Gesù e le donne di Franco Capone (con la collaborazione di Giacinto Mezzarobba) da FOCUS (maggio 2004) Le reclutò come discepole. Sostenne la loro dignità. E, quando risorse, si rivelò prima a loro. Ecco perché tra i primi cristiani c'erano anche le sacerdotesse. Ma poi scoppiò la "caccia alle streghe"... Gesù di Nazaret era sposato? Molto probabilmente no. Praticava il celibato? Quasi sicuramente sì, vista la sua vicinanza alla setta ebraica degli esseni. Ma che amasse le donne è un fatto accertato dagli storici: non solo le amava come persone, ma riconosceva loro anche dignità e rispetto. Secondo la teologa americana Elisabeth Schussler, che ha approfondito forse più di tutti i rapporti fra Gesù e il sesso femminile, le donne di oggi devono sapere che il primo femminista fu, oltre 2 mila anni fa, proprio lui, il Messia. «Gesù si pose in forte rottura con le usanze palestinesi dell'epoca: la legge ebraica, nell'interpretazione dei farisei, dava ben poco spazio alle donne» osserva Remo Cacitti, docente di storia del cristianesimo antico all'Università di Milano. «Si pensi alle norme sulla purezza, che impedivano qualsiasi contatto durante il ciclo mestruale. Le donne non mangiavano con gli uomini. Non partecipavano alle discussioni in pubblico, non potevano uscire, se non per lavorare nei campi o per prendere l'acqua; dovevano portare il velo. Non potevano testimoniare ai processi e potevano essere ripudiate anche per futili motivi». Una "comune" di seguaci. Lo storico ebreo Flavio Giuseppe (I secolo d.C.) ricorda che per la legge "la donna è inferiore all'uomo in ogni cosa". «Nel tempio» aggiunge Cacitti «non avevano accesso alla sala del sacrificio (riservata agli uomini): potevano stare solo in un'area marginale. Gesù ha combattuto in un modo impensabile, per quei tempi, tutti i tabù sulle donne». Il motivo era forse legato più alla sua battaglia sociale che a quella teologica. Quando diceva "gli ultimi saranno i primi" nel nuovo Regno (un tempo di giustizia che lui immaginava prossimo e in parte attuabile subito con comportamenti concreti), si riferiva agli emarginati: malati e perciò ritenuti impuri e peccatori; persone con problemi psichici, che allora erano considerate indemoniate; poveri e pubblicani (ovvero esattori delle tasse, di livello sociale anche alto, però malvisti dalla gente). In questa vasta categoria di "ultimi", il sesso femminile era largamente rappresentato: prostitute, donne ripudiate, vedove, tutte particolarmente svantaggiate in una società patriarcale. Non solo i ricchi ("Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli" dice Gesù in Matteo 19,23), ma lo stesso fondamento della società ebraica, la famiglia patriarcale, fu da lui duramente attaccato. Come? Con la vita comunitaria che proponeva ai suoi seguaci di ambo i sessi: dovevano uscire dall'ambito familiare per diffondere la nuova fede, cosa che per le donne poteva costituire una vera liberazione da padri o mariti autoritari. Discepole e ministre. L'affermazione di Gesù riportata nel Vangelo di Marco (3,34) "Ecco mia madre e i miei fratelli" riferendosi ai suoi seguaci, spiega quanto fosse forte l'alternativa della comunità. Gesù proponeva, invece del digiuno, un pasto comunitario (che poi diventerà la santa messa), e tra i discepoli le donne dividevano la mensa con gli uomini. Erano, insomma, diventate soggetti del rito religioso, non più vissuto per concessione dell'uomo o attraverso di lui. «Fra i discepoli» conferma Cacitti «vi erano anche molte donne (Maria di Magdala, cioè la Maddalena, Giovanna, moglie di Cusa, Susanna e tante altre, citate per esempio nel Vangelo di Luca 8,2-3). Fatto davvero importante, quasi tutti i Vangeli canonici concordano nel dire che, una volta risorto, Gesù apparve per primo alle discepole». In due ricostruzioni apparve a Maria di Magdala (Marco 16,9 e Giovanni 20,14-18) e in un'altra (Matteo 28,9) anche a Maria di Cleofa. Vangeli in rosa. «Sono le donne che avvertono i discepoli maschi del grande evento: sono loro insomma le prime inviate di Gesù per