Mister No: Red Sonja

La stronza ha paura

Vicolo cieco per Layla

007 contro Madame Petrolio

La zietta spaccona

MISTER NO: RED SONJA

di Salvatore Conte (2024)

Mister No si è fidato di un ragazzo in difficoltà, e quello ha preso il volo con il suo Piper...!

Jerry si è quindi alleato con un terzetto che da tempo è sulle tracce di Santiago Arias. Lo comanda una zoccola fuori dal comune.

Gonfia e importante, Red Sonja è considerata la più potente delle mercenarie, indistruttibile ed efferata.

Qualcosa di molto grosso e luccicante l'ha attratta nella giungla:

Assunta una guida indigena e presa in affitto una canoa a motore, il gruppetto di avventurieri inizia a risalire il corso del Rio Branco, grande affluente di sinistra del Rio Negro.

Tirata in secco la canoa per trascorrere la notte a bordo fiume, nella giungla equatoriale si assiste a un simpatico siparietto tra Mister No e il quasi omonimo indigeno.

Dopo varie peripezie, il gruppo dei cinque dannati raggiunge una cascata, oltre la quale - almeno con la canoa - non si può andare.

La guida indigena si congeda da Mister No con un prezioso consiglio.

Di sicuro all'intelligente Mupuku non sono sfuggite le occhiate insistite rivolte dal Senhor Não alla pancia gonfia della mercenaria.

Adesso comunque c'è da superare la Sierra Pacaraima, che divide il Brasile dal Venezuela.

Al crepuscolo viene raggiunto un valico della Sierra e i nostri si accampano, per poi ripartire alle prime luci dell'alba e dirigersi verso Palo Blanco, sulle tracce sempre più ravvicinate del ragazzo fuggitivo.

Il pericoloso gioco, ormai, si fa scoperto: fiutata da vicino la preda, l'alleanza con Mister No si rompe, insieme alla sua testa... mentre Red Sonja vede soltanto una cosa davanti a sé:

Mister No entra in contatto con una ragazza sedotta e abbandonata dal ragazzo terribile, Santiago; anche lei lo cerca per dirgliene quattro, e mostra a Jerry Drake una mappa che a suo dire riproduce quella in mano al fuggitivo.

Mister No decide di sfruttare la mappa entrata in suo possesso e di proseguire la caccia a Santiago, anche se dovrà tirarsi dietro la gallinella frustrata rimasta col becco asciutto.

Riacciuffato il ragazzo, Mister No entra in società con lui e si accorge che almeno sull'oro non ha mentito!

L'entusiasmo di Jerry Drake è però destinato ad avere vita breve, perché un'amara sorpresa si para davanti ai suoi occhi, rimescolando le carte in tavola.

«E quel pezzo di fica del tuo capo?».

«Sono qui, Jerry, non ti preoccupare.

Se ti ritrovi la testa sul collo, lo devi a me, ragazzo».

«Ma tu lo devi a me, se hai trovato l'oro...».

«Non avevo dubbi su questo, e ne terrò conto, Jerry... davvero...».

Ma l'espressione di Layla non convince per niente Mister No.

Nel mentre, Santiago commette un'imprudenza e cerca di fuggire.

Gli scagnozzi di Red Sonja lo fanno fuori e ci rimette la pelle pure la ragazza, giunta in suo soccorso.

«Dannata puttana!», Mister No inveisce contro la mercenaria.

«Smettila, idiota... o faccio fuori anche te...».

«Stavolta fammelo ammazzare...».

Red Sonja è quasi sul punto di accontentare il suo viscido scagnozzo, quando un terzo, grosso incomodo si mette di mezzo e scioglie ogni dubbio...

RAT-RAT-RAT

Red Sonja non perde tempo e con il suo mitra spara a raffica verso il folto della giungla.

Le numerose urla di dolore che le rispondono lasciano intendere che - sia pur senza vederli - la potente mercenaria ne ha beccati parecchi.

«Layla, da questa parte!».

Mister No non si sente di abbandonarla al suo destino.

La donna lo raggiunge agile, malgrado la stazza, dietro il grosso albero ove si è riparato.

«Andiamo via...».

