corda. Ma era ancora viva quando è arrivato il capo.
Non voleva proprio crepare, stando a
quanto mi hanno raccontato. Era disperata, ansiosa, le cosce rimbalzavano sul pavimento. Ma non è durata a lungo: è salita morta sull'ambulanza. Anna Frentzen è affondata... insieme a questa città... Stavolta ha trovato qualcuno che ha avuto il coraggio di spararle addosso, e che l'ha centrata...». «Un peccato per Oakmont, ti confesso che quando andavo all'archivio dei giornali mi bagnavo tutto nel vederla... sempre sbottonata fino allo stomaco... che mignottona...». «Non posso certo darti torto... era una gran puttana; sempre in giro allentata, senza reggiseno, con le tette molli a penzoloni... Ma si è montata la testa e l'ha pagata cara». «Ehi...!». RAT-RAT-RAT «Che c'è?». «Un tentacolo...». «Maledette bestiacce. Teniamo gli occhi aperti...». «Tu hai capito perché siamo qui?». «Certo che l'ho capito. Questo era il quartier generale di Denton: i suoi uomini sono quasi tutti morti, compreso lui e la Frentzen, ma qualcuno potrebbe ancora farsi vivo... Il capo vuole essere sicuro che nessuno riprenda in mano le redini della banda». «È rimasto poco, comunque. Lo stabile è mezzo sommerso». «Tutta la città è mezza sommersa...». «Ehi...!». «Ancora?». «Ma...!? Ma quello non è il cadavere della Frentzen?». «Cristo Dio! Hai ragione, è lei... Che è successo all'ambulanza? La corrente la sta portando in giro, allentata come sempre...».
«Perché non la tiriamo su?». RAT-RAT-RAT «Dannate bestiacce...». «Che fai?! Stai attento, l'hai colpita?». «Che importanza ha? Comunque adesso controlliamo... Si è infilata nella finestra di sotto... andiamo a prenderla». «Ha solo il buco nello stomaco... non l'ho presa, ho sparato alla piovra, altrimenti se la portava via». «Povera mignotta... ridotta così non sembra più tanto invincibile...». «Le piovre devono aver attaccato l'ambulanza. Quei mostri sono dannatamente pericolosi! Da dove escono fuori? Perché il Sindaco non fa qualcosa? Prima eravamo noi i mostri della città e ci combatteva con tutti i suoi agenti... ma adesso? Perché non combatte i nuovi mostri?». «Quella è roba da Guardia Nazionale, ma di Oakmont non frega niente a nessuno, e forse è meglio per noi. Quando l'acqua si ritirerà, andranno via anche le piovre; a meno che non imparino a camminare...». «Ascolta... non ti sembra che la Frentzen abbia un colorito un po' troppo... diciamo verdognolo...?».
«Per forza... è caduta in acqua. Tutto quello che accade in acqua diventa verdognolo...». «Ne sei sicuro? Forse dopo tre o quattro giorni, ma qui non è passato molto tempo». «Che vuoi che ti dica? Faccio il gangster, non il biologo marino». «Cough!». «Ti è tornata la tosse, Bill? Questa dannata umidità ti entra nelle ossa». «No, perché?». «Hai tossito...». «Non ho tossito». «Ti dico che hai tossito. Ma non è una colpa. Può capitare». «Cough! Cough!». «Ecco... capita...». Bill e Jim rimangono a bocca aperta. Anna Frentzen ha tossito...! «Oddio... la Frentzen...». «Signora Frentzen... stia calma...». «Cerchiamo noi di stare calmi... Che succede? Non era morta?». «Non lo so, io non c'ero. So solo che quando voglio essere sicuro, io gli sparo un colpo di grazia in testa». «Credo che ci sia un nesso con questo strano colorito verdastro... Quelle piovre sono strane, nessuno le conosce. Quando hanno attaccato l'ambulanza, i loro tentacoli devono aver afferrato la Frentzen; guarda questi grossi segni sul braccio... Forse le hanno iniettato qualcosa... qualcosa che l'ha stimolata al punto di rianimarla...». «Sì, ma che facciamo adesso? Respira appena... e il buco nello stomaco è rimasto...». «Deciderà il capo cosa fare». «D'accordo, cerchiamo di stare calmi...». «Jim...!». «Che altro c'è, adesso?». «Chi cazzo è quello? Sta puntando verso di