Layla Zikhoque vuole potere

La Fioraia di Kingsport

Alla ricerca dell'oscuro Kadath

Ad alto rischio di estinzione

La Bestia di Bering

Conan: Il Palazzo dei Morti

LAYLA ZIKHOQUE VUOLE POTERE

di Salvatore Conte (2024)

«Mi sento in pericolo, Fred.

Ho bisogno di una guardia del corpo, ma non ho soldi per pagarti.

Però so che ti piaccio... perciò non penso che vorresti vedermi morta».

«C'è qualcuno a cui non piaci?».

«Non credere... gli altri mi considerano una puttana, tu qualcosa in più».

«Chi è che ti minaccia?».

«Ancora non lo so di preciso».

«Ho i miei turni al lavoro, lo sai.

Come faccio a starti appresso?».

«Ascolta, Fred... da questa storia ho intenzione di uscire con un bel mucchio di quattrini: quanto basta per sistemarci... prenditi una settimana di ferie... fai il carino...».

La camicia sbottonata e le zinne da mignotta di Layla sono argomenti più che convincenti.

«Domani mi accompagnerai all'ospedale di Danvers.

Voglio parlare con un tale».

«Va bene, passo a prenderti io, poi mi sistemo da te».

Si avvicina.

«Strizza, strizza pure...».

È così che lo paga.

«Stai attento, Fred: Layla pensa solo ai cazzi suoi; ne ha già bruciati parecchi… si pensa la più grande fica del Massachusetts e fa la stronza.

Stai dunque attento che i suoi rotoli di ciccia in panza, e il grasso da stronza, non ti si squaglino in faccia...

Un ultimo avviso, Fred: nota il reggiseno contenitivo; se la vedi nuda, le zinne le vanno a finire sotto l'ascella...».

«Niente, ha perso completamente la ragione...

Non sono riuscita a cavargli niente».

«Cosa speravi ti dicesse?».

«Non lo so, ma è un tizio che aveva scoperto qualcosa».

«A differenza delle tue zinne, ti mantieni abbottonata, Layla».

«Non credevo che un gangster potesse avere dello spirito...».

«Dove si va, adesso, boss?».

«Voglio mostrarti una cosa, andiamo a casa...».

«Ho acquistato questo libro in una battuta all’asta.
Quella sera non avevo un cazzo da fare, e per ammazzare il tempo ho curiosato là dentro; nessuno si faceva avanti e così ho preso questo libro per pochi dollari.
Dal giorno dopo, però, sono cominciate strane cose».
«Per esempio?».
«Telefonate mute, strani rumori dalle finestre, la sensazione di essere pedinata».
«Layla… tu colleghi tutto questo al libro, ma a me sembra più verosimile collegarlo a te stessa…
Voglio dire che qualcuno deve averti notato, e dato che sei una grossa fica, ne è rimasto impressionato. Hai scatenato in lui un’ossessione, perciò ti segue, senza avere il coraggio di manifestarsi.
È un fenomeno abbastanza comune di questi tempi…».
«Sei un gangster o un sociologo, Fred?
Non si tratta di un ammiratore timido, c’è molto di più nell’aria.
Sono una fica, ma ho anche il cervello.
A qualcuno interessa questo libro, perciò lo tengo nascosto».
«Avrebbe potuto acquistarlo…».
«Forse non voleva esporsi».
«Come pensi di muoverti?».
«L’hai detto. Vorrei muovermi, per costringerlo a fare qualche passo falso.
Questi circoli esoterici credono che esistano luoghi frequentati da entità demoniache.

Senti cosa scrive un poeta pazzo che loro venerano come un profeta, un certo Lovecraft, in merito alle aree interne del Massachusetts:

I vecchi abitanti sono andati via e agli stranieri non piace abitare in questa regione. Ci hanno provato i franco-canadesi, come pure gli italiani, ed anche i polacchi sono arrivati e ripartiti. Non sono andati via a causa di qualcosa che si può vedere, udire o toccare, ma per qualcosa che si può immaginare. Non è un posto buono per fantasticare, e la notte non porta sonni tranquilli.

Se andiamo da quelle parti, sicuramente qualcuno si farà avanti».
«E tu che ci guadagni?».
«Potere… Fred… potere… e con il potere si fanno i dollari… sono stanca di vendere fiori agli idioti».
«Hai le idee chiare, bellezza».
«Tu mi coprirai le spalle, sono convinta che il tuo tommy-gun faccia male pure ai demoni…».
«Ti seguirei pure all’inferno, perciò siamo dentro il recinto».

«Spero che la tua vena umoristica non annacqui il piombo, perché è quello che mi aspetto da te…».

«Da dove si comincia?».

«Da un mio fornitore, un tipo strano; si dice che dalle sue parti avvengano cose misteriose...».

«E chi è che lo dice?».

«Le voci...».

«Layla, a me i misteri non piacciono. I miei obiettivi sono tangibili.

Tuttavia, poiché le tue zinne sono altrettanto tangibili... per me nessun problema.

Dammi l'indirizzo e ti scarrozzo da questo tale... bambola...».

     

     

«Sta facendo un mucchio di soldi, da quando questa scheggia di asteroide è piombata sulla sua proprietà...».

«Ma propro nel pozzo si è infilata? Mi puzza...».

«Certo, è tutto molto strano, Sal...

Pare che questo vapore abbia una forma di intelligenza, probabilmente ha scelto di abitare nel pozzo».

«È pazzesco».

«Te l'ho detto... sono le cose pazzesche ha dare potere.

Tu sei abituato a risolvere tutto con una scarica di Tommy, ma scommetto che servirebbe a poco contro questa cosa...».

«Però servirebbe, eccome, contro qualcuno che volesse fregarci l'idea...».

«È per questo che sei qui, Sal...

Sai... finita questa storia, con i soldi fatti, mi piacerebbe andarmene a Venezia, in gondola...

Lì comandava il Doge, una volta.

Lo sai come si chiama un Doge femmina?

Lo so, è una domanda difficile, a cui di certo non puoi rispondere.

E allora rispondo io a me stessa: si chiama Dogaressa.

Ebbene, sarò io la nuova Dogaressa di Venezia!».

«Come vuoi procedere?».

«Entreremo in società con Nahum.

Gli faremo un'offerta che non può rifiutare».

«Pare ci voglia ficcare il naso la Miskatonic University... potrebbero ottenere l'esproprio a danno di Nahum».

«Già... parlerai con il Rettore e gli garantirai una percentuale, se terrà buoni i suoi parrucconi.

Potranno venire qui come tutti gli altri curiosi, ma solo pagando il biglietto».

DUE MESI DOPO

«Nahum è morto e io ho un tumore all'utero!

Quel vapore uccide!».

«Lasciamo perdere questa storia, Layla. È andata male.

Domani ti fai ricoverare al St. Mary».

«Il tuo piombo è rimasto in canna, Fred.

Ho sbagliato i miei calcoli, ma non mollo facilmente.

Non sono finita. Non farò la fine di Nahum».

«Certo che no, cara. Il St. Mary ti rimetterà a posto, vedrai».

SEI MESI DOPO

«Non voglio crepare, Fred...».

Il tumore ha galoppato, non le ha dato tregua.

Le hanno asportato l'utero, ma Layla presenta metastasi allo stomaco, al fegato, all'intestino e al pancreas.

La situazione si è fatta disperata.

Layla Zikhoque fa la biscia nel suo letto ormai da mesi.

Fred spinge per un suo ricovero fisso al St. Mary, ma alla donna l'ospedale fa paura. Lo vede come un viaggio solo andata. 

«Quel vapore malato mi ha distrutto...».

«Calma, non correre.

Sei forte, massiccia, e sei seguita dalla Miskatonic.

Tu non rimarrai uccisa».

«Io invece ho paura, Fred. Il tumore mi sta mangiando.

Potrei andare in crisi e non riprendermi più».

«No, non è possibile, cara. Al St. Mary hanno la Terapia Intensiva e la Rianimazione.

Tu non rimarrai uccisa».

«Il tumore va avanti, Fred. Non può tornare indietro. È solo questione di tempo. E ne è rimasto poco.

Il tumore al pancreas è micidiale. Sono arrivata alla fine, Fred».

«No, non ci credo. Non sei così grave.

Il boss mi chiede spesso di te. Sei una donna famosa e prestigiosa».

«Chiede perché ha capito che mi manca poco. La mia morte farà rumore.

Ci saranno centinaia di persone al St. Mary, quando sarò in fin di vita».

«Ti va di fare un giro in carrozzella?».

«Va bene, facciamogli vedere che mi sbatto ancora in giro.

Non mi annoio mica a campare...».

«Così mi piaci, cara...».

LA FIORAIA DI KINGSPORT

di Salvatore Conte (2024)

Kingsport, 1936

«Mi offri da bere, bell'uomo?».

Alza gli occhi e non ha dubbi.

«Certo... siedi...

Cosa ti faccio portare?».

«Un whisky, doppio...».

«Un doppio whisky e una birra, grazie».

«Io faccio la fioraia, e tu?».

«Io, l'impiegato del catasto, ad Arkham».

«Quindi sei di passaggio...».

«Il tempo di cercare notizie su mio fratello; è venuto da queste parti, ed è scomparso».

«Hai già preso alloggio?».

«Ancora no, la locanda è al completo».

«Perché non vieni da me?

Abito in centro, ti troverai bene, sono una donna sola...

Un po' spompata, ma non finita...».

       

«Lo vedo, lo vedo...».

«E allora...?», con voce morbida.

«Allora va bene... mi fa piacere, ti ringrazio...».

«Domani ti farò visitare la città, con me non rimarrai deluso...».

«Lo penso anch'io...».

«Ecco, questo è l'argine principale del Miskatonic.

Ma ci sono altri bracci che si addentrano nella città, creando un effetto romantico».

«Quanti anni hai?».

«63, ma portati bene».

«Io ne ho 25 di meno».

«E allora?».

«Mi spieghi come fai a essere ancora così bona? Non sembri una donna che sta per diventare anziana...».

«Non mi sono mai accorta di essere diventata vecchia.