«Ma prima sfoltiamo un altro po' la mcchia...».

RAT-RAT-RAT

Di nuovo una raffica.

E di nuovo grida lacerate.

«Basta... andiamocene...».

«Sei in grado di ritornare alla cascata?

Oppure siamo condannati a perderci?».

Layla riformula la domanda per consentirgli di rispondere in maniera negativa, alla sua maniera.

«No, certo che no... seguimi...».

«Bene, ce l'hai fatta.

Ma torneremo in forze.

E non dirmi di no...».

«No, non dico no.

Sarei pazzo a dire no, questa volta...», mani sulle zinne allentate e la pancia gonfia, il patto con Red Sonja è confermato.

LA STRONZA HA PAURA

di Salvatore Conte (2024)

La paura si è impossessata del villaggio di Morte Rouge, dintorni di Quebec City, il cui nome deriva da remoti fatti di sangue avvenuti ai tempi della sua fondazione.

Voci sinistre diffidano dal penetrare nella brughiera paludosa che circonda il paese. E da ultimo, lo spaventoso omicidio di Lady Penrose ha scatenato il terrore.

Il famoso Sherlock Holmes si trova da quelle parti e si offre di investigare il caso, ma il marito della vittima, Lord Penrose, il maggiore possidente della zona, proprietario di un sontuoso castello, si rifiuta di incaricare il grande detective e lo mette alla porta.

«Lei crede davvero che un sergente di paese possa sbrogliare una tale matassa?».

La domanda sembra legittima, ma non sortisce alcun effetto: il vedovo è irremovibile.

Tuttavia Sherlock Holmes non è certo il tipo da lasciarsi scoraggiare facilmente; e così fissa una stanza presso l'Hotel Journet.

Il primo a finire sotto torchio è proprio il titolare della locanda, ex guardia carceraria, da due anni a Morte Rouge.

Fattasi sera, Holmes va a dormire presto e affida a Watson l'incarico di curiosare nel bar dell'albergo.

Il bravo medico non ci mette molto a notare un'imponente figura femminile che cena da sola; e con i suoi modi galanti ottiene di sedere al suo tavolo.

Si tratta di Jannette Frazeur.

«Posso sapere, Signora, come ha fatto a riconoscermi?».

«Al villaggio non si parla d'altro: i famosi Sherlock Holmes e John Watson a Morte Rouge...».

«Non vorrei disturbare la sua cena, Signora, ma avrei bisogno di qualche informazione su questo presunto fantasma che si aggira nella brughiera...».

«Le confesso, Dottor Watson, di esserne molto spaventata anch'io: più tardi, mi riaccompagnerebbe a casa?».

Il fedele amico di Sherlock Holmes non si sottrae di certo al piacevole compito.

La Frazeur abita in un'elegante villino, quasi al centro del villaggio.

Due cani lupo presidiano il giardino, robuste inferriate sbarrano le finestre, e una pistola di grosso calibro, estratta dalla borsa, fa bella mostra di sé sul tavolino del salotto.

Dopo un cognac, la donna congeda Watson e lo ringrazia per averla scortata.

Il giorno dopo, Holmes ha premura di farsi ricevere.

«Signora Frazeur, vuole fare la stessa fine di Lady Penrose?

Avanti, vuoti il sacco; sarebbe assurdo che una donna come lei rimanesse uccisa».

L'importante donna lo ha ricevuto con un trench nero molto allentato, tra i cui lembi fa bella mostra di sé il penzolante seno.

«Come me in che senso?».

«Nel senso di una grossa fica senza eguali, non solo a Morte Rouge, non solo nel Quebec, ma in tutto il Commonwealth».

La Frazeur gli rivolge un'occhiata investigativa.

«Quello che ha davanti è l'Holmes privato, il detective flemmatico e impassibile è solo un'etichetta».

«Un privilegio, dunque...

Se parlo, mi proteggerà lei?».

«Certamente; io e il mio amico John Watson; abbiamo già svolto incarichi di questo tipo, in passato».

«Con gli stessi risultati di Messier Poirot sul Nilo?».

«Il mio collega è belga, io sono inglese».

«E con ciò?».