noi». «È un investigatore privato, un certo Charles Reed, un tipo strano; fa strane domande in giro, crede che tutto questo sia opera di una setta... che avrebbe risvegliato un certo Dagon... un pesce più grosso del nostro capo, uno che fa le scarpe di cemento a tutti». «Un ficcanaso, insomma... Ci penso io». «Va bene, ma senza far rumore, okay? Abbiamo cose più importanti da gestire, adesso...». «Mi chiamo Charles Reed e sto indagando sull'omicidio di Anna Frentzen. La polizia di Oakmont mi ha delegato le indagini, poiché non hanno abbastanza uomini. In seguito a un regolamento di conti tra le bande Denton e Walker, è emerso che la donna sia rimasta uccisa in questo stabile. Faceva l'impiegata all'archivio dei giornali. La moto-ambulanza su cui viaggiava il suo cadavere è stata attaccata da alcune piovre, che hanno trascinato in acqua il corpo. Gli infermieri sono giunti all'ospedale in stato di shock. Di tutto questo lei sa qualcosa? Perché si trova qui, su una scena del crimine? E perché ha con sé un'arma a ripetizione?». «Mi dispiace, detective; ma non ne so proprio niente; questo giocattolo mi serve per difendermi e non vedo scene del crimine: in genere mettono dei nastri colorati, gialli se non sbaglio». «La nomino assistente alle indagini. Mi aiuterà nella mia ispezione. Pare che la Frentzen sia rimasta uccisa da un colpo d'arma da fuoco che l'ha raggiunta allo stomaco. Io voglio sapere chi le ha sparato e perché. 54 anni, origini italiane, divorziata, molto chiacchierata in città, definita "l'amante del boss", con riferimento a Denton. Il padre è stato avvertito con un telegramma. Arriverà a Oakmont domani, per conoscere tutti i dettagli sulla morte della figlia. Ecco... qui sulla parete c'è una grossa macchia di sangue... la vede? La Frentzen è stata colpita in questo punto: un proiettile molto potente l'ha trapassata. Eccolo qui conficcato nella parete, infatti... si direbbe una calibro 38. La donna dev'essere morta sul posto, perché non ci sono altre scie di sangue, pur considerando la marea. Questo asciugamano... è intriso di sangue... Qualcuno ha cercato di aiutare la signora Frentzen. Le hanno tamponato lo stomaco, ma non c'è stato niente da fare. Possiamo desumere che non sia stata un'esecuzione ordinata dall'alto, ma un delitto incidentale, di cui al momento ci sfugge il movente. Domani il padre vorrà vedere il posto dove la figlia ha trovato la morte». «Sapevo che prima o poi avrebbe fatto questa fine, era molto ambiziosa... Ma era anche una brava donna, mia figlia... Di certo non meritava tutto questo: possibile, detective, che non ci sia stato modo di salvarla?». «Qualcuno deve averci provato, perché sopra questo divano è stato rinvenuto un asciugamano intriso di sangue; purtroppo, però, quando è arrivata l'ambulanza, sua figlia era già morta. Il colpo ricevuto non le ha lasciato scampo: una calibro 38 sparata da non più di quattro metri che l'ha raggiunta in pieno stomaco. È stata soccorsa immediatamente, non è morta da sola, le hanno tamponato la ferita, ma c'era poco da fare». «Non è da Anna arrendersi», reagisce il padre. «Di sicuro ha lottato, non è morta sul colpo». «Certamente... avrà tentato fino all'ultimo di salire viva sulla moto-ambulanza, ma non c'è riuscita, mi dispiace». «Ehi, Charles... vieni qui... dobbiamo parlare...», l'invito viene da John Walker in persona. È uno di quegli inviti che è meglio non rifiutare. «Papà... ohh... rimani... vicino a me...». «Sì, bambina mia... stai tranquilla... non ti succederà niente... Me lo sentivo che non t'eri arresa... fagli vedere chi sei....». Occhi sbarrati rivolti al soffitto della camera, volto che riflette sinistri bagliori verdognoli, bocca aperta che rivela uno strano stupore. E la camiciona sbottonata impiastrata di sangue