Tex: La miniera della grande vipera sbottonata Requiem al piombo in sei pallottole Tex: El Muerto e la Banda delle Cesse Tex: Il ritorno della Diablera DELLA GRANDE VIPERA SBOTTONATA di Salvatore Conte (2024) Tex e Carson si imbattono casualmente in tre minatori in fuga, che gli raccontano la loro spaventosa disavventura, occorsa nel piccolo villaggio minerario di Bendito, nel New Mexico.
Un paio di loro hanno avvistato qualcosa di mostruoso: un grande serpente su due zampe che infesta la miniera, come nelle antiche leggende del folklore locale.
Tex capisce subito di essersi imbattuto in tre grossi imbecilli, ma vuole vederci chiaro nella strana vicenda, perché sospetta la macchinazione di un astuto regista interessato a spaventare i minatori e a rimanere indisturbato possessore dell'oro già scavato e di quello che la miniera ancora nasconde. Decide così di recarsi a Bendito e di indagare a fondo. Qui fa la conoscenza della procace proprietaria dell'unica locanda presente nel villaggio: Layla Gallego, di cui rimane favorevolmente impressionato, soprattutto con riguardo all'importante camicia bianca sbottonata che indossa da gran mignotta, ma che al tempo stesso le conferisce un certo prestigio. Poco dopo l'arrivo di Tex e Carson, un minatore viene trovato morto nella sua stanza. Il giorno dopo, le indagini del Ranger dalla camicia gialla si indirizzano sulla locandiera. «Allora, Donna Gallego... che ci fa una donna importante come voi in questo posto?». «E in che altro luogo mi dovrei trovare, mister Willer? Nelle mani di un bellimbusto, in una città con il velluto alle pareti? Qui a Bendito sono l'unica donna e l'unico whisky della città. Mi sento qualcuno». «Voi sareste qualcuno ovunque...». Il Ranger si avvicina e le mette le mani intorno ai fianchi. «Non perdete tempo in chiacchiere, mister Willer...». «Chiamami Tex, Layla... se la pista è importante, io la seguo fino in fondo...». Nel frattempo, il carro di un certo Remick, considerato il capo del villaggio, fa ritorno a Bendito senza conducente, scatenando le più fosche congetture. Tex cavalca a ritroso la pista percorsa dal carro e rinviene Remick a terra, ancora tramortito. Poco dopo, rinfrancato da un goccio di whisky, l'uomo racconta il poco che ha visto.
Ben presto Tex informa Remick dei suoi sospetti.
E decide di calarsi, con l'assistenza di Carson, all'interno di una voragine che si apre in una delle gallerie della miniera maledetta, per indagare sulle cause di un insopportabile fetore che risale dal fondo.
Tuttavia Tex - forse ancora febbricitante per l'incontro con Layla Gallego - commette un'imperdonabile ingenuità nel far calare giù anche Carson.
Era infatti ampiamente prevedibile che l'occulto regista della macchinazione che sta colpendo Bendito non si sarebbe fatto sfuggire la ghiotta occasione di intrappolare i due Rangers all'interno di un così profondo buco, in compagnia di un cadavere in putrefazione. Tex riesce faticosamente a risalire fino all'uscita della voragine, ma questa è ostruita a regola d'arte da un macigno. Allora torna sul fondo e incoraggiato da una satanica risata che proviene dalle viscere della montagna, esplora attentamente la voragine fino a individuare un cunicolo che prosegue oltre e che sbuca in un'ampia grotta sotterranea, attraversata da un fiume.
Poco dopo i due Rangers scorgono un movimento furtivo tra le rocce, che rivela la presenza di uno strano personaggio.
Si tratta di Charles Remick, cioè del vero Remick. L'uomo racconta la sua storia a Tex e Carson.
«Erano in compagnia di una donna, anche se non ci raggiunse al nostro tavolo». «Pezzo di fica, camicia sbottonata, capelli castani?». «Sì, una stronzona, era chiaro».
«Durante il viaggio verso Bendito, i due assistenti che avevo assunto in precedenza - Forrest e Bulder - mi tradirono: uno di loro mi tramortì e caddi da cavallo. Ripresi i sensi, ascoltai i loro discorsi: avevano intenzione di uccidermi, insieme ai due minatori che avevamo incontrato la sera prima».