Piaccio sempre di più».

«Ci credo...

In questa piccola città ti conosceranno tutti...».

«Infatti...

Ma mi piace conoscere persone nuove e interessanti».

«Insomma su mio fratello non sai proprio dirmi niente?».

«No, te l'ho detto.

So che tuo fratello dev'essere importante per te, ma sei sicuro che non sia un po' stronzo?».

«Perché dici questo?».

«Beh... è quello che ho sentito in giro. Kingsport è un piccolo centro.

Però non so dirti altro».

«Andiamo a bere qualcosa?».

«Verrai a trovarmi ad Arkham?».

«Raramente mi muovo da Kingsport. Questo è il mio mondo...

Rimani tu, qui. O torna a trovarmi».

«Una donna come te mi interessa molto...».

«Fermati da me, allora. Divideremo le spese. E andrai ad Arkham con il treno».

«Sono contento di averti incontrato, Layla.

Sono venuto qui per una ricerca dolorosa, ma ho scoperto il più bel fiore della Costa...».

«Il più grosso, vorrai dire...

Mi sono gonfiata parecchio in questi ultimi anni».

«Hai la carne giusta, Layla, sei possente...».

«Se intendi grassa, hai ragione».

«Scherzi?».

«Modestamente sono ancora una top, lo so...

E non accenno a invecchiare...».

«Domani facciamo un giro?».

«In mattinata ho un impegno, nel pomeriggio vediamo...».

«Ehi, Fred...

Non sei curioso di sapere che fine abbia fatto la tua amica?».

«Ma chi è lei?».

«Il problema non è chi sia io, ma chi è lei, appunto...

Vuoi sapere qualche parte di verità, o ti vanno bene le fregnacce che ti ha raccontato la pupa?».

«Ma insomma... che fregnacce? Non capisco...».

«È slang... mio caro impiegato del catasto.

Su andiamo... basta chiacchiere...

Una macchina ci aspetta fuori dal villaggio».

Il misterioso passante gli mostra la canna di una pistola; di una Luger 1908, per la precisione.

«Si rivesta, avvocato.

Meglio per lei se sparisce, dimenticando tutto».

A lui piace farlo sulla spiaggia.

La zona è tranquilla, il tempo è grigio, l'acqua sporca; la teleferica della vecchia torbiera scarica in mare le scorie.

Oggi, però, la zona è meno tranquilla del solito.

Era meglio se andava in tribunale.

L'avvocato capisce subito l'antifona e non si mette a discutere.

Layla è una grossa mignotta, non c'era da fidarsi, ma non ha saputo resistere.

Prima di andare via, tira fuori qualche dollaro, ma lei protesta.

«Ehi! Voglio più soldi, hai capito? Io valgo tanto... sono ancora una top...».

«Non agitarti, Papessa, non serve...

Stavolta sarai pagata in un altro modo...».

«Ehi... che volete farmi...».

«Ammazzarti».

Il killer le mostra una Luger calibro 9.

Dalla parte della canna.

«No! Non potete farlo... sono la Papessa di Dagon!».

«Appunto...».

POW

«Come vedi, l'abbiamo fatto.

Ma è solo un anticipo...

E adesso corri, puttana... corri... cerca di salvarti!».

«La vedi quanto corre? Vuole salvarsi.

È quel punto bianco sulla spiaggia. Si porta addosso la camiciona che ti piace tanto...

Vieni... andiamo a vedere da vicino».

L'ultrasessantenne incassa, si piega in due, ma rimane in piedi, e comincia a correre... scosciata e sbottonata...

Ha capito che si mette male, però vuole salvarsi.

Ha indosso soltanto il suo camicione bianco a collo alto, da puttana prestigiosa, allacciato al massiccio corpo da due bottoni all'altezza dello stomaco.

Pur barcollando, e quasi cadendo, si dirige verso la teleferica.

È una grossa struttura che movimenta carrelli stracolmi di scarti, provenienti dalla vicina cava. Il giro di boa avviene intorno a un imponente pilone, affondato in acqua a 100 metri dalla riva. In quel punto il carrello di turno si scarica a mare, rendendolo grigio anche quando il cielo è blu; quindi ritorna vuoto alla cava, pronto a farsi un altro giro.

Oggi - però - il mare sarebbe comunque grigio.

I tre sicari la seguono tranquilli da una trentina di metri.

C'è anche Fred tra loro. Ha avuto tutto il tempo di raggiungerla.

Layla arranca.

Non può fuggire, non può chiedere aiuto.

La zona è deserta, specie in una giornata grigia come quella di oggi.

La donna ha fatto qualche metro in salita, cercando un'improbabile via di scampo, ma non ce la fa più; si abbandona stremata contro un pilone della teleferica, lo abbraccia come giunta a una sorta di traguardo, senza una coppa da alzare; i carrelli le passano vicino, pochi centimetri sopra la testa.

«Ma perché le fate questo?

Lasciatela stare!».

«Ma sentilo...

Adesso te lo spieghiamo perché, poi sarà il tuo turno...

Ma prima la pupa deve finire nel carrello di scarico... in bocca a Dagon...».

«NO!», urla disperata.

POW

POW

POW

POW

POW

POW

Altri sei colpi in rapida successione, al bersaglio grosso, per non lasciarle scampo. Un plotone di esecuzione formato da un solo uomo.

Sette colpi in totale.

«L'ultimo, in testa, è per te, ragazzo».

La Luger 1908, infatti, porta nel serbatoio otto colpi calibro 9.

Layla incassa, tarantolata, come in un accesso di isterismo, e dopo qualche attimo scivola di schiena lungo il pilone.

Finisce con il culo a terra, lo sguardo sbarrato, la camicia ridotta a una groviera sanguinolenta.

«Ora saprai tutto.

Aveva molti difetti, ma uno li superava tutti e le è stato fatale: non aveva giurato fedeltà al Fuhrer... e al Reich...!

Ha sventrato tuo fratello come un pesce marcio, lo ha sacrificato a Dagon, ignorando completamente il Fuhrer!

Adesso, però, che la Papessa è morta, avremo un nuovo Arcivescovo di Dagon che terrà sacrifici in onore del Reich.

E tu, stronzo... ti sei bevuto le fregnacce di questa mignotta...

Guardala...

Guarda la fine che ha fatto...».

Layla ha ancora qualche sussulto, la bocca impastata di sangue.

«Andrete su vagoni separati.

Avanti... caricala tu stesso!

E poi... sdraiati su quello successivo.

Non sentirai niente.

Sarà un attimo.

Tuo fratello, invece, ha sofferto, e molto, a causa di questo mignottone...».

Fred esegue. Non ha scelta.

Carica Layla sul primo carrello in arrivo.

E poi si rassegna a seguirla, montando su quello successivo.

POW

Lo sparo giunge puntuale.

Però vede ancora Layla davanti a sé.

Se è morto, era già all'inferno, allora.

Tuttavia non è morto, perché lo sparo non è quello di una Luger calibro 9.

Il colpo viene da un fucile e ha ammazzato il sicario; la vittima sacrificale è al momento salva.

Il custode della cava ha sentito i colpi ed è venuto a vedere.

Un eccesso di sicurezza da parte dei sicari nazisti, cultisti di Dagon.

Gli altri due si danno alla fuga, non possono competere contro un fucile, per i noti e ben ovvi motivi.

Ma non c'è tempo per il custode di tornare indietro e fermare la teleferica.

SPLASH

Prima Layla.

SPLASH

E poi Fred.

Un bel tuffo a mare, insieme a tanta torba di scarto.

L'uomo si guarda intorno e avvista la donna.

Galleggia a pancia in su.

Si domanda cosa fare.

Ma sta già nuotando nella sua direzione.

La trascina a riva, con l'aiuto delle onde, non capisce se sia cadavere o meno.

«Ma questa è Layla!», esclama il custode, giunto a riva.

La donna ha la bocca spalancata come quella di un pesce marcio, gli occhi ghiacciati, l'espressione intorbidita.

«Come l'hanno ridotta?!»

«Le hanno sparato addosso per ucciderla», spiega Fred, semmai ce ne fosse bisogno. «Ma forse... è ancora viva?».

Un rantolo.

«Sì, è ancora viva, ma non credo per molto.

Sta arrivando una barca, dobbiamo raggiungere in fretta l'ospedale».

«Fred... ohh... ora sai tutto... uhh... perdonami...».

«Hai pagato abbastanza, Layla... cerca di salvarti...».

«Voglio... ohh... voglio vivere con te... fate presto... uhh...».

Layla guarda fisso il cielo grigio, la mano in quella di Fred.

L'hanno imbottita di whisky, ma c'è preoccupazione a bordo.

Faranno salire il medico sulla barca, non rischieranno di portarla a terra.

Una folla si raccoglie sul molo di Kingsport.

La voce corre in un attimo.

Layla, la fioraia, è in fin di vita, forse è già morta mentre tutti ne parlano.

«È ancora viva, calma!», esclama il capitano della piccola imbarcazione.

«Largo! Fate largo al medico!».

Dal vicino ospedale arrivano una bombola d'ossigeno, del plasma, e vari medicinali.

L'ambulanza aspetta la donna all'ingresso del porticciolo.

«Finalmente la portano via!».

«Fate largo! Layla ha fretta!».

«Layla parte per l'ospedale!».

Ci vuole tempo prima che una barella, circondata da ali di folla, la trasporti sul veicolo.

Sono stati minuti di panico e di notizie contrastanti.

Si è temuto il peggio, che Layla morisse sulla barca.

Si dice che la tragedia sia rinviata di poco, c'è tanta preoccupazione in città.

Ma almeno in ospedale ci sono la terapia intensiva e la sala rianimazione.

C'è tanta preoccupazione.

Per la fioraia, ma soprattutto per la Papessa.

ALLA RICERCA DELL’OSCURO KADATH

di Salvatore Conte (2024)

Quando la vedeva, veniva sopraffatto dalla pienezza e dall’ansia di un ricordo quasi svanito, dal dolore di cose perdute, e dal bisogno ossessionante di ricordare di nuovo quello che una volta doveva essere stato estremamente importante per lui, anche se non sapeva dire in quale remota epoca o incarnazione.