coagulato. Lei non ci rinuncia mai. C’è scetticismo intorno ad Anna Frentzen, e non può essere altrimenti. Si teme che la situazione possa precipitare da un momento all’altro. Una marea infernale ha riportato a galla la Frentzen, ma le sue condizioni rimangono disperate. Walker viene costantemente aggiornato via telefono, il padre non la lascia un momento. Poi ci sono Bill e Joe, e l’anziana infermiera che caritatevolmente asciuga il sudore freddo della Frentzen, come si trattasse di una statua di cera che rischia di sciogliersi. E c'è anche Charles Reed, ormai sul libro-paga di Walker. Si è deciso di non portarla in ospedale: il caso è troppo anomalo. Gli effetti prodotti dall'abbraccio del tentacolo sono imprevedibili: i protocolli ordinari potrebbero aggravare la situazione. «Su, Anna…», le dice il boss, come se per la Frentzen fosse una cosa da niente l'aver lasciato mezzo stomaco nello studio di Joe Denton. Walker le ha messo a disposizione ossigeno e plasma. Il medico di fiducia della banda la visita due volte al giorno. Il boss non bada a spese pur di allungare l’agonia della super puttana di Oakmont, anche se l'obitorio pare solo rinviato. Anna ha paura, ma non invoca l’ospedale, perché non vuole morire sotto i ferri. «John… io ci provo…», ci tiene a dire, rivolta al boss. «Se vai in crisi, c’è pronto l’ossigeno. Non devi preoccuparti». Walker non vuole demoralizzarla con le previsioni del medico. «Io… ohh... non rimarrò… uccisa…». «No… te la caverai…». La asseconda. Ma ai suoi uomini dice la verità. Nessun futuro per Anna Frentzen. Finirà dove era diretta. Oakmont dovrà fare a meno di lei e trovarsi un’altra super puttana con la camicia sbottonata fino allo stomaco e le tette penzolanti. «Anna... non stai tirando troppo la corda... con il boss...?». «No, papà... lui è in pena per me... ohh... oh... dev'essere mio... Lui... deve sposare me... oh... non quella zozza... ohh... che gli sta vicino... Layla Boyle... è una mignotta... ohh... lo sanno tutti...».
«Anch'io sono in pena per te, figlia mia...»,
e le infila una mano nella camicia sbottonata, come un padre non dovrebbe.
No... non voglio... morire... oh... «È morta?», la domanda ricorrente tra gli uomini di Walker. C’è molta attesa, molta apprensione per la sorte di Anna. Li tiene tutti, o quasi, con il fiato sospeso. «Quanto manca?». Si cerca a tutti i costi di capire. «Se il padre non la lascia un attimo, vuol dire che la fine è imminente». «Io pensavo che sarebbe morta per una scarica di tommy-gun, insieme al suo boss, a letto». «No, un colpo solo, ma ben piazzato. Le ha fatto schizzare lo stomaco sulla parete. Niente di romantico. Uno dei suoi che, morendo, se l’è portata dietro». «Una fine da stupida, per certi versi. Una fine non degna di Anna Frentzen». «Non ci si può scrivere la parte da soli. Siamo attori, non sceneggiatori, sul palcoscenico del nostro destino: dobbiamo accettare la parte, anche se non ci piace. Lei non pensava certo di morire così, dopo una lunga agonia, vedova di Denton, facendo tirare il collo al padre». «Ma secondo te, la Frentzen si sta spremendo?». «Certo. Le sta provando tutte. Non vuole morire, è ambiziosa. Ma troverà la strada sbarrata». «La sua voglia di salvarsi quanto può incidere?». «Fino adesso, tanto; alla fine, però, dovrà arrendersi, come tutti. Con lo stomaco sfondato, e continue emorragie, non si può vivere». «Però al momento la situazione è sotto controllo…». «Diciamo di sì, in qualche modo si sa gestire. Ha una fottuta paura di morire. Tornata a sorpresa in gioco, non si farà eliminare tanto facilmente, ha fatto esperienza, non perderà un'occasione così grande di impressionare il suo pubblico...». «Stai diventando ottimista…». «Anna Frentzen la conoscono tutti: non è facile toglierla di mezzo. È