«La donna che viaggiava con noi fu risparmiata, forse pensavano di utilizzarla a loro vantaggio e per tenerla buona le promisero una parte dell'oro». «Infatti è ancora in combutta con loro; pur essendoci presentati come due Rangers, si è guardata bene dal far parola dell'accaduto, tenendosi bene abbottonata, a differenza della camicia che indossa...». Ritrovato il pozzo in cui era stato gettato Remick, Tex risale per primo in superficie, aiutando poi i due compagni a fare altrettanto. Quindi si reca a Bendito, favorito dalla notte, e dà subito la sveglia a Layla Gallego, che dorme nella sua locanda. «So tutto... ma voglio darti un'ultima possibilità: scarica i tuoi complici e mettiti con me... ci stai?». «E l'oro?». «Te ne farò dare una parte, se mi aiuti». La donna annuisce e Tex le mette una mano sulle zinne: «Da adesso sei mia, Layla...». La Gallego appicca il fuoco a una baracca non abitata, e poco dopo dà l'allarme al villaggio, secondo le indicazioni del Ranger. Anche Forrest, quale capo villaggio, partecipa allo spegnimento dell'incendio, e così Tex ha l'occasione di entrare indisturbato nella sua baracca e di perquisirla, rinvenendo qualcosa di molto interessante, che è subito ansioso di mostrare a Carson.
Ora gli assi del mazzo sono tutti in mano a Tex, compresa la Donna di Quadri.
Il Ranger assegna a Layla la parte della Donna-Serpente. La Gallego entra in scena nella sua stessa locanda, mentre Tex rivela ai minatori di Bendito, riuniti nel saloon, l'oscura macchinazione ordita ai loro danni dal finto Remick, alias Forrest, e da Bulder. «Maledetta!». I due cercano di reagire, ma vengono freddati dalla colt di Tex Willer. Il Ranger, secondo i patti, riversa a Layla la ricompensa offertagli dai minatori, ottenendo che alla donna spetti una parte dell'oro al momento della divisione. «Torno tra una settimana al massimo... il mio oro non lo divido con nessuno... tutto chiaro?». «Hai saputo scegliere...», e si lascia strizzare le zinne. IN SEI PALLOTTOLE di Salvatore Conte (2024) Starmene a terra in un angolo ad ascoltare quel concerto era umiliante. E anche molto pericoloso.
Perché ero finito in quella scomoda posizione? Per una donna, naturalmente. Per Lola Ramos. Se fossi sopravvissuto, ne avrei fatto un racconto. Era un voto. Lola era la favorita del Puerco, 'na vaccaccia bona come 'na focaccia.
Dai covi segreti nei recessi della Sierra Madre, alle ricche banche di
Arizona, Nuovo Messico e Texas, il passo non era così lungo. Il
capo ne valeva 25.000 da solo, i suoi colonnelli 15 a testa; a 100.000 si
arrivava con i comprimari e i pesci piccoli.
Al momento mi sembrò una cosa assurda;
tuttavia, quando le sue colleghe mi informarono - la sera successiva il colpo messo a segno alla El Paso Western
Bank - che aveva cambiato città, cominciai a capire
che mi ero scopato una delle puttane del Puerco. Avrei cercato di risparmiarla, se fosse stato possibile; e poi l'avrei presa per il collo: o me o la corda; niente sottigliezze. La pelle di Lola non valeva nulla per i banchieri, ma per me sarebbe stato il premio principale.
La faccenda era spinosa e mi accordai con un collega per spartire i soldi in due
parti: 50.000 dollari a testa. Indossava la solita
blusa scollata, gonfiata meravigliosamente bene dal pesante seno e dalle forme
grasse. Aveva solamente aggiunto
il sombrero e il cinturone. Faceva la puttana e la pistolera senza cambiarsi nemmeno
l'abito. Chissà cosa sapeva fare meglio. Forse l'avrei scoperto. Ecco come ero finito in quella scomoda posizione. E mi era andata bene. Per fortuna i desperados del Puerco non avevano capito chi fossi. E neanche lui. Solo Lola lo sapeva. Io non le avevo detto niente, ma le puttane sanno sempre tutto. Per il momento, comunque, non mi tradì. Nella polvere della frontiera conveniva sempre tenersi qualche pallottola da parte. Sapeva che non le avrei sparato per primo: per lei non ero una minaccia. El Puerco, da parte
sua, aveva altro a cui
pensare. Stava dando ordini alla banda. Si preparava a qualcosa. Se pure non m'avesse
tradito, le attenzioni del Puerco si sarebbero spostate su di me: due gringos
bene armati non erano tanto comuni in un posto come Lucero. Gli
altri erano caduti all'interno della cantina, oppure nei vicini edifici, o
durante le avventate sortite che il capo aveva ordinato loro. Le
tolse il sombrero, per far vedere i capelli e il volto; e poi la pistola e il
cinturone, per far credere ai rurales che si trattasse di una donna trovata
all'interno della cantina, di un ostaggio insomma. Vidi Lola indugiare. I rurales avevano evitato di colpirla, forse avrebbe potuto continuare a recitare la parte dell'ostaggio, mettendosi in salvo, ma ebbe paura della reazione del Puerco, che conosceva bene. Indietreggiò dunque anche lei, tornando all'interno della cantina. Tuttavia, il suo capo, lungi dall'apprezzare la sua lealtà, comprese che ormai come ostaggio non sarebbe stata più credibile. E credo temesse che potesse sopravvivergli. La
sua rabbia stava per esplodere. Sembrava un maiale.