Di problemi ne aveva già abbastanza, ma da quando ha scoperto che un tumore aggressivo le sta bucando le budella, è rimasta sconvolta al punto da non riuscire più a fare niente.
Anna Frezzante è una grossa stronza con 50 anni addosso e modi e faccia da Rita Hayworth di periferia; attira su di sé l'attenzione di un vasto pubblico, ma i bottoni del camicione rimangono chiusi quasi per tutti, provocando la frustrazione di chi rimane spettatore.
D'altronde, nel 1948 nessuno si aspettava di incontrare Rita Hayworth nei corridoi del cinema; però quando si vede la carne - e non un'immagine proiettata sullo schermo - le aspettative cambiano; anche se poi, in fondo, si tratta della stessa esperienza; ma questo lo sanno in pochi.
Adesso, però, la signora è costretta a uscire allo scoperto: ha bisogno di alleati per affrontare la malattia, di sicuro non vuole crepare come una stronza, né per un proiettile di rimbalzo, né per un tumoraccio.
I bottoni potrebbero allentarsi più del solito; ma in ogni caso non potrà mai accontentare tutti: ecco perché hanno inventato il cinema; per accontentare, lusingare o illudere - come preferite - non una, non due, non dieci, non centomila, ma miliardi di persone.
Chi non ha mai visto la Signora di Shangai? Nessuno.
Chi l'ha vista? Al traguardo del centenario, nel 2048, l'avranno vista almeno quindici miliardi di persone.
In più, rispetto alla Frezzante, né l'età, né un tumore potranno scalfire quell'immagine.

Quando si svegliò per la terza volta su quella scalinata che non aveva ancora disceso con Anna e su quelle strade immerse nel tramonto non ancora attraversate con Anna, pregò a lungo e con fervore gli dei del Sogno che meditano nascosti dalle nuvole sullo sconosciuto monte Kadath, nel gelido deserto in cui nessun uomo osa avventurarsi.
Ma gli dei non risposero, non mostrarono alcuna pietà, né espressero alcun segno favorevole quando li pregò in sogno e li invocò con suppliche attraverso i barbuti sacerdoti Nasht e Kaman-Thah, il cui tempio oscuro come una caverna sorge non lontano dai Portali del mondo diurno, con al centro una colonna di fiamme.

Al contrario, parve che le sue preghiere ottenessero tuttaltro effetto perché, dopo aver formulato la prima, non gli fu più concesso di contemplare quella meravigliosa donna e la città degna di lei, come se le tre occhiate che le aveva lanciato fossero state solo degli incidenti o delle sviste che non rientravano nei piani o nei desideri degli dei.
Alla fine, stanco di sognare quelle zinne sbottonate che risplendevano nel tramonto, non riuscendo a dormire né a risvegliarsi per liberare la mente da loro, Carter decise di entrare coraggiosamente dove nessun uomo era mai stato prima, e sfidò le tenebre del Gelido Deserto, dove lo Sconosciuto Kadath, coperto dalle nuvole e incoronato di stelle ignote, custodisce in segreto, avvolgendolo nella notte, il Castello d’Onice dei Grandi Antichi.

La Frezzante è disposta a ricontattare un certo Sal Barone, a suo tempo scartato, perché per lei si farebbe in quattro, ma è lui stesso ad anticiparla…
«Ho saputo che non te la passi tanto bene, Anna…», con un certo rancore.
«Non sei carino, Sal… la vecchia Anna ha bisogno di cure…».
«Che posso fare per te?», tornando galante.
«Ho bisogno di qualcuno che mi stia appresso.
Ho fatto un po’ la stronza, Sal, però…».
«Va bene, va bene, acqua passata».
Riagganciato.

«Perché hai voluto incontrarmi qui?», gli chiede. «Non ho ancora intenzione di buttarmi».
«Te lo spiego dentro.

Non fare sempre la difficile...».
Dal Ponte di Ariccia si spostano all’interno di Parco Chigi.
C’è tanta gente a passeggio.
«Allora? Che ha di speciale questo posto?
Io sto crepando, e tu mi porti per fratte?».
«Hai chiesto il mio aiuto, o no? Fidati…
Ci vediamo con un tale».
Anna e Sal attraversano l’antico portale del parco.
«Siamo arrivati.

Ci aspetta lì dentro…».

«Dentro quel buco?».
Anna è indecisa, quell’antro incute soggezione.
«Avanti, non fare la stronza…».
«Cos’è questo ronzio?
E quella luce…?
Che succede là dentro?».
«Lo scopriremo presto».

Dall’antro esce una coppia, lui è un tipo ambiguo, barbuto, lei una con la carne giusta e la faccia da zoccolona.

Le presentazioni e qualche sguardo d’intesa.

«Non è che facevi la vigilessa, Layla?».

«No, perché?».

Si cammina.
«Se sei stanca, torniamo indietro, Anna».

«Non sono stanca».
«Scusi… sa indicarmi l’uscita?», un tizio chiede informazioni a Sal.
«Di là, deve passare sotto l’arco quadrato».
«Anch’io ricordavo questo, ma l’arco non riesco a trovarlo, e ci sono altre persone che non trovano l’uscita».
«Strano… quante persone saranno?».
«Quattro o cinque…».
«Siamo un bel gruppo, allora».
«Mi scusi… non ho capito…».
«Niente, niente… se ci fossimo persi da soli, sarebbe stato peggio, no?».
«Ma come si fa a perdersi a due passi dal centro di Ariccia?
Il palazzo è talmente grande che basterà vederlo per orientarsi…».
«Certo, certo, ma lei riesce a vederlo Palazzo Chigi?», Sal non si sforza nemmeno di provarci.
«Da qui non si vede, ma se ci spostiamo un po’, lo vedremo sicuramente».
«Mia moglie è stanca, lei faccia un tentativo, io l’aspetterò qui.
Però… attenzione… non si allontani troppo, e se possibile raduni anche gli altri…».
Tempo dieci minuti e il tizio ritorna con cinque persone.
«Niente… il palazzo non si vede da nessuna parte…».
«A questo punto chiamiamo il 112: ci prenderanno in giro, ma almeno usciremo da qui».
«Ha ragione… però sul mio cellulare non c’è segnale».
«Volete farmi credere che nessuno ha il segnale?», domanda Sal, giocando sul velluto.
«Scommetto che tu sai quello che sta accadendo…», gli sussurra Anna.

«Ascoltate, signori: tra non molto sarà buio, qualcuno verrà a cercarci; ma nel frattempo dobbiamo rimanere calmi e uniti.
Il bosco intorno a noi potrebbe diventare pericoloso, se non rimaniamo in gruppo.
Il mio amico Frank ha esperienza di escursioni: propongo di affidarci a lui».
Frank è il compagno della zoccolona.

«Finalmente!

È mai possibile che due persone adulte si perdano in un Parco così piccolo?

Le uscite sono contabilizzate e ne mancavano appunto due».

Sal Barone rimane basito.

La donna in uniforme che sta parlando è la copia esatta di Anna.

Dai gradi sulla spallina, corrispondenti a quelli di Maggiore, dev'essere il Comandante dei Vigili di Ariccia.

«Sono il Maggiore Anna Frezzante, Comandante della Polizia Municipale di Ariccia», è lei stessa che conferma tutto, rivolgendosi a Frank.

«Come due? Noi siamo dieci...», replica Barone.

«E tu che ci fai qui?

Non avevi detto che eri al lavoro?».

«Ma io...».

«Dai, dopo mi spieghi. Il custode sta aspettando noi per chiudere e inserire gli allarmi.

«Ti senti bene, Anna?».

«Certo, perché me lo chiedi?».

«Nessun fastidio, nessun problema?».

«Sei scemo, o cosa?».

«Oh! Il Ponte! È cascato! Ferma le macchine!».

«Il Ponte...? Sono dieci anni che è stato demolito, era orrendo.

«Ah... un lapsus, scusa.

Senti, Anna... ma io e te... non è che...».

«Cosa?».

E intanto la Frezzante lo fa salire in macchina.

«Mi dai uno strappo?».

«Stasera sei scemo».

«Tanto penso che Frank abbia la sua macchina...

Vedo che la prendi larga... forse il traffico... d'altronde se non lo sai tu...».

«Poi mi dici se ti è cascato un ramo in testa, nel Parco».

La Frezzante guida la macchina.

Sale per Monte Cavo. È una strada buia, completamente oscura.

«Questa è una bella zona, peccato per quelle mostruose antenne».

«È vero, sembra ancora impossibile che siamo riusciti ad abbatterle».

«Bella questa villetta in legno.

Immagino che da qui si veda bene Rocca di Papa e tutta Roma».

«È il posto che fa per noi, Sal.

Sopra a tutto.

Vicino a niente».

AD ALTO RISCHIO

DI ESTINZIONE

di Salvatore Conte (2024)

Da quando il tumore le ha scavato l’intestino, la specie di Anna Fezzante è ad alto rischio di estinzione, essendo lei uno degli ultimi esemplari rimasti.

È arrivata allo Stadio 4 con pochi sintomi, ma tante crisi di panico.

«Non sono finita», ripete all'infinito la gran signora, in questi brutti momenti, specchiandosi a figura intera con il camicione sbottonato fino allo stomaco, godendo di sé stessa e sperando che quella possanza sia in grado di salvarla.

Tecnicamente risulta ancora in cura, ma con le sue metastasi - al fegato, allo stomaco e ai polmoni - si può fare davvero poco.

Lei ringrazia Dio che non sia ancora arrivato al pancreas e tira avanti, senza perdersi nessuna terapia, con la paura addosso di crollare da un giorno all'altro.

Passa il tempo sui propri referti, senza capirci molto, e guardandosi le statistiche di sopravvivenza, senza crederci.

Bona com'è, i medici fanno di tutto per accontentarla, ma non possono nasconderle la realtà.

Anna tiene tutti con il fiato sospeso.