una che non si arrende mai. Altrimenti a 54 anni non sarebbe la più grossa fica di Oakmont. Si è fatta sorprendere una volta, non credo ci caschi ancora, alla sua pelle ci tiene, la vecchia troia...». «Ora la fai troppo facile…». «Sono realista. Il boss la tiene sotto stretto controllo. Al suo capezzale ha un ottimo medico, un’esperta infermiera e il devoto padre, con apparecchiature e medicine: una macchina da guerra per tenere a galla Anna Frentzen, mentre la città affonda...». «Hai dimenticato lo strambo investigatore che ha studiato quei mostri... e che sospetta un atto doloso da parte di una certa setta di Dagon...
Tanta attenzione per questa gran puttana, poca per Oakmont: come si spiega?». «La Frentzen non si spiega: si impone da sé. Non ce ne sono come lei. Se ne accorgono tutti, quando la vedono. C'è tanta preoccupazione intorno a lei. Diverrebbe addirittura panico, se circolasse la notizia della sua morte... Per Oakmont sarebbe la fine definitiva...». «Anna Frentzen ha l'acqua fino al collo, come questa maledetta città... E se non sta attenta, rischia di affondare in un mare di merda...». PeR UNA DIRettrice CORROTTA di Salvatore Conte (2024)
La Direttrice faceva quello che voleva nel suo carcere. Ma adesso la musica è cambiata, perché Madame Brutal ha assunto il potere assoluto all'interno del penitenziario brasiliano diretto dalla grande cessa della sua amica Dolores.
«Spiacente per lei, ma...», Goldrake replica a Sheila, la spia infiltrata nel carcere, «c'è una rivolta in corso, e se la trovano i carcerati, la faranno a pezzi...». «La Direttrice sta morendo...!», urla una guardia nella confusione generale. «L'avevo detto... Madame Brutal le ha fatto esplodere lo stomaco, qui davanti a me. È strisciata fuori come una serpe, voleva salvarsi a tutti i costi, era preoccupatissima, ma temo sia finita. L'ha presa in pieno stomaco, sono sicura. A caldo è riuscita a reagire, ma non poteva fare molta strada. D'altronde, anche se mi ha aiutato, era una Direttrice corrotta. Forse è meglio che sia finita così». «Lo penso anch'io... Però se riesci a cavarle qualcosa, prima che crepi, è meglio...». «Okay, ci provo...». Sheila intercetta subito una guardia: «Dove si trova la Direttrice?». «La stanno portando in infermeria... strillano tutti come matti... ma secondo me ormai è morta...». «Devo parlarle, prima che sia troppo tardi... portami da lei...». «Io... io... volevo... ghh... raggiungere il potere... hhh... attraverso... Madame Brutal... Non giudicarmi... Sheila... hhh... ghh... era... la mia ultima... possibilità... uhhh... non sono più... tanto giovane... ohhh... ormai... uhh... faccio schifo... mi sono gonfiata... ahh... ma un tempo... ohh... ero bona... ghh... hh... da morire...», la Direttrice - tra un mancamento e un rantolo - vuole parlare a tutti i costi. Fatica enormemente a tenersi legata alla vita, ma cerca di andare avanti, non vuole crepare. «Sei bona pure adesso... di questo non devi preoccuparti... Ascolta... sta arrivando un elicottero per portarti in ospedale, Dolores... Risparmia il fiato, non te ne rimane molto». «Lo so... io... io... ghh... sto morendo... come una cagna... hhh...». «Quella psicopatica di Madame Brutal ha sparato per ucciderti; mi dispiace, Dolores. Il danno che ha fatto è enorme. Non te lo meritavi; hai sbagliato, è vero, ma hai pagato un prezzo troppo alto...». «Sì, è vero! Perdere Dolores è un danno enorme, ecco perché sono qui...!». «Madame Brutal...?!». RAT-RAT-RAT «Addio, Sheila. Tu verrai con me, Dolores, sul mio elicottero. Non puoi fallire, vecchia puttana... lavorerai per me...», e con una mano le preme dolcemente lo stomaco, aiutandola a tamponarsi. La Direttrice sente un po' di vita in corpo. «Ghh...», e risponde con un rantolo alle cure di Madame