«Ehm... penso che Mister Holmes intendesse dire che un inglese è praticamente di casa nel Commonwealth Britannico... a differenza di un belga in Egitto...».

«No, mio caro Watson; lodevole difesa d'ufficio.

Intendevo dire che la mia marcatura sarebbe molto più stretta... rispetto a quella che il compassato Poirot sembra aver tenuto nei confronti di Madame Linnet Doyle».

«Beh, non so se augurarmelo o no, Mister Holmes...».

«Intanto vuole raccontarci la sua versione dei fatti, Madame Jannette Frazeur?».

«E va bene, ormai non ho scelta...

A quell'epoca facevo la mignottona... mi sbattevo i grulli, insomma.

Con il mio fisico era facile.

E a lui promisi di sposarlo.

Ecco perché temo per la mia vita.

Se è animato da spirito di vendetta, vorrà colpire anche me; perché lo mollai senza alcuna spiegazione, cambiando aria per un po', dopo avergli spillato un mucchio di soldi e di gioielli; avevo sostituito la Penrose, che l'aveva scaricato dopo che il marito aveva minacciato di buttarla fuori dal castello.

Poco tempo dopo, si fece beccare dalla polizia: rapina a mano armata con due morti...».

«Almeno è sincera, Signora... anche lei ha gli artigli...».

«Con il tempo mi sono calmata, ho capito che è sciocco giocare con le persone; bisogna cercare quella giusta, e basta...».

«Dunque si tratta di un evaso?».

Annuisce.

«Il padrone della locanda ebbe a che fare con lui in carcere?».

«Sì, era il responsabile della sua custodia, e mi ha confessato di averlo trattato molto male, come si faceva da quelle parti».

Holmes e Watson si scambiano un'occhiata.

«Come si chiama?».

«Gerald Hamer».

«Molto bene, Signora Frazeur.

Io e Watson ci piazziamo qui, e se quel tale tirerà fuori gli artigli, noi gli spezzeremo il rastrello».

«E Journet?».

«È grande e grosso, e non ha due zinne come le sue...».

«Holmes!», lo rimprovera Watson.

Per tutta risposta, Jannette si alza e si dirige verso la camera da letto, chiamandolo con lo sguardo: gli conferirà l'incarico, versando un congruo anticipo.

Holmes sa bene chi ringraziare.

Gerald Hamer, siano benedetti il tuo nome e il tuo fantasma!

VICOLO CIECO PER LAYLA

di Salvatore Conte (2025)

«Il problema è che la Signora è ancora una grossa puttana...».
«Di certo non se l'aspettava di crepare così...».
«Esatto: vorrebbe uscirne, per ricominciare a fare la stronza, anche a 60 anni».
«Dai facciamoci coraggio e andiamo a bussare...».

I due giovani condomini, studenti universitari che dividono un piccolo appartamento, bussano dunque alla porta della potente Signora.
«Ah, voi... che c'è?».

Nessuna risposta.

«Va bene, vi preparo un the, chiudete la porta».
«Grazie, siete molto gentile... ouch...», inciampando sul tappeto, quando la padrona di casa è ormai arrivata in cucina.
«È quasi pronto, sedetevi...», affacciandosi dalla porta.

Poco dopo, depone il vassoio sul tavolino e siede anche lei.

«Che volete sapere? Come sto?».
Uno dei due, il più coraggioso, annuisce.
«Non sto bene.
Ho tanti disturbi; e ho paura.
Ma non mi considero finita, e non voglio farmi ricoverare.
Mi faccio dare qualcosa e tiro avanti.
Anche al pancreas è arrivato...
Ha proprio deciso di sfondarmi».
Uno dei due tira fuori qualche banconota spiegazzata e le mette sul tavolo: saranno 50 dollari.
«È tutto quello che abbiamo al momento, Signora».
«Va bene... grazie...
Volete qualcosa in cambio?».
«Se possiamo tornare, ci farà piacere».
«Va bene; se non mi sento bene, vi chiamo».
«Grazie tante, Signora.

Possiamo farci una foto insieme?».

Ritornati al loro piano, uno dei due va diritto in bagno, l'altro in camera.