Il suo caso somiglia un po' a quello dell'attrice americana Shannen Doherty, che da tempo è arrivata allo Stadio 4,  e che - nello scetticismo generale - riesce ancora a mantenersi in bilico sulla fossa, pur se nell'ultima intervista sembra giunta alla fine.

Sono decine le persone che vanno a trovarla, diverse delle quali molto interessate.

Lei non si aspettava di avere tanto seguito.

Di tanto in tanto esce per distrarsi un po', ma il suo pensiero fisso è il tempo che le rimane. Malgrado tutto, i sintomi non sono gravi, il suo fisico solido e possente riesce ancora ad adattarsi; Anna è incredula di essere viva, se ripensa al contenuto dei suoi referti.

«A me non è sembrata al Quarto Stadio».

«Che t'aspettavi? Che le uscissero i vermi dalle orecchie?».

«Voglio dire che è ancora in gran forma...».

«Se intendi "bona", non c'è dubbio.

Ma è depressa, quasi intontita, non hai visto?».

«Devono essere i sedativi che prende.

Ma nel complesso pensavo stesse peggio».

«Il tumore è una malattia nascosta, non un morbillo con macchie rosse sul volto; neanche i medici sanno con esattezza cosa succeda nelle budella di Anna...».

I due amici si scambiano le loro opinioni, dopo una visita di cortesia alla malata.

«Ma in sostanza quanto tempo le rimane?».

«Non si sa».

«Lei ci crede, ancora?».

«Non penso.

Lei dice una cosa giusta: se si fanno calcoli, si rischia di finire male.

Anna vuole vivere alla giornata».

«Non salta una terapia, però».

«Quello è un altro discorso: Anna ha una paura fottuta di morire, cerca di guadagnare tempo e di non crepare per una stupida complicazione».

«Martedì si fa accompagnare da noi in ospedale: è la svolta che aspettavamo?».

«Penso proprio di sì: la nostra strategia sta funzionando.

Gli altri attaccano singolarmente, noi due invece non la mettiamo in imbarazzo; però dobbiamo stare attenti a non esagerare, okay?».

«Okay...

E chi la molla a quella...».

«Anche se è provata... quasi irriconoscibile...?».

«Le zinne sono sempre quelle...

Hai visto come se lo guarda il medico, alle visite?

       

Sembra voglia mangiarselo con tutto il camice.

Perché non mi dai una buona notizia, una volta tanto?

A me pare che pensi questo...».

«È incredibile l'impegno che ci mette: vorrebbe stupire tutti e salvarsi, ma non ci riesce, anzi va sempre peggio».

«È già molto che non sia ricoverata in terapia intensiva... la povera Anna...».

«Infatti... ma sta per cascarci dentro.

Non sarà un'esperienza piacevole, né per lei, né per i tanti che aspetteranno notizie...».

«Al momento, però, non ci sono sintomi preoccupanti. La vecchia sa gestirsi molto bene».

«È solida e vuole vivere, le proverà tutte fino alla fine.

Si fa controlli in continuazione, il quadro attuale è sotto controllo.

La Frezzante ce la giochiamo se arriva al pancreas o alle ovaie».

«La signora andrebbe su tutte le furie...

Parliamoci chiaro: è convinta di salvarsi, le hanno promesso una radioterapia mirata sulle metastasi più pericolose; per fortuna ci dice tutto».

«È seguita molto bene, a nessuno piacerebbe vederla in coma, o peggio...

Lei è convinta di poter trovare il bandolo della matassa. Rimarrà delusa quando la situazione le sfuggirà di mano. E avrà molto paura.

Non credo a questa storia della radioterapia mirata: l'hanno solo lusingata.

Il cancro se la sta mangiando, e presto dovrà ricoverarsi, se vuole tirare avanti».

«Comunque ne sappiamo più noi che i figli: quelli credono che il tumore sia ancora alla fase iniziale...».

«Per la madre non c'è più niente da fare e quelli pensano alle vacanze...».

DRIN... DRIN...

«Zitto, è Anna...».

«Allora?».

«Ci vuole da lei. Subito».

«Non si sente bene?».

«Ha paura. Non riesce a dormire.

Pensa al futuro...

Dentro di sé ha capito la fine che le tocca...

Ma non vuole accettarlo, e non vuole parlarne con i figli».

«E secondo te quelli non hanno capito che la madre è grave?».

«Capito, o no, se ne accorgeranno presto».

«Andiamo a consolare la signora...».

«Ovviamente le diciamo che è tutto sotto controllo...

I malati terminali devono capire un po' alla volta che non c'è più niente da fare».

«Per lei sarà dura...».

«Per lei e tutti i suoi spasimanti: vedendola ancora reattiva e impegnata, nessuno ha capito come non solo Anna, ma l'intera specie si trovi ad alto rischio di estinzione».

«Mi ricorda un gioco...

Se lo ritrovo, ci giochiamo con la signora in via di estinzione...

A me, però, sembra ancora impossibile che la Frezzante rimanga uccisa...

Anche in coma continuerà a provarci!».

«E sul passato oscuro della Frezzante, che mi dici?».

«Di quei viaggetti in America, per combinare grosse zozzate...?

Ieri sera, in effetti, ha ammesso più di qualcosa...

Del resto, l'aria da fatalona ce l'ha...».

«E se qualcuno gliel'avesse promessa?».

«Beh, allora le farebbe solo un piacere... viste le sue condizioni».

«Il killer ha infierito con numerose pallottole, forse perché la vittima non sembrava ancora stroncata.

A un certo punto la donna non è più riuscita ad assorbire i colpi, e allora il killer si è fermato. Non c'era più gusto. Il lavoro sembrava finito.

Penso sia andata così: se riprende conoscenza, ce lo dirà lei.

A voi ha raccontato qualcosa dei suoi trascorsi a New York?».

«No, Ispettore. Assolutamente niente».

«Va bene, per il momento potete andare.

Ma... rimanete a disposizione...».

«Sempre a sua... disposizione, certo».

«È lo stesso Ispettore che veniva a trovarla: devono conoscersi, forse a causa di precedenti inchieste».

«Sì, la incoraggiava a fare tutte le visite e le terapie».

«Ma nel frattempo qualcuno l'ha imbottita di piombo sotto il suo naso: mica tanto sveglio questo Ispettore Callaghan...».

«Già... e le ultime possibilità di Anna se ne sono andate...».

«Se esce dalla Rianimazione la trasferiranno in Oncologia, ma nel frattempo il tumore se la mangia...».

«Ragazzi... sto perdendo la speranza...

Ho visto come mi guardano tutti.

Faccio la fine della puttana... l'ho capito...».

«Le cure proseguono, Donna Frezzante.

I malati terminali, con le sole cure palliative, stanno in un altro reparto: si chiama Degenza Indefinita.

Voi ricevete le terapie d'urgenza del reparto di Oncologia, siete in partita; anche perché questi medici non fanno sconti: devono far quadrare i conti e se un malato non risponde, lo spostano in quattro e quattr'otto».

«Non lo so... ho paura.

Se  avanti ancora, sono finita.

La metastasi alle ovaie è micidiale. Mi condanna...

Ho tanta paura...

Aspetti-aspetti... qualche miglioramento... ma il tempo passa... e poi ti dicono che è finita...».

«Donna Frezzante, se avete superato le pallottole, supererete anche le metastasi».

La possente, quasi indistruttibile cinquantenne gli mostra il cellulare con la notizia: la Doherty non ce l'ha fatta.

Per Anna è stato un termine di paragone importante, in questi mesi.

E ora le suona nel cervello come un campanello d'allarme; la notizia è un macabro presagio lungo la sua strada, tutta in salita.

«Dunque un grosso collezionista, che lei chiama sponsor, l'ha presa in carico».

«Era impossibile che qualcuno non la notasse.

Però non ci ha fatto fuori».

«No, non si fida.

A noi, invece, ci conosce.

Soprattutto conosce la nostra bava. E si fida di quella».

«La vuole portare in Egitto per tentare un rito di guarigione e salvezza.

Eterne...».

«È un famoso occultista, ha classe, non sfigura accanto ad Anna».

«Naturalmente un'esperta infermiera, con tutte le attrezzature necessarie, farà parte della spedizione».

«Logico, Anna può avere problemi in qualunque momento.

E questo Biederbeck non ha certo problemi di soldi».

LA BESTIA DI BERING

di Salvatore Conte (2024)

«Penso di avere un'idea migliore: ci penso io ad ammorbidire la puttanella...», Anna Frezzante esce allo scoperto e fa la sua proposta a mister Thorne.

«E perché dovrei andarmene in pensione?».

«Capitano Hunter, per me può anche restare su questa bagnarola, purché tenga a bada i suoi figlioletti...».

La Frezzante si è presentata sulla Black Drum come la lurida bagascia che è: camicione sbottonato fino allo stomaco e faccia da stronza.

«Mister Thorne vuole cominciare subito, le chiacchiere sui Vampiri del Mare non ci interessano.

Ci spaventano molto di più i cercatori d'oro abusivi, ed è per questo che non possiamo perdere tempo...».

Glenn Hunter, il capitano del dragatore Black Drum, nonché padre di Donna e Joe, non cede ai ricatti e tenta il colpo con un'immersione notturna.

Però gli va storta, uno squalo molto aggressivo lo attacca e gli leva la pelle.

Malgrado il grave lutto che colpisce i due ragazzi, la Frezzante, sbottonata e aggressiva come sempre,  si preoccupa solo di mandare avanti il gioco di Travis Thorne, uno squallido trafficante che tiene per le palle il figlio di Hunter.

L'accordo è fatto: il dragatore dei fratelli Hunter è pronto a prendere il mare; Joe è il capitano.

Il resto dell'equipaggio è composto dal veterano Jonas Papajohn, dalla recluta Owen Powers, e dalla potente e famosa Anna Frezzante, in qualità di osservatrice.

La sua presenza a bordo viene segnalata alla Capitaneria di Porto, come si fa con le personalità e le autorità di un certo rango.

Tuttavia, il vero osservatore sembra Jonas, che non riesce proprio a staccarsi da quelle zinne sbottonate.

Mister Thorne sarà aggiornato via radio dalla donna, e se del caso, verrà a controllare di persona i risultati del lavoro.