«Aspetta...», protendendo le mani in avanti, si portò verso il centro della cantina, forse nel tentativo di prendere tempo. «Non voglio arrendermi... combatteremo insieme... ci salveremo tutti e due...». Ma quello ormai era disperato fino in fondo. L'aiuto della sua puttana non avrebbe cambiato le cose.
Era in
trappola. Ancora quella risata da porco... Lei sapeva molto bene cosa volesse dire. «No... tu non lo farai... No! Non voglio morire! No! Aspetta...!» Solo godermi lo spettacolo ed evitare di attirare l'attenzione su di me.
L’improvviso spegnersi dell'aberrante risata sembrò preludere allo sparo. BANG (1!) Il Puerco le piazzò una pallottola nella pancia. Incassato il colpo,
la messicana - d'istinto - voltò le spalle al
bandito. Lola si avvitò intorno
al palo della cantina e tornò a offrire la schiena al suo assassino. Stava infierendo e non sembrava
intenzionato a smettere. Si stava divertendo. La
circostanza, però, ebbe l'effetto di esasperare il rancore del Puerco. Le aveva saldato il conto. Gli occhi sgomenti di Lola schizzarono fuori dalle orbite, era sbalordita, come se avesse capito soltanto adesso che sarebbe rimasta uccisa. La possente vacca ammetteva la fine, el Puerco poteva essere soddisfatto, le aveva scaricato addosso tutto il tamburo, scampo non ne avrebbe avuto, il requiem era concluso. La solida stazza di Lola, però, le consentiva di incassare piombo meglio di parecchi uomini. Ma anche la sua lussuria di puttana c'entrava qualcosa: si piaceva, sapeva di piacere e non voleva saperne di crepare.
Finora l'aveva sempre
fatta franca, e anche quel giorno, fino a un certo momento, le
era andata bene. Perciò si era ormai convinta di essere praticamente
invulnerabile, troppo piacente per essere uccisa. Stavolta era troppo anche per lei. Le ginocchia cedettero. Franò pesante
in avanti
e rotolò floscia sul pavimento, finendo supina a braccia larghe. Sentendosi perduto, ebbe l’istinto di strisciare verso Lola. «Zoccola… moriremo insieme...». «Perché... lo hai fatto...», biascicò Lola. «Perché amore... è morte...», rispose il bandito. «Io... non ti ho... mai amato... maledetto porco...», alla fine le carte erano sul tavolo. Anche le pallottole di Lola facevano male. «Tu sei mia...». L'aveva quasi raggiunta. «Lola... voglio aiutarti... ti tampono i buchi... ti tampo...no...orghh...». L'ufficiale dei rurales lo lasciò fare fino all'ultimo. El Puerco era morto con il braccio proteso verso la donna e la mano che le sfiorava i buchi in pancia. Forse era stata davvero la sua ultima volontà. Mostrai all'ufficiale la mia licenza di privato cittadino americano cacciatore di criminali, lui mi rivolse un sorriso beffardo, e la cosa finì così. Intanto i suoi uomini cominciarono a portar via i cadaveri dei banditi. Avevano afferrato per gli stivali anche Lola, benché sembrasse ancora in vita. Avevano fretta di rientrare nella loro caserma con i cadaveri dei banditi e di aspettare lì un agente delle banche americane. «Solo un attimo, per favore...», feci un cenno cortese ai rurales. «Capitano... l'intera banda vale 100.000 dollari; la donna quanto può valere?». Un altro sorriso beffardo. «Te la regalo, gringo... almeno tornerai con qualcosa...». «Muy obligado, Capitano». Le sollevai il petto, tirandola seduta di schiena contro la parete, perché aveva un buco nel polmone, e cercai di farle bere un goccio. «Ti piacevo... vero...». «Mi piaci anche adesso, Lola. È il tuo vero nome?». «Certo... Lola... Ramos... ohh... ho paura... ho paura... Tony...». «Stai calma... hai retto bene, poteva fulminarti...». «È vero... mi è andata bene... ohh...».