l'annuncio della sua resurrezione» argomenta Cacitti. L'analisi dei Vangeli consente di scoprire, attraverso le concordanze fra i diversi autori, i punti di rottura con la tradizione patriarcale dovuta all'emancipazione femminile sostenuta da Gesù. Un esempio? L'episodio della donna che da 12 anni soffriva di emorragia uterina, e per questo motivo era considerata impura ed era emarginata (Matteo 9,20-22; Marco 5,25-34): sfidando il tabù dell'impurità, Gesù si fa toccare da lei il mantello, sente che le forze gli vengono meno, ma decide di guarirla. La chiama "figliola di Israele" e le dice di essere felice. Altro atteggiamento rivoluzionario per l'epoca era quello di rivolgersi anche ai non ebrei nella predicazione come nell'aiuto. Una lezione per Gesù. Nell'episodio della madre cananea (Matteo 15,22-28), una volta tanto è Gesù a essere spinto a fare una cosa giusta: per merito di una donna. Il problema era se guarire o no la figlia di una pagana. Alla richiesta della donna di guarire sua figlia indemoniata, Gesù disse: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele (...) Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini". Ma Gesù recede da questa posizione di chiusura quando la donna gli ricorda che anche i cagnolini si cibano delle briciole quando cadono dalla tavola. Primo: non ripudiarla. Sono molto spesso donne non giudee a credere in Gesù, come nell'episodio della samaritana al pozzo. C'è poi il famoso capitolo in difesa dell'adultera ("Chi è senza peccato...") oppure quello del fariseo e la peccatrice (Luca 7,36-49), che viene perdonata. O ancora, le risposte di Gesù ai farisei sul divorzio. «In un tempo in cui il dibattito era se ripudiare la moglie per adulterio o perché aveva sbagliato a mettere il sale nella minestra» dice ironicamente Cacitti «lui aveva una posizione sul matrimonio più equa per la donna». In Matteo 19,4-9, Gesù dice: "Non avete letto che il Creatore lì creò da principio maschio e femmina e disse che per questo l'uomo (...) si unirà a una moglie e questi saranno una carne sola? (...) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma all'inizio non era così. In verità vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio". Gesù tendeva a parificare l'uomo e la donna, a sfumare i confini del maschile e del femminile. Secondo Schussler interpretava Dio in un modo nuovo: avrebbe sposato il concetto di Dio-Sophia (spirito-sapienza). Gesù, figlio di Dio, è anche Sophia e questa è sia maschile sia femminile. «Gesù era interessato al superamento dei sessi» afferma Cacitti «atteggiamento che si riflette quando spiega ai farisei che se uno in vita ha sposato 7 mogli, le ritroverà nel regno dei cieli per condividere con tutte un amore più profondo di quello della carne». Donna-profeta. Significativo anche l'episodio che ha ispirato il libro di Schussler In memoria di lei (Claudiana editrice). E' riportato in tutte le versioni evangeliche ed è ambientato durante la cena di Betania, non molto prima della cattura e della morte di Gesù. Una donna unge con olio prezioso i piedi (oppure la testa, secondo le versioni) di Gesù, in un rito che, per Schussler, era destinato solo a un Messia: dunque, un rito che attribuisce un ruolo profetico alla donna. I curatori maschi dei Vangeli, intervenuti in tempi in cui la donna venne di nuovo emarginata, hanno forse modificato in senso restrittivo il brano (per esempio, manca il nome della donna), ma resta significativo quello che dice Gesù in risposta alle critiche "maschiliste" dei discepoli: "Dovunque sarà predicato l'evangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato in memoria di lei" (Matteo 26,13). Testimone indipendente. E' un fatto storico che dopo la morte di Gesù le donne presero alla lettera i suoi insegnamenti per l'emancipazione. Fino a che punto lo rivela una fonte esterna al dibattito fra i primi cristiani e per questo particolarmente attendibile: il governatore romano Plinio il Giovane (I secolo d.C.). Plinio stava istruendo processi ai cristiani con alcune condanne a morte e