La Black Drum ha un'autonomia pressoché illimitata: a parte le abbondanti scorte di viveri e carburante, produce energia dai pannelli solari montati sul tetto del cabinato, dispone di un impianto di desalinizzazione dell'acqua e di valide attrezzature per operare qualunque riparazione si renda necessaria.

Il lavoro procede bene, l'oro c'è, il suo luccichio si riflette negli occhi avidi di Anna. La donna mente al suo principale sulle quantità estratte, non ha intenzione di dividere con nessuno.

Nella zona, però, continuano i misteriosi avvistamenti di grossi volatili scuri come la notte e gli inconsueti attacchi da parte di squali assassini.

La Capitaneria di Porto aggiorna i natanti sulla situazione e invita alla prudenza.

«Ascolta, Anna... anch'io li ho visti... ho visto la Bestia di Bering.

Su di loro si racconta una leggenda. Li chiamano i Vampiri del Mare. Abitano in fondo all'oceano, negli abissi; e non si fanno vedere per lunghi periodi di tempo; ma quando qualcosa li disturba, allora vengono allo scoperto e attaccano; forse sono state proprio le nostre ricerche, gli esplosivi di profondità che abbiamo usato a disturbarli...

Sono dei grossi pipistrelli, o dei pinguini assassini, e si dice che abbiano una lunga coda che termina con un rostro, come quello di un arpione... ti sfondano la pancia e ci depositano un uovo; poco importa se muori subito o no, tempo poche ore e l'uovo si dischiude, liberando un piccolo mostro che ti divora le budella... uccidono e si riproducono nello stesso momento... forse è per questo che di tanto in tanto escono allo scoperto... per riprodursi; in questo caso, non saremmo noi i responsabili».

«Joe... non dirmi che credi davvero a queste sciocchezze...!

Sei grande, ormai. Dimostramelo...».

La Frezzante si sta lavorando Joe Hunter, in modo da dividere i due fratelli.

D'altra parte, Donna se la intende con Owen.

Al momento rimane fuori Jonas, ma Anna lancia qualche bocconcino pure a lui, tanto per avere la maggioranza sulla barca.

«Avremmo bisogno di una scorta, e tu in particolare. La tua pancia è particolarmente invitante. Non voglio che tu rimanga uccisa. Sei molto bella...».

«Non succederà. So badare a me stessa.

Per precauzione faremo distribuire degli arpioni a tutto l'equipaggio; tu avrai in dotazione anche la pistola lanciarazzi: se occorre, mi proteggerai.

Però ascoltami, Joe... questo tratto di mare è una vera miniera d'oro...

Domani metteremo in acqua la lancia e andremo a depositarlo in banca; lungo il percorso nasconderemo la metà dell'oro su un isolotto qua vicino... conosco la zona; quella sarà la nostra riserva personale, non dovrai parlarne con nessuno, nemmeno con tua sorella...

Allora? Giuralo...».

«Te lo giuro, Anna. Sarà il nostro segreto».

«Bene, adesso infilami il tuo arpione nelle budella...».

E gli ride in faccia, come la grossa mignottona che è.

«Anna è rimasta ferita, è grave!», strilla a squarciagola Joe Hunter, dalla lancia.

La donna è stata arpionata da una Bestia di Bering, dopo che i due avevano nascosto l'oro sottratto all'azienda.

È spuntata fuori all'improvviso e l'ha colpita.

Dopo qualche attimo di panico, Joe ha risposto con il lanciarazzi e ha messo in fuga la bestia.

La Frezzante sta perdendo molto sangue, ma il peggio deve ancora venire, ormai ha capito cosa l'aspetti.

«Non possiamo provare a estrarre l'uovo?», suggerisce Owen.

«No, così la uccidiamo...», risponde Jonas.

«Facciamo venire un elicottero! Subito!», strilla ansioso Joe.

«La Capitaneria non risponde!», replica poco dopo la sorella.

«Uccidetelo... presto...!», urla impazzita Anna, che vede un feto mostruoso rosicchiarle avidamente le budella.

SZOCK

Con una secca coltellata, Jonas affonda il colpo sul nascituro, come su una mela nel cesto della frutta.

L'orrenda prole è eliminata, ma Anna è dilaniata...

«Ho paura... ho paura...», sussurra disperata.

Joe le tiene la mano, ma c'è poco da fare.

«Aiutami... Jonas... uccidilo...».

Lentamente gli occhi di Anna si fissano sul tetto della cabina.

«Penso sia morta...», l'epitaffio di Owen.

«No... il cuore batte... molto debolmente...», lo smentisce Donna, molto lucida, che le ha sentito il polso. «Andate a prendere la bombola da sub.

Presto!».

Anna è praticamente in terapia intensiva.

Impacchi di ghiaccio sulle budella dilaniate per rallentare l'emorragia, l'ossigeno in faccia, le gambe alzate per mandarle sangue al cuore.

Anche se è una stronza, e lo sanno tutti, è comunque una bella donna, una donna di classe.

Nel cofano d'emergenza della Black Drum, ci sono anche delle sacche di plasma e delle flebo.

La Frezzante riprende conoscenza, ma è stordita, gli occhi vagano sul soffitto della nave.

«State attenti... sono qui intorno...».

Anna non si sbaglia, l'attacco è massiccio ed improvviso.

Sono almeno una dozzina.

Sbattono contro la porta e le vetrate.

Cercano di entrare.

L'equipaggio imbraccia gli arpioni.

SBAM

La porta ha ceduto!

«Fermi...», sussurra Anna, con voce flebile. «È qui per me...».

Il Vampiro del Mare avanza verso la donna.

La coda vibra minacciosa nell'aria, pronta a colpire.

SZOCK

Con uno sforzo quasi sovrumano, Anna gli ha piantato l'arpione in corpo, prima che il Vampiro facesse altrettanto, troppo sicuro di avere davanti a sé una preda abbattuta e rassegnata.

La Bestia di Bering non gli ha lasciato scampo.

E gli altri si involano.

CONAN: IL PALAZZO DEI MORTI

di Salvatore Conte (2024)

1

Per Crom! Le cose non potrebbero andarti meglio: hai ancora la testa attaccata al collo e Layla al pisello!

La tua donna è considerata immortale, indistruttibile, a causa dell'impressionante potenza fisica e dell'aura da imperatrice decaduta.

Ambiziosa come te, l'hai strappata dalle sue bettole e adesso la spremi fino in fondo, senza fare calcoli.

La luridissima donna non è certo di primo pelo; tuttaltro; è una consumata vacca con almeno dieci anni più di te. Ma nel suo voluttuoso abbraccio, in questi giorni hai trovato un'ansa che sa calmare la tempesta dei tuoi barbari sensi sempre in tumulto.

Crisias, l'oste della taverna che hai temporaneamente eletto a tua dimora in città, ti considera ormai uno dei suoi migliori clienti, per tutto il vino che ti sei scolato e per le colossali bevute che hai offerto alla varia umanità di tagliagole, ladri, baldracche e pezzenti che frequentano il Maglio, il quartiere più malfamato di Shadizar.

     

Ma ormai è tempo di muoversi, Conan.

Ti sei fatto lusingare dalle voci della taverna, dal miraggio della Città Maledetta; è il tuo destino di razziatore; ti porterai appresso la potentissima Layla, alla quale in questo momento non sai rinunciare.
Hai lasciato la città diretto verso le rovine di un'antica città il cui nome è andato perduto nel tempo, quei pochi che osano parlarne la chiamano "la Maledetta"; si dice fosse abitata da uomini ancora più corrotti e perversi degli zamorani, ammesso che ciò sia possibile.

Nonostante tutte le voci e i tetri racconti che circolano sui pericoli delle rovine, le leggende sui favolosi tesori che ancora attendono chiunque sia abbastanza intrepido - o pazzo - da tentare di impossessarsene, ti hanno convinto a sfidare la sorte. Crom ammira il coraggio, forse potrebbe volgere uno sguardo distratto ma benevolo sulla tua impresa. O magari potrebbe ridersela di tanto ardire e restare a guardarti mentre ti scavi la fossa. E se così fosse, che andasse alla malora!
Hai avuto i primi sentori di essere inseguito ieri mattina, quando hai lasciato la strada principale per incamminarti attraverso uno stretto passo montano oltre il quale si trovano le rovine. Ormai ti sono quasi addosso: puoi sentire il puzzo rancido del loro sudore portato dal vento, ora che il sole sta tramontando e proprio mentre attraversi l'ultima stretta gola che ti separa dalla Maledetta. La massiccia Layla ti ha sicuramente rallentato, ma è un fardello da cui non intendi separarti.

Rannicchiato in cima a un aguzzo sperone di roccia li hai infine scorti: sono in sei. I cinque soldati zamorani non ti impensieriscono; a giudicare dal loro incedere sin troppo circospetto, se la stanno già facendo sotto. Potrebbe essere la fama che t'accompagna a spaventarli, ma è più probabile che, come te, conoscano le cupe storie che aleggiano attorno alle rovine. L'ufficiale che li guida, invece, è un'altra storia. È un gunderiano non particolarmente alto, ma dalle spalle larghe e il passo sicuro, fasciato in una corazza di bronzo ben lucidato e con in testa un elmo ornato da crini di cavallo che gli conferisce una certa dignità marziale.
I cani zamorani non fanno altro che lagnarsi o sbottare in battute oscene per darsi coraggio, mentre il capitano cerca di zittirli, anche se ormai ha di certo intuito che sei al corrente della loro presenza.

Devi liberartene ora, prima di arrivare a destinazione, o la situazione per te e Layla potrebbe farsi insostenibile.
Se vuoi affrontare a viso aperto i tuoi inseguitori, vai al 43.
Se invece preferisci giocare d'astuzia, vai al 78.

 

3

Ti tuffi oltre la breccia che hai aperto nella porta e corri a perdifiato per le sale del Palazzo dei Morti, tirandoti dietro Layla quasi di peso. Sembra che i misteriosi volti di pietra alle pareti seguano la vostra fuga, parteggiando in silenzio per i vostri inseguitori che, per quanto più lenti di te, non accennano a desistere.