«Tu sei un gringo, signore. Perché ti occupi di una messicana?»,
l’oste era ricomparso dietro il banco. Mollai la presa e gli acconciai il bavero. «Scusa, avevo capito un'altra cosa.
Fallo chiamare subito, va bene?». E anche molto veloce...».
L'oste rivolse lo sguardo verso un giovane, in tonaca
marrone, che fece il suo trafelato ingresso nella cantina.
Subito dopo, aprì una borsa contenente un gran numero di bottigliette. Preghiamo tutti la Santissima Vergine di Guadalupe, mentre il suo umile devoto cerca di portare conforto a questa povera ragazza…». Il giovane monaco non la conosceva molto bene.
«Che tipo
di conforto, fratello?», domandai, sospettoso. «Niente scherzi, o la tua missione finisce qui, claro? Cerca di tenerla su, non le serve molto, ha il fisico». «Lo vedo, fratello. Lo vedo...». Non mi rimaneva che lasciarlo fare e pregare la Vergine. Sono dunque sopravvissuto e ho rispettato il mio voto. Ho raccontato questa storia. Manca il finale, è vero. Ma qualcosa si può immaginare.
di Salvatore Conte (2024) Lola Ramos, l’ex favorita del Puerco, dopo aver salvato la pelle grazie agli sforzi di Tony Steffen, si era messa in proprio e aveva iniziato a collezionare avvisi di taglia. Era singolare che in Arizona una donna messicana fosse a capo di una banda di fuorilegge; ma la Ramos c’era riuscita.
Imponente, massiccia,
provocante, Lola utilizzava le sue forme procaci, quasi animalesche, per
ottenere favori ed evitare il peggio nelle situazioni di pericolo. Quel giorno la procace Lola aveva mangiato piombo… Una sola pallottola, ma letale, nell'utero, in un regolamento di conti con la banda di Freddie Johnson. Una sola calibro 45 poteva sembrare, in fondo, poco cosa, se paragonata alle sei che le sparò contro el Puerco, quando cercò di portarla con sé all'inferno. Ma tolti i colpi di tosse che le ricordavano di avere un polmone malconcio, il piombo del Puerco non aveva lasciato tracce sul corpo di Lola. Stavolta, però, sarebbe stato diverso. Tra le pistolere della frontiera valeva un detto: l'utero non perdona. Fatti prendere dappertutto, ma non nell'utero. Perché sarebbe scattata la dura legge del piombo. Inutile lottare o cercare un dottore, la morte arrivava inesorabile. In certi casi tanto valeva farla finita. Un pallore mortale si era già impadronito della sua burrosa carnagione. Adesso Lola voleva solo tornare alla sua fazenda e crepare comoda sul proprio letto; da signora; non da puttana, e non da bandita. Aveva un po' di tempo, ma non poteva sprecarlo. Si era messa a cavallo, scortata da alcuni dei suoi, e aveva lasciato gli altri a scannarsi con i rivali. La fretta, però, le aveva suggerito una scorciatoia molto pericolosa. Gli apache erano molto gelosi dei propri territori. Un grosso gruppo a cavallo, formato da una ventina di guerrieri, aveva intercettato la piccola pattuglia di banditi, capeggiata dalla Ramos. Gli indiani si gettarono subito all’attacco dei malcapitati; erano dotati di moderni winchester di contrabbando, anche se avevano poca esperienza nell'usarli. Per Lola fu un altro duro colpo: non si sentiva bene, aveva un terribile mal di pancia e avrebbe fatto volentieri a meno di questo brutto inconveniente. Ciò nonostante dovette rassegnarsi all’idea di trovare in fretta un punto sufficientemente difendibile. Aveva preso una scorciatoia per arrivare prima alla fazenda, non all'inferno. Una collinetta con speroni di roccia affioranti dal terreno era l’unico obiettivo raggiungibile prima della collisione con gli indiani. I suoi presero posizione. Lei stava attenta a non esporsi. Quel contegno smaccatamente furbo esasperò uno dei suoi tagliagole, un certo Emiliano dai capelli lunghi. «Ehi, Lola… vuoi salvarti solo tu?». «Chiudi la bocca... idiota... sto morendo... ho un buco nell'utero...», glielo mostrò, scostando le mani, nel caso non l'avesse ancora capito. «Per quanto ne hai?». «Un paio d'ore... se mi va bene...». Emiliano riprese a sparare, anche se non c’erano molti dubbi che alla fine avrebbero prevalso gli apache. Ma quando tutto sembrava ormai perduto…