Brutal. Dunque, infine, ancora una volta, Goldrake è beffato! E IL FUNERALE DEI TOPI di Bram Stoker e Salvatore Conte (1896-2024) Lasciata Parigi per la strada di Orléans, ci si trova in una zona aspra e inospitale, detta Montrouge. Se ci si allontana di poco dalla strada, le cose peggiorano enormemente: a destra e a sinistra, dinanzi e alle spalle, da ogni parte si ergono alti cumuli di immondizie e rifiuti accumulatisi col passare degli anni. D'altronde le immondizie sono immondizie in tutto il mondo, e tutti i mucchi di immondizie si assomigliano, e sembra che non cambi mai nulla intorno a loro. Perciò i dintorni di
Montrouge, nella Grande
Parigi del 1850, non sono molto diversi da alcune zone suburbane della Londra di
oggi, 10 anni più tardi.
Come tutti i turisti, esaurii i luoghi di maggiore interesse nel corso del mio
primo mese di soggiorno; durante il secondo mese mi impegnai nella ricerca di
nuovi spunti di divertimento. In un tardo pomeriggio della fine di settembre varcai le porte della città dei rifiuti. Il
posto, infatti, sembrava il domicilio riconosciuto di un certo numero di
chiffoniers, e nella formazione dei cumuli di immondizie ai lati della strada si
notava una certa sistematicità. Giunsi infine in quello che si sarebbe detto il quartiere centrale della città: si trattava di un certo numero di baracche vicine tra loro, tirate su alla buona. Dopo circa duecento passi, la stradina si allargò in uno spiazzo, coperto in parte da una rudimentale tettoia. Sotto questa, stava seduta una vecchia tutto sommato graziosa, nonostante gli anni.
Mi avvicinai per chiederle dove mi avrebbe portato quella strada, qualora avessi scelto di proseguire. Era molto vecchia, molto più della Rivoluzione. Penso avesse non meno di 80 anni, forse 85. Probabilmente quando la Bastiglia cadeva, lei era già una donna. Tuttavia, benché grinzosa, non era del tutto avvizzita: appariva ancora solida nel fisico, e il volto, brunito dal sole estivo e ravvivato da un leggero trucco, esprimeva una certa classe; anche i capelli, sebbene completamente grigi, erano in ordine, folti e tagliati corti a caschetto. Forse faceva ancora la puttana, perché indossava un camicione sbottonato fino allo stomaco, senza niente sotto, con vista immediata sulle vecchie tette ammiccanti. Sembrava una grossa oliva spremuta per la terza o quarta volta, ma ancora in grado di fare olio. Come mi vide, si alzò e attaccò subito a chiacchierare; sembrava stesse lì ad aspettarmi. Mi balenò l'idea che quel luogo, fulcro del regno dei rifiuti, fosse senz'altro il più adatto per raccogliere notizie sulla storia degli straccivendoli parigini, anche perché le informazioni sarebbero scaturite dalle labbra di una delle più vecchie abitanti, forse dalla Regina di Montrouge in persona, in un certo senso, vista l'età venerabile, una certa classe, il fisico e il camicione rosso in buone condizioni e bene aperto. Le
posi alcune domande e la vecchia mi fornì risposte molto interessanti. Mentre stavamo
conversando spuntò da dietro la baracca un vecchio, ancora più in là con gli
anni e ancor più rugoso della donna. Mi
trovavo dunque seduto sotto la tettoia, con la vecchia bagascia alla mia
sinistra e l'uomo a destra, ma sistemati in modo tale che più o meno mi stavano
di fronte. Lo spazio intorno era ingombro dei più strani rifiuti, e di parecchie
altre cose che avrei preferito fossero mille miglia lontano da me. Eppure non ero eccessivamente preoccupato. Il racconto dei due vecchi era così affascinante che stavo ad ascoltarli senza più badare al tempo che passava, finché calò la sera e spuntò la luna. I capelli della vecchia, e tutto il resto della figura, si illuminarono di riflessi argentei. Le zinne pulsavano nel camicione, cercando disperatamente di farsi notare.