Quando sei fuori, ti senti il cuore in gola. Il sole è già sorto sulla città e le rovine, per quanto sempre tetre e mortifere, appaiono assai meno minacciose. I non morti, imperterriti nella loro caccia, stanno per attraversare la soglia del palazzo; non ce la fai più a correre, non ti resta che prepararti allo scontro.

Ma non appena le loro carni grigie incontrano i raggi del sole, cominciano a bruciare come se fossero ricoperti di pece!
«Sì!», urli selvaggiamente. «Bruciate! Bruciate, maledetti!».

I mostri si accasciano uno dopo l'altro sulle scalinate del Palazzo dei Morti e finiscono di consumarsi come torce in pochi minuti.

Sputi in terra, amareggiato per la sorte di Nistor. Quel povero bastardo non si meritava una fine così atroce.

È venuto il momento di andarsene dalla Maledetta e di lasciarti alle spalle per sempre i suoi innominabili orrori.
Vai al 6.

 

6

Quando sei fuori dalle mura della Maledetta, tiri un sospiro di sollievo.

Poco ma sicuro, non vi metterai mai più piede e giuri a te stesso che dirai a chiunque incontri di tenersene alla larga.

Ora è meglio cambiare aria; prima però devi incontrare il tuo ricettatore di fiducia alla Città dei Ladri per vendergli il tesoro.

Un paio di giorni abbondanti di cammino ti riportano davanti alla corrotta Shadizar. Ti avvicini all'angolo settentrionale delle mura ed entri in un grande cespuglio di sommaco dalle bacche rosse e profumate. Solo i furfanti come te sanno che il cespuglio nasconde una stretta breccia che consente di entrare nel Maglio evitando lo sguardo vigile delle guardie alle porte.

Poi, approfittando del buio che intanto è calato, sgattaioli fra i vicoli fino a raggiungere la locanda di Crisias.
«Oste, del buon vino!», comandi imperioso.

Crisias, però, invece di servirti, deglutisce nervosamente.
«Beh, che c'è? Ti hanno mangiato la lingua?».

Solo adesso ti accorgi che diversi degli avventori si stanno alzando in piedi, lasciando cadere le loro cappe in terra. Dannazione! Sono soldati e con loro c'è anche il Magistrato.

Prima ancora che tu possa fare una mossa ti hanno accerchiato.
Il grasso uomo di legge fa qualche passo verso di te con tracotanza, ma noti che ha l'accortezza di tenersi lontano dalla portata delle tue mani: «Eccolo qui, Conan di Cimmeria. Il Barbaro. L'inafferrabile ladro. Inafferrabile... puah! Il Barbaro e la Trippona, proprio una bella coppia! Se sei così astuto come dicono, allora perché ti ho catturato senza sforzo?».
«Già. Come hai fatto, uomo?».
«Ho uccellini che cantano per me, sai?

La prima volta che sei fuggito, ti ho mancato per un pelo, ma già sapevo che avevi fatto la tua tana in questa bicocca. Non saresti dovuto tornare, Conan. Vuota il sacco!».
Non è ancora il momento di tentare una sortita, i soldati sono parecchi e tutti con le armi sguainate. Perciò non ti opponi quando ti tolgono il sacco nel quale hai conservato il tesoro.
«Vediamo cosa c'è qui dentro...», il Magistrato vi affonda le mani rovistando per bene. Poi, un'improvvisa smorfia di stupore si dipinge sul suo volto quando dal sacco tira fuori soltanto cenere!
La maledizione delle rovine è implacabile, ha solo morte da offrire ai suoi visitatori. Le ricchezze per le quali hai rischiato la vita non ci sono più.

L'unica ricchezza tangibile che ti ritrovi è quella incarnata da Layla. Devi ammettere che è stata una scelta azzeccata.

Adesso, però, la rabbia e l'istinto di sopravvivenza prendono il sopravvento, non c'è tempo per i rimpianti. Approfittando dello stupore generale, sferri una gomitata sul naso a una delle guardie e gli spacchi la faccia. Non è ancora caduta in terra, che hai già sfoderato la tua arma e ti sei lanciato sugli altri. Quindi ti avvicini alla finestra e da lì fuggi, aprendo la strada a Layla.

Vai al 16.

 

9

Con una velocità insospettabile per la sua mole, il mostro ti raggiunge.

Le sue teste spalancano le fauci all'unisono e ti mostrano una selva di zanne da cui cola una bava densa e acida.

Da parte tua, gli mostri la tua spada luccicante.

Layla è a distanza di sicurezza, non hai nessuna intenzione di giocartela.

Vai al 32.

 

12

Man mano che ti inoltri nel Palazzo dei Morti, una volta di più ti convinci della depravazione degli antichi abitanti della città. Senza apparente soluzione di continuità, l'architettura del posto alterna sale dedicate a chissà quali rituali, cripte funerarie e aree abitabili.
Ora hai l'impressione di essere arrivato nell'ala del palazzo che ospitava i quartieri reali; non puoi esserne certo, dal momento che tutto il mobilio si è ridotto in polvere da tempo immemore, ma il tuo istinto ti suggerisce che è così. Giungi davanti a una grande porta fatta da pannelli di legno, tenuti insieme da larghe bande di rame ossidato. L'arco in cui è incastonata è di pietra nera e reca i resti illeggibili di antiche iscrizioni, che non saresti comunque stato in grado di tradurre.
Se sei in compagnia di qualcuno, vai al 27.
Se sei da solo, vai al 40.

 

16

Sei ferito, senza il becco d'un quattrino e all'accusa di furto sta per aggiungersi anche quella di aver ammazzato un Magistrato! Complimenti, Conan, peggio di così non poteva andare!
O forse sì: potevi finire trafitto dalle picche delle guardie, o magari marcire nelle segrete fino al giorno della tua esecuzione pubblica; o - soprattutto - Layla poteva rimanere uccisa.

Ti fermi solo un istante presso una fontanella per riempire la borraccia e rubare una tunica appesa ad asciugare per camuffarti sommariamente, anche se sarà difficile far passare inosservata una grossa zoccola come Layla.
Poi raggiungi di nuovo la breccia delle mura nord e lasci la città.

Mentre vi allontanate a passi svelti nella notte, prometti a te stesso che dirai a chiunque abbia voglia di ascoltarti di non recarsi mai, mai alle rovine della Maledetta!

F I N E

 

18

La salita è abbastanza veloce, nonostante Layla, ma non riesci a evitare di ferirti con le spine che spuntano dappertutto tra le crepe della frana. D'un tratto, la testa comincia a girarti e un senso di nausea si fa strada dal tuo stomaco verso le braccia e le gambe, rendendole fiacche e molli. Maledizione!
Questi arbusti stillano un qualche veleno e, a giudicare dai molti graffi e ferite che hai già collezionato, ora ne hai in circolo parecchio!

«Cazzo, stai attento!», ti rimprovera Layla.
Vai al 55.

 

20

Se le sale che hai visitato sinora t'erano sembrate inquietanti, questa le batte tutte di gran lunga. Le pareti, il pavimento e il soffitto sono tutti dipinti con affreschi da incubo e bizzarre geometrie che, a guardarle troppo a lungo, ti provocano nausea. È solo una tua impressione, o le forme ritratte sembrano contorcersi e cambiare posizione non appena distogli lo sguardo?
Vai al 46.

 

27

«Dammi una mano Nistor, dovremo sudare sette camicie per buttarla giù».
«Forse no, dammi un secondo». Il gunderiano batte il palmo della mano su più punti della porta, finché un sorriso compiaciuto gli si apre in volto: «Qui il legno è marcio, Conan. Basteranno un paio di calci ben assestati».
Non te lo fai ripetere due volte e assieme aprite un’ampia breccia, più che sufficiente ad attraversarla in tutta comodità.

Finalmente hai trovato la sala del tesoro! Un ampio salone circolare dove giacciono ammassati alla rinfusa mucchi di monete d'oro sonante e gioielli dalla fattura antica e un po' inquietante, ma che varranno certamente una fortuna.
C'è dell'altro, tuttavia: le pareti recano i più spaventosi e osceni altorilievi che tu abbia mai visto. Sembra sia raffigurato un caotico pandemonio di anime torturate, corpi mutilati e scarnificati.

Nistor spalanca gli occhi, incredulo: «In che posto siamo capitati? Da dove venivano i fondatori di questa città? Quali strane razze di uomini popolavano il mondo prima del Cataclisma?».
«Non conosco la risposta a nessuna di queste domande, amico. E non sono nemmeno sicuro di volerla conoscere. Mi basta lei per spiegare la mia esistenza».

Il riferimento a Layla è esplicito.

Nistor sussurra qualcosa, per farla ascoltare solo a te: «Sembra che la trippona ti abbia preso un po' troppo la mano, amico... non ti sembra di esagerare?».

«A te che importa?».

«A me niente, ma saprei io come farla fruttare quella...».

«Non ti preoccupare che lo sa anche lei...».

«Scommetto che i padroni delle bettole ti hanno offerto delle monete per averla».

«Esatto, Nistor. Ma non è in vendita, almeno per il momento».

Poi la tua attenzione è attirata da quello che decidi essere senza ombra di dubbio il pezzo più prezioso dell'intero tesoro: la superficie di un blocco di pietra nero, alto circa un metro, è levigata e intarsiata in avorio a formare una stella a sette punte; sulle punte della stella si trovano altrettanti smeraldi. Sono grandi, bellissimi, così ben lavorati da sembrarti che brillino di luce propria. Al centro della stella c'è una statuetta di giada che raffigura un essere umanoide vestito di una tunica e con la testa da cobra!
Nistor sembra intuire i tuoi pensieri: «Ti ricordo che abbiamo convenuto che faremo a metà di tutto quello che riusciamo a portar via».
«Non si possono dividere sette smeraldi in parti uguali. E poi sono certo che la collezione completa valga molto di più della somma di ogni singola gemma».
«Allora direi che abbiamo un problema...».
«Non ti scaldare, gunderiano! Ho detto che non voglio dividere questo tesoro, non che spetterà per forza a me. Lanciamo una moneta e lasciamo che sia il fato a decidere. Chi vince prende gli smeraldi, chi perde ha diritto di prendersi tutto il resto del tesoro che riesce a trasportare».
«Ci sto, ma la moneta la lancio io. Sai com'è, ho qualche difficoltà a fidarmi del più abile ladro che abbia mai conosciuto».
Ti concedi una risata, che echeggia fra le sale silenziose del Palazzo dei Morti.
«Allora, Conan, a te la scelta. Testa o croce?».