PEEE-PEREPEE… Gli uomini della Ramos, usciti dallo scontro con la banda di Freddie Johnson, non avevano in realtà alcuna tromba con loro, ma caricavano gli indiani come fossero stati il Settimo Cavalleggeri. Gli apache ripiegarono. Ora i banditi erano tutti intorno al loro capo, Lola Ramos, la donna con 30.000 dollari di taglia sulla testa. L'avevano imbottita di tequila. E comunque, anche se si era mostrata indifferente, avevano subito mandato a chiamare il medico di Tucson, abile col bisturi quanto facile ai dollari. Sapevano che era sopravvissuta a sei pallottole, volevano la conferma che fosse finita sul serio. E in punto di morte avrebbe scelto il successore. Intanto, come trasportata dal vento, a Tucson si era diffusa la notizia secondo cui Lola Ramos, la pericolosa bandita messicana, aveva trovato la morte in uno scontro a fuoco con la banda rivale di Freddie Johnson. Il clamore fu notevole e la ricerca dei particolari divenne subito ossessiva, coinvolgendo i principali giornali dello Stato. La notizia giunse anche all’orecchio di Tony Steffen, il bounty-killer che l'aveva prima conosciuta come prostituta a El Paso e poi ritrovata in Messico al seguito del Puerco. E che l'aveva salvata da morte certa. Quantunque fosse stato scaricato senza tanti riguardi, non l'aveva ancora dimenticata. Anche lui voleva saperne di più. «Allora… Jack…», Jack Milligan, il medico di Tucson, era arrivato alla fazenda. «Questi cani... hanno voluto... cough... farti perdere tempo... tanto vale... che me lo dici… cough-cough...». «Bevi molto e non sentirai niente. Ti fascio il buco prima di andarmene». Era la dura legge del piombo. La conoscevano anche i dottori. I suoi uomini, al piano di sotto, si interrogavano sul da farsi. Mentre il dibattito si scaldava, per un Jack che usciva dalla porta c’era un Tony che entrava dalla finestra. La Ramos trasalì, come avesse visto il diavolo, prima ancora di morire. Approfittando della confusione, si era arrampicato sul retro dell'edificio e l'aveva raggiunta indisturbato. «Capiti… a proposito… Tony… Sto cercando… l’ultima pallottola… cough... e sarai tu… a darmela… Tu… l’uomo… del mio destino… cough... Amore... è morte... disse... el Puerco... cough... te lo ricordi...». «Mi ricordo anche quello che gli hai risposto. E vale di sicuro pure per me. Non contarci sulla pallottola, ti consegnerò allo sceriffo nelle condizioni in cui sei». A sorpresa, però, la Ramos gli puntò contro la colt, sempre pronta alla mano. Era nascosta sotto il lenzuolo. «Estrai… oppure… t’ammazzo come un cane... cough...». «Se ti sparo, i tuoi uomini mi faranno a pezzi…». «Senza di me… non sono niente…». «Almeno cerca di difenderti…». Il paradosso la fece sorridere. «Lo farò… spara...», tornando seria e fissandolo negli occhi. Sembrava il momento culminante di un duello fatale. Ma lei abbassò la colt. «Sei uno stronzo...», e si morse il labbro. BANG BANG BANG BANG BANG BANG BANG BANG BANG Se al piano di sopra trionfava un magnifico stallo, in quello di sotto si scatenò una sarabanda di colpi. Steffen rivolse un’occhiata interrogativa a Lola. «Si stanno... scannando tra loro… cough... per dividersi... il mio impero…».