A un certo punto, però, avvertii un senso di disagio; non saprei spiegare
esattamente il perché, ma sta di fatto che fui preso da una sensazione
spiacevole. L'inquietudine è dettata dall'istinto ed è sempre premonitrice. E poi, all'improvviso, mi resi conto, pur senza una causa precisa, di essere in pericolo. «Sta calmo e fai finta di nulla», mi consigliò la prudenza; così mantenni la calma e non lasciai trapelare nessuna emozione, ben sapendo di avere quattro occhi fissi su di me. Quattro occhi... se non di più. Dio
mio, che pensiero tremendo! La piazzetta poteva essere accerchiata da delinquenti. E
c'erano altre ombre ancora... e sussurri... Povera me... ora sono vecchia e logora... ma un tempo anch'io possedevo anelli così... tanti, anche... e bracciali, e orecchini...», la vecchia si stirò addosso il camicione, da vecchia sorcona, evidenziando la pancia molle e le tette cedenti; senza paura, come avesse ancora trentanni; la lingua fece capolino dal labbro; tutto questo forse perché un paio di volte le avevo messo gli occhi nella profonda scollatura del camicione. «Avevo mezza Parigi ai miei piedi». In effetti non era difficile da credere. «La classe non invecchia... non dovete commiserarvi, tuttaltro... Come vi chiamate?», il mio complimento era sincero; e poi mi conveniva essere gentile. «Annette... m'sieur... Annette Frazeur... Voi siete molto gentile, ma ora... quei tipi... se non sono morti... si sono scordati di me. Mi hanno dimenticato. Che dico... non sanno neppure che sono ancora viva!». Concluse con rabbia, rivendicando l'età venerabile.
«Viva... e ancora importante, e imponente...», la lusingai volentieri. È un
anello talmente bello...». Ma
forse la causa andava ricercata unicamente nella mia ipersensibilità; sta di
fatto che mi sembrò di capire che l'esortazione non fosse diretta a me. Ho imparato tante cose sulle fogne, da quel giorno, e sui topi, anche! Non scorderò mai quel posto vivo di occhi lucenti, un'intera parete che si ergeva là dove finiva l'alone delle nostre torce...
Infine, arrivammo sotto la mia casa. Doveva aver lottato, anche dopo aver perduto la torcia, ma erano in troppi per lui. E non se l'erano certo presa comoda! Le ossa erano ancora tiepide, ma completamente spolpate. Si erano divorati perfino i loro morti; accanto alle ossa umane si potevano distinguere infatti piccoli scheletri di topo. Gli altri non ne fecero una gran tragedia - gli umani,
intendo - e risero sul loro amico morto, anche se da vivo erano stati disposti
ad aiutarlo. Ma poi, vivo o morto, che differenza fa?». Volli che gli uomini mi stessero dietro, abitudine che ho conservato. Mi piace stare in testa: tutto quello che chiedo è che mi si diano possibilità e mezzi...», parlava da regina, in effetti; era ancora ambiziosa. Si stirò addosso il camicione, osservandomi per constatare la mia reazione. Cercai di non deluderla.