Poi dovranno accontentarsi delle foto.

Quello che i due non sanno è come Layla sia implicata in brutti giri.

Non è detto che sarà il cancro a stroncarla.

Può essere un colpo in testa, o alla schiena; oppure una raffica in pancia.

«Da giovane ero molto potente», racconta ai ragazzi, riconvocati al suo capezzale.

«Adesso ho paura di non arrivare alla fine del mese.

Ho una paura fottuta di finire in una cassa da morto... Cristo!», conclude con rabbia l'importante donna.

«Ma non ti puoi curare?».

«E come? Il tumore mi ha invaso, ce l'ho pure nel pancreas!

Se ci penso, mi prende un colpo...

Ho le gambe molli, temo per la mia vita...».

Prelievi di ascite per il tumore all'intestino, infiltrazioni locali di alcol puro per quello al fegato, radio intensiva contro il cancro all'utero, e un potente farmaco selettivo per quello al pancreas.

E il raro e potentissimo Adenocromo per tenersi su.

«Non mi sento finita.

Adesso so di poter arrivare a fine mese, e forse a fine anno, ragazzi».

Si è gonfiata ancora di più, a causa dei farmaci e delle terapie, ma è sorridente, la fine non è imminente.

A volte basta poco per essere felici.

Layla è sempre nel vicolo, ma non ha ancora la faccia schiacciata contro il muro.

E questo le basta.

Per il momento.

«Sono ancora potente, è tutto sotto controllo».

Ma in cuor suo, sa che non è così.

La resa dei conti è solo rimandata, Layla.

«L'importante è morire in piedi, ragazzi, e a me riesce bene.

Volevo tirare avanti a tutti i costi...

Oggi posso dirmi una donna soddisfatta, felice di non essere finita in una cassa da morto.

A volte sento le gambe molli, ma non sono in terapia intensiva.

Il cancro avanza, è vero, ma avanzo pure io; Layla non rimane indietro».

Un lungo sfogo della vecchia stronza, davanti ai suoi ricorrenti ospiti.

I ragazzi l'hanno notata in compagnia di un tale, in questi giorni.

           

Un bell'uomo, forse implicato anche lui in strani giri, a cui Layla evidentemente interessa parecchio, malgrado una certa differenza d'età.

Per loro l'importante è continuare a vederla, per eccitarsi con la sua voglia di vivere, che la tiene in piedi, nonostante una situazione sempre disastrosa.

Però Layla regge. Lei è convinta che non ci sia un pericolo di morte imminente, che il vicolo cieco in cui è finita possa essere oltrepassato passandoci sotto, con la crudele determinazione di morire, senza lasciarci la pelle.

Vivi e lasciati morire, Layla.

       

007 CONTRO MADAME PETROLIO

di Salvatore Conte (2025)

Da giovane era bella come Rita Hayworth, poi si è fatta grassa e stronza, e ha fatto carriera come sicaria e mercenaria nella famigerata Spectre.

Infine è diventata Capo Divisione del traffico internazionale di sostanze chimiche letali, utilizzando come copertura una vecchia petroliera; la Divisione sotto il suo comando fa parte della Sezione T  della Spectre.

E adesso, vecchia, grassa e sempre più stronza, punta a entrare nel Board dell'Organizzazione, rompendo l'egemonia maschile.

Abituata a voltarsi dall'altra parte, quando gli amici sono in difficoltà, Madame Petrolio ha pensato solo ad arricchirsi e a invecchiare bene.

Stavolta, però, sulla sua rotta si ritrova un ostacolo molto scomodo.

007 ha il compito di stroncare lei e i suoi traffici; perché la potente Signora, nel muovere i suoi fili, ha pestato i calli alla Corona Britannica.

Trincerata nella sua logora petroliera, ma circondata da ogni comodità, scortata da una flotta di rimorchiatori, e con almeno due elicotteri sempre a disposizione, Madame Petrolio dirige il traffico su scala mondiale, rifornendo terroristi appartenenti a tutte le fazioni, spostandosi di continuo e rimanendo sempre in acque internazionali.

Ecco perché soltanto 007 può intervenire. Un intervento pulito non è possibile contro la vecchia Signora.