«Io dico "zinna"».
A parte gli scherzi, se dici "testa", vai all'83.
Se dici "croce", vai al 29.

 

28

Abbandoni in fretta il tuo punto di osservazione per spingerti in profondità nella gola, lasciando al riparo Layla; hai poco tempo per organizzare una trappola, ma la fortuna è dalla tua. Noti infatti un punto scosceso dove diversi massi riposano in un traballante equilibrio, retti solo dalle radici di alcuni arbusti spinosi e malaticci.

Leghi una corda alla più insicura delle rocce e poi la tendi a pochi centimetri
dal suolo, ben mimetizzata fra il pietrisco che ingombra il passo. Infine ti acquatti a pochi metri di distanza, pronto a balzare sui superstiti della frana per finirli velocemente.
Trascorre solo qualche minuto ed ecco che le voci degli zamorani si fanno sempre più vicine: «Capitano Nistor, siete sicuro che Conan sia passato di qui?».
«Non c'è altra via per raggiungere le rovine della Maledetta», la voce del gunderiano è secca e apparentemente senza traccia di paura.
«Ho sentito dire che i suoi palazzi traboccano dei tesori accumulati dai suoi antichi abitanti. Ce n'è da diventare ricchi oltre ogni immaginazione!», commenta un altro.
«Soldato, ricorda che nemmeno il più magnifico dei tesori vale quanto la tua vita. Chi ha varcato le mura della Maledetta non ha mai fatto ritorno. Mai. Adesso chiudete il becco!».
«Accidenti!» impreca uno zamorano. «Stavo per inciampare come... ma cos'è questa? Una corda?».
«Attenti! Mettetevi al riparo!», urla il capitano; ma è troppo tardi: una valanga precipita sul drappello, accompagnata da una cascata di pietrisco e polvere che confonde la vista e impedisce ai soldati di capire in che direzione allontanarsi dal pericolo. Le loro urla sono terrificanti, ma durano solo qualche istante; poi torna il silenzio.

Quando la polvere si posa, esci allo scoperto. Ora c'è solo un cumulo di pietre che sbarra la gola dalle quali sbucano punte di lancia e brandelli di armatura di cuoio inzuppati di sangue; non s'ode nemmeno un lamento. Meglio così, gli dei hanno deciso di risparmiare a questi disgraziati il tormento di una lenta agonia.
Non ti resta che recuperare Layla e riprendere il cammino verso le rovine. Vai al 49.

 

32

Sei ricoperto dalla testa ai piedi dal sangue e dalla bava della creatura che giace ai tuoi piedi e si contorce negli ultimi spasmi della morte.

Infuriato e frustrato, ti lasci andare a un'imprecazione ad alta voce: «Schifosa città, farai bene a essere generosa di tesori e ricchezze o, per Crom, finirò di raderti al suolo con le mie stesse mani!».
Poi una voce roca e rabbiosa ti sorprende alle spalle: «Ero sicuro che fossi ancora vivo, cane d'un barbaro!».
Quando ti volti fatichi a credere ai tuoi occhi: è il capitano gunderiano del drappello che dalla Città dei Ladri ti ha inseguito sino a qui!

Tuttavia, non puoi fare a meno di notare che è solo: «Che c'è, uomo? Vuoi davvero batterti con me? Immagino tu sappia come andrà a finire».
«Bastardo, io...».
«Tu, cosa?».
L'uomo stringe i denti e i pugni, un po' per frustrazione e un po', lo intuisci, per paura.
Vedi una breccia aprirsi nella sua sicumera e decidi di giocare una carta matta: «Come ti chiami?».
«Nistor. Sono il capitano Nistor».
«Ascoltami, Nistor. Qui ci siamo solo io, te e la mia donna. Non ci vede il Magistrato, né il Re, e dubito che gli dei si interessino a quel che succede in questo ammasso di rovine. Ho una proposta da farti: aiutami a trovare il tesoro che si trova nel Palazzo dei Morti. Divideremo in parti uguali. Se anche solo un decimo delle leggende che si raccontano sono vere, ce n'è abbastanza per vivere come nababbi. Una volta fuori di qui, carichi d'oro, ognuno per la sua strada. Potrai rifarti una vita e un nome ovunque tu voglia. Oppure possiamo batterci, qui e ora. Uno di noi due sarà morto fra qualche minuto e l'altro resterà sotto questa luna malata, in compagnia degli orrori che popolano la città. Che beffa sarebbe sopravvivere a Conan per finire nello stomaco di una di queste creature!», concludi, accennando al cadavere del rettile gigante che giace ai tuoi piedi.
Nistor pondera a lungo le tue parole e la cosa ti rincuora. È bene diffidare dagli uomini troppo lesti al tradimento. Capisci che è combattuto tra i suoi doveri militari e la consapevolezza che il più probabile epilogo della sua carriera sarà su questo freddo selciato.

«Due parti, o tre?».

«Due, a Layla provvedo io».
«Sai che ti dico, Conan? All'inferno il Magistrato e tutti i mercanti, branco di schifose blatte che non sono altro! Ci sto. Razziamo quel che possiamo e filiamocela».
Prorompi in una fragorosa risata che contagia anche il gunderiano: «Questo è parlare! Ora non ci resta che trovare il Palazzo dei Morti».
«Almeno in questo siamo fortunati, credo di averlo individuato mentre mi aggiravo per le vie. Non è distante, andiamo».
Segui Nistor per poche decine di metri, finché non vi fermate all'ingresso dell'unica costruzione che ha retto alle ingiurie del tempo e all'ira degli dei per un semplice motivo: si tratta di una sorta di tempio scavato nel ventre di una collinetta rocciosa. La facciata è scolpita con tale maestria da celare la natura ipogea del resto della struttura.

Dopo avere varcato l'ingresso sorvegliato da due strane statue con fattezze umanoidi, ma dalla testa tentacolata, potete cominciare l'esplorazione del Palazzo dei Morti.
Se vuoi penetrare direttamente nei suoi recessi, vai al 12.
Se preferisci dare prima un'occhiata alla sala principale, vai al 68.

 

36

Non è possibile! Hai il fiato corto, ti senti stremato, ma per quanto tu stia picchiando come un fabbro, le ferite della creatura sembrano rimarginarsi miracolosamente. Non riuscirai mai a ucciderla, deve esserci un altro modo.

«Conan! Lo specchio!».

Ecco... lo specchio! Quella maledetta porta verso le ombre da cui è uscito il tuo doppio. Ti sganci dal combattimento e ti muovi verso il nero vetro, ma il tuo doppio intuisce la mossa e si frappone per proteggerlo.

Questo però ti conferma che Layla ha ragione, ora puoi provare a vincere!
Vai al 58.

 

37

A passo non troppo svelto ti muovi lungo le mura, Layla ti rallenta, ma hai già perso troppo tempo per arrivare sin qui e vorresti evitare di attardarti in questo luogo dopo il tramonto.

La fortuna sembra arriderti, perché infine ti imbatti in una sezione dove si apre una stretta breccia in cima a un monticciolo di pietre e muratura. La salita, tuttavia, è disagevole, a causa dell'abbondante roveto di rampicanti spinosi che qui ha preso dimora.
Se vuoi comunque provare a salire - nonostante la zavorra costituita dalla grossa stronza che ti porti dietro - vai al 18.
Se preferisci tentare di trovare un varco nella direzione opposta, vai al 59.

 

39

La luna, alta in cielo, è stranamente parca di luce, come se volesse rallentare il tuo cammino.
Metti un piede in fallo e cadi in terra e solo adesso ti accorgi che il selciato è lurido di strane chiazze di una sostanza densa e acida, dal colore cangiante.

Layla non ha nemmeno il tempo di ridere, perché da dietro un palazzo sbuca una terrificante creatura, lunga sei metri.

Non hai mai visto niente del genere, nemmeno nei tuoi incubi: il corpo è quello di un rettile quadrupede, grasso e scaglioso, con una tozza coda che lascia solchi laddove struscia in terra. Ma il colmo dell'orrore è costituito dalle sei teste della bestia, ciascuna attaccata a un collo serpentino. Si contorcono, brulicano come vermi, frustano l'aria con le loro lingue di carne nera da cui stilla quella bava acida che ne ha preannunziato la comparsa.
Non appena vi scorge, il mostro incede spedito verso di voi.
Se vuoi restare a piè pari e affrontare l’Idra, proteggendo Layla, vai al 9.
Se invece preferisci dartela a gambe, vai all'84.

 

46

Accendi una torcia, tendendoti stretta Layla.

La luce ti aiuta a osservare meglio la stanza e il suo contenuto, ma getta anche una ridda di ombre che fanno danzare in modo ancora più osceno le figure degli affreschi.
Adesso ti accorgi che una sezione della parete davanti a te è occupata da un grande specchio, alto più di due metri, incassato nel muro. Lo specchio è di un vetro nero, come se fosse stato affumicato, e rimanda un'immagine distorta. Ti avvicini per controllare se possa essere spostato o rimosso, ed è in quel momento che un possente braccio muscoloso ne esce fuori e ti afferra alla gola.

Colto del tutto alla sprovvista lasci cadere la torcia che si spegne immediatamente e afferri con tutte e due le mani l’arto che cerca di strangolarti e, al tempo stesso, di trascinarti all'interno dello specchio!
Con un ruggito riesci ad allentare la morsa che ti stringe il collo, poi tiri il braccio con tutte le tue forze facendo uscire dallo specchio una versione deformata di te stesso! I suoi occhi sono due pozzi di brace infernale senza umanità, le sue fasce muscolari sembrano dislocate in modo turpe e impossibile.