scrisse all'imperatore Traiano. Regine dell'altare. E in una lettera disse di avere sottoposto a tortura due schiave che si definivano ministre, ovvero sacerdotesse: una prova evidente che a quel tempo erano presenti donne-prete. Non solo: dagli Atti degli Apostoli alle numerose Lettere di Paolo (ai Romani, Corinzi eccetera), emerge che diverse donne erano a capo delle prime comunità cristiane. Per esempio Febe, patrona della Chiesa di Cencrea, il porto di Corinto. Altre battezzavano, come Tecla. Le comunità cristiane potevano contare, negli ambienti ellenistici e romani, sulla tendenza da parte delle donne benestanti a partecipare a sette (all'epoca erano di moda quelle pitagoriche e i misteri orfici). Inoltre la casa e la mensa comunitaria, aree d'azione femminile in cui si riunivano i primi cristiani, si opponevano al primato ebraico e patriarcale del tempio. Donne anche facoltose garantivano ospitalità e organizzavano i fedeli.
Pietro contro Maddalena. Una cosa è certa: fra i cristiani si scatenò ben presto una battaglia sul ruolo della donna. Il fatto che solo Luca indichi Pietro come primo testimone della resurrezione di Cristo viene interpretato dagli studiosi come una traccia del conflitto fra i seguaci di Pietro e quelli di Maria di Magdala, che pure ebbe una funzione carismatica. Il Vangelo apocrifo di Tommaso riflette questa battaglia. In Tommaso (121) Simon Pietro dice: "Maria sia allontanata di mezzo a noi perché le donne non sono degne della vita. Gesù allora risponde: 'Ecco, io la trarrò a me in modo da farla diventare un maschio, affinché anch'essa possa diventare uno spirito vivo' (...)". E in Tommaso (27) aggiunge: "Quando farete del maschio e della femmina una cosa sola, cosicché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina (...) allora entrerete nel Regno". Da "ministre" a "serve". E mentre in un altro Vangelo apocrifo, il Vangelo di Maria, si sostiene l'autorità di Maria di Magdala per il fatto che "Cristo l'amò più di tutti gli altri discepoli", nelle Costituzioni Apostoliche (un testo del 500) si sostiene l'esclusione delle donne dal ministero. E la contraddizione era presente persino in san Paolo, grande organizzatore del cristianesimo primitivo. Si va da quel "Tacciano le donne in assemblea, perché non è loro permesso di parlare; stiano invece sottomesse (...)" nella prima lettera ai Corinzi (14,34-36) fino alla dichiarazione (Galati 3,28) che tutte le distinzioni fra ebrei e greci, liberi e schiavi, uomini e donne sono cancellate e non hanno più alcun significato nel corpo di Cristo. Nelle sue lettere, Paolo si riferisce a donne dirigenti di Chiese. Ministre come Giunia o Prisca avevano da tempo funzioni direttive, erano a un livello simile a Paolo nel movimento cristiano primitivo. Ecco perché gli esegeti, cioè gli studiosi delle scritture, sono divisi sull'autenticità di quel "tacciano le donne in assemblea" che potrebbe essere stato aggiunto in tempi di restaurazione maschilista. Tempi in cui nelle traduzioni dal greco si preferiva definire le religiose importanti "serve" della Chiesa e non patrone o ministre, allo scopo di sminuire il ruolo. Operazione, però, poco realistica: nel II secolo il filosofo Celso riferiva che fra i cristiani "ci sono i marcelliani, seguaci di Marcellina, gli arpocraziani, seguaci di Salomè, e altri ancora di Maria Maddalena e di Marta". Anche se il cristianesimo si poneva come religione universale, doveva fare i conti con società dove il potere economico e politico era dei maschi. E anche la religione, alla fine, non poteva che riflettere questa realtà. Gradualmente vi fu quindi una restaurazione. Ovunque fosse attuata, si invocava il "fatto" che Eva era stata originata da una costola di Adamo a riprova dell'inferiorità della donna. «Ma se Adamo diede i nomi agli animali (Genesi 2,19-20), e attribuire un nome nella cultura ebraica significava prendere possesso» dice il filosofo Mauro Fracas «non lo fa con la donna. E' Dio che dà nome alla nuova creatura, ed è quindi l'unico ad accampare diritti su di lei».