Le esplosioni sono fulmini a ciel sereno.

Dapprima si pensa a qualche incidente, ma ben presto la verità si fa chiara: c'è un commando di sabotatori a bordo!

Forse una mezza dozzina, sei o sette, ma è solo 007.

Le esplosioni si succedono, e finiscono per concentrarsi a prua, attirando l'attenzione degli scagnozzi; la poppa dunque si svuota, ma non certo quelle di Madame Petrolio, sempre gonfie e sbottonate, malgrado l'età da vecchia stronza.

«Sapevo che saresti arrivato: potevi essere soltanto tu!».

«Se fai la brava, c'è il gabbio per te, altrimenti ti faccio fuori».

«Avresti il coraggio di farlo? Sono così decrepita?».

«Non si tratta di questo...».

«Il gabbio non fa per me, James... dovresti capirlo...

Perché non ci sediamo un momento?».

«Soltanto un attimo... Madame...».

Bond guarda l'orologio: pochi secondi e una fortissima esplosione scuote l'immensa nave.

«Era l'ultima, hai un'ora di tempo per abbandonare la nave: il gabbio ti sembrerà una fortuna tra poco».

«Ho i miei rimorchiatori... e gli elicotteri...».

«Non bastano per tutti... nessuno verrà a cercarti... gli squali si mangiano tra loro...».

«Io so governare questa carretta anche da sola!

Pero adesso voglio parlarti... Mister Bond...».

«Che cosa vuoi dirmi?».

«Voglio dirti... questo!».

BANG
BANG

Uno scambio di colpi sotto il tavolo; colpi bassi, insomma.

Gli occhi di Madame Petrolio si fissano nel vuoto, sbalorditi e spalancati: la vecchia stronza ha accusato il colpo.

Un attimo dopo si stringe le mani sull'utero e si ingobbisce sopra il tavolo.

Bond si avvicina.

«Sei un duro... oh-ohh... che non fa... sconti... ahh...».

«No, prezzo fisso; anche per le belle signore».

«Fa un male cane... ah-ahh...», Madame Petrolio geme dolente con la faccia schiacciata contro il lussuoso tavolo.

«Spiacente, ma ti avevo avvisato...».

«Lo so... c'ho provato... ohh... ma... alla mia età... ahh... non merito... di crepare così... ooh... aiuto... uhh... ho paura...».

«Stai calma e risparmia il fiato, ne avrai bisogno».

«Sto morendo... vero... James...?».

«Scommetto che hai un battello di emergenza a tua disposizione.

Dove si trova?».

«Non... non ce ne sarà... bisogno...».

«Che vuoi dire?».

«Scommetti... che la nave... non affonda...?».

«Voglio proprio vedere...».

«Se non affonda... ti metti con me...?».

«Va bene... io e la vecchia Signora...».

Click.

«John...», Madame Petrolio tira su un braccio e aziona un citofono con la mano intrisa di sangue.

«Comandi».

«John... dirigi... a tutta forza... verso le secche... dobbiamo... farla incagliare... prima che affondi...».

«Ricevuto. Occorre assistenza?».

«Negativo...».

Click.

«Adesso... mi tamponi il buco...?».

Bond la rimette seduta contro lo schienale, poi avvicina una sedia e le preme un fazzoletto sull'utero.

«È stato un bel duello...».

«Già, però l'hai perso».

«Sono ancora bella... o no...?».

«Certo, hai i tuoi anni, ma rimani la numero uno».

I gemiti di Madame Petrolio si fanno preoccupanti.

«Devi sollevare le gambe, Anna».

La mette di traverso sul divano e le alza le gambe sopra la sponda laterale.

«Conosci... il mio nome...?».

Bond torna con la mano sull'utero, mentre un forte attrito scuote la nave.

007 lascia per un attimo l'importante donna e guarda di fuori.

«Siamo arrivati... ce l'hai fatta».

La petroliera è inclinata verso il castello di prora.

«La nave pende a poppa, Anna... sarà il peso delle tue zinne?».

«Che vuoi fare... ora...?».

«Tamponarti... e aspettare con te un dottore; altrimenti affondi su una nave asciutta».