Dopo non molto, infatti,
uno strepito di cavalli lanciati al galoppo raggiunse la camera. «Vanno a prendersi... il bottino... cough... è qui vicino...». «Dovrei seguirli, se qualcosa non mi trattenesse qui». «Potevamo... essere invincibili… insieme… cough-cough...». «Andando in giro ad ammazzare gente?». «È quello… che fai... anche tu…». «Vado a fumare, Lola… Questa la prendo io», si era lentamente avvicinato e ora le portava via la colt. BANG Dopo non molto risuonò uno sparo. Tony ritornò trafelato da Lola. Forse l'aveva fatta finita. La donna aveva una colt fumante nella mano, ma non sembrava essersi colpita. «Ne avevo un'altra... imbecille...», gli aveva dimostrato che avrebbe potuto farlo, se avesse voluto. «Ci tieni alla pelle, vero?». «Non ho fretta di crepare... stronzo...». «Ma stavolta non sei stata fortunata...». «No... io... ho paura... Tony... cough... dammi da bere... non ne ho per molto... cough... non è uno scherzo... doc Milligan conosce il suo mestiere... cough-cough...». «Forse non abbastanza, Lola». La donna perdeva a tratti conoscenza, fiaccata dalla mortale ferita. «Sono svenuta... vero... Tony... ho paura... cough... non voglio morire... non mi importa dei soldi... cough... non voglio morire...». «Aspetta... forse sono arrivati...». Gli apache erano una dozzina. Lo stregone cominciò subito a lavorare, mentre il capo dei guerrieri mostrò a Tony Steffen una mezza dozzina di scalpi ancora sanguinolenti, tra cui spiccava quello di Emiliano: li teneva tutti in una mano, ovviamente per i capelli. Un altro indiano svuotò un sacco sul tavolino della camera, rimanendo in attesa di ordini: era un bel malloppo. Il capo alzò la mano che reggeva gli scalpi e con un cenno indicò la donna e l’uomo bianco. Il guerriero apache divise il malloppo in otto parti, sei erano infatti gli scalpi nella mano del suo capo. Quindi fece cenno a Steffen di avvicinarsi, affinché contasse egli stesso, ma il viso pallido alzò la mano a palmo aperto. Allora l’indiano reintrodusse nel sacco sei parti del malloppo. Steffen, delle due rimaste sul tavolo, ne portò una allo stregone, ma questi rispose alzando la mano a palmo aperto. «I bianchi guariscono in cambio di oro», insistette il pistolero. «Io uomo della medicina, viso pallido», e si voltò verso Lola, per finire il suo lavoro. «Avvoltoio andare via, quando pasto troppo difficile». Steffen, in un primo momento, non riuscì a dare un senso a queste parole. Poi ripensò a doc Milligan, che aveva seguito fino alla fazenda. La dura legge del piombo fece un'altra vittima. Una croce alla fazenda ricordava Lola Ramos. Due figure si ritrovarono a pregare. «La tua banda non esiste più. E neanche del tuo bottino c’è rimasto molto». «Quella che hai visto è solo una piccola parte, idiota… E poi hai me, che valgo molto più di 30.000 dollari…». E questa invece era la dura legge di Lola Ramos. E LA BANDA DELLE CESSE di Salvatore Conte (2024)
«Tale cazzo di El Muerto proprio non me lo ricordo…».
È soddisfatto di questa
grossa cessa che si è messo accanto, e non lo nasconde, sebbene non sia stato
troppo facile farla digerire ai suoi navajos, al figlio, e a tanti altri;
solo il vecchio cammello non ha avuto niente da
ridire. Però l'ha tenuta pulita e se l’è sposata. E se la porta sempre appresso. Le grosse zinne e la ciccia scoppiata lo ispirano. Gli piace quel camicione da puttana gonfiato dalla panza da cessa, e non glielo fa più togliere.
«E poi vorrei sapere chi sono queste cesse messe insieme dal fantomatico El Muerto…».
«Già... si fa presto a immaginare quattro comuni banditi, ma stavolta hai delle cagne balorde sulla tua strada…
Tu, però, le riempirai di piombo con
ancora più gusto, scommetto... caro…».
«Nessuno può toccarmi da quando sono tua moglie, e poi ormai
El Muerto ha scoperto il suo gioco: ha avuto la tua attenzione e ha lanciato la
sua sfida.