Non puoi fare altro che batterti per la vita, mentre Layla grida a poca distanza da te, incitandoti a vincere la lotta.

«Stai lontana, stupida!».
Vai al 36.

 

49

La città senza nome! Fondata prima del Cataclisma, covo di ogni iniquità e dissolutezza.
La leggenda dice che il clamore delle orge e la cacofonia delle preghiere a ogni sorta di demone, abbiano suscitato lo sdegno persino del più indifferente degli dei, che, infine, decisero di abbatterla. Alcuni narrano di una pioggia di fuoco che la distrusse in una notte, altri di un malanno che si diffuse fra i suoi lascivi abitanti e che la spense lentamente.
Nelle Tavole di Skelos è scritto, assai più enigmaticamente, che "tanto a lungo invitarono la Morte, ch'Ella si degnò di rispondere".

E pare proprio che, da allora, la nera mietitrice non se ne sia più andata, tant'è vero che nessuno che vi entri ne abbia più fatto ritorno.
Giusto una decina di anni fa, un famoso predone di nome Brosso arrivò davanti a queste stesse mura con tutta la sua orda di razziatori. Il folle voleva occupare la città, rimetterla in sesto a farne una sorta di porto franco per ladri, ricettatori e tagliagole d'ogni risma.
Brosso inviò i suoi uomini nelle rovine che era ancora pieno giorno, e restò ad attenderli appena fuori le mura in compagnia dei suoi luogotenenti. Il tipo che ha raccontato la storia, spergiurando d'essere stato presente agli eventi, ha parlato di rumori di lotta, acciaio che cozzava contro la pietra e delle urla disperate dei predoni. E poi il silenzio.

I luogotenenti di Brosso fuggirono in preda al panico e lui dovette affrettarsi a seguirli, o l'avrebbero di certo abbandonato lì!

All'uscita della gola, trovarono ad attenderli i soldati zamorani che li catturarono e li impiccarono tutti pochi giorni dopo.

Quello fu l'ultimo tentativo di violare la Maledetta... fino a oggi.

Le mura della città, per quanto diroccate, ancora troneggiano dinanzi a te, ma alle loro spalle puoi intravedere ciò che resta dei tetti e delle torri in rovina. Stando alle informazioni che hai raccolto - più che altro dicerie, devi ammetterlo - il favoloso tesoro dei suoi antichi abitanti dovrebbe trovarsi ammassato in un grande tempio di pietra scura, chiamato il Palazzo dei Morti.

L'accesso alla città è ancora custodito da gigantesche e robuste porte di legno rinforzate con spesse bande di ferro. Il tempo ha fatto il suo lavoro, certo, ma anche la vita: le porte sono infatti ispessite da un groviglio di radici e piante che rendono impossibile aprirle. Devi trovare un altro modo per entrare.
Potresti usare una corda per scalare le mura, ma dubiti che Layla riuscirebbe a seguirti, e non puoi certo lasciarla lì ad aspettarti.

Devi quindi scegliere se costeggiare le mura a destra o a sinistra, nella speranza di trovare un breccia in cui infilarti.
Se vuoi andare a destra, vai al 37.
Se preferisci andare a sinistra, vai al 59.

 

55

«Presto... ho un unguento... nella borsa...».

Layla interviene subito, stando a sua volta attenta a non graffiarsi.

Te lo spalma con cura su tutte le ferite visibili. È una stronza, ma ci sa fare.
Il sollievo è quasi immediato. Ti resta addosso solo un po' di spossatezza.
Giusto il tempo di riaverti un po', e poi passi oltre la breccia facendo il tuo ingresso in città con la grande zoccola al fianco.
Vai al 63.

 

58

Non appena sferri il tuo colpo sullo specchio, va in frantumi. E lo stesso accade al tuo doppio oscuro, che si infrange in terra in mille vetri. Non riesci ancora a credere di avercela fatta, questa volta te la sei vista davvero brutta!

E devi ringraziare l'intuito di Layla, la vecchia zozza ti ha salvato un'altra volta.

Noti adesso che dietro lo specchio era celata una nicchia che contiene una strana sfera, di pochi centimetri di diametro: sembra essere fatta di una sostanza che ti ricorda la polvere. Non sai se abbia un qualche valore, ma se è stata celata con tanta letale perizia, un motivo dovrà pur esserci, per cui decidi di prenderla con te.
Ne hai avuto abbastanza di questa casa degli orrori, meglio riprendere le tue ricerche nel centro della città.
Vai al 39.

 

63

La lugubre promessa delle mura è più che mantenuta da ciò che resta della città. Lo capisci subito: nemmeno nei suoi giorni di maggior gloria avresti voluto vivere qui. Tutto è oscuro, nefasto, sbagliato. Le architetture degli edifici sono imponenti e un tempo sfarzose, ma trasmettono l'idea di una colossale tomba, più che di una città pullulante di vita. Le grandi colonne che ornavano le vie principali e che ora giacciono vinte in terra, ti paiono quasi osceni tentacoli che un tempo bramavano raggiungere il sole e la luna per stringerli in una morsa e soffocarli.

«Per Crom! Quale civiltà debosciata ha costruito tutto questo?».

«Non è tanto male, bestione!».

La guardi perplesso; d'altronde la sua natura è perversa, lo sai benissimo.
Ti aggiri cauto fra le rovine della Maledetta, tra case crollate, facciate in disfacimento, pensili rovinati al suolo e templi dai quali occhieggiano statue di marmo nero, metà bestia e metà demone degli inferi.

Il poco tempo di luce che vi è rimasto trascorre senza che tu sia ancora riuscito a trovare il Palazzo dei Morti, finché una luna grande e gibbosa saluta l'arrivo della notte.

Dove proseguirai la tua ricerca?
Se vuoi provare a spostarti verso la periferia settentrionale della città, vai al 71.
Se vuoi continuare ad aggirarti per quello che un tempo era il centro cittadino, vai al 39.
Se infine vuoi recarti verso i quartieri orientali, i meglio conservati, vai al 66.

 

68

Non puoi fare a meno di provare ammirazione per gli architetti, gli artigiani e gli scalpellini che lavorarono alle rifiniture del Palazzo dei Morti; la loro straordinaria maestria è fuori discussione. Altrettanto indubbia è l’ispirazione blasfema che guidò le loro mani. Tutto, qui, ti parla di una bellezza crudele e depravata.
Non c'è altro, devi procedere con l'esplorazione delle sale interne del Palazzo dei Morti. Vai al 12.

 

71

Man mano che avanzi, la devastazione della città appare ancora più evidente. Qualunque sciagura si sia abbattuta su questo luogo, è qui che deve aver avuto il suo epicentro. Quasi tutte le case sono crollate, ma a giudicare dai marmi, dalle colonne e da ciò che resta degli ornamenti, è probabile che un tempo questo fosse il quartiere nobiliare. Solo un edificio pare ancora praticabile: un gigante dai piedi d'argilla a due piani che sembra stia aspettando solo un alito di vento un po' più teso per venire giù e sbriciolarsi. L'arcata di ingresso reca un motto in una lingua a te del tutto sconosciuta e incorona un consunto stemma familiare, che raffigura un serpente nell'atto di ingoiare il sole.
Se vuoi entrare in questa costruzione, vai all'85.
Altrimenti, la tua esplorazione dell'area può dirsi conclusa; non restano che rovine qui.
Decidi se vuoi tornare al centro, andando al 39, o spostarti nella zona est della città, al 66.

 

78

Per quanto i soldati zamorani non siano alla tua altezza, potrebbero comunque sopraffarti con la schietta forza del numero, per non parlare del loro capitano. Meglio escogitare qualcosa di più sottile e ingegnoso.
Vai al 28.

 

83

La moneta rivela la croce, hai perso!
«Sono sempre più convinto di aver fatto la cosa giusta a disertare!», Nistor ridacchia allegro, mentre fa sparire gli smeraldi nel suo borsello.

A te, invece, non resta che riempire il sacco di iuta che ti sei portato con quante più monete e gioielli che puoi, ma senza caricarti eccessivamente.

«A me non dai niente?», protesta Layla.

«No, tu porti il peso delle tue zinne e della tua trippa.

Mi sembra abbastanza».
«Mitra e Ishtar! Conan...», Nistor è bianco in volto e punta il dito tremante verso un punto dietro di te. Ma non hai bisogno di voltarti, perché la stessa cosa sta succedendo davanti ai tuoi occhi! Quelle figure di morti tormentati, che ornano ad altorilievo le pareti della sala, stanno prendendo vita! Cadaveri putrefatti e amputati, scheletri innaturalmente alti e altre cose cui non riesci nemmeno a dare un nome, si liberano dalle loro nicchie e si protendono rabbiosi verso di voi!

Prima che tu possa fare alcunché, i non morti si gettano su Nistor e lo smembrano con la mostruosa forza dell'oltretomba.

Le sue urla di dolore sono agghiaccianti!
L'unica cosa che ti resta da fare è tenerti stretta Layla e dartela a gambe, sperando che i mostri non siano tanto veloci quanto sono forti.
Vai al 3.

 

85

Ti sembra quasi di udire l'eco della disperazione che deve aver avvinghiato gli abitanti di questo palazzetto negli ultimi giorni della città. Attorno a te giacciono le mute testimonianze d'una degenerata opulenza. Alcune pareti ancora recano tracce di inquietanti affreschi che ritraggono orge fra uomini e creature demoniache con sacrifici umani su altari di nera pietra.

Ti gratti la testa, confuso: questo non era un luogo di culto, ma nemmeno un'abitazione; chissà quali innominabili pratiche vi si svolgevano.

Ti aggiri per le stanze senza trovare alcunché, mentre il solaio del piano superiore è del tutto crollato. L'unica cosa degna di interesse in cui ti imbatti è una porta a due ante in pietra, macchiata da un'ampia chiazza di muffa.

La porta è chiusa, ma non dovrebbe essere difficile riuscire ad aprirla.
Se vuoi provare ad aprire la porta, vai al 20.
Altrimenti, abbandona il palazzetto e torna al centro cittadino, al 39.