«Insomma, lo divorarono! Mi teneva in pugno. Potevo leggere fra le righe di quella storia cruenta le parole d'ordine per i suoi complici. State calmi, sembrava dire, attendete il
momento giusto. Darò io il primo colpo. Trovatemi l'arma adatta e saprò cogliere
l'opportunità al volo: non ci sfuggirà. Basta condurre il gioco con calma e
nessuno ci darà meno noia di lui. Non si leverà di qui neppure un grido, e i
topi faranno il resto! La vecchia Annette può scaldarvi meglio di quanto pensiate...», e trascinò lo sgabello verso di me, quasi cadendomi addosso. Le passai un braccio intorno ai fianchi pesanti: la carne era flaccida, ma la sensualità da vecchia troia era lungi dall'essere morta. «Stavate per cadere...». «Addosso a voi, m'sieur, non mi sarei certo fatta male...».
«Nemmeno io, d'altronde, madame...». Stavo dimenticando il pericolo che mi circondava.
Tornai padrone di me stesso, intuendo che il momento dell'azione si stava avvicinando. Buon Dio, non c'era più...! Tutto l'orrore della situazione parve sopraffarmi.
Ma il pensiero più triste era quanto avrebbe sofferto la mia cara Alice se le
cose, come sembrava, si fossero messe al peggio. «Non sono finita... posso essere vostra... m'sieur..., la vecchia sorcona cercava di sedurmi, trascinandomi la mano sulle zinne molli. Ma io non dovevo mollare, anzi ne approfittai. Sapendo dove pescare, scattai sulla mano nascosta e mi impossessai del coltellaccio! Avrei potuto piantarglielo nella pancia da vecchia cessa, ma non ebbi il coraggio di farlo. La spinsi però addosso a Pierre per creare confusione e cominciai a correre con in pugno il coltello sottratto alla vecchia. Nessuno ebbe il fegato di affrontarmi, ma ben presto cominciarono a inseguirmi ben sapendo che non sapevo minimamente dove andare. Stavo proseguendo lungo la strada che mi aveva condotto fino allo spiazzo dove avevo incontrato la vecchia sorcona. Dopo un certo tratto, mi fermai per riprendere fiato e studiare la situazione. E fu allora che la vidi! Era lei, nel suo camicione rosso! Annette! Viaggiava possente su una slitta a ruote, trainata da cani feroci!
Non si fermava davanti a nulla...! Cosa mai doveva essere stata nel pieno della gioventù! Dietro di lei, molti uomini. Ripresi a correre, ma la stradina ormai non si distingueva più, tra mucchi di immondizia, paludi melmose e luridi canali di scolo. Annette era scesa dalla slitta e con indicazioni silenziose organizzava gli uomini, avanzando pesante a passo senile.
Da quel momento ebbe inizio una caccia veramente orribile.
Quella loro risolutezza
silenziosa, quella persistenza allucinante, anche in una simile circostanza, non
poteva non suscitare, assieme alla paura, un certo senso di rispetto. Ripresi la corsa; il terreno si faceva sempre più accidentato e ogni volta inciampavo, cadevo, mi rialzavo e riprendevo di nuovo a correre con l'angoscia della preda braccata. E ancora una volta il pensiero di Alice mi diede coraggio. Non potevo, no, non potevo lasciarmi catturare e rovinarle in tal modo la vita: mi sarei battuto fino alla fine. Con uno sforzo enorme riuscii a inerpicarmi lungo un muro di cinta.
«Alto là!».
Istintivamente mi fermai, anche se alle spalle potevo sentire i passi dei miei
inseguitori.
Mentre cadevo in avanti, completamente esausto, un soldato mi prese al volo.
Guardai indietro in attesa di qualcosa di terribile e vidi la massa confusa di
forme scure, incluso un punto rosso, sparire nel buio della notte... «Ci proverò», risposi.
«È imprudente suscitare incidenti, commissario!», Annette
doveva aver suggestionato anche il comandante della guarnigione, evidentemente. Così uscimmo dalla guardiola, traversammo un passaggio a volta e fummo di nuovo nella notte.