«A me interessi solo tu, non certo El Muerto…», Tex se la strofina
addosso, in tutta la sua pesante ciccia. «Scommetto che non
facevi tante storie, in quel buco di Bendito…». Voglio prendere di sorpresa El Muerto e le
sue cesse. Giunto a Sunsetville, Tex fa baldoria con Layla. Non è mai sazio di lei e si compiace di aver fatto un grosso colpo, nella miniera di Bendito. Sicuro di aver anticipato la banda di El Muerto, il ranger sfoga sulla moglie la sua rabbia repressa. «Ma dove ti sei nascosta in tutto questo tempo, Layla?». A suo modo se la coccola, sa che una cessa del genere non è facile da ritrovare. «Il capo ci ha detto di sloggiare, la vendetta vuole gustarsela da solo». «In fondo è un tipo all'antica, non vuole trucchi». «Però quel boia di Tex si porterà di sicuro qualcuno». «Io vorrei far fuori almeno la cessa della moglie, se la porta sempre dietro». «Per prendere il suo posto, Angela?». «Pensi che non ci starebbe, Anna?». «Non lo so, ma con lui le donne non durano a lungo». «Io ho voglia di sparare e uccidere, non sei obbligata a rimanere». «A questo punto, o rimaniamo tutte, o nessuna: siamo una banda!». «Quella gola non mi piace, Layla: staccati un po'...», dice Tex alla moglie, avvistando l'imboccatura di uno stretto crepaccio, adatto a un'imboscata. Tex non aveva torto a preoccuparsi: le cesse di El Muerto hanno deciso di rimanere nei paraggi e di portare la carcassa del ranger al loro capo. In tre sparano da un versante del crepaccio, bene al riparo, come banditi qualsiasi, ma con zinne importanti addosso. Da un lato del terzetto spara Brigitte Nilsson, una possente zoccolona dai corti capelli biondi a spazzola, di taglio militare, che se ne va in giro dentro un camicione blu, e che potrebbe quasi sembrare una giacca blu, se non fosse per le grosse zinne che le gonfiano la divisa in maniera anomala. Dal centro spara Emilia Gallego, una mezzosangue veloce e sicura del fatto suo. Dal lato opposto fa fuoco Anna Frazer, una vecchia puttana grassoccia con il camicione sapientemente sbottonato fino allo stomaco e la cartucciera sempre a tracolla, utile anche come scudo. Dopo l'iniziale momento di difficoltà, Tex si porta al riparo di una roccia e da lì riesce a inquadrare la Frazer... Il colpo del ranger raggiunge in pieno la donna che caracolla imprecando lungo il pendio, rotolando a fondovalle! Lo scudo è servito a poco! Tex, tuttavia, non ha fatto ancora i conti con la quarta cessa di El Muerto, colei che ha ispirato l'agguato: Cindy Kruger, una mastodontica tedescona, avida e sanguinaria. Forse per prenderlo in giro, indossa una camicia gialla e dei pantaloni blu. Lo sorprende alle spalle, mentre ricarica la colt. D'altronde non è la prima volta che accade, nella lunga carriera del ranger. Ma a questo punto entra in scena Layla Willer: la moglie del ranger, uditi gli spari, è smontata da cavallo e si è inerpicata lungo la gola, arrivando a sua volta alle spalle della Kruger. E ora le salta addosso, pugnalandola senza pietà! Brigitte ed Emilia si avvicinano a guardia bassa, convinte che Cindy abbia neutralizzato il ranger, ma scoprono ben presto, a loro spese, che le cose sono andate molto diversamente! La Nilsson incassa un colpo nello stomaco, la Gallego si dà alla fuga. Tex e la moglie la lasciano andare, la Banda delle Cesse ne ha avute abbastanza per oggi. Se qualcuna di loro arranca ancora in questa valle di lacrime, penserà a tamponare buchi, o a scavare fosse. A Tex interessa solo El Muerto. I due pard arrivano finalmente a Pueblo Feliz, la resa dei conti si avvicina. Si tratta di una tipica ghost-town, completamente in rovina. Tex vi era già stato in compagnia di Tiger. Un cavallo, legato al palo di un diroccato saloon, mette in allarme il ranger, ma ne viene fuori soltanto un ex minatore del tutto scombinato. Il cavallo, però, sembra appartenere proprio a El Muerto. «Tu rimani qui, Layla. Con lui devo vedermela io, tu hai già fatto abbastanza». La lunga galoppata della vendetta è giunta a destinazione.
Entrambi i pistoleri rimangono colpiti! El Muerto si ripara dietro una lapide, Tex dietro un cumulo di massi estratti dal suolo per far posto ai cadaveri. Hanno entrambi le budella bucate e se la vedono brutta! «Maledetto ranger! El Muerto ti propone una tregua!», a strillare come una cornacchia è Emilia Gallego, la mezzosangue, che ha raggiunto il suo capo sulla collina degli stivali di Pueblo Feliz. Accanto a lei si intravede Brigitte Nilsson, che evidentemente è riuscita ad assorbire il colpo. «Fottuta puttana! Tex accetta la tregua! Dillo al tuo capo, se non è ancora crepato!». Le donne hanno preso in mano la situazione, la fossa rimane al momento sgombra. Ai piedi della collina avanza pigramente un ronzino cavalcato da Anna Frazer, piegata a testa china sul collo dell'animale, con al traino quello della Kruger, di traverso sulla sella con il grosso culo all'aria: una carogna moribonda che ne trascina un'altra, messa ancora peggio. Tutti convergono al cimitero, chi per rimanerci, chi per leccarsi le ferite. Fatto sta che la faccenda non è ancora chiusa e che di buchi ne rimangono aperti parecchi. DELLA DIABLERA di Salvatore Conte (2024)
«Proprio convinto che quella vecchia storia sia del tutto chiusa, pa'?». «A questo punto, non me la sento più di dirlo». «Ugh! Quella volta abbiamo commesso un errore: ricordo ancora come fosse ieri... Nessuno di noi la toccò... Rimanemmo vicini al corpo della Diablera soltato pochi istanti, per il timore di incorrere in altre trappole, suggestionati da quell'atmosfera da incubo».