E con l'altra mano le ripassa le zinne.

«Non sono vecchia... per te...?».

«Mica tanto... tu sei chiaramente una senza limiti.

E io ho licenza di perdonare, se ne vale la pena.

E tu vai ancora forte, Anna...».

LA ZIETTA SPACCONA

di Salvatore Conte (2025)

È considerata la più grossa puttana della famiglia: possente e zoccola, ben messa in ogni reparto, aggressiva nei suoi camicioni sbottonati, short buttoned.

Tra gli altri, conta due giovani e accaniti ammiratori, figli del cognato: hanno sempre la parola "zia" in bocca e fanno di tutto per vedere la loro short buttoned auntie.

L'eccessivo senso di sicurezza da cui si sente pervasa sta per alterare il senso della realtà di Anna.

La donna è entrata in un giro di droga con gente che non scherza, e si è tenuta un pacco di soldi che avrebbe dovuto consegnare alla Banda.

«Sarai anche bona, Anna, ma tu credi davvero che io mi beva la tua storia?

Avanti, tira fuori il malloppo...».

La donna è in compagnia dei nipoti, le piace farsi accarezzare, mentre la chiamano "zia": «Zia, quanto sei bella; zia, quanto sei carina».

Jackson si è portato uno dei suoi scagnozzi.

Anna è in piedi davanti al suo lussuoso divano; le piacciano gli articoli costosi.

È un modello Chesterfield "deep buttoned".

«Se non lo tiro fuori, cosa pensi di fare?».

«Ti sparo».

«Davati a questi ragazzini?».

«Perché no?».

«Se hai deciso... spara... avanti...!

3... 2... 1... spara!».

STUMPF!

Jackson spara, il petto della donna sobbalza, ma Anna rimane in piedi e anzi se la ride da gran puttana: «La pallottola non farà fuori la zietta...», lanciando uno sguardo ai ragazzi attoniti.

In pratica lo sta sfidando senza avere armi, è come se chiedesse in ginocchio altro piombo.

Il trafficante fa cenno al compare di avanzare.

STUMPF!

STUMPF!

Stavolta sparano in due.

Stomaco e utero.

Anna viene sbalzata sul divano, sembra che stia per accendersi la televisione.

La zia si porta le mani sulla pancia, stavolta non ha voglia di scherzare.

«Allora? Ti decidi a parlare?».

«I soldi... sono dentro... la TV...».

«Dentro?».

La donna annuisce.

Jackson si avvicina all'apparecchio e armeggia per un po'.

«Un nascondiglio ingegnoso...

E io che ti credevo amante delle vecchie TV in scatola...».

Lo scagnozzo rivolge un cenno interrogativo al suo capo.

«Ci penso io...», restituisce il cenno, facendogli capire che può alzare i tacchi.

«Zietta, come ti senti?», chiede intanto uno dei fratelli.

«La zia sta bene... tranquilli...».

«Allora, Anna, che dovrei fare di te, secondo te?».

«Tamponarmi... questi ridicoli buchi... magari...».

«Voi, ragazzi, che ne dite?».

«La zia è forte, ma tu potresti aiutarla...».

«La zia con le zinne da stronza...».

«Tu non sparerai ancora... stronzo...».

«Perché, hai paura? Il piombo ti fa una sega...».

«La zia vuole salvarsi... cazzone...».

«Dovevi pensarci prima di fare questa cazzata, stronza!», con accesso d'ira. «Ti ritroveranno su questo stesso divano, Anna...».

«Tu non sparerai ai ragazzi...».

«E chi lo dice? Hanno visto troppo...».

«Hanno visto il sangue... non è troppo... è la vita...».

«Diciamo che con queste zinne hanno visto tutto... bella zietta...».

«La zia vuole vivere...».

«E va bene... la televisione è vuota, ma lo spettacolo deve proseguire.

Ti mando la mia infermiera.

Quanto a voi due... se volete rivedere la zia, dovete tenere il becco chiuso: mi sono spiegato?».

«Non sono stupidi... ci tengono a me... cough...».

«Tu risparmia il fiato.

Ci vediamo, Anna.

E fai riparare la TV...».