Gli uomini che ci facevano strada erano provvisti di lanterne molto
forti. Venne dato ordine di marciare a due a due, e i soldati si incamminarono
così in fila, procedendo con un'andatura che stava tra la corsa e la camminata
di buon passo. Infine arrivammo nello spiazzo dove avevo parlato a lungo con Annette e Pierre.
Della vecchia, però, nessuna traccia. Fu uno di loro a chiamarci. Lo spettacolo era raccapricciante: a terra vi era lo scheletro di un uomo; tra le ossa baluginava la lama di un coltello. Riconobbi quegli stracci e infilando la mano nella tasche, ne ebbi conferma: mostrai la pipa al commissario. «Questo scheletro appartiene a un certo Pierre: era amico della vecchia». «Sì, lo conosciamo. La vecchia deve essersi liberata di lui. Come potete notare, di topi qui ce ne sono parecchi, se ne possono vedere gli occhi luccicare lì fra i mucchi di immondizie, e noterete anche...», l'uomo aveva appoggiato una mano sullo scheletro, «che hanno perso davvero ben poco tempo: le ossa sono ancora calde! Il funerale dei topi è rapido!». Con ogni probabilità era proprio andata così. Annette non aveva esitato a eliminare Pierre, pur di coprirsi la fuga. Era ancora lucida e solida come durante l'assalto alla Bastiglia di 60 anni prima. Le piaceva uccidere, ma non rimanere uccisa. Metteva la sua vita davanti a tutto; ed era sempre abile nel rimanere indenne. «Ora dobbiamo trovare la vecchia!», esclamò il commissario. I soldati interrogavano gli straccioni, perquisivano le baracche, rastrellavano la zona, ma senza troppa convinzione. La vecchia sorcona doveva avere degli alleati nella guarnigione. Stavolta, comunque, ero io il cacciatore e lei la preda. Cominciai a riflettere: dove poteva nascondersi Annette? Doveva avere un covo segreto, dove si sentiva la Regina di Montrouge, la Regina degli Straccioni di Francia... E Pierre doveva conoscere quel posto... Ripensai al putrido acquitrino in cui mi ero casualmente cacciato. Doveva essere alimentato da un canale di scolo, proveniente dalla città. Forse Annette stava fuggendo su una piccola imbarcazione a remi, diretta all'imbocco delle fogne parigine, dove non avrebbe avuto difficoltà a dileguarsi. Il suo racconto lasciava immaginare questo. Fingendo di partecipare al rastrellamento, tornai in quella direzione e mi appostai attorno a un ponticello che scavalcava il canale, poco prima dell'imbocco fognario. Annette era molto anziana, non poteva remare velocemente, forse ero riuscito a precederla. Il camicione rosso emerse dall'oscurità, passando sotto il ponte. Si trattava di una piccola chiatta monoposto, il livello del liquame appariva infatti piuttosto basso. Saltai in acqua e bloccai con facilità la piccola imbarcazione. Il liquame non superava di molto le ginocchia. Annette non fu particolarmente stupita di vedermi. «Ho visto come mi guardavate... m'sieur... Vi piacciono le vecchie?». «Non tutte sono belle come voi, madame...». Tirai in secco la barchetta e l'aiutai a scendere. «È ora che ti sistemi, Annette. Prendiamo una carrozza...». «Ma m'sieur... non conosco nemmeno il vostro nome...». «Abraham... Abraham Stoker...
Con una pelliccia addosso, nessuno ti chiederà
l'età. Non mi feci più vivo con Alice. Da allora sto bene con la mia donna, Annette Frazeur, l'Ancienne Déboutonnée; l'ho fatta pure lavorare; piace sempre; il suo camicione sbottonato fino allo stomaco e la pancia grassa, bella gonfia, da vecchia sorcona, sono trappole per topi; spendono tanti soldi per averla. Non mi sono mai troppo preoccupato dei suoi anni, anche se adesso sono diventati veramente tanti, e comincio ad avere paura, perché è malandata e stanca. Ma non sono sazio; e nemmeno lei. Festeggiamo il nostro decennale con questo racconto e tiriamo avanti, senza smettere di lavorare, perché la vogliono in tanti. |
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