«Vuoi dire che... poteva trattarsi di una semplice visione...?». «Io non capisco di cosa stiate parlando...», Thomas, il figlio del Dottor Ferguson, li interrompe per un attimo; ma viene ignorato. «Se non ricordo male, la strega ci aveva già ingannato, facendo apparire sulla nostra pista dei lupi senza corpo».
«Hai ragione, Tiger; ora ricordo. Può esserci del vero in ciò che dici. In ogni caso, andremo a fondo di questo mistero». «Fermi un momento... mi viene in mente un altro particolare, adesso...». «Sentiamo, vecchio cammello...». «Sulla fronte la strega portava un teschio, ve lo ricordate?». «E allora?». «Allora, professore... sulla fronte del cadavere che abbiamo visto noi, non c'era nessun teschio...». «Come puoi dirlo, dopo tutto questo tempo?». «Mah... ecco...», Carson non sa cosa rispondere a Tex; in compenso, alza gli occhi, d'istinto, verso le pareti della gola. È come se quel pensiero gli fosse stato suggerito da qualcuno...
Tex e pards sono giunti a Tubac sulle tracce del Dottor Ferguson, di cui non si hanno più notizie, in compagnia del figlio Thomas. Il padre aveva alloggiato nell'unica locanda del paese; la moglie del proprietario, Esperanza, è anche la riluttante domestica del Dottor Stevens, amico e collega di Ferguson. Willer vorrebbe mettere sotto torchio la bella governante, ma deve trattenersi.
Willer e i suoi pards recano visita al famigerato Dottor Stevens, ma questi - pur fingendo una cordiale ospitalità - si dissimula dietro risposte generiche e prevedibili.
L'amara verità viene presto scoperta: la Diablera è davvero tornata!
L'importante strega ha svolto ricerche presso il Meteor Crater e ha scoperto che in profondità alcuni ricci verdi sono ancora vitali.
Grazie agli immensi poteri di questa forma di vita aliena, Mitla si è messa in società con il Dottor Stevens, bramoso di ingredienti particolari per i suoi folli esperimenti. È stato dunque così che la strega è riuscita a ricreare una terribile trasformazione simile a quella già ottenuta nei confronti di suo fratello Guaimas. I potenti ed efferati uomini-scimmia sono tornati insieme a Mitla! Questi vengono impiegati in rapine e razzie di vario genere, allo scopo di finanziare ulteriori ricerche.
La strega, benché invecchiata e imbolsita, sfrutta il suo fascino per tenere ammansito Stevens, e per controllarlo meglio gli ha messo addosso Esperanza, assunta nella propria organizzazione.
Anche questa volta, però, Tex Willer viene a romperle le uova nel paniere. Tuttavia il ranger non ha intenzione di ucciderla, come del resto non ne aveva in occasione del loro primo scontro.
Di sicuro vorrebbe consegnarla al Morisco, affinché possa tentare di ammansirla e di carpirle qualche importante segreto.
Ferguson è stato fatto prigioniero e obbligato a collaborare, ma l'insistenza del figlio, che si è rivolto a Tex Willer su consiglio dell'Agenzia Pinkerton, si è rivelata letale per l'organizzazione creata da Mitla, a cui non rimane ormai che una precipitosa fuga in compagnia della fedele Esperanza, la quale sta alla strega come il buon Eusebio sta a El Morisco.
di Salvatore Conte (2024)
«Qualcosa non mi va giù, Tex». «A cosa alludi, amigo?». «Al serpente più velenoso».
Nel frattempo, Anna Frazer sta rassicurando il suo ricettatore sul prosieguo delle attività di ricerca, malgrado la triste dipartita dei suoi soci.
«Adesso, però, abbiamo una traccia. Se la vecchia Huyana ha detto il vero, e io credo che lo abbia fatto, ne sappiamo più della stessa Frazer, e possiamo anticiparla». «Bueno... Occhi aperti, Tiger... non mi fido della Sbottonata, o di come accidenti si faccia chiamare...». «Ugh!».
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