Dio? Madre e padre. Altra giustificazione maschilista: era stata Eva a commettere il peccato originale. Ma per gli gnostici, che pensavano a un Dio severo della Creazione e a un Dio buono svelato da Gesù, il vero colpevole era stato Adamo che non aveva difeso dall'errore fatale la sua donna: dopotutto, Eva era stata ingannata da un serpente che era in realtà un potente angelo decaduto. Le cose però andarono in un'altra direzione: vinse la restaurazione patriarcale, anche contro gruppi "eretici" come marcioniti, gnostici e montanisti. Il valore dell'elemento femminile però era ancora vivo nel I Concilio di Nicea (325) in cui fu riconosciuto il ruolo delle diaconesse nel battesimo e come aiutanti all'altare. Erano meno importanti dei sacerdoti, ma appartenevano pur sempre a un ordine sacro. Nei documenti storici, presentati nel sito www.womenpriests.org, le diaconesse erano ordinate con complessi riti sacramentali. E' vero che due concili locali, quelli di Orange ("Nessuna donna venga ordinata diacono", 441) e di Epanon ("E' abrogata la congregazione delle diaconesse", 517) vietarono il diaconato femminile, ma era ancora una realtà diffusa nel II Concilio di Nicea del 787. Per sette secoli i concili lo avevano riconosciuto. Poi l'esclusione, sancita dal Capitolario di Teodolfo di Orleans nell'800 circa: "Quando il prete celebra messa, le donne non devono in alcun modo avvicinarsi all'altare (...) e devono ricordare l'inferiorità del loro sesso, avendo timore di toccare qualsiasi cosa sacra nel ministero della Chiesa". Nel 1100 si parlava ancora di natura anche materna di Dio e di "madre Gesù" (Anselmo da Canterbury), ma ormai era già iniziata la gara per mandare al rogo le donne come streghe. Monte Compatri
Il nome del paese deriverebbe da un'antica storia: Mons
Confratuum - Mons Cum Patruum - Castrum Montis Compatris - Montecompatro -
Montecompatri - quindi Monte Compatri. Processo sommario per stregoneria a Susanna Martin Susanna Martin, che fu processata il 29 giugno 1692, affrontò intrepidamente il suo cimento giudiziario. Una delle accuse riguardava gli effetti del suo malocchio. Alla prima escussione dei testimoni, questi avevano reagito al suo sguardo cadendo folgorati a terra, come se fossero stati colpiti dal malocchio. Cotton Mather registra il seguente scambio di battute fra Susanna (S) e il Giudice (G):
G: Mi dica, cos’ha questa gente? È interessante notare che Susanna fa del suo meglio per sfuggire alla dialettica del Giudice, che tenta di farla cadere in trappola, al punto da suggerire che sono i suoi accusatori a occuparsi di magia nera; nondimeno, la sua resistenza si dimostrò inutile: fu dichiarata colpevole delle accuse addotte e impiccata il 19 luglio. Prof. P.G. Maxwell-Stuart (Università di St